HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

martedì 11 maggio 2010

Donne contestano Roberto Fiore(fn).Giovani urlano:"stupratele"

Roberto Fiore contestato a Massa

Momenti di tensione, a Massa, al termine di un convegno sulla RU486, al quale ha partecipato Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova. Alla fine dell'incontro, fuori dal teatro, un gruppo di donne favorevoli all'aborto e che avevano contestato Fiore sono state apostrofate da alcuni giovani presenti all'iniziativa, che hanno gridato «Stupratele che tanto abortiscono». A pochi metri di distanza dal teatro sede del convegno, si è svolto anche un sit-in di forze di centrosinistra e associazioni, per manifestare pacificamente la loro contrarietà all'incontro e alla presenza di Fiore. Non ci sono stati scontri, anche grazie al copioso schieramento di forze dell'ordine. Per evitare che un cameraman di una tv locale riprendesse la scena delle grida contro il gruppo di donne, altre persone hanno cercato di sottrargli la telecamera, minacciandolo di non rientrare in teatro. Fiore si era già allontanato.

Impastato: lo uccise solo la mafia?


A 32 anni dalla morte, emergono nuovi interrogativi sull'omicidio del giovane giornalista antimafia. Perché molti dettagli fanno pensare che non sia stata solo Cosa Nostra. E quelli che depistarono le indagini sono gli stessi che poi si occuparono delle misteriose "trattative" seguite alle stragi del '92.

Peppino Impastato
Trentadue anni fa un giovane giornalista siciliano, Peppino Impastato, fu dilaniato da una bomba sui binari della ferrovia Trapani-Palermo. Per il suo omicidio è stato condannato all'ergastolo il boss dei Corleonesi Gaetano Badalamenti. Eppure, in quel delitto, molti sono ancora i punti oscuri.
A iniziare dalle modalità dell'omicidio, diverso dai rituali mafiosi. Ma soprattutto è interessante il fatto che i depistaggi dell'inchiesta (inizialmente si cercarono gli autori del delitto tra gli amici della vittima) sia stato attuato dagli stessi personaggi che oggi emergono come protagonisti di quella trattativa tra mafia e Stato che seguì la stagione delle stragi. In altri termini, emerge l'ipotesi che il delitto Impastato sia stato voluto da quella "zona grigia" tra Cosa Nostra e lo Stato che sta emergendo in questi mesi.

La questione viene posta da questa pagina del nuovo libro di Attilio Bolzoni, "FAQ. mafia" (in uscita per Bompiani in uscita il 19 maggio) che 'L'espresso' anticipa qui di seguito in esclusiva.
Data la rilevanza del "sasso" lanciato da Bolzoni in queste righe, "L'espresso" lo ha anche intervistato in merito, approfondendo gli interrogativi sul caso Impastato: potete vedere e ascoltare l'intervista cliccando qui

"Ci sono stati depistaggi per proteggere mafiosi importanti?

Il più sfacciato è stato quello dell'inchiesta sull'omicidio di Peppino Impastato. Lo hanno fatto 'suicidare', lo hanno fatto diventare un terrorista. E invece era stato assassinato. Per ordine dei boss e, forse, anche di qualcun altro.

Peppino Impastato è morto il 9 maggio del 1978 sui binari della ferrovia Trapani-Palermo, dilaniato da una bomba. Nello stesso giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani, a Roma. Peppino aveva 30 anni, era figlio di un mafioso di Cinisi, militava nell'estrema sinistra e lavorava a Radio Aut, una radio libera. L'indagine sulla sua morte è stata truccata fin dalle prime ore. Dai carabinieri.

L'esplosivo usato per il presunto attentato era esplosivo da cava, eppure nei giorni successivi alla morte di Peppino i carabinieri non fecero neppure una perquisizione nelle cave intorno a Cinisi, che erano tutte di proprietà dei mafiosi. Inoltre, nella prima informativa non fecero menzione di una pietra ritrovata sul luogo del delitto: quella che probabilmente uccise Peppino Impastato prima che venisse 'sistemato' sui binari per sembrare un terrorista suicida. E ancora: nel primo rapporto che i carabinieri presentarono alla procura di Palermo, scrissero: "Anche se si volesse insistere su un'ipotesi delittuosa, bisognerebbe comunque escludere che Giuseppe Impastato sia stato ucciso dalla mafia".

La mafia a Cinisi era Gaetano Badalamenti, il boss che Peppino Impastato attaccava ogni giorno dai microfoni di Radio Aut, irridendolo col nome di Tano Seduto ; lo stesso Badalamenti che aveva stretto rapporti con alcuni alti ufficiali dell'Arma. Era lui il boss da proteggere. E, probabilmente, Gaetano Badalamenti non era l'unico a volere morto Peppino Impastato.

Tutta l'inchiesta, fin dall'inizio, si è concentrata esclusivamente sulla ricerca di accuse contro la vittima. C'è stato un depistaggio sistematico - e forse pianificato ancor prima dell'omicidio - che è sempre apparso "sproporzionato" per coprire soltanto un mafioso, sia pure un grande capo di Cosa Nostra come Gaetano Badalamenti. Anche il delitto Impastato, dopo tanti anni, sembra uno di quegli omicidi dove è probabile che si sia registrata una "convergenza di interessi". Il fascicolo giudiziario su Peppino Impastato è rimasto per almeno dieci anni "a carico di ignoti". Ci sono voluti altri dieci anni per riaprire le indagini. E altri quattro ancora per condannare Gaetano Badalamenti come mandante del delitto. Un po' di giustizia è stata fatta nel 2002: in un altro secolo. Ma ci sono ancora molti misteri. Testimoni che non sono stati mai ascoltati. E protagonisti di quell'inchiesta che, tanto tempo dopo, sono scivolati nelle indagini sulle trattative fra mafia e Stato a cavallo delle stragi del 1992"

da Indymedia

ASCANIO CELESTINI - TONY CORROTTO E TONY MAFIOSO

Malasanità in carcere

Lettera aperta a Francesco Ceraudo, Presidente Associazione Nazionale Medici Penitenziari.

In carcere per non affogare devi lottare, devi lottare per qualsiasi cosa … e scrivere per far sentire la tua voce.
Nell’Ordinamento Penitenziario, all’articolo 11, si legge:
“L’assistenza sanitaria è prestata, nel corso della permanenza nell’istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati.”
Invece, la sanità in carcere è cattiva, mostruosa e sadica.
Sono un ergastolano, un uomo ombra con l’ergastolo ostativo a qualsiasi beneficio, di cinquantaquattro anni e da quasi venti in carcere.
Passavo le mie giornate in carcere studiando, leggendo, scrivendo e facendo tutte le mattine, nell’orario dell’aria, una corsa di un’ora intorno al cortile del passeggio.
Correvo tutti i giorni, con il sole, il vento, la pioggia e a volte con la neve in faccia.
In questi anni, per almeno un’ora al mattino, mi sono sempre sentito un uomo libero perché i miei pensieri hanno sempre corso insieme alle mie gambe scavalcando il muro di cinta.
Dal mese di luglio 2009 non posso più correre: un problema al ginocchio mi sta impedendo di svolgere qualsiasi attività fisica.
Dal mese di luglio 2009 ho chiesto una risonanza magnetica o una semplice visita ortopedica, senza mai aver avuto nessun riscontro dall’attuale Dirigente Sanitario dell’Istituto.
Mi dicono che c’è d’attendere, che anche fuori i liberi cittadini attendono. Probabilmente è la verità, ma in carcere si campa con poco, con niente si muore: quella corsa che facevo al mattino mi teneva in vita.
Per almeno un’ora, quella corsa mi faceva sognare di correre nei campi pieni d’erba o nella sabbia delle spiagge del mare di dove sono nato.
Quella corsa mi aiutava a fuggire dalla mia pena che non avrà mai fine.
Ora le mie giornate sono ancora più tristi e vuote e la notte non riesco a dormire bene.
In tutti questi mesi ho chiesto a tutti e ho sollecitato a medici e a direttori, ma ancora nulla!
Chiedo solo, dopo oltre dieci mesi, una visita ortopedica e una risonanza magnetica per sapere che cosa ha il mio ginocchio e se ho la speranza di essere curato per ritornare un giorno a correre!

Carmelo Musumeci
Carcere di Spoleto, Maggio 2010