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lunedì 14 settembre 2009

Per chi lavori Massimo?



L'ex ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, nei giorni scorsi ha dichiarato di non aver mai conosciuto l'imprenditore barese, Gianpaolo Tarantini, che è il principale indagato dello scandalo sanità in Puglia. Un'inchiesta scomoda che vede tra gli altri indagato anche l'ex assessore regionale alla sanità nonchè senatore del Pd, Alberto Tedesco, come il capo clan di un'organizzazione mafiosa che gestiva appalti, nomine e affari nel settore della sanità. Massimo D'Alema in un'intervista rilasciata a 'Libero' ha fatto dietrofront ed ha ammesso di aver conosciuto l'imprenditore barese in barca.

"Ero in gita, era un weekend di luglio. Andai a Ponza con la mia barca e lì incontrai questo imprenditore che mi invitò sulla sua barca dove aveva diversi ospiti. E tra questi, mi ha detto, c'era anche Tarantini, ma non ho mai avuto rapporti con lui. Ci siamo incrociati, come succede con migliaia di persone".

''Di quei giorni ricordo che andai a cena con il sindaco di Ponza. Il gruppo di Tarantini era nello stesso locale, ma non con noi. Vorrei ricordare che il Tarantini all'epoca non era un ricercato'', dice D'Alema, che ribadisce: ''Nessuno più di me ha interesse che la magistratura faccia chiarezza su ogni aspetto delle vicende, perché sono sicuro che alla fine si diraderanno i polveroni ed emergeranno verità e responsabilità''.

AURO E' VIVO 99Posse - Odio



In occasione della ricostituzione dei 99Posse vorrei ricordare Auro Bruni un ragazzo militante del centro sociale Corto Circuito barbaramente ucciso dalle canaglie fasciste.


ODIO

Un altro giudice è stato ammazzato
gli sciacalli sono là urlano sfida allo stato
quella indignazione fottuto disgusto
è qualcosa di già visto è sangue di Cristo
questa nuova ipocrisia sulle spalle della gente
che lavora tutta la vita e dopo muore e non sa niente
ma rischiara la mente e sale prepotente
un odio dritto nel cuore gela il sangue nelle vene
e penso al 12 dicembre ’69
allo stato delle stragi allo stato delle trame
e non ridono più tutti quei morti ammazzati
dai proiettili vaganti o dagli sbirri infiltrati
e mentre sono in una piazza circondato dalla gente
sento dentro di me cosa dev’essere il niente
e mi assale prepotente un’assordante rumore
sempre più distintamente sento battere un cuore
ma mi sfugge il suo corpo è sfocato il suo sorriso
Auro è vivo nel mio cuore ma l’hanno ucciso
in quest’Italia bastarda di galera e fritti misti
dove sei uno di loro oppure non esisti

rit. Io odio
perché sfruttati si nasce magari ci si diventa
io odio
è un fatto di appartenenza

Baghdad 1991 lo spettacolo è finito ma nel vento io sento
il dolore lancinante di una madre claudicante
che cerca suo figlio una speranza un appiglio
ma è notte profonda laggiù in medioriente
c’è un silenzio di tomba nessuno sa niente
grida uomo in Palestino è ininfluente
non ha orecchie l’occidente, non sente
il dolore di una terra stuprata dagli anfibi della N.A.T.O.
e riecheggia ancora nella grande vallata
il boato di uno sparo e una freccia spezzata
insegna la dignità di una vita stroncata
che nessun invasore ha mai visto piegata
ed è fiero lo sguardo del mio fratello africano
con la sua terra nel cuore e quella zappa in mano
ma lì il sole è così forte che risplende la notte

rit. Io odio
perché sfruttati si nasce magari ci si diventa
io odio
è un fatto di appartenenza

E mi appartengono i morti nelle stragi di stato
assassinati perché ho un passato non vengo dal nulla
oggi come ieri guerriglieri in sella
bombe e galere e la storia è sempre quella
non è cambiato niente e mi appartiene la lotta della gente
contro quella mente che là spara apertamente
e qua mi ammazza vivo putrefatto e contento
e sono solo uno zero in un assegno circolare
per i miei padroni sono il prezzo da pagare
sono la garanzia che c’è la democrazia
ma vogliono che io stia nella mia bella corsia
che se si accende la spia arriva la polizia
e poi mi sparano a vista sono un fottuto terrorista
e la mia vita vale meno di una busta vuota
trascinata dal vento in una strada desolata

rit. Io odio
perché sfruttati si nasce magari ci si diventa
io odio
è un fatto di appartenenza

E tutti quei fottuti sorrisi beffardi dico
migliaia di miliardi spesi in carceri speciali
fottuti maiali bastardi a caccia il giorno e la notte
e ricordo quelle botte che fanno molto male all’orgoglio
alla dignità di un uomo negata da un foglio
capi d’accusa tutti ancora da provare
e qualcuno perfavore mi spieghi perché
lui mi può ridere in faccia e può giocare con me
e il mio futuro è un presente senza troppi perché
è la fottuta realtà ed è proprio quello che siamo
non lo scegliamo attento è sopravvivenza
è odio un fatto di appartenenza
vi odio è un fatto di appartenenza




CORTO CIRCUITO

Il mio problema è che
sono incontentabile
non mi sta mai bene niente
dice la gente
ma in questi anni ho imparato
che anche ciò che mi è dovuto
nessuno lo darà mai per scontato
io voglio tutto anche l’impossibile
io voglio tutto ma sarò implacabile
io voglio tutto anche l’impossibile
io voglio tutto ma sarò implacabile

Quello che penso così in un momento
è in corto circuito con quello che sento
Quello che penso così in un momento
è in corto circuito con quello che sento

Mi capita ogni giorno appena sveglio
mi sento le vocine nel cervello:
"prendilo-giralo spostalo-ammazzalo" neh ué!
non so neanche se parlano di qualcun altro o parlano di me
e qualora così fosse resterebbe da capire
se ce l’hanno con me stesso zero uno due o tre,
siamo in tanti e la capa di morto è piccola
la gente mormora ed io sento le vocine nel cefrone ogni mattina
e me mettesse na cravatta cu ’e palline
o cazone e na giacchetta blu marine
e ntunate cu scarpine marruncine
’e cazette ’e seta fina
e po’ facesse na rapina
int’a nu grande magazzino

Quello che penso così in un momento
è in corto circuito con quello che sento
Quello che penso così in un momento
è in corto circuito con quello che sento

Nel tempio maledetto della mia memoria
ci sono alcuni punti oscuri che non ho sbrogliato ancora:
vortici, buchi neri nel mio passato
che cancellano, risucchiano tutto ciò che è stato.
C’è una parte di me che sa benissimo cosa è successo
l’altra fa finta di niente per poter vivere lo stesso
ma guarda un po’ che fatto strano
quali mostri è in grado di creare il cervello umano
mi sembra di vedere dottor Jekill arrivare da lontano
... vuole la mia mano?
La realtà è evanescente e come lei niente
ma i sentimenti restano condensati dentro l’aria
come nuvole che attendono di partorire, gravide
come il mio passato, e qui mi perdo ma una cosa resta:
io preferisco il cuore alla testa

Quello che penso così in un momento
è in corto circuito con quello che sento
Quello che penso così in un momento
è in corto circuito con quello che sento

Il maniaco depresso, l’ingrippato
che io stesso ultimamente credo d’esser diventato
abituato al compromesso
’o vattesse
’o sparasse
e zittu zittu l’atterrasse
il fottuto controllore di me stesso
confesso:
se la vita fosse un treno dovrei fare il biglietto guaglió
però i contanti non ce li ho
e voglio pure un posto in prima sopra al treno della vita
mo’ te dico tutte cose int’a na vota:
’o bbiglietto nun ’o tengo
’a ccà ncoppa nun me ne scengo
e nun tengo documento: perduto
e si mo’ vaie a chiammà ’e gguardie, l’abboffo ‘e mazzate
che almeno abbascio ’e ccelle se mangia cucinato
he capito?
Ah, me só sfugato

Quello che penso così in un momento
è in corto circuito con quello che sento
Quello che penso così in un momento
è in corto circuito con quello che sento

MENZOGNE DI STATO. L'ITALIA ALL'UE: RIFUGIATI TUTELATI NEI RESPINGIMENTI

BRUXELLES – Ormai le parole si sono vuotate di senso. Il potere è libero di dire tutto e il contrario di tutto. Così, secondo il governo italiano, i respingimenti in Libia sono “conformi al diritto comunitario ed alle convenzioni internazionali vigenti, con particolare riguardo alla tutela delle persone richiedenti asilo o protezione internazionale”. È quanto scritto in una nota trasmessa dall’Italia venerdì 11 settembre alla Commissione europea, che lo scorso 15 luglio aveva chiesto chiarimenti sui respingimenti, secondo quanto riportato dall’Ansa. Ma come “conformi al diritto”? Più di 1.200 persone sono state respinte senza nessuna identificazione, in modo collettivo, senza permettere di presentare richiesta d'asilo politico e tantomeno di poter fare ricorso presso un giudice. E sono state respinte in Libia, scaricate a colpi di remi al porto di Tripoli, chiuse in un carro bestiame e trasportate in sovraffollati centri di detenzione, dove è documentata la pratica di torture e trattamenti inumani e degradanti. Che fine ha fatto l'articolo 4 del quarto protocollo della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali”, che vieta espressamente le deportazioni collettive? E l'articolo 3 della stessa Convenzione, che vieta tortura e trattamenti inumani e degradanti, oltre che la riammissione in paesi terzi dove esista un effettivo rischio di tortura? E l'articolo 13, che stabilisce il diritto a un ricorso effettivo? E che fine ha fatto la Bossi-Fini?

Perché guardate, se è vero che i respingimenti sono occorsi in acque internazionali, è altrettanto vero che gli emigranti respinti sono stati fatti salire a bordo di unità marittime italiane, che in base all'articolo 4 del codice di navigazione sono sotto la giurisdizione dello Stato italiano. E quindi sotto il Testo unico sull’immigrazione, come modificato dalla legge Bossi-Fini, che vieta il respingimento in frontiera “nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari” (articolo 10, comma 4 del Testo unico). A quale diritto si riferisce allora la nota inviata dall’Italia alla Commissione europea? Se davvero il Viminale è così sicuro delle proprie ragioni, perché non mostra alla Commissione europea e ai cittadini italiani il video girato dalla Guardia di Finanza durante il respingimento del 6 maggio scorso? Chi lo ha visto ne è rimasto scioccato per la violenza con cui i respinti venivano scaricati al porto di Tripoli. Perché non abbiamo mai visto le immagini dei respingimenti nei telegiornali? Perché, dopo le foto scattate da Dagnino, i giornalisti non sono più autorizzati a salire a bordo delle unità della Guardia di Finanza e della Marina?

Sarebbe interessante capirlo, così almeno potremmo dare una spiegazione anche ai respinti che ancora oggi si trovano incarcerati in Libia. Potremmo anche rinfrancarli sulla bontà della loro sorte. Nella stessa nota infatti, l’Italia sottolinea come, grazie anche alla riduzione del 90% degli sbarchi di immigrati sulle coste italiane tra maggio e agosto, sia stato possibile prevenire la perdita di molte vite umane. È statistica. Ma che differenza c’è tra morire in mare, annegati, e essere lasciati morire in un carcere libico? Quanti giovani marciscono per anni nei campi libici dopo essere stati arrestati sulla rotta per l’Italia? Pensate soltanto a Misratah. Da tre anni circa 600 eritrei vi sono detenuti, senza opportunità di uscita, se non il resettlement per i casi più vulnerabili. La maggior parte sono registrati presso l’ufficio dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu, a Tripoli, ma ciò non fa di loro uomini liberi. In mezzo a loro c’è anche un gruppo degli eritrei respinti dall’Italia lo scorso primo luglio. Siamo riusciti a parlare con uno di loro. Che ci ha confermato i pestaggi subiti a bordo della nave militare italiana da chi aveva tentato di opporsi alla riconsegna ai libici. Manganellate e scariche elettriche. Poi il carcere in Libia. Il tutto “con particolare riguardo alla tutela delle persone richiedenti asilo o protezione internazionale”.

Facciano una cosa i funzionari della Commissione europea. Non è difficile. Vadano in Libia e chiedano la versione dei fatti agli oltre 1.200 respinti. Vadano a Misratah, a Garaboulli, a Tuaisha, a Zawiyah, a Zuwarah, a Ganfuda. Nei campi di detenzione troveranno centinaia di testimoni pronti a smontare le tesi del governo italiano.

da Fortress Euurope

Darfur, un nuovo appello inascoltato dal Sudan mentre riprendono gli scontri

Da quando lo scorso marzo il governo sudanese ha espulso dal Darfur tredici organizzazioni non governative, di cui è stato chiesto il reintegro a più riprese e da più voci, il coordinamento umanitario nella regione ha subito un considerevole ridimensionamento. Le conseguenze hanno colpito l’intera popolazione assistita dai volontari delle Ong cacciate, che finora sono state sostituite con operatori locali non in grado di offrire gli standard del precedente intervento.

Inutili gli appelli rivolti a Khartoum di supplire ‘adeguatamente’ a tali mancanze. Se non fosse per Ocha, il coordinamento degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite, le condizioni sanitarie e la distribuzione alimentare sarebbero praticamente nulle. Ma si riesce ‘solo’ a impedire il collasso del sistema, a ‘garantire’ una qualità della vita ai limiti della sopravvivenza.
Ma c’è di più. Il regime guidato da Omar Al Bashir (su cui pende un’incriminazione del Tribunale penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità) ha sequestrato fondi e mezzi delle organizzazioni espulse (le sole MSF-Francia e Olanda ed Oxfam avevano depositato nelle banche sudanesi 5,2 milioni di dollari e apparecchiature molto costose), riservandosi il diritto di utilizzarli a propria discrezione. Nonostante l’appello della Commissione Europea e della Gran Bretagna, che avevano chiesto la restituzione ai legittimi proprietari, ciò non è avvenuto.
Anche i donatori che avevano finanziato i progetti seguiti dai cooperanti internazionali hanno chiesto di poter decidere l’uso di tali fondi per altri programmi da loro indicati, ma il Sudan ha risposto che dopo l'espulsione delle 13 organizzazioni ‘non gradite’, i loro veicoli, le loro apparecchiature sarebbero stati assegnati ai gruppi locali mentre con il denaro sarebbero stati pagati gli stipendi, negli ultimi sei mesi, del personale impegnato al posto dei volontari internazionali.

Ue e GB non hanno gradito e hanno ribadito, attraverso un comunicato alla Reuters dei rispettivi portavoce, che quei beni appartenevano alle Ong a cui erano stati assegnati e solo loro potevano decidere come utilizzarli.
Il ministro per gli affari umanitari del Sudan ha però nuovamente rigettato la richiesta dicendo che “per contratto, stipulato dalle organizzazioni con il Governo, nessun donatore può porre un limite all’uso dei fondi i quali possono essere usati dagli altri gruppi che lavorano sul campo”.

E così non sapremo mai cosa è stato davvero fatto con i soldi destinati al Darfur e finiti nelle mani del regime ritenuto responsabile del conflitto e della crisi umanitaria in atto nella regione.
Intanto, sul fronte militare (giusto per ‘confermare’ quanto affermato nelle scorse settimane dal generale Martin Luther Agwai, comandante uscente del contingente Unamid, che aveva dichiarato ‘la guerra in Darfur è finita’…), sono stati registrati nuovi scontri nel Jebel Marra, una vasta area controllata dal Sudan Liberation Movememt di Abdel Wahid el-Nur, il leader della fazione del movimento che non sottoscrisse gli accordi di pace di Abuja nel 2006.
Un portavoce dei ribelli ha dichiarato al Sudan Tribune che l'esercito del Sudan lo scordo 7 settembre avrebbe attaccato le loro postazioni nel nord della provincia, in particolare Korma e Ain Siro, uccidendo 11 guerriglieri e costringendo alla fuga più di sei mila civili, tra cui numerose donne e bambini.

Sempre grazie al Sudan Tribune, una delle poche voci libere che ancora riescono a raccontare ciò che succede nel più grande paese africano, è stata resa nota una proposta per 'risolvere' la crisi del Darfur avanzata dall’Unione africana: una commissione per accertare la verità e favorire la riconciliazione sociale, come avvenne a suo tempo in Sudafrica, e l'istituzione di tribunali speciali che processino i presunti autori di crimini di guerra perpetrati nei sei e più anni di conflitto nella regione sudanese.

Volendo leggere 'positivamente' le intenzioni del comitato guidato dall'ex presidente sudafricano Mbeki, nato in seno all'Unione Africana con l'intento di porre fine all'instabilità nell'area. ci si scontra con la volontà manifestata di esautorare il Tribunale penale internazionale, mal visto da gran parte dei paesi africani, dall'inchiesta che ha portato all'incriminazione del presidente del Sudan Omar Al Bashir.

L'Ua vorrebbe 'affidare' la giustizia a una gestione locale affinchc si arrivi a un compromesso tra il processare gli esponenti del governo sudanese all'Aia e garantire loro immunità o un giudizio poco credibile. Ma i ribelli del Jem (il Movimento per la Giustizia e l'Uguaglianza che continua a combattere contro il regime di Kharyoum), ha già fatto sapere chiaramente che si opporranno "a qualsiasi tentativo di istituire corti o sedi di processi nel modo descritto dal Sudan Tribune perché sarebbe solo una via d'uscita per Bashir". Insomma il Jem, come gran parte degli osservatori internazionali e dei cooperanti, continua a ritenere la Corte Penale Internazionale l'unico organo 'lecito' a occuparsi del Darfur.

E come non essere d'accordo quando in Sudan e in molti altri stati aderenti all'Ua si viòla quotidianamente ogni basilare diritto umano! Basti pensare alla vicenda di Lubna, Ahmed Hussein, giornalista sudanese ed ex impiegata dell'Onu, arrestata e condannata perché indossava i pantaloni.

da Articolo21

Vespa fa slittare Ballarò. "Propaganda indecente. Migliaia ancora senza casa"


"... Si vuole dare l'idea che il problema terremoto è risolto quando decine di migliaia di persone sono ancora senza casa. Non capisco perchè non si voglia fare una consegna di case seria e sobria con tutte le istituzioni coinvolte e si debba fare una cerimonia come fosse un passaggio sotto un arco di trionfo quando sono migliaia quelli sbattuti ancora nelle tende in giro per l'Abruzzo. Lo sa cosa chiedo? Solo un pò di decenza". Stefania Pezzopane, presidente della provincia dell'Aquila è irritata e delusa, alla vigilia della puntata speciale di Porta a Porta, per l'enfasi sulla consegna delle case. "Spostare Ballarò? Assurdo..."

Martedì la puntata di Ballarò non andrà in onda per lasciare spazio allo speciale di "Porta a Porta" sulla consegna delle case ai terremotati da parte di Berlusconi E' pazzesco, assurdo. Al di là della questione televisiva sconcerta la mancanza di sobrietà e umiltà di fronte alla gravità della situazione. Le quattro case che consegnano non sono niente rispetto alle migliaia di sfollati...

La consegna delle case ad Onna non è un fatto importante?
Certo che lo è ma è un piccolosissimo passo. Chiarisco, sono felicissima che a 200 famiglie sarà consegnata un'abitazione. Ho perso numerose persone ad Onna. Parenti, amici. Onna è il paese di mio padre... E' chiaro che sono felice che i primi cittadini possano entrare in case con pareti rigide dopo oltre 5 mesi di attesa in tenda ma sono sconcertata dal fatto che un momento di sicura importanza possa venire utilizzato per scopi di altra natura, sostanzialmente propagandistica. Anche perchè le case che vengono consegnate non sono quelle del "Progetto case".

Perchè? Chi le ha costruite?Sono quelle realizzate dalla provincia di Trento. I cittadini di Onna dovevano andare nelle abitazioni del "Progetto case" e non ci sono voluti andare, e si sono organizzati in Onlus; hanno fatto pressioni sulla protezione civile - e io li ho aiutati - e finalmente hanno ottenuto delle casette di legno vicino alle loro case. Come cittadini aquilani e rappresentanti degli enti locali che tanto ci stiamo adoperando per dare case a tutti e non a pochi, avevamo chiesto e continuiamo a chiedere sobrietà e umiltà nella consegna delle prime case. Se questo poi avviene addirittura annullando altre trasmissioni televisive c'è da rimanere allibiti.

Facciamo parlare le cifre. Ad oggi qual è la condizione degli sfollati?
Oltre 30mila persone sono ancora sulla costa e circa 16mila nelle tende. E' stata chiusa una tendopoli ma le persone, tranne poche decine, non sono potute andare in casa e la gran parte è negli alberghi dell'Aquila o di comuni limitrofi. Le prime case dovevano essere consegnate il 4 e non è avvenuto. Tra l'altro le case che vengono consegnate ad Onna non sono, come era previsto, le palazzine dove sono state messe le bandierine ma quelle che sono già apparse in tv quando è venuto domenica in visita il presidente Napolitano.

Era stata annunciata l'apertura delle scuole
Anche quella è stata rimandata perchè molte delle scuole non sono pronte.

Da Presidente della Provincia cosa chiede?
Chiedo un atteggiamento radicalmente diverso, non autorefenziale. Qui si vuole dare l'idea che il problema è risolto quando decine di migliaia di persone sono ancora senza casa. Non capisco perchè non si voglia fare una consegna di case seria e sobria con tutte le istituzioni coinvolte e si debba fare una cerimonia come fosse un passaggio sotto un arco di trionfo quando sono migliaia quelli sbattuti ancora nelle tende in giro per l'Abruzzo. Lo sa cosa chiedo? Solo un pò di decenza.

Che clima c'è tra la gente?
La gente è insicura, aspetta. E proprio per questo, per il rispetto che meritano nella loro lunga attesa le istituzioni devono fare passi all'insegna della serietà e non della tracotanza.

Lei ha aderito alla manifestazione di sabato 19, perchè?
Perchè dal devastante terremoto che ha colpito la città dell’Aquila lo scorso 6 aprile, sono trascorsi mesi caratterizzati dalla disinformazione diffusa da molti media nazionali, soprattutto da alcune TV, che spesso hanno dipinto una realtà molto diversa da quella che viviamo quotidianamente, oscurando, di fatto, i molti problemi che continuiamo ad avere. La mia adesione vuole avere anche il significato di un grido d’allarme ed è un invito a tutti, istituzioni e cittadini, a vigilare affinché i mezzi di comunicazione non ci abbandonino in questa fase così difficile per il nostro territorio.

corradino@articolo21.info
di Stafano Corradino da Articolo21

Venezuela, Chavez compra armamenti grazie a Mosca

Roma, 14 set. (Apcom) - La Russia ha accordato al Venezuela un prestito da oltre 2 miliardi di dollari per acquistare quasi un centinaio di carri armati e missili avanzati da usare come sistema anti-aereo. Si tratta di un accordo, scrive The New York Times, che dimostra la volontà di Mosca di sostenere il presidente anti-americano Hugo Chavez. Nel suo messaggio settimanale alla tv, ieri sera, il leader venezuelano ha detto di aver ottenuto il prestito durante il viaggio in Russia due settimane fa.

L'acquisto di nuove armi avviene proprio in un momento in cui i rapporti tra il Venezuela e la vicina Colombia sono particolarmente tesi a causa della decisione di Bogotà di permettere l'accesso agli Stati Uniti a sette basi militari colombiane. Per Chavez ciò rappresenta una pericolosa minaccia per la sicurezza del Venezuela. "Con questi missili - ha detto il leader socialista - sarà molto difficile per loro (gli americani) bombardarci". Negli ultimi anni il Venezuela ha stretto accordi con la Russia per l'acquisto di armi del valore di circa 4 miliardi di dollari.

da Indymedia

Roberto Fiore a Viterbo


Il segretario di Forza Nuova incontra la stampa e i cittadini per parlare di sicurezza e di elezioni - Il 18 settembre

Viterbo - 13 settembre 2009 - ore 20,05
Riceviamo e pubblichiamo - Sicurezza nel Viterbese e programma elettorale in vista delle prossime elezioni per il rinnovo delle amministrazioni provinciali e regionali saranno i temi che Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova, affronterà nella conferenza stampa organizzata per venerdì 18 settembre, alle 15 a Viterbo.

-DA CHE PULPITO Sicurezza fatta di ronde fasciste e squadriste.

Per quanto concerne le consultazioni elettorali della primavera 2010, Forza Nuova non potrà non tener conto del positivo risultato delle amministrative 2009, che hanno visto aumentare i consensi del 50% rispetto all'anno precedente.

-DA CHE PULPITO per una manciata di voti la fanno tanto lunga.

Naturalmente considerando il continuo ed elevato numero di adesioni al movimento da parte di persone stanche di quei partiti che parlano, parlano, ma non agiscono o che cambiano i connotati, rinunciando a difendere i valori propri della destra, si è certi che i consensi a Forza Nuova aumenteranno, premio anche alla sua coerenza ed al fatto che non si è mai svenduta, al pari di altri, per il potere.

-DA CHE PULPITO Forza Nuova, Merda Vecchia si soleva dire. Sulla svendita c'è proprio da ridere.

Nella stessa giornata, alle 17,30, a Marta Fiore incontrerà le popolazioni dei paesi intorno al lago di Bolsena, vittime di furti ed atti vandalici.

-DA CHE PULPITO c'è stato un sacco barbaro e non ce n'eravamo accorti.

Ovviamente la tematica della sicurezza e le proposte operative tese a difendere il territorio e da attivarsi subito, saranno gli argomenti sui quali Fiore si soffermerà.

L'incontro è aperto a tutti quanti intendano partecipare per conoscere il nostro pensiero e dibattere , a prescindere dall'appartenenza politica.

-DA CHE PULPITO certo che posso partecipare, "a prescindere" porto pure un paio di compagni e una raffica sostanziosa e sincopata, ben assestata, di calci nel culo!

da Indymedia

La Lega e la memoria di Peppino Impastato

di Giovanni Impastato

C’era da immaginarselo, mancava solo la scintilla e la bomba del contrasto tra la nostra realtà e la Lega sarebbe scoppiata. Il Sindaco di Ponteranica con la sua decisione autoritaria e antidemocratica di cancellare dalla Biblioteca del paese il nome di Peppino ha avvicinato il cerino alla miccia. Da tempo non riuscivamo a tollerare l’atteggiamento di questo partito di esaltati che ha finito per condizionare le sorti della nostra democrazia.
Sembra quasi paradossale che un paese come il nostro destinato anche dalla sua posizione geografica all’accoglienza e agli scambi interculturali, alla fusione delle etnie e ad essere la porta d’Europa verso l’Oriente e l’Africa sia finito nelle redini di questi nuovi barbari senza radici e senza cultura.
E’ logico che tali soggetti non conoscano affatto l’importanza della memoria storica e delle battaglie civili condotte in terra italiana e considerino Peppino e la sua lotta come un rifiuto ingombrante da eliminare che ricorda troppo un vecchio passato politico fatto di ideali, di sogni, di sconfitte e piccole rivoluzioni. Un passato che, in realtà, non ha mai smesso di esistere, ma che rivive nella determinazione di quanti continuano ad impegnarsi perché credono nell’alternativa possibile alla degenerazione sociale e politica e vengono continuamente calpestati da questi politicanti populisti, ignoranti, incapaci di democrazia. Sembra quasi che il mondo politico oggi raccolga quanto di peggiore ci sia nella società e soprattutto la Lega funziona perfettamente da pattumiera, riciclando anche qualche fascista che già puzza di marcio. Immaginate un Borghezio o un Calderoli qualsiasi ricoprire un qualsiasi altro ruolo o occupazione lavorativa, chessò all’ufficio postale o alla bancarella del mercato, come cameriere al ristorante o come addetto alla reception di un albergo; come autista di un autobus o ancora come infermiere che accolga al pronto soccorso: riuscirebbero a dimostrare quella minima comprensione, quella minima pazienza o tolleranza che sono necessari per relazionarsi con le persone e superare anche le piccole difficoltà? Immagino di no.
Ecco, Peppino era l’esatto contrario, aveva sì grinta da vendere e forza d’animo, ma sapeva investirla in operazioni costruttive, la nutriva con i suoi sogni, che trasmetteva anche agli altri al contrario di chi sparge invece incubi e angoscia. Peppino ascoltava, recepiva, accoglieva a braccia aperte, come fece con l’unico ragazzo mulatto che girava a Cinisi negli anni ’60, figlio di una relazione di una cittadina del paese con un soldato afro-americano che da giovane disadattato ed emarginato divenne uno dei suoi migliori compagni di lotte e divertimenti al mare.
Possibile che il popolo italiano sia caduto così in basso da accordare il proprio appoggio a chi sta compiendo ancora oggi nel 2009 terribili atti razzisti e criminali, costringendo migliaia di nostri simili ad una sicura morte nelle acque del Mediterraneo o all’abbandono nei campi di segregazione libici e nelle prigioni dove la tortura è il pane quotidiano? Possibile che siamo così pronti a portarci sulla coscienza il peso di così tante vite spezzate o distrutte?
Sono contento che un partito come la Lega sia contrario alla memoria di mio fratello, perché in effetti nulla ha a che fare con loro e con la loro voglia di sopraffazione e di violenza, con la vergognosa segregazione consumata ai danni non solo dei migranti, ma anche dei cittadini del meridione, degli omosessuali e di quanti non rientrino nei loro standard: alto, biondo, camicia verde e spirito folle e sadico. Cos’è questo, il nuovo hitlerismo, oltre che il nuovo fascismo? Davvero è cambiato solo il colore delle insegne?
Non ci rendiamo nemmeno conto che questi che si dicono conservatori e tutori delle tradizioni e delle culture locali, in realtà, stanno cancellando tutto lo spirito tradizionale che animava le nostre comunità, tutte le nostre sonorità, il nostro bagaglio di culture e di gioie, sostituendolo con stronzate sulla falsa origine celtica dei padani, simboli e bandiere senza radici storiche e leggende che sembrano inventate da un sceneggiatore di film di serie c o di scarse fiction televisive.
Voglio ancora sperare che tutto questo possa sparire, che gli Italiani abbiano ancora un briciolo di orgoglio per ribellarsi, per liberare il paese da quelle storture che sono la mafia al sud e la lega al nord, rifacendoci all’ignoranza di quanti sostengono che la criminalità organizzata sia un problema esclusivamente meridionale.
Per questo invito tutti il 26 settembre a Ponteranica, non solo per difendere la memoria di Peppino, ma anche la dignità di questo paese.

da Indymedia

8,8 milioni di bambini muoiono prima di aver compiuto 5 anni

l'Unicef ha presentato ieri i idati sulla mortalità infantile nel mondo, in particolare dei bambini con meno di cinque anni. La situazione migliora, ma il dato resta sconvolgente e inaccettabile: e ci sono paesi, come il Sudafrica, dove il tasso di mortalità infantile è addirittura cresciuto rispetto al 1990.

«Anche se nel 2008 i tassi di mortalità infantile sotto i cinque anni sono calati, è inaccettabile che ogni anno 8,8 milioni di bambini muoiano prima di aver compiuto cinque anni» sono le parole di Ann Veneman, direttrice generale dell’Unicef, alla presentazione, ieri, dei nuovi dati sulla mortalità infantile.
Africa e Asia insieme assommano ancora il 93 per cento di tutte le morti sotto i cinque anni che si verificano ogni anno nel mondo. «Un numero sproporzionato delle morti avviene in un piccolo gruppo di paesi molto popolati»: il 40 per cento di esse si verifica in solo tre paesi: India, Nigeria e Repubblica democratica del Congo.
I nuovi dati presentati ieri dall’Unicef evidenziano un calo del 28 per cento del tasso globale di mortalità infantile tra zero e cinque anni. Si è passati da 90 morti ogni mille nati vivi nel 1990 a 65 nel 2008. Il numero complessivo annuo di decessi di bambini è dunque 8,8 milioni, rispetto ai 12,5 milioni del 1990. «Il tasso globale di mortalità infantile è costantemente diminuito negli ultimi due decenni», ha sottolineato il presidente di Unicef-Italia Vincenzo Spadafora.
«Gli esperti di salute pubblica attribuiscono questo calo costante al crescente ricorso a interventi sanitari fondamentali, come le vaccinazioni, tra cui quella contro il morbillo, l’uso delle zanzariere trattate con insetticidi per prevenire la malaria e l’utilizzo di integratori come la vitamina A – ha spiegato Spadafora – Là dove questi interventi sono aumentati, sono stati conseguiti risultati positivi».
Le nuove stime sono il risultato di raccolte e analisi di una serie di fonti di dati condotte da demografi ed esperti sanitari di Unicef, Oms, Banca mondiale e Unpd, coordinati da consulenti tecnici di varie importanti istituzioni universitarie.
Un esempio positivo è il Malawi, che è ormai sulla buona strada per raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo del Millennio n. 4 , cioè la riduzione di due terzi della mortalità sotto i cinque anni tra il 1990 e il 2015. Le stime indicano che la mortalità sotto i cinque anni in Malawi è scesa da 225 morti ogni mille nati vivi 1990 a 100 nel 2008. Nel 2000, solo il 3 per cento dei bambini sotto i cinque anni dormiva sotto una zanzariera, mentre nel 2006 questa quota è aumentata al 25 per cento. Il Malawi ha concentrato le sue limitate risorse su miglioramenti in campo sanitario e sul ricorso a interventi più efficaci, con il risultato di salvare un gran numero di bambini.
In alcuni paesi, però, i progressi sono lenti o inesistenti. In Sudafrica il tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni è in realtà aumentato, dal 1990. La salute del bambino è indissolubilmente legata alla salute della madre e il Sudafrica ha il più alto numero di donne con l’HIV nel mondo. I recenti impegni presi dal governo per potenziare gli interventi per prevenire la trasmissione madre-figlio dell’ HIV dovrebbero contribuire a migliorare la situazione.
Il progresso può essere accelerato anche negli ambienti più poveri, attraverso programmi sanitari integrati e monitorati, su base comunitaria, mirati ad affrontare le principali cause di morte: polmonite, diarrea, affezioni neonatali, malaria, HIV e malnutrizione. Le due principali cause di mortalità sotto i cinque anni sono polmonite e diarrea. Nuovi strumenti, come i vaccini contro la polmonite da pneumococco e la diarrea da rotavirus, potrebbero fornire ulteriori risultati.


tratto da www.unimondo.org
da Carta

I 99 Posse ai tempi della crisi



99 Posse rappresentano una delle espressioni più alte delle sperimentazioni culturali dei centri sociali.

Artisti-attivisti che attraverso le loro canzoni hanno raccontato il movimento, le suggestioni di chi si oppone, di chi lotta per un mondo migliore.

Antifascismo, militanza, razzismo, morti sul lavoro, insomma le piaghe sociali del nostro paese, descritte con rabbia, ironia, intelligenza che rasenta la durezza.Il tutto in una chiave mai scontata resa unica nel suo genere dalla straordinaria capacità comunicativa del gruppo, in grado di parlare a tutti.

Le loro canzoni sono sempre state più semplici di un volantino, di un comunicato, hanno consentito a tantissimi giovani di avvicinarsi alle esperienze di lotta.

I loro testi sono diventati la colonna sonora di generazioni in lotta contribuendo alla costruzione di un immaginario collettivo forte, più forte del tempo che passa, per cui non c'è movimento studentesco che durante le occupazioni non intoni "Curre curre guagliò” o corteo dove “Rigurgito Antifascita” non risuoni.

Testi che risultano tutt' ora attuali, in un momento storico in cui la crisi economica va di pari passo con la crisi culturale di questo paese dove episodi di razzismo e omofobia imperversano in un clima culturale costantemente mortificato, dove l' arte assume una funzione puramente ornamentale perchè quasi interamente sostituita dai modelli televisivi.
In un paese alla deriva, dove il gossip diventa politica e la politica diventa gossip, nella totale assenza di un welfare state volto a tutela dei precari, dei disoccupati,degli immigrati, insomma i segmenti sociali più fragili.

Il gruppo ritorna facendo tappa in molti centri sociali, come sempre. Ma in questo momento la produzione e la diffusione di cultura altra all'interno di spazi autogestiti si configura come una necessità : essere artisti in movimento in tempo di crisi è una vera sfida, volta a scardinare dinamiche legate all'industria culturale che raramente danno spazio ad artisti che nei loro percorsi affrontano tematiche che parlano di conflitto sociale, di opposizione,di repressione, di antifascismo, antirazzismo.

I Posse ritornano dopo sette anni di assenza sulla scena in via del tuttto straordinaria dopo gli arresti di Torino, solidali e vicini ai compagni arrestati, al movimento che subisce un duro ed inaccettabile attacco repressivo.

E stasera c'è il ritorno vero, quello ufficiale, che segnerà per il gruppo l'inizio di una nuova stagione,un nuovo momento artistico, nuovi conflitti e sicuramente nuove parole per ironizzare sulle follie della politica, rivendicare sogni,essere nelle lotte con e nel movimento.

Non manca certo il materiale.

Bentornati !

Egidio Giordano, Laboratorio Occupato Insurgencia


99 Posse negli spazi sociali:

12 Settembre: Napoli (after show di Piazza Mercato), Insurgencia

1 Ottobre: Bologna, Tpo

2 Ottobre: Milano, Cantiere

3 Ottobre: Marghera (Ve), Rivolta

4 Ottobre: Trento, Bruno

10 Ottobre: Genova, Sala Chiamata del Porto (Benefit dei centri sociali Zapata e Terra di Nessuno per Don Gallo)

18 Ottobre: Benevento, Depistaggio

Siamo tornati



A sette anni di distanza dall'ultima esibizione dal vivo torna la 99 Posse.
La band napoletana sarà in tour a settembre nelle principali città italiane, presentando un brano inedito che affiancherà il repertorio tradizionale.

La formazione vede Luca Zulù Persico alla voce, Massimo Jrm Jovine al basso, Marco Messina alle macchine, Sascha Ricci alle tastiere, accompagnati da Claudio Klark Kent Marino alla batteria, Gennaro de Rosa alle percussioni e Peppe Siracusa alla chitarra

Dal 5 gennaio del 2002, quando la 99 Posse tenne il suo ultimo concerto a Napoli, molte cose sono cambiate. Il gruppo ritrova un'Italia in piena emergenza democratica ed economica, un Paese in declino nel quale si sperimentano inedite politiche repressive che alimentano nel corpo sociale sempre più frequenti episodi di razzismo e intolleranza.


I severi richiami dell'Onu sui respingimenti di massa, le ronde che rievocano la polizia di partito, l'assenza di misure di sostegno per precari, disoccupati, immigrati e lavoratori a basso reddito, le leggi razziali, le offese di esponenti politici della Lega ai cittadini napoletani, rendono bene l'idea del lager a cielo aperto nel quale le destre padane e nazionali vogliono trasformare l'Italia.

In questa situazione la voce di una band che si è sempre schierata dalla parte dei più deboli e dei meno garantiti vuole tornare a essere un punto di riferimento per tutti quelli che non si stancano di sognare e lottare per un mondo diverso e migliore. Per i vecchi fans, per i tanti giovani e giovanissimi che non hanno mai visto i 99 Posse dal vivo, ma che continuano a garantire al gruppo un seguito da culto, come testimoniano le decine di pagine e le migliaia di adesioni alle stesse sui più popolari social networks.

Anche la scena musicale è stata interessata da enormi cambiamenti in questi anni. La crisi della discografia, legata soprattutto all'incapacità delle etichette di elaborare nuovi modelli di business in linea con i mutamenti tecnologici; l'esplosione dei programmi televisivi che illudono migliaia di giovani artisti e garantiscono, nel migliore dei casi, una notorietà usa e getta, sono i segni più evidenti dei mutamenti avvenuti e in corso d'opera.

Di conseguenza per i gruppi cosiddetti indipendenti, quelli che privilegiano tematiche sociali e politiche nella propria produzione musicale, è diventato molto più difficile emergere e arrivare al grande pubblico. Per questo il ritorno della 99 Posse assume i caratteri di una scommessa, di un azzardo che si auspica proficuo, quello di un gruppo che canterà canzoni scomode senza giri di parole, testando anche i livelli di tolleranza nell'Italia dei nostri giorni, per riprendersi il posto che merita nella scena musicale nazionale.

tratto dal si 99Posse
da GlobalProject

Chi ha dignità alza la voce, chi ha paura alza «bandiera bianca»

Partenza all’alba, destinazione Venezia. C’è la festa dei popoli padani, ministri in doppio petto e un’ampolla d’acqua a testimoniare una presunta quanto falsa indipendenza. Perché la Lega Nord, il partito dei “paròni a casa nostra”, è lo scarpone di Roma che calpesta le nostre comunità locali, il partito che più di tutti ha a cuore la chiusura della vicenda vicentina; e, non a caso, i poliziotti del ministro Maroni - che, pur senza fazzolettino verde, si sono messi al servizio del nuovo padrone – caricano i cittadini nel vano tentativo di strappargli di mano uno striscione e impedirgli di parlare con i giornalisti.

È, questa, la sintesi di una nuova giornata di protesta che ha visto un centinaio di vicentini sbarcare a Venezia per contestare Bossi e il suo partito. Alcuni striscioni - «Lega serva di Roma» e «Indipendenza dalle basi di guerra» - e tante bandiere. Sul Ponte di Rialto gli striscioni vengono srotolati e convocata, in tutta fretta, una conferenza stampa. Obiettivo simbolico quello dei NoDalMolin: contestare coloro che si riempono la bocca di indipendenza e autonomia e impediscono ai vicentini anche solo di esprimersi sulla nuova base militare.

Ma - ed è questa la sorpresa - il partito di lotta e di governo che vorrebbe dare voce ai cittadini del nord non tollera voci di dissenso; e così, dopo pochi minuti, arriva la celere, in assetto antisommossa, sale gli scalini e, con tanti spintoni e qualche manganellata, tenta di strappare dalle mani dei vicentini gli striscioni e di tappare la bocca a coloro che volevano soltanto spiegare le ragioni della propria protesta ai vicentini. Una bella dimostrazione - l’ennesima - di come si vuol gestire la vicenda Dal Molin: impedendo, con la violenza e la forza, l’espressione di qualunque opinione contraria al governo e agli appetiti statunitensi.

Il sindaco Variati, dopo le sue dichiarazioni di ieri sera al festival NoDalMolin, dovrebbe porsi qualche domanda. Chiedere ai vicentini di ammainare le proprie bandiere, alzando lui stesso - come ha dichiarato - «bandiera bianca» significa rifiutare la responsabilità di difendere Vicenza e la sua comunità dall’imposizione di un progetto devastante e illegale; ma significa anche spalancare le porte a coloro che, ormai da molti mesi, vorrebbero fare di Vicenza un luogo tranquillo e privo di contraddizioni, dove il silenzio è imposto con l’arroganza e la paura.

La vicenda di oggi - con la polizia che carica una conferenza stampa - rappresenta un pericoloso precedente per chi ama la democrazia e la partecipazione. Quando anche il diritto di parola non è tollerato, quando ogni voce di dissenso deve essere tappata, quando la ragion di Stato calpesta con arroganza le ragioni della comunità locale, le responsabilità non stanno soltanto dalla parte degli impositori; ma anche sulle spalle di chi, impaurito dalle proprie responsabilità, decide di abbassare la testa e «alzare bandiera bianca».

di NonDalMolin da GlobalProject

Nardò, debiti fuori bilancio

Le notizie riportate in data 13/09 dalla stampa circa la posizione assunta dal Collegio dei Revisori dei Conti, di "bocciatura" del documento economico-finanziario per eccellenza, il bilancio appunto, non ci colgono assolutamente di sorpresa, queste le parole del consigliere Salvatore Donadei;
“E' bene infatti rammentare – afferma lo stesso Donadei - come nelle diverse sedute della relativa commissione (la VI presieduta dall' "Unito" Pierpaolo Losavio), che si sono succedute nei mesi scorsi e che avevano ad oggetto proprio l'argomento dei debiti fuori bilancio, il sottoscritto ha avuto un'atteggiamento fortemente critico nei confronti dell'amministrazione, parte politica ma anche parte tecnica, per la leggerezza, l'approssimazione, il pressappochismo, in una parola, per le modalità oltremodo discutibili, ictu oculi poco chiare e censurabili sotto diversi profili, contabili e civilistici, con le quali erano state gestite diverse pratiche relative all'argomento in oggetto, facendo espressa richiesta di approfondimenti e documenti.”
In quelle circostanze, peraltro tutte documentate nei relativi verbali e pubblicamente esposte in occasione dell'appuntamento di chiusura del Laboratorio Politico di Nuovocorso, tenuto dal consigliere Donadei, nel maggio scorso, si diede atto ai Revisori della meritoria opera con la quale, da parte loro, si erano sollevate grosse perplessità sulla, per così dire, "regolarità formale" di certe procedure, che avevano portato a porre il Comune, e le sue casse, in una forte ed ingiustificata, documenti alla mano, "esposizione" debitoria nei confronti di soggetti (creditori) terzi.
Ora, non ce ne voglia il capo dell'amministrazione, ma che egli sembri cadere dalle nuvole e chieda lumi per delle cose che, sia alcune forze di minoranza sia gli stessi revisori vanno dicendo, e, soprattutto, scrivendo, da mesi, beh questo la dice lunga sul coordinamento, praticamente inesistente (ed anche questo da sempre denunciato da una certa minoranza) tra esecutivo e dirigenti.

Sul punto tutti i consiglieri comunali che si riconoscono nell' "Intesa" di centro-destra, Donadei, Capoti, Calabrese, Maceri, Mirarco e Spenga, preannunciano che alzeranno ulteriormente il tiro della loro opera di controllo e vigilanza, valutando, d'ora in avanti e ricorrendone i presupposti richiesti, di non esaurire la loro opera nell'ambito politico-amministrativo ma di attivare, se del caso, tutte le procedure, anche di tipo giudiziario (nell'ambito civilistico, contabile e quant'altro), atte unicamente a fare chiarezza su certe procedure di spesa, nell'unico e superiore interesse dei cittadini di Nardò.

Puglia, Vendola pronto ad azzerare i vertici delle Asl

di MASSIMILIANO SCAGLIARINI

BARI - Un gesto forte, di grande impatto, che lanci un segnale chiaro. Un’iniziativa per la quale i tempi non sono ancora maturi ma che, nei prossimi giorni, potrebbe consentire a Nichi Vendola di uscire dalle sabbie mobili delle inchieste giudiziarie in atto: azzerare i vertici di tutte le aziende sanitarie, nominando sei commissari con il compito di cancellare le voci, le tensioni, le polemiche che da settimane ormai circondano le Asl di Puglia. Chi negli ultimi giorni ne ha discusso con il governatore pugliese riferisce di una profonda riflessione in corso. Su questo argomento l’esecutivo regionale è diviso in due: da un lato c’è chi apprezza l’idea di una prova di forza, dall’altro chi teme che azzerare i vertici delle Asl possa in qualche modo inasprire lo scontro politico in atto. C’è il rischio, insomma, che un gesto di moralizzazione possa essere scambiato per un colpo di mano.
Forse il commissariamento andava fatto prima, è il ragionamento prevalente: adesso, perché sia politicamente giustificabile, servirebbe un altro «innesco» esterno. Che potrebbe arrivare dalla chiusura delle inchieste in cors o. Nel frattempo, la pubblicazione su Repubblica Bari di una parte dei verbali della deposizione di Nichi Vendola davanti al pm Desirèe Digeronimo ha riacceso i riflettori su un episodio di alcuni mesi fa: la nomina di un primario di neurologia al «Miulli» di Acquaviva, per la quale la Digeronimo aveva anche ascoltato come testimoni monsignor Domenico Laddaga, governatore della struttura sanitaria e Paolo Livrea, responsabile del dipartimento ospedaliero di neurologia del Policlinico. Nè il Miulli, né il Policlinico sono in alcun modo coinvolti nella vicenza.

Dai verbali pubblicati ieri si evince che i carabinieri avevano intercettato una telefonata in cui Vendola chiedeva conto del concorso al suo ex assessore Alberto Tedesco. In particolare, il governatore - sulla base di una segnalazione - temeva che la procedura potesse essere stata alterata a sfavore del professor Giancarlo Logroscino, un barese rientrato da Harvard che è considerato un luminare del settore. Al magistrato, Vendola ha spiegato che la sua richiesta di chiarimenti era dovuta a una preoccupazione politica: temeva che la Puglia potesse perdesse un luminare della medicina. Alberto Tedesco, oggi senatore pd, è stato iscritto sul registro degli indagati insieme a una quindicina di imprenditori e funzionari delle Asl nell’in - chiesta della Dda che ha come oggetto una presunta «cupola» capace di orientare appalti e nomine dei primari. Il pm Digeronimo ha messo sotto la lente una serie di aspetti tra i quali anche le forniture di materiali oculistici alle Asl della Puglia.

I carabinieri hanno raccolto migliaia di ore di intercettazioni telefoniche e ambientali (c’era, tra l’altro, una cimice nello studio di Tedesco che ha registrato per 8 mesi), ma agli atti ci sono anche le dichiarazioni di numerosi addetti ai lavori tra cui anche alcuni manager di aziende sanitarie. Il concorso del «Miulli» è poi stato vinto dal professor Tamma, proveniente da un ospedale di Milano. «Il “Miulli - è la spiegazione di Alberto Tedesco - cercava un clinico e non un epidemiologo: per questo credo che il professor Logroscino non abbia vinto. Mi risulta che, comunque, i due medici siano stati sottoposti a una procedura comparativa. Il professor Logroscino una volta è stato anche da me per rappresentarmi una serie di situazioni a suo dire anomale: gli risposi che, se aveva notizia di irregolarità, poteva tranquillamente rivolgersi alla procura ».

Ma le telefonate con Vendola finite agli atti delle indagini? «Non posso sapere su quali conversazioni si siano soffermati gli investigatori. Io e il presidente ci sentivamo anche più volte al giorno, quindi i carabinieri ci avranno sentito parlare di numerose questioni. Escludo, comunque, di aver mai parlato con Vendola di argomenti meno che leciti. Se la procura vuole comprendere fino in fondo non ha che da chiamarmi: sono settimane che chiedo di essere ascoltato».

Puglia: 22 mln euro per scuole: progetto presentato da Vendola

La Regione Puglia ha deciso di stanziare 22 milioni di euro per finanziare un progetto che avra' l'obiettivo di potenziare l'apprendimento dei ragazzi piu' deboli delle scuole primarie e secondarie e, al tempo stesso, garantire un'occupazione a 1200 insegnanti precari e 300 dipendenti scolastici. Il progetto e' stato presentato, in un incontro con i giornalisti, dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, dagli assessori alla Formazione professionale, Michele Losappio, e al Diritto allo studio, Gianfranco Viesti, insieme con il presidente della commissione consiliare, Carlo De Santis.

Il piano e' promosso dagli assessorati al Diritto allo studio e Formazione professionale, con la collaborazione dell'Ufficio scolastico regionale e dell'Invalsi (Istituto per la valutazione del ministero dell'Istruzione). Il progetto, che sara' avviato il 15 novembre e si concludera' il 31 maggio 2010, e' chiamato 'Diritti a scuola' e ha l'obiettivo - ha detto Vendola - ''d'innalzare la qualita' della scuola pubblica pugliese'', con la realizzazione di corsi per ridurre la dispersione scolastica, che saranno affidati agli insegnanti precari inseriti nelle graduatorie degli uffici scolastici provinciali.


I corsi saranno dedicati alle materie della matematica e dell'italiano e saranno fatti - a discrezione delle singole scuole - o durante l'orario scolastico o nel pomeriggio. ''L'iniziativa - ha detto Viesti - riguardera' soprattutto, ad esempio, le scuole di operiferia o studenti extracomunitari o ancora, ad esempio, quegli istituti dove esistono vere e proprie 'classi-ghetto'''. ''Vogliamo utilizzare le risorse intellettuali - ha detto De Santis - in un lavoro utile per la comunita' pugliese', evitando la cassa integrazione''. Losappio ha reso noto che il personale sara' 'attinto' dalle graduatorie (fino a esaurimento) e verra' riconosciuto il punteggio quale anno di servizio, previa la sottoscrizione di un protocollo di intesa che e' gia' stato inviato al ministero dell'Istruzione. Il progetto e' stato condiviso dalle organizzazioni sindacali del comparto in un incontro con Viesti e Losappio. In Puglia, con il decreto Gelmini, - e' stato ricordato nell'incontro di oggi - saranno circa 4.700 i precari che verranno tagliati fuori dal sistema scolastico.

14/09/2009