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martedì 20 ottobre 2009

Nardò: presentazione del libro: DOPO LA LUNA

Nell’ambito della manifestazione “Ottobre piovono libri” Sarà presentato a Nardò (Le) Dopo la Luna di Vittorio Bodini. L'appuntamento è il 23 Ottobre alle 18,00 presso il Chiostro dei Carmelitani (sala convegni Crsec). Presenta la serata Antonio Lucio Giannone docente di Letteratura Italiana Contemporanea presso l'Università del Salento. Nel corso della manifestazione ci sarà spazio inoltre per un reading di poesie a cura di Mariangela Morciano, attrice teatrale e appassionata lettrice di Bodini.

A voi tutti l’invito caloroso a partecipare.

Dopo la luna

(Besa editrice)


Il libro: Dopo la luna (1956) è la riscoperta della non-storia, o storia sempre uguale del Sud, già della Luna dei Borboni (1952), ora in irreversibile crisi ambientale e socioantropologica.

Bodini ne personalizza la vicenda, speculare al suo dramma tra natura e cultura, tra sé e altro da sé (“Il Sud ci fu padre / e nostra madre l’Europa”)... E scrive il suo maggior libro poetico, per complessità d’invenzione e di stile ai vertici della poesia italiana del secondo Novecento.

Vittorio Bodini (Bari 1914 - Roma 1970), oltre che poeta tra i più originali e significativi del Novecento, è stato anche narratore, critico, operatore culturale. È considerato inoltre uno tra i maggiori interpreti e traduttori italiani della letteratura spagnola.

ANDREA RIVERA



Sciarpa del Lecce. Aggredito


di Enzo Schiavano

Alla fine della partita di calcio tra Virtus Casarano e Neapolis alcuni fanatici rosso-azzurri hanno picchiato un extracomunitario solo perché indossava una sciarpa del Lecce. Altri tifosi l'hanno difeso

Vergognoso episodio di violenza, l'altro ieri, alla fine della partita di calcio tra la Virtus Casarano e il Neapolis. Un giovane marocchino è stato selvaggiamente aggredito da un gruppo di giovani, tifosi della locale squadra di calcio, solo perché indossava una sciarpa del Lecce, squadra rivale dei casaranesi. Secondo altre versioni, invece, il pestaggio sarebbe stato fatto anche perché si trattava di un extracomunitario. L'aggressione è avvenuta alla fine della partita, vicino all'ingresso della curva nord, quando i tifosi, delusi per il pareggio della squadra, si erano radunati davanti all'ingresso degli spogliatoi per contestare allenatore e giocatori. Oltre all'inqualificabile pestaggio, c'è da registrare però anche la reazione di altri tifosi contro gli aggressori, che sono riusciti a fermare la furia violenta del branco.
Il giovane extracomunitario, 28 anni, se ne stava per i fatti suoi vicino all'ingresso della curva nord, indifferente a ciò che avveniva nei pressi dello stadio. Era seduto per terra e stava mangiando una porzione di riso che aveva in un piatto di plastica. Quando i tifosi, finita la partita, si sono accalcati vicino agli spogliatoi (che sono attigui alla curva) è cominciata la contestazione contro l'allenatore, Salvo Bianchetti, e contro alcuni calciatori, individuati come i responsabili principali della mancata vittoria e della precaria situazione di classifica della Virus Casarano. Ad un certo punto, improvvisa, è iniziata l'aggressione.
Un gruppetto formato da tre-quattro giovani ha notato lo straniero e, inveendo contro di lui per il solo fatto di portare una sciarpa giallo-rossa del Lecce, prima gli hanno fatto volare il piatto che aveva in mano e poi lo hanno colpito con calci e pugni, scaricando la rabbia per la mancata vittoria della loro squadra. Solo l'intervento degli altri tifosi che si trovavano vicino ha scongiurato un epilogo più drammatico. Lo straniero, infatti, se l'è cavata con qualche contusione. Per lui non è stato necessario il ricorso a cure mediche. Uno dei tifosi che si sono prestati a difendere l'extracomunitario è venuto alle mani con gli assalitori ed è stato colpito con un pugno al labbro inferiore.
L'aggressione all'inerme marocchino ha suscitato sdegno e rabbia tra i tifosi e anche tra coloro che non frequentano abitualmente lo stadio. Una donna che ha assistito al pestaggio ha dichiarato che "questi episodi non sono degni di una città e di una tifoseria civile. Ero andata allo stadio per divertirmi ed avevo accompagnato i miei figli che hanno purtroppo visto questa crudeltà: cosa insegniamo ai bambini? A prendere a botte una persona solo perché ha una sciarpa o una maglietta di un'altra squadra? Io alla partita non ci vengo più. Se allo stadio viene questa gente, le famiglie preferiscono rimanere a casa". Bisogna aggiungere che dopo il pestaggio è cominciata una spontanea gara di solidarietà tra i tifosi, quelli veri, che hanno aiutato l'extracomunitario ad rimettersi in piedi e gli hanno comprato qualcosa da mangiare.

da IlTaccoD'Italia

Sudan, Obama promette incentivi a Khartoum, ma condizionati

Il governo sudanese deve adottare riforme interne e impegnarsi sul Darfur

Gli Stati Uniti hanno annunciato di essere pronti a rimuovere le sanzioni economiche nei confronti del Sudan e a stanziare degli incentivi verso il paese, a condizione, però, che il governo di Khartoum dimostri di essere veramente intenzionato a risolvere le questioni interne e porre fine alle terribile conseguenze del genocidio in Darfur.
Se il Sudan, invece, scegliesse di non accettare le richieste di Obama, potrebbero addirittura aumentare le pressioni non solo degli Stati Uniti ma anche della comunità internazionale.
Secondo le Nazioni Unite più di trecentomila persone sono morte e più di due milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case in Darfur a partire dal 2003. "Il Sudan - ha detto il portavoce di Obama - si trova sospeso. Se non adatta urgentemente dei provvedimenti per migliorare la propria situazione, potrebbe ricadere nuovamente nel caos".

da PeaceReporter

Il bluff della Democrazia (di guerra) afghana


Poco più di un mese fa (il 16 settembre) rimbalzava sui media internazionali come fosse ufficiale la proclamazione della vittoria, nella corsa per la presidenza dell'Afghanistan, di Hamid Karzai. Suo il 56.4%, il 38.7% dello sfidante Abdallah. Il riconteggio del 10% delle schede avrebbe confermato i dati. Nella farsa del voto afgano, un ultimo elemento è andato ad offuscare ancora maggiormente l'intricato scenario:
il licenziamento del numero 2 della missione Unama, lo statunitense Peter Galbraith, che le Nazioni Unite, con il placet Usa di Obama, hanno rimosso dall'incarico perchè responsabile della divergenza creatasi con il suo capo, il norvegese Kai Eide, sulla gestione dello scandalo delle frodi nelle elezioni presidenziali del 20 agosto... Questi gli ultimi colpi di coda in un paese dilaniato dalla guerra per mano delle truppe occidentali, attraversato dalla resistenza delle milizie talebane. 8 anni di occupazione militare che all'oggi regalano una vibrante sconfitta ai "soldati della libertà e della democrazia" mandati dall'Occidente, in un'impantanato scenario che ha finora rigettato ogni qualsivoglia "exit strategy". Contesto nel quale sono state catapultate avulsamente, il 20 agosto, le elezioni presidenziali: la prima posta in gioco, l'affluenza alle urne, è andata persa dinnanzi alla bassa partecipazione afgana al voto; la seconda, la legittimazione politica agli occupanti, è anch'essa saltata, scoperchiando al contrario l'opprimente fiato sul collo dell'Occidente e la ben poca sopportabilità riservata alle truppe militari...

Era ben chiara da tempo la programmazione americana su questo versante: la farsa democratica avrebbe dovuto rimettere sullo scranno presidenziale Karzai, il "sindaco di Kabul" si sarebbe dovuto dare una calmata ed impegnarsi di più per preservare lo spaccio del nuovo Afghanistan che sorge (sotto le bombe!), l'Onu avrebbe dovuto erigersi a garante del corso democratico delle votazioni, stendendo il suo "imparziale" velo volto a contribuire nella rappresentazione di una realtà inesistente e nell'elusione di un ballottaggio scongiurato. I progetti son saltati dinnanzi all'impresentabile, alla farsa. Gli Usa negli ultimi 2 mesi hanno sconfinato in più di un'occasione sul terreno dello scontro con il presidente Karzai, il quale ha dall'altra parte sommessamente promesso di stare sull'attenti concedendosi ogni tanto proteste di facciata che, contrariamente agli originari intenti, hanno svelato una volta in più la piccolezza del personaggio e il suo stare in piedi per gambe altrui... Nemmeno le Nazioni Unite sono state in grado di rendere accettabili i risultati delle elezioni dell'Afghanistan! E questo la dice lunga su quel che è stata quella pagliacciata d'agosto, considerando ovviamente il ruolo dell'Onu (non interprete di soccorso ma attore della guerra!).

La Commissione per i reclami elettorali (Ecc), gestita dalle Nazioni Unite, ha dato oggi notizia di aver terminato il riconteggio dei voti delle elezioni presidenziali dello scorso 20 agosto: annullate centinaia di migliaia di falsi voti per Karzai, quindi il risultato iniziale che lo dava vincitore al primo turno con oltre il 50% dei voti. E' necessario un secondo turno di ballottaggio... La Commissione elettorale indipendente (Iec), strettamente controllata dal governo Karzai, è quindi ora tenuta ad indire il voto ballottaggio, da tenersi nelle prossime settimane, prima dell'arrivo dell'inverno. Il "colpo di scena" arriva dal presidente Karzai: ha fatto sapere tramite i suoi collaboratori come non sia in alcun modo disposto ad accettare il verdetto della Commissione Onu. Nessun nuovo voto. Situazione nella quale Washington è non poco in difficoltà, considerando fondamentalmente 2 piani: il primo, cercare di convincere il presidente Karzai ad affettuare il ballottaggio; il secondo, tentare di convincere lo sfidante Abdallah a rinunciare al secondo turno in cambio della sua partecipazione ad un governo di unità nazionale con Karzai... Tutto ciò molto probabilmente non avrà nemmeno il tempo di riempire le prime pagine dei giornali di domani: Obama e il suo segretario di Stato striglieranno chi di dovere, rimettendolo sull'attenti, consegnandogli il suo secondo mandato.

Nel frattempo la guerra non conosce sosta, il bluff dell'importata Democrazia è compiuto.

da Infoaut

Razzismo, a Prato quattro skinhead aggrediscono bengalese

Il sindaco: "Non sottovalutare"

Prima gli hanno urlato: «Vattene dall'Italia». Poi lo hanno insultato e, infine, giù con le botte. Aggredito da quattro skinhead, fra i quali una ragazza di 22 anni di Pistoia, un bengalese di 31 anni ne avrà per 7 giorni. Fra i primi soccorritori, anche le coppiette alle quali, in un ristorante di Prato, a due passi dalla cattedrale, l'extracomunitario aveva cercato di vendere rose.

Dal ristorante è partita, ancora prima che il giovane del Bangladesh chiedesse aiuto, la chiamata al 112. Non era neppure
troppo tardi. Mezzanotte e mezza. I carabinieri, che in pochi minuti hanno individuato gli aggressori - che si erano dati alla
fuga - riferiscono che il giovane non ha provato neppure a difendersi. Uscito dal locale, non poteva immaginare d'imbattersi in un quartetto di giovani scalmanati, di quelli con la testa rasata, gli anfibi ai piedi, i giubbotti neri, la passione per i simboli nazifascisti.

Secondo gli inquirenti, il capo - denunciato - è un ventunenne, tatuato su tutto il corpo, residente nella vicina Pistoia e già conosciuto come naziskin. Insieme a un compagno di 'brancò ha picchiato l'immigrato, incitato dagli altri due, compresa la ragazza. Adesso, i quattro dovranno rispondere di «concorso di persone in violenza privata, lesioni personali aggravate per aver commesso il fatto con finalità di odio razziale». Un'aggravante, quest'ultima, che permette ai militari e alla magistratura di procedere d'ufficio.

Il 'capò del branco dovrà anche rendere conto del coltello a serramanico che i carabinieri hanno trovato sulla sua auto, insieme a cd musicali con simboli nazisti. Gli altri, un genovese di 21 anni, la giovane pistoiese e un diciottenne di Firenze, secondo i carabinieri sono 'gregarì del capo, simpatizzanti d'estrema destra che, con molte probabilità, si sono conosciuti durante un rave party o un altro raduno da qualche parte d'Italia.

Una banda non pratese e, quindi, non animata da un odio razziale covato in una città che con l'immigrazione deve fare i conti quotidianamente: Prato ospita una fra le comunità cinesi più numerose in Italia. «Non lavorano e non hanno problemi a muoversi», spiegano gli inquirenti, secondo i quali l'episodio è isolato e non era stato premeditato. Dura e bipartisan la condanna. Per il sindaco di Prato, Roberto Cenni (Pdl), «la città è una polveriera»: il primo cittadino parla di «episodio intollerabile». Sulla stessa linea il capogruppo del Pd, Massimo Carlesi: «Un fatto gravissimo figlio del clima d'odio che si respira in Italia».
19 ottobre 2009

http://www.unita.it/news/italia/89993/razzismo_a_prato_quattro_skinhead_aggrediscono_bengalese_il_sindaco_non_sottovalutare
da Antifa

Una compagnia mineraria britannica accusata di torture


L’accusa è grave: aver ordinato la detenzione illegale e la tortura di decine di lavoratori di una miniera nel nord del Perù durante una protesta nell’agosto del 2005. Il presunto colpevole è la compagnia mineraria britannica Monterrico Metals.

“Quando i manifestanti sono arrivati alla miniera hanno trovato la polizia schierata. Dopo aver lanciato gas lacrimogeni per disperdere i minatori, la polizia ha arrestato 28 persone. I detenuti hanno denunciato di essere stati picchiati e insultati. Due donne sono state violentate. Almeno tre persone sono state ferite da colpi di arma da fuoco. Uno dei feriti è rimasto 36 ore nella miniera senza ricevere soccorso ed è morto dissanguato”, racconta il Guardian, che raccoglie le prove in un video.

I minatori peruviani accusano il proprietario della Monterrico Metals di aver ordinato alla polizia di reagire violentemente alle proteste e di aver legittimato gli abusi. Il caso è stato portato davanti a una corte britannica che ha ingiunto il congelamento di cinque milioni di sterline del capitale della compagnia mineraria.

da Internazionale

Di Pietro il moralizzatore di tutti, tra piduisti e gente non proprio raccomandabile


...Noi non siamo contro Di Pietro, è un buon politico ma ha il difetto di dispensare troppi giudizi da quando, sotto l'ala Veltroniana, ha acquisito un buon 5 o 6% dei voti ex PD. Intanto una chicca: il suo consigliere regionale tale Giacomo Olivieri fu eletto con Forza Italia, poi passò alla Margherita visto che era al Governo, quindi al PD per approdare poi all'Italia dei Valori. Quindi chi è davvero Di Pietro che si permette di dare giudizi a persone per bene che mai sono state sfiorate da qualsiasi indagine della magistratura? Ci aiutiamo da un buon sito che sta diffondendo un po di informazione che sui media classici non trapela: Casa della legalità.

Di Pietro, vista la pervicacia, ha un debole per i “cappucci”, non quelli del bar e nemmeno quelli dei conventi. Quelli che sembra proprio prediligere sono i frequentatori dei “templi coperti”. Dopo quelli riscoperti dal Polo, e dai DS, volete che lui mancasse di spalancare le porte dell’Italia dei “Valori” ai massoni e piduisti? Giammai! E così dopo Filippo De Jorio nel 2001 (Roma, tessera P2 n° 511) ha portato nel 2006 alla soglia del parlamento (primo dei non eletti in Sardegna) un altro piduista: Giuseppe Alessi detto Pino (Pisa, tessera P2 n° 762). La storia di questi due baldi giovini della loggia di Licio Gelli (la stessa di Berlusconi, come amava ricordare il Di Pietro d’un tempo) la dice lunga:

De Jorio, fedelissimo di Licio Gelli, da sempre vicino agli ambienti militari e dei Servizi, consigliere politico dell'onorevole Andreotti, è stato anche latitante per il golpe Borghese del 1970 (fu assolto poi su richiesta del pm, Claudio Vitalone, altro uomo di fiducia, da sempre, di Giulio Andreotti, come comprovato storicamente). Giuseppe Alessi, noto come “Pino”, è stato comandante del nucleo CC a Pisa. Già eletto in Parlamento con Forza Italia nella XIII legislatura.

Ma lui li ha voluti con se, e solo una rivolta a Genova nel 2001 lo fece separare dal fedele De Jorio, che ci rimase male, quando Di Pietro, sull’onda dell’opposizione a quella candidatura di tutta Genova e di D’Arcais, “congelo” la candidatura. Gli è andata meglio nel sodalizio con l’Alessi, che se tutto va bene potrebbe entrare in parlamento già in questa legislatura, e soprattutto con l’elezione a Montecitorio di Giuseppe Ossorio, nominato anche Presidente della Commissione Bilancio della Camera, degno incoronamento per i lunghi anni nel Pentapartito nella Napoli di Vito e Cirino Pomicino (negli anni ottanta al Comune) e poi nei Repubblicani con il Centro- Sinistra in Regione nel 2000 e 2005. Giuseppe Ossorio, oltre che paracadutato dal Pentapartito partenopeo è anche notorio massone del Grande Oriente d’Italia.

Qualche altro fedele del Tonino

Stefano Pedica, per Tonino “il mio Chiti”, capo segreteria politica dell’Italia dei “Valori”. Eletto alla Camera nel 2006, nato a Roma ma eletto in Lombardia 1, a coronamento di una pervicace militanza democraticocristiana in piena Tangentopoli (e lungo tempo ancora). Dal 1987 al 1996 segretario e consigliere di Francesco D’Onofrio (ora dell’UDC), amico di Francesco Cossiga (quel Francesco Cossiga!), nel 1994 quando muore la DC , segue D’Onofrio nel CCD. Nel 1998 fonda insieme a Cossiga l’UDR. Nel 1999 fonda il Movimento Cristiano Democratici Europei, con il quale nel 2003 aderisce al Patto Segni, e nel 2004 si candida alle Europee. Nel 2005 si avvicina alla Nuova DC di Rotondi e, quindi, nel 2006 porta il CDE nell’Italia dei “Valori”.

Luigi Li Gotti, nasce a Crotone, anche politicamente. E’ nell’estrema destra calabrese che inizia a militare l’avvocato. Dagli anni sessanta è un fedele camerata nell’MSI e poi continua in AN. E’ solo nel 2003 che abbandona Gianfranco Fini per aderire all’Italia dei “Valori” di Di Pietro, d’altronde se in AN c’era Publio Fiori, anche qui di massoni e P2 ce ne sono e si sente come a casa. Eletto con l’IdV è stato nominato sottosegretario alla Giustizia del dicastero di Clemente Mastella. E la Giustizia era un cavallo di battaglia…(appunto: era!).

Porfidia Americo, già sindaco di Recale ed amante del “canto”, inteso per quello che voleva fare da bambino, riuscendoci anche in un coro sul modello dello “Zecchino d’oro”, come ama ricordare lui stesso. Ma a Recale, piccolo centro del Casertano, dove la Camorra è di casa con uno dei più forti clan, quello dei Casalesi, la sua Giunta è stata sotto attacco costante per una “quisquiglia”. Un conflitto di interessi che da Sindaco non ha mai voluto risolvere (tanto che la casa di riposo non ha ancora visto ad oggi la cessione delle sue quote, visto che dalla Visura Camerale risulta ancora in società). Inoltre l’opposizione dell’Ulivo chiedeva costantemente di poter visionare la documentazione originale allegata a delibere e bilancio, ma ad oggi risulta “non pervenuta”. La campagna elettorale che lo ha portato alla Camera è stata caratterizzata da un episodio “sgradevole”. L’iniziativa nel vicino comune di Santa Maria di Capua Vetere, con Antonio Di Pietro, è stata promossa (con tanto di firma sui manifesti) da Gaetano Vatiero, arrestato per corruzione nell’aprile 2006 (giustizia ad orologeria?!) non per l’attività di Segretario dell’Italia dei “Valori” del Comune, ma per aver commesso il reato quale Dirigente del Comune di Santa Maria Capua Vetere. Naturalmente sia Di Pietro che Porfidia, dopo aver tuonato all’espulsione, affermavano di non sapere chi fosse quell’uomo e di non averlo mai incontrato. L’espulsione, per la cronaca, non c’è stata. E’ stato adottato una sospensione sino a che la magistratura non avrà chiarito, almeno questo è quanto risulta pubblicamente.

Aniello Formisano, eletto al Senato in Umbria, nato a Torre del Greco – NA, avvocato, dipendente della ASL di Napoli. Proviene dalla Margherita. E’ tra i sottoscrittori dell’emendamento alla Finanziaria 2006, il cui primo firmatario è il Sen. Fuda (del Partito Democratico Meridionale di Agazio Loiero e già stra-noto agli Uffici distrettuali antimafia). Questo emendamento è il famoso comma “ 1346” che prevedeva la drastica riduzione dei tempi di prescrizione dei reati contabili (tra cui quelli contestati, per esempio, al Fuda e a Berlusconi). Il Procuratore della Corte dei Conti ha tuonato contro il provvedimento adottato del Centro-Sinistra, perché con quel comma la prescrizione scattava non più dal momento della scoperta e contestazione del reato, bensì nel momento della commissione del reato. A quel punto, Di Pietro tuonò allo scandalo di quel “comma”, come se non lo avesse notato prima. Ma non si cancella il “comma”, il Governo lo fa approvare dal Parlamento (e vota anche l’IDV) e poi approva un Decreto per annullarne l’effetto devastante. Logico no?

Giuseppe Caforio, eletto al Senato in Puglia, nato in Puglia, è tecnico ortopedico. Con l’Italia dei “Valori” diviene Vice Presidente della Commissione Sanità-Igiene e, folgorando il Parlamento in pochi mesi, diventa anche Vice Presidente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, oltre che componente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sui Rifiuti.

Fabio Giambrone, eletto al Senato in Sicilia, è l’uomo ex Margherita che è considerato un ponte non solo con il “giuda” Sergio De Gregorio (poi perché “giuda” non si è capito, visto che il passato di De Gregorio era ben chiaro: prima craxiano poi berlusconiano, vicino alla destra; aveva già i manifesti pronti per candidarsi con FI quando Di Pietro gli ha proposto una candidatura sicura e questi ha colto l’occasione, tra l’altro se uno è abituato a tirare in barca a destra e a manca non può stupirsi se poi chi sale sceglie altre rotte!), ma soprattutto con gli uomini dell’UDC siciliana (quella di Totò Vasa Vasa) e di FI siciliana (quella di La Loggia e Dell’Utri), con cui sta tessendo, pubblicamente, rapporti per portare un allargamento del fronte a sostegno di Leoluca Orlando, in corsa per tornare alla poltrona di Sindaco di Palermo. Che sia per questo suo ruolo di “ponte” che è stato nominato nella “Giunta delle Immunità Parlamentari”? (per interderci la stessa che avrebbe dovuto accompagnare alla porta di Montecitorio Cesare Previti, ma ha perso la strada!)

Egidio Enrico Pedrini. Eletto alla Camera in Piemonte, ex democristiano di lungo corso, già candidato e uomo ligure di Sergio D’Antoni. E’ membro della Commissione Trasporti di Montecitorio. In effetti ama il Trasporto, per lui è una vera passione. Nato a Massa in Toscana e trasferitosi in Liguria, è proprietario, insieme alla figlia, di alcune quote della Società che gestisce l’Aeroporto di Pantelleria. Naturalmente questo non è l’unico interesse di Pedrini, visto che proprio a Roma è Presidente del Consiglio di Amministrazione di società di un’altra passione di Di Pietro, l’Informatica. La Sira srl di Liguori Marco e Sofina srl (socio di maggioranza e amministratore unico Liguori Marco), che fa parte del Consorzio Sky Data Management, in sigla Consorzio SDM.

Aurelio Salvatore Misiti. Eletto alla Camera in Calabria, sua terra d‘origine, è componente della Commissione d’Inchiesta sui Rifiuti. Da anni il suo impegno è al centro di pesantissime contestazioni e critiche da parte degli ambientalisti. E’ considerato il “cementificatore”. Inizia l’attività di “rappresentanza” con il Pci negli anni sessanta (sindaco di Melicucco), diviene anche segretario nazionale della CGIL Scuole. Lo si ritroverà poi in Giunta al Comune di Roma con il Sindaco Carraio (PSI). Con il primo governo Berlusconi nel 1994 raggiunge finalmente l’elezione a Roma. In Calabria è assessore regionale con il centro-destra e con il centro-sinistra, a prescindere. Significativo è l’operato svolto da Assessore ai Lavori Pubblici in Calabria, nella Giunta Chiaravallotti del Centro Destra, su cui le indagini della magistratura ancora si susseguono. Ma Silvio Berlusconi lo chiama e nomina Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, considerata la sua grande convizione-passione: il Ponte sullo Stretto s’a da fare! Sua la grande difesa della grande opera amata da Cosa Nostra ed ‘Ndrangheta anche a Report di Rai 3, dove ha anche annunciato che: “Intorno al 2010 dovrebbe esserci l’inaugurazione”. Sua la “constatazione” che la Calabria non corre alcun rischio idrogeologico, peccato che natura ed ambiente non si sono adeguate ed i disastri siano arrivati puntuali. Le protezioni e l’appoggio di lobby potentissime in Calabria per lui è scontata.

Giorgio Calò. E’ sottosegretario alle Comunicazioni del Governo Prodi. Di lui si può dire che è l’ombra di Di Pietro. Già assessore provinciale a Milano e già Europarlamentare. Ha sempre ostentato l’odio ed il bisogno di rompere il monopolio imprenditoriale di Berlusconi, mina vagante permanente dell’economia italiana. Tra le contestazioni sempre mosse da Calò, proprietario della Directa, nota e quotata agenzia nazionale di sondaggi, a Berlusconi quella di essere “il più grande inquinatore del mercato dei sondaggi d'opinione”. Indi per cui ha deciso, per combatterlo meglio, di vendergli la sua Directa! Oggi, sappiamo, che il ministero delle Comunicazioni ha assunto la proposta Frattini (Berlusconiano doc) come faro, “punto di riferimento”, per affrontare il Conflitto di Interessi di Berlusconi.

Queste sono notizie, tranquillamente reperibili in rete. Non siamo andati a vedere altro, non siamo andati a vedere chi sono i singoli candidati alle ultime elezioni politiche, l’unico citato infatti è l’ex piduista in Sardegna, semplicemente perché ha rivelare il suo passato è stato uno dei MeetUp di Beppe Grillo. Ma come abbiamo detto non andiamo a vedere le questioni particolari, ma puramente quelle Etiche e Morali del partito che vuole essere quello dell’Etica e della Questione Morale, della nuova politica. Ed allora ci si rende conto che la vecchia politica della lottizzazione, della spartizione, di “un ceto politico arroccato come in un feudo che chiede e pretende nomine di governo ed ancor più nei Consigli di Amministrazione, perché portano gettoni di presenza e permettono di gestire meglio le proprie clientele” (come denunciato ‘testualmente’ anche dalla trasmissione W l’Italia di Rai 3 il 18.03.2007) non è finita. Questo è lo stesso pane della politica effettivamente attuata da Antonio Di Pietro, con la sua “nuova” Italia dei “Valori”.
Di Pietro alla trasmissione “Pane e Politica” ha affermato, e qui la ‘confessione’ è inequivocabile, che “l’Italia dei Valori ha solo un ministro e due sottosegretari nonostante sia il Terzo partito dell’Unione”. A parte il coraggio (e ce ne vuole!) per giustificare la composizione (e le spese conseguenti!) del più pesante Governo della storia Repubblicana (102 tra ministri e sottosegretari), ha superato se stesso, visto che il “Terzo partito dell’Unione”, l’Italia dei Valori, ha meno del 2,3% (nel 2001, quando ancora aveva un po’ di credibilità, aveva il 3.9%).
Ma Antonio Di Pietro ha un aspetto positivo: fa le stesse cose degli altri e lo noti subito (forse perché da lui non ti saresti mai aspettato certi decadimenti etico-morali!).
Ad esempio le nomine nei Consigli di Amministrazione che tutti vogliono perché portano gettoni di presenza e alimentano le clientele, nella classica logica pre-Tangentopoli, sono per lui elemento essenziale, ma d’altronde l’ha detto “Siamo il terzo partito dell’Unione”. E quindi non ci si può stupire se per lui gli eletti sono sia quelli nelle istituzioni (ed abbiamo visto la “crema” che ha portato in Parlamento, alla faccia del Parlamento Pulito!) ma sono anche quelli che ha fatto nominare per gestire gli affari nei Consigli di Amministrazione dal nord al sud Italia. Sì, per lui sono la stessa cosa, tanto da averli inseriti (non proprio tutti e poi vediamo chi si è dimenticato, sic!) nelle pagine degli eletti dell’Italia dei “Valori”, sul sito ufficiale del partito che ha, ricordiamo, come unico socio titolato a decidere, lui, Antonio Di Pietro. Vediamo.


http://www.grandesalento.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1054:di-pietro-il-moralizzatore-di-tutti-tra-piduisti-e-gente-non-proprio-raccomandabile&catid=1:ultime&Itemid=74

Nardò: quando la politica diventa una farsa

Intervista a Giuseppe Fracella: "sono nato di destra e morirò di destra".
...Grazie per la rassicurazione! Intanto però è Presidente del consiglio comunale della giunta di "centrosinistra".


L'intervista de ilpaesenuovo.it

“Ritengo fieramente di non essere un voltagabbana e ci tengo a precisare che sono nato di destra e morirò di destra!”

Giuseppe Fracella, classe ‘61 nella vita di tutti i giorni si occupa di tessile, ma dal 1978 è in politica come esponente fiero e convinto di Alleanza Nazionale. Con gli anni, come Lui ha dichiarato: “ho accumulato una certa maturità politica” ed ora è in carica come Presidente del Consiglio nel Comune di Nardò con il partito Io sud.

Che momento è questo per la politica comunale di Nardò?

È sicuramente un periodo di transizione. Ovvero, si è passati da una politica gestita da partiti ad una politica di soggettività, curata ‘ad personam’. Ciò che manca è l’indirizzo di un partito che possa guidare la vita politica del Paese. Ciò che eccede è l’individualismo a scapito di una coesione, che ormai scarseggia.


Che responsabilità ricopre la carica del Presidente del Consiglio?

Non ho grandi responsabilità, più che altro è impegnativo, il dovermi rapportare e confrontare con 31 consiglieri.



Che rapporto ha con i suoi ex colleghi di destra? E con Azione Giovani?

I rapporti sono ormai esigui, ma ritengo che non siano più dei colleghi perché agiscono per convenienza. Per quanto riguarda Azione Giovani non c’è più, perché è nato il movimento giovanile del Pdl, chiamato Giovane Italia.



Come risponde all’accusa di inversione ideologico - politica? È stata davvero, una mossa strategica passare da Alleanza Nazionale a Io sud?

Assolutamente no. Ritengo fieramente di non essere un voltagabbana e ci tengo a precisare che sono nato di destra e morirò di destra! Come è ben noto il partito di Alleanza Nazionale non esiste più e io deciso di schierarmi, come tra l’altro ha fatto anche Adriana Poli Bortone, con Io Sud, un partito che mira a tutelare l’interesse territoriale, rivelandosi una forza politica di tutto rilievo.



C’è qualche esponente politico del Comune di Nardò che ammira in particolare? E a livello nazionale?

I politici che apprezzo e che col tempo ho imparato ad apprezzare e stimare, nonostante lo schieramento politico, sono Lezzi e Tarricone. Due politici che avevano il senso della politica e avevano una maggiore governabilità. Mentre, a livello nazionale stimo Berlusconi per la sua determinazione e caparbietà nel voler raggiungere degli obiettivi: la ricostruzione dell’Aquila, al No dei decreti Ad Personam e al No del Lodo Mondadori. Infatti, ritengo personalmente, che non occorre demonizzare la giustizia. Sono più lontano da Berlusconi quando mira al rientro dei capitali dall’estero ed anche quando cerca di anteporre problematiche personali all’interesse generale.



Riguardo la polemica sul corso di Autodifesa per le Donne, cosa si sente di dire?

Onestamente, la ritengo una polemica da “Caciocavallo”(ci tiene a sottolineare quest’espressione, ndr), un polverone su nulla. Forse alcuni consiglieri vorrebbero che si facessero dei corsi di ‘escort’ ignorando la scottante problematica della violenza sulle donne.



Avrebbe dei propositi positivi sulla politica di Nardò?

Mi auguro che a Nardò ci sia un ritorno alla vera politica, dove ognuno agisce come facente parte di un partito. Basta con la governabilità ‘ad personam’!

Caos rifiuti nel Salento

Un anello della catena (raccolta-conferimento presso gli impianti-smaltimento) salta e i rifiuti rimangono di nuovo per strada.
Sarà così anche per la giornata di oggi, quando nei Comuni rientranti nell'Ato Lecce 1 e 2 i camion autorizzati a raccogliere, ogni martedì, la carta, la plastica e il multimateriale leggero quasi certamente non solcheranno le strade dei paesi a causa di un nuovo parapiglia nella gestione dell'immondizia salentina.
A determinare l'inceppo del sistema è stata ancora una volta la fila degli autocompattatori (più di un centinaio) al "casello" di Cavallino dove sono presenti un impianto di biostabilizzazione, una discarica di servizio/soccorso e un impianto di produzione Cdr (quest'ultimo destinato a servire circa un'ottantina di Comuni della provincia). Un ingorgo originato, secondo il parere degli addetti ai lavori, dall'applicazione dell'ordinanza n. 51/2009 (in vigore dal 17 ottobre) firmata da Antonio Giannone, comandante della Polizia municipale del Comune di Cavallino, la quale detta norme sulla disciplina della circolazione stradale nelle principali vie di accesso a tutti gli impianti cavallinesi, in particolare la strada extraurbana San Cesario-Caprarica e il tratto di via vecchia che lega San Donato a Cavallino.

Questi percorsi, secondo quanto scrive Giannone, versano "in pessime condizioni e in tantissimi punti non presentano il manto d'asfalto bituminoso", oltre all'esigua larghezza delle strade in certi tratti a doppio senso di circolazione. Una viabilità da terzo mondo, insomma, che stenta ancora ad essere resa fluida per la mancanza di fondi, quantificati in 700mila euro stanziati dalla precedente amministrazione provinciale leccese e che la Regione si è impegnata a reperire all'inizio di questo mese, attraverso l'assessorato alle opere pubbliche. Ma evidentemente, finora, di questi soldi non vi è traccia. Ed ecco che la confusione di Cavallino si rovescia sul biostabilizzatore Sud Gas di Poggiardo, dove arrivano i rifiuti dell'Ato/2 per essere lavorati. Impianto chiuso dalle prime ore del mattino e, dopo l'intervento delle autorità cittadine, tutti a casa.
Il sindaco di Poggiardo Silvio Astore racconta che è dovuto intervenire sul posto insieme ai carabinieri guidati dal maresciallo Donato Leone, per poter "rimandare nei luoghi di residenza gli autocompattatori con l'intero carico di rifiuti e quindi di percolato, in coerenza con quanto stabilisce un'ordinanza da me firmata ed emanata qualche mese fa.

Nuovo colpo all'ETA

Mondo -Nella giornata di ieri,è stato arrestato in Francia Aitor Elizaran Aguilar, considerato, secondo fonti dell'antiterrorismo, il massimo dirigente politico dell'ETA. Elizaran avrebbe sostituito Francisco Javier López Peña, detto Thierry, al vertice dell'organizzazione terrorista, dopo che questi era stato arrestato nel maggio dello scorso anno. Elizaran sarebbe stato anche il tramite dell'organizzazione basca con la sinistra abertzale

Elizaran era ricercato dal 2002 per partecipazione a banda armata, con numerosi antecedenti delittuosi collegati con la kale borroka.
Assieme a lui è stata detenuta Oihana San Vicente Sáez, dirigente dell'apparato politico dell'ETA, ex-militante di Batasuna e consigliera municipale per una delle formazioni della sinistra abertzale, passata all'organizzazione terrorista nel dicembre del 2008.

Questi due arresti avvengono a pochi giorni dalla detenzione di altri tre etarra in Francia, ricercati dalle forze di sicurezza spagnole.
Un nuovo colpo per il terrorismo basco che tuttavia, fino a questo momento almeno, non sembra orientato all'abbandono della violenza e del conflitto armato.
E si riaccende la polemica in Euskadi e in Spagna sulle nuove detenzioni dei leader della sinistra abertzale per opera del giudice Baltasar Garzón e il sostegno del PNV alla manifestazione di protesta che ne è seguita.

Il ministro degli Interni spagnolo, Alfredo Pérez Rubalcaba, intervenendo oggi in un'iniziativa contro il terrorismo, in una località madrileña, ha insistito sulla necessità di delegittimare il terrorismo, perché in questa materia, ha sostenuto, "chi tace acconsente". Nessun significato congiunturale alle sue parole, ha voluto precisare il ministro; ma è chiaro come non fosse assente nel suo ragionamento una vena polemica contro il PNV.
La scorsa settimana, infatti, il giudice Garzón aveva ordinato l'arresto degli ex-dirigenti di Batasuna ancora in libertà, tra cui l'ex-leader dell'organizzazione abertzale, Arnaldo Otegi e l'ex-leader del sindacato LAB, Rafa Díez Usabiaga, accusati di star operando la riorganizzazione politica della sinistra abertzale secondo le direttive indicate dall'ETA.

Una volta uscito dal carcere per una precedente detenzione, nell'agosto del 2008, Otegi aveva tentato di impiantare un nuovo progetto per raccogliere i resti della sinistra abertzale attorno ad un polo indipendentista, con l'obiettivo del ritorno alla legalità istituzionale, prima della celebrazione delle prossime elezioni municipali nel 2011 e l'avvio di un nuovo processo di pace. Gli attentati dell'ETA del dicembre 2008, con l'assassinio di Ignacio Uría, e del giugno 2009, con l'uccisione di Eduardo Puelles, sono stati d'ostacolo alla realizzazione di questa iniziativa, aprendo una crisi di fiducia e di rappresentanza tra il gruppo di Otegi e l'ETA e producendo una seria divisione all'interno della sinistra abertzale.

Sembra che l'arresto di Garzón sia avvenuto mentre il gruppo di Otegi si apprestava all'elaborazione di un testo che, puntando sulla via pacifica, avrebbe dovuto aprire un dibattito all'interno della sinistra abertzale. Secondo il giudice Garzón, Otegi, nella sua proposta di polo indipendentista, starebbe attuando sotto tutela dell'ETA.
Rubalcaba, dal canto suo, rifiuta l'iniziativa di Otegi, perché la considera troppo simile a quelle del passato già sperimentate e fallite: "o bombe o voto", questo l'unico spiraglio che il ministro degli Interni lascia alla sinistra abertzale per la sua sopravvivenza.
L'arresto di Otegi e compagni non ha però lasciato indifferente la società basca: sabato una grande manifestazione di migliaia di persone ha visto scendere in piazza tutte le rappresentanze del nazionalismo basco in San Sebastián/Donosti, per richiedere la libertà dei detenuti. Con il sostegno del PNV, presente al corteo con i suoi massimi dirigenti territoriali, ma non con il suo presidente, Iñigo Urkullu.

http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=13224

Violante: ''Mori disse che Ciancimino voleva incontrarmi''

"Conobbi Mori quando mi occupai di terrorismo. Poi, dopo la mia nomina all'Antimafia, lo incontrai tre volte nell'ottobre del 1993...

...Nell'ambito di questi tre colloqui parlammo di Ciancimino". Lo ha detto l'ex presidente dell'Antimafia, Luciano Violante, che depone al processo al prefetto Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, sotto processo per favoreggiamento alla mafia davanti ai giudici della IV sezione del tribunale di Palermo.

"Il colonnello - ha aggiunto Violante - mi disse che Ciancimino che viveva a Roma, vicino piazza di Spagna, intendeva parlarmi riservatamente e che gli aveva riferito di dovermi dire cose importanti e che mi avrebbe chiesto qualcosa. Io risposi declinando l'offerta di un colloquio riservato e sollecitandolo a chiedere alla commissione antimafia; l'ufficio di presidenza avrebbe valutato".

ANSA

INFORMAZIONE: VENDOLA, NOSTRO PAESE SU CRINALE PERICOLOSO

(ANSA) -BARI- "Il nostro Paese, lo dicono indicatori oggettivi di carattere internazionale, credo che sia su un crinale un po' pericoloso". Lo ha sostenuto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, a proposito del dibattito in corso sulla libertà di informazione nel nostro Paese.

Rispondendo ad una domanda dell'ANSA, a margine di un convegno organizzato a Bari sulla comunicazione tra Pubblica Amministrazione e cittadini, Vendola ha detto: "Il più importante poeta del mondo latino, Catullo, sarebbe finito in galera se fosse vissuto nell'Italia di oggi perché Catullo ha dedicato a Giulio Cesare poesie in confronto alle quali la satira di Vauro o della Dandini sono acqua fresca".


"Eppure Catullo - ha aggiunto - era in epoche meno recenti capace di fare ciò che si deve sempre poter fare: esprimere una critica del potere costituito, talvolta in forma ironica, talvolta in forma documentata e dentro la cultura dell'inchiesta". "Viviamo un'epoca - ha continuato Vendola - in cui sia la censura sia l'autocensura, sia l'uso dell'informazione con finalità esplicitamente minatorie pongono dilemmi e problemi molto seri ai cittadini e alla politica".

Ciò che è accaduto al giudice Misiano - secondo Vendola - "non ha niente a che fare con le regole del pluralismo, del diritto di critica o del diritto di cronaca perché spiare un cittadino che fa correttamente la coda, cosa che per molti potenti non è neanche pensabile, mentre deve andare dal barbiere e mettere a fuoco gli atteggiamenti più privati per trarne il ritratto di una stranezza antropologica, per dire 'ma puo' essere quello che si mette i calzini turchesi, che cammina in quella maniera, uno che condanna l'uomo più potente d'Italia a pagare 750milioni di euro di multa?' non è informazione, questa è una forma neanche tanto dolce di killeraggio".

"Ci sono giornalisti - ha continuato Vendola - che vivono il mestiere in maniera abbastanza abbastanza ribalda, in maniera, non voglio dire 'corsara' perché i corsari rischiavano molto, come un servizio sporco nei confronti del potente a cui stanno offrendo i propri servigi. Io sono molto spaventato di questo". "Abbiamo visto - ha ricordato - il caso Boffo, che cosa significa esercitarsi come in un poligono di tiro contro una persona, contro la sua vita privata, la sua privacy". "E sono molto spaventato - ha concluso Vendola - di fronte a qualunque possibile censura e autocensura, perché si può invocare il restringimento degli spazi del diritto di critica o del diritto di sberleffo anche con l'obiettivo di produrre un codice di autocensura". (ANSA).

ANSA Valle d'Aosta