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mercoledì 29 settembre 2010

Esercito, scuola di vita


‘La scuola non è neutrale’, secondo il direttore scolastico della Lombardia non dobbiamo ‘fare dei nostri alunni delle specie di invertebrati'
Il dott. Giuseppe Colosio è il direttore scolastico per la Lombardia. Insieme al generale De Milato ha firmato il protocollo d’intesa tra Ufficio scolastico e Comando militare che prevede di portare l’educazione modello militare nelle scuole della regione.
PeaceReporter lo ha intervistato per farsi spiegare il punto di vista dell’Istituzione scolastica direttamente da chi rappresenta la massima autorità in materia di istruzione regionale.

Il programma ‘Allenati per la vita’ non è una novità, siamo al quarto rinnovo, ma allora quando e perché nasce per la prima volta l’idea di un progetto di questo tipo?

La prima formalizzazione del progetto, così com’è ora, risale al tredici settembre 2007, ma già nel 2005 in provincia di Brescia era stata avviata una sperimentazione. Quanto al perché le dico subito che l’idea non è nostra: si tratta di un tipo di attività diffusa nel nord Europa, soprattutto in Gran Bretagna, multidisciplinare e con un forte carattere sportivo. Come si inserisce il programma nello svolgimento del normale anno scolastico?

L’attività è di tipo extracurriculare e l’adesione avviene su base esclusivamente volontaria, sia per quanto riguarda gli alunni che le istituzioni scolastiche che partecipano.

Sono previsti crediti formativi?

L’attribuzione dei crediti è una decisione che spetta alle scuole, ai consigli di classe e al collegio dei docenti, nessuno può dire che il programma prevede crediti in automatico. Tuttavia come è possibile ottenere crediti per un corso di inglese all’estero, così trovo giusto che sia possibile averli per un’attività di questo tipo.

Qual è il carattere sportivo dell’iniziativa?

Mettere insieme discipline diverse, non tradizionali, comprese un paio di discipline olimpiche legate al tiro, tra le quali il tiro con l’arco. Le discipline di tiro favoriscono l’abitudine alla concentrazione, alla respirazione e al controllo della posizione. Queste attività sono comunque marginali rispetto al resto: ampio spazio viene dedicato a tutta una serie di altre pratiche, come il primo soccorso, che tendono a preparare all’attività di volontariato nella Protezione civile o nella Croce Rossa.
Un’altra particolarità è la commistione tra attività pratiche e teoriche, fisiche e intellettuali, così viene favorita la capacità di risolvere problemi, il cosiddetto ‘problem solving’. Pensi, ad esempio, a quando si deve individuare, con l’uso di coordinate geografiche, il posto in cui si trova una persona che deve essere soccorsa, una capacità di risolvere i problemi di ordine pratico.
Inoltre ogni volta che si doveva decidere se inserire una nuova attività sportiva nel programma abbiamo preteso che fosse una disciplina olimpica.

Al fianco di attività che possono essere classificate come sportive, sono previste tutta una serie di altre pratiche vicine al mondo militare, come cultura militare, trasmissioni, sopravvivenza in ambiente ostile, difesa nucleare batteriologica e chimica, mezzi dell’esercito, che rientrano più difficilmente nel quadro che lei ha tracciato.

Le trasmissioni sono una pratica civile, tutto quello che è civile può essere di uso militare, e comunque questo non vuol dire che si fa un vero e proprio addestramento, c’è solo un passaggio di competenze. Quanto alla difesa nucleare, batteriologica e chimica le faccio un esempio: se io in una scuola faccio un’esercitazione antincendio vuol forse dire che voglio dare fuoco alla scuola?

Guardi se vogliamo esagerare allora le dico, piuttosto, che voglio arruolare gente tra i pompieri. A parte gli scherzi, quello che le chiedo è se dietro tutto questo non c’è la volontà dell’esercito di farsi propaganda tra i più giovani, mentre il sistema pubblico di istruzione dà il suo benestare.

No, assolutamente no, lo escludo nel modo più assoluto. Questo programma al massimo porta i più giovani a conoscere un organo costituzionale importante della Repubblica italiana, come l’Esercito. In Lombardia facciamo anche delle iniziative con barche a vela della Marina militare, per avviare alla pratica della vela. Quello che le posso concedere, al massimo, è che queste attività rientrano in un orientamento alle professioni. Lei sa che in tutti i campus di orientamento sono sempre presenti anche le Forze armate?

A maggior ragione però, quelli sono momenti di orientamento nei quali l’esercito si vende come azienda. Se quel percorso entra nell’anno scolastico, non cambia qualcosa? La scuola non dovrebbe essere neutrale? Altrimenti dovreste permettere l’ingresso anche ad altre aziende.

La scuola non è sotto una campana di vetro, deve interagire con la realtà. Stiamo ampliando le possibilità formative complessive, in un ambiente protetto, e la scuola tiene sempre in mano l’aspetto pedagogico e didattico. Quanto alle altre aziende le cito l’alternanza scuola lavoro, gli stage, le operazioni e i protocolli con altri grossi enti, come la Lega antivivisezione e Legambiente.

Sarà d’accordo però che Legambiente e la Lega antivivisezione non sono realtà forti e strutturate come l’esercito. Non offrono le possibilità di sbocco professionale di quest’ultimo.

Allora le dico che ci sono protocolli attivati anche con le università, stiamo dando opportunità diversificate di formazione ad ampio raggio, di crescita, di consapevolezza e di ampliamento delle proprie capacità e potenzialità.
C’è una relazione stretta tra la scuola e le forze più vitali della nostra società. Noi non possiamo essere neutri, la scuola non può essere neutra, deve affrontare il mondo e la sua varietà. Se gli studenti dovranno poi inserirsi nella società, nel mondo del lavoro, non possiamo insegnarli solo un mondo ideale o mandarli sulla luna, il mondo è questo.
Non sono del parere di fare dei nostri alunni delle specie di invertebrati, bisogna ridare ai giovani il senso dell’impegno, dell’energia, la consapevolezza positiva delle relazioni interpersonali.
Oggi i ragazzi vivono seduti davanti al televisore, capisce quanti problemi abbiamo di fronte? Dobbiamo creare delle condizioni.
Il nostro mondo, quello della scuola, non avvicina all’uso delle armi e alla violenza, sono ben altri i mondi più pericolosi e subdoli che lo fanno. L’Esercito è una meritevole Istituzione della Repubblica.

da PeaceReporter di Alessandro Micci

Sudafrica, la bustina miracolosa


E' come un filtro del tè ma trasforma l'acqua sporca in perfettamente potabile

Circa un miliardo di persone nel mondo non ha accesso a fonti d'acqua potabile e l'acqua contaminata uccide più uomini di tutti i tipi di violenza messi insieme, guerre comprese (fonte: Unep). Nel tentativo di trovare una soluzione al problema, un gruppo di ricercatori dell'Università Stellenbosch del Sud Africa ha sviluppato uno speciale filtro a forma di bustina di tè, che inserito nel collo di una bottiglia trasforma acqua sporca in acqua perfettamente potabile. Maneggevole, pratica e priva di rischi di ricontaminazione, la bustina high-tech sudafricana ha tutte le carte per diventare una grande invenzione.

Il designer che ha ideato l'innovativo filtro, è il professor Eugene Cloete, microbiologo e preside della facoltà di scienza dell'ateneo. Ex vicepresidente esecutivo dell'International Water Association, Cloete ama pensare in grande.La sua scoperta, frutto di anni di ricerca sulla purificazione dell'acqua e di studi avanzati di nanotecnologia e microbiologia alimentare, ha l'ambizioso obiettivo di offrire alle comunità sub sahariane che non hanno accesso a fonti d'acqua potabile la possibilità di bere, in modo semplice e al costo di mezzo cent (0,005 dollari è il prezzo di un filtro-bustina, escluse le spese per la manodopera e la distribuzione). "In Africa" afferma Cloete "si registrano più del 90% di tutti i casi di colera del mondo e 300 milioni di persone nel continente non possono dissetarsi. Dovevo fare qualcosa".

Un indice di rischio sull'acqua realizzato lo scorso giugno da Maplecroft, società di consulenza inglese specializzata nel risk management, mostra che su 165 Paesi analizzati, quelli dell'Africa - guidati da Somalia, Mauritania e Sudan- dispongono delle riserve di acqua più precarie del mondo.

Un filtro miracoloso - Il filtro di Cloete assomiglia a una bustina di tè non solo per forma e dimensione, ma anche per il materiale con cui è fatto: lo stesso biodegradabile dei sacchetti aromatici che si comprano al supermercato. Solo che, al posto di una miscela di foglie, il filtro contiene granuli di carbone attivo in grado di rimuovere in pochi istanti ogni traccia di composto chimico. Basta un solo filtro per purificare un litro dell'acqua più inquinata e renderla potabile al 100%. Cloete è convinto che la sua invenzione rappresenti un vero passo avanti perché si basa su una tecnologia decentralizzata, sfruttabile in ogni momento da chiunque.

L'innovativa invenzione è oggi al vaglio dell'ufficio brevetti del Sud Africa e, se tutto andrà bene, sarà in commercio nei prossimi mesi. Già persuase dell'utilità dell'invenzione, alcune agenzie umanitarie - tra cui quelle del Pakistan recentemente alluvionato - hanno già fatto richiesta per comprare il filtro non appena partirà la produzione.

Hope Project - Il filtro dell'Università Stellenbosh fa parte del progetto Hope, che -come dice il nome- mira ad accrescere la speranza di vita in Sud Africa e nel resto del continente attraverso alcune iniziative di sviluppo. Come ad esempio la fondazione di una scuola, l'Ukwanda Centre for Rural Health (ukwanda è una parola in lingua Xhosa che significa "sviluppo", ndr), che si occupa della formazione dei praticanti dottori e del personale medico nelle zone rurali della Provincia del Capo occidentale.

da PeaceReporter di Camilla Mastellari