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lunedì 27 luglio 2009

Afghanistan: la Lega con PeaceReporter? Nessun imbarazzo, ecco perché

Siamo forse più imbarazzati oggi, nel leggere le "sensate" parole del ministro Calderoli, di quanto lo siamo stati quando il ministro della Difesa la Russa risprese la nostra idea di mandare i militari nei cantieri per controllare che fossero rispettate le norme sulla sicurezza sul lavoro.
Allora non se ne fece nulla, di militari nei cantieri non se ne vide traccia. E probabilmente anche di questa ennesima boutade leghista non se ne farà nulla.

Resta l'imbarazzo di condividere le parole di chi, su quasi ogni argomento (dai diritti al razzismo, dalla scuola al lavoro), è sempre dalla parte opposta. Non di PeaceReporter, beninteso, non ci reputiamo tanto importanti, ma della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Poi però l'imbarazzo lo sciolgono le parole dello stesso ministro, è lui a fornirci la chiave di lettura: "Sull'Afghanistan la stragrande maggioranza degli italiani la pensa come Umberto Bossi".
Noi preferiamo pensare al contrario: la Lega, unica realtà politica con una struttura organizzata in grado di captare gli umori della gente, si è accorta con qualche anno di ritardo che agli Italiani la guerra fa schifo.

Vi ricordate quando si pubblicavano i sondaggi su questo tema? L'Italia era il Paese che, più di tutti al mondo, pensava che la guerra non la si dovesse fare mai. L'ottanta, il novanta percento degli italiani questo dicevano.

E la Lega, unica realtà politica presente davvero sul territorio, di questo si è accorta. Sicuramente c'è una fetta di italiani che non vuole i nostri militari in Afghanistan per questioni, diciamo, egoistiche. Tradotto in lingua leghista: "Che ci facciamo tra quei baluba? Trogloditi sono e trogloditi rimarranno, non ne vale la pena".
Non a caso nelle parole di Calderoli e dei leghisti si insiste tanto sulle risorse: "inutile sperperar quattrini per un branco di selvaggi", è il ragionamento fatto in lingua padana.

Ma noi siamo certi che questi siano una piccola minoranza. E che la stragrande maggiornaza del paese sia semplicemente contro la guerra per buonsenso. Perché la guerra è uno strumento inutile, anzi dannoso. E perché con i soldi spesi in missioni di guerra, pardon, in missioni diversamente di pace, gli italiani lo sanno, si potrebbero fare cose straordinarie, sia in Afghanistan sia qui da noi.

In conclusione, nessun imbarazzo. Perché sappiamo di essere nel giusto. E sappiamo di interpretare le idee degli italiani sulla questione della guerra, della pace e delle risorse buttate in missioni diversamente difensive da molti anni prima del ministro Bossi e dei suoi.

Maso Notarianni da PeaceReporer

La serva serve e noi ci adeguiamo

Per pura coincidenza temporale, nel fritto misto del decreto anticrisi si trovano gomito a gomito due provvedimenti che riguardano la vita e il lavoro delle donne. Dopo tanti spintoni, cade il muro pensionistico dei 60 anni per le lavoratrici del pubblico impiego (il settore privato seguirà a ruota). Dopo il pacchetto sicurezza, incartato frettolosamente dal governo pur di dimostrare i suoi quarti di razzismo, c'è la regolarizzazione «selettiva» delle badanti, senza le quali l'italico welfare dal basso crollerebbe nel giro di 24 ore. Pur se involontaria, la coincidenza veicola un messaggio maligno.
Il diritto delle donne ad andare in pensione di vecchiaia prima degli uomini è storicamente scaturito dal lavoro riproduttivo e di cura da esse svolto gratuitamente a casa. Da una quindicina d'anni una fetta di questo lavoro familiare e domestico è stata «appaltata» alle immigrate. E' passato, a costo contenuto, dalle spalle delle italiane a quelle delle straniere. Il loro arrivo in massa ha creato un nuovo lavoro, la badante, che prima non esisteva. Vi siete liberate del vostro fardello donnesco? Dunque, andate in pensione più tardi, recita il messaggio. Quantitativamente esagerato, perché non tutte le donne italiane hanno la colf o la badante. Ma non infondato e, quindi, urticante per le donne che hanno difeso il bastione dei 60 anni.

Dovrebbe interrogare tanto le donne che gli uomini lo scandalo della regolarizzazione «selettiva», concessa solo alle badanti. E le centinaia di migliaia di immigrati che fanno in nero il muratore, il facchino, il manovale, il pizzaiolo? Si impicchino, anche se sono in Italia da un pezzo, anche se da anni sono in lista d'attesa per ottenere il permesso di soggiorno con la lotteria dei decreti flussi. Il ministro Sacconi ha rivendicato a viso aperto la «selezione». C'è la crisi, ci occorrono solo «determinate figure professionali». Le badanti, appunto. «La serva serve», recita un vecchio adagio, meno ipocrita di Sacconi. La famiglia italiana è sacra, quella dei migranti un po' meno. Il cattolicissimo Carlo Giovanardi, il sottosegretario alla famiglia che ha dato il là alla regolarizzazione «selettiva», deve pensare alla prima, non alla seconda.

E noi? Diciamolo francamente, ci siamo adeguati. Le obiezioni a un provvedimento che calpesta spudoratamente il principio di uguaglianza sono state fiacche e di routine. In un paese dove passano le brutture del pacchetto sicurezza senza che quasi si muova foglia, la regolarizzazione selettiva è sembrata a qualcuno un piccolo passo avanti, a qualcun'altro un male minore. «Dobbiamo pensare anche ai mariti delle badanti», hanno fatto presente le Acli. Il segretario della Cgil ha scritto una lettera a Berlusconi e ai presidenti di Camera e Senato per «suggerire» che sarebbe più «razionale e giusto» regolarizzare tutti. L'altro ieri Epifani ha detto che «non si rassegna» alla sanatoria selettiva. L'ha detto con un fil di voce: sa di non aver dietro la sua gente quando si tocca il tasto dolente degli immigrati. Resiste indomita, bollando come anticostituzionale il condono solo per le badanti, Emma Bonino. Senza offesa, conta come il due di picche. La proposta di legge bipartisan che in Senato chiede la sanatoria generalizzata ha raccolto una cinquantina di firme e non farà molta strada.

La regolarizzazione selettiva delle badandi istituzionalizza l'egoismo. Tra i migranti scegliamo noi quelli che ci fanno comodo. E cancella le fandonie che ci raccontiamo sui migranti che dovrebbero arrivare qui istruiti, professionalmente formati, parlanti un italiano fluente. No, li vogliamo soli e impauriti, senza un letto e un tetto. E che siano di sesso femminile, mi raccomando. Per aggirare l'ostacolo, nelle prossime settimane tanti immigrati si «fingeranno» badanti. Gente subdola e infida, sbraiterà la Lega.

Manuela Cartosio
da Il Manifesto

Mondiali di nuoto, oro per gli scandali

I mondiali di nuoto di Roma sono iniziati in un clima spensierato. Pochi hanno ricordato, se non di sfuggita e senza calcare la mano, che per la loro preparazione si è collezionato uno scandalo dopo l’altro e che, ancora oggi c’è un’inchiesta della magistratura romana e alcuni impianti sportivi privati sequestrati. Viene da chiedersi: cosa deve accadere in questo paese per ottenere una sollevazione dell’opinione pubblica? È davvero così irreversibile come si vuol far credere l’indifferenza dell’opinione pubblica o forse conviene ricercare i motivi di questa innegabile apatia sulle cause strutturali che stanno alimentando la palude?
Per analizzare queste cause, conviene partire dalla vicenda madre di sedici anni fa: da Tangentopoli. Allora c’erano stati tre elementi concomitanti che avevano fatto maturare il rigetto della classe politica allora al potere. Il primo elemento erano state le inchieste della magistratura. Condotte allora con grande rigore e professionalità. Ma anche per i Mondiali del nuoto il potere giudiziario ha svolto il proprio ruolo. Sono stati sequestrati alcuni impianti privati beneficiati delle deroghe edificatorie previste dalla legge, nonostante questi stessi impianti si trovassero in aree vincolate ai sensi delle leggi paesistiche. Non sta qui dunque il problema.
Il secondo elemento era il ruolo del mondo dell’informazione. E qui tocchiamo già una prima profonda differenza. Anche stavolta ci sono state inchieste coraggiose (Report e Repubblica) e una costante attenzione (il manifesto). Ma un generale silenzio ha contraddistinto gli altri quotidiani. E, soprattutto, le televisioni di stato hanno taciuto la notizia. Quando ne hanno dovuto parlare a seguito dei sequestri hanno relegato le notizie in frettolose cronache locali. Il sistema dell’informazione è, rispetto ad allora, oggettivamente meno libero.
Ma a mio giudizio il punto dirimente è il sistema politico. All’epoca di Tangentopoli era esistente e visibile un’opposizione politica e questa interloquiva con l’opposizione sociale. La forma bipartitica che si sta sempre più affermando è la nemica principale di qualsiasi possibilità di verità e di informazione. Un sistema consociativo bipartitico si fonda sul continuo scambio dei ruoli tra maggioranza e opposizione e rende conseguentemente impossibile l’emergere di alcunché. Alcuni esempi chiariranno i motivi dell’omertà della politica.
Il primo gigantesco scandalo dei mondiali di nuoto di Roma sta nella definizione delle opere da realizzare per lo svolgimento delle gare, la cui responsabilità ricade interamente sulla precedente giunta Veltroni. Sta nell’aver deciso di realizzare un’opera folle, il palazzo del nuoto affidato a Santiago Calatrava, che per dimensioni e costi non sarebbe mai stato completato in tempo utile per i giorni delle gare. Anche senza la (colpevole) cancellazione da parte del nuovo sindaco Alemanno, il faraonico impianto non sarebbe stato pronto e si era già deciso di ripiegare su un suo ruolo secondario rispetto al Foro Italico. 600 milioni di euro gettati al vento. Il secondo scandalo iniziale è stato quello di aver dato uno spazio inaudito alle strutture sportive private, 17 per 29 vasche nuove. Impianti privati che hanno beneficiato di deroghe che avevano evidente legittimità soltanto nel caso di impianti pubblici. Ma eravamo nel pieno dell’ubriacatura che «privato è bello».
Con queste premesse è del tutto evidente che l’attuale opposizione avendo combinato il pasticcio non ha alcun interesse a denunciare lo scandalo: denuncerebbe se stessa! È la ferrea gabbia bipartitica - per questo tanto perseguita da entrambi gli schieramenti - che impedisce l’emergere del letamaio e mette a rischio lo stesso funzionamento dello Stato.
Qualche giorno fa il sindaco Alemanno per tentare di cancellare le forzature compiute dagli impianti privati fa votare al Consiglio comunale un ordine del giorno che arriva ad affermare: «Impegna il Sindaco e la Giunta a superare le problematiche che possono condizionare il potere del Commissario delegato(…) prestando, nel rispetto della legge e delle ordinanze del Presidente del Consiglio, l'intesa necessaria a realizzare interventi in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche e al vigente regolamento edilizio». Ciò significa che «attraverso le intese» si cercherà di sanare a posteriori opere private eseguite in modo non conforme alla legge. E questo la politica non può dirlo, perché il rispetto delle regole è la garanzia per il cittadino e calpestare questo principio è inammissibile.

di Paolo Berdini da Il Manifesto

Il giudice non controlla la residenza - Ai domiciliari nel garage abbandonato

AGRIGENTO - Aveva adottato quale suo domicilio un parcheggio multipiano in disuso sito in piazza Rosselli, nel centro di Agrigento. E quando i carabinieri l'hanno arrestato qualche settimana fa per una questione di droga, Mohammed Mekkaoui, cittadino marocchino, 51 anni (senza permesso di soggiorno) al giudice che lo processava per direttissima ha detto che abitava in piazza Rosselli 22. Il giudice non ha controllato e lo ha mandato ai domiciliari all'indirizzo da lui dichiarato.
Risultato il signor Mekkaoui si è trovato costretto a dimorare (senza poter avere contatti con l'esterno) nel garage multipiano... Anzi, per dirla tutta, nella struttura costruita venti anni fa e mai completata diventata, col tempo, un rifugio per extracomunitari visto che non ha mai ospitato nemmeno un'auto.

Ma la legge è legge e i carabinieri di Agrigento la notte scorsa, nell'ambito dei soliti controlli, sono andati a vedere se effettivamente il marocchino si trovasse nel suo domicilio. L'uomo è stato invece rintracciato in una strada vicina e stava probabilmente facendo ritorno a "casa".

I militari avrebbero anche potuto chiudere un occhio davanti alla "strana" residenza di Makkaoui, ma non davanti alla sua assenza. A questo punto, considerato che era sottoposto al provvedimento cautelare, "da scontare - come è scritto nel provvedimento del giudice - presso il civico 22 del piazzale Rosselli" l'extracomunitario è stato arrestato per evasione e portato in carcere ad Agrigento.

di FABIO RUSSELLO da LaRepubblica