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mercoledì 8 luglio 2009

SICUREZZA, LEADER SINISTRA E LIBERTA' SCRIVONO AL PRESIDENTE NAPOLITANO

**FIRMA ANCHE TU LA PETIZIONE.

I leader di Sinistra e Libertà - Claudio Fava, Grazia Francescato, Umberto Guidoni, Riccardo Nencini, Nichi Vendola - hanno inviato una lettera al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in merito alla recente approvazione da parte del Parlamento della legge sulla sicurezza, che contraddice le regole di civiltà giuridica. Di seguito riportiamo il testo della lettera:
Illustrissimo Presidente,

la promulgazione delle leggi rientra nelle funzioni di garanzia esercitata dal Presidente della Repubblica, nel quadro del delicato equilibrio costituzionale di pesi e contrappesi all’interno del quale è inserita la stessa funzione legislativa che, nell’ordinamento costituzionale, non gode della prerogativa dell’onnipotenza. I Padri costituenti, nella loro saggezza, hanno previsto che le leggi potessero essere giudicate, per tutelare i cittadini dal rischio di abusi provenienti dalle maggioranze politiche e per questo hanno posto due istituti di garanzia a presidio del corretto esercizio della legislazione: la Corte costituzionale e il Presidente della Repubblica che, a norma dell’articolo 74, prima di promulgare una legge, può, con messaggio motivato, chiedere una nuova deliberazione alle Camere.Noi non confondiamo il ruolo della Corte Costituzionale, a cui è affidato un compito tipicamente giurisdizionale, con quello del Presidente della Repubblica, a cui la Costituzione assegna un ruolo più interno al sistema politico e quindi più delicato, suscettibile di interpretazioni diverse. Si tratta di una funzione che, proprio per la sua delicatezza, non tollera suggerimenti né aspettative. Tuttavia questa funzione è prevista dalla Costituzione (e deve essere esercitata) come rimedio alle patologie che eventualmente si verifichino nello svolgimento dell’attività legislativa.Noi siamo convinti che con la nuova normativa (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) approvata in seconda lettura dal Senato il 2 Luglio, è stata superata una soglia che i Costituenti avevano eretto a presidio di quei valori inviolabili costituiscono al contempo la lezione e il lascito della Resistenza.E’ stato varcato il limite del rispetto della dignità essenziale di ogni persona umana. Quando si interdice il diritto di contrarre matrimonio e di dar vita a una famiglia a un’intera categoria di persone, e quando si sottopone l’esercizio di un diritto naturale come quello della maternità ad un’autorizzazione amministrativa, quale è il permesso di soggiorno, non si tratta più di mere questioni di costituzionalità, che possono essere trattate e risolte dal Giudice delle leggi.Siamo in presenza di un cambiamento di natura della legge, dalla quale viene espunta la giustizia. In altre parole, si produce una lacerazione fra la legge - comando politico - e la tavola di valori posta a fondamento dell’ordinamento, che i Costituenti avevano voluto inscindibilmente connessi.Siamo in presenza di una grave patologia del sistema che disonora il nostro Paese e ci mette in contraddizione con le regole di civiltà giuridica poste a fondamento dell’Unione europea come hanno rilevato illustri esponenti della cultura italiana con una lettera destinata all’opinione pubblica democratica europea.Per esporLe il nostro punto di vista su questi punti, Le chiediamo, prima di procedere alla promulgazione, di ricevere una nostra delegazione.

Claudio Fava, Grazia Francescato, Umberto Guidoni, Riccardo Nencini, Nichi Vendola

http://www.sinistraeliberta.it/appello-sicurezza-leader-sinistra-e-liberta-presidente-repubblica-napolitano-francescato-fava-guidoni-vendola-nencini/

La voce di beppe cremagnani si è spenta

Già, la voce, perché adesso che ci penso, io la sua faccia non la conoscevo. Ne conoscevo lo stile, ne conoscevo l'impegno, ne conoscevo gli articoli, i filmati, le denunce; ne ho conosciuto la cortesia, l'aperta disponibilità, la libertà di pensiero, l'ironia, la prontezza ad accogliere compagni di viaggio e ad aggiungerne.L'ho “incontrato” quest'anno grazie a internet, pochi mesi fa per l'esattezza. uno di quegli incontri che la vita “apparecchia” e che si rivelano “necessari”, di quelli che sarebbe stato un peccato sprecare.

La nostra amicizia virtuale è cominciata mentre muoveva i primi passi anche l'esperienza politica del Movimento per la Sinistra a Nardò. Con Nico, Francesca, Angelo e gli altri compagni del Movimento cercavamo un taglio “attuale” per riflettere sulla resistenza oggi, sulla strategia della paura e del terrore; cercavamo le parole giuste per richiamare l'attenzione di tutti sui segni, che noi sembravano e sembrano evidenti,di una crisi grave della democrazia nel nostro paese, di un pericolo concreto per la libertà.

Le lucide, asciutte parole sul cofanetto di “governare con la paura” ci dissero che avevamo trovato la chiave giusta. Cominciarono così i contatti, quasi giornalieri, le mails, le telefonate per assicurarci la sua presenza all'iniziativa del 9 maggio, “L'alba dei funerali di uno Stato”.

“Vengo”, “forse non posso”, “Lecce è troppo lontana”, “ho qualche problemino di salute”. Subentrò così a lui Mario Portanova, co-autore con Marco Deaglio dell'opera, altrettanto disponibile a collaborare alla nostra manifestazione.

Finita l'iniziativa, pensavo, non ci saremmo sentiti più. E invece, allo stesso ritmo di prima, le sue mails, i suoi messaggi su facebook, gli stessi sms sono continuati ad arrivare; puntuali le sue osservazioni e i suoi “eventi” ci raggiungevano : eravamo ormai nel gruppo dei suoi contatti preferiti (cioè tutti i suoi contatti). scriveva per un invito, una riflessione, un appuntamento; e per lui che fosse Milano, Piombino, Ancona o Venezia non faceva differenza.

Due settimane fa l'ultimo scambio di battute :”vai dappertutto in Italia, a Nardò non vuoi proprio venire?”, “l'età e qualche fastidio alla salute mi rendono complicato un viaggio così lungo. Ma chissà, forse in estate...”.

Ieri, all'assemblea del Movimento per la Sinistra si cominciavano ad abbozzare idee per una iniziativa politica estiva e ho pensato a Beppe “potrebbe essere l'occasione buona”, mi sono detta. A casa, aperto facebook,mi ha raggiunto la notizia della sua morte.


Claudia Raho

Cremagnani, Deaglio, Portanova, “Governare con la paura”, Melampo

“La paura. E' diventata lei il vero mezzo di governo, l'instrumentum regni per eccellenza del nuovo sovrano. una dimensione permanente della psicologia di massa, un sentimento a due facce che ora aizza contro i “diversi”, ora piega i cittadini alle pretese del potere.
Si governa facendo paura. Si governa seminando paura. Gli abusi e le torture del g8, i divieti di manifestare, le minacce contro il movimento degli studenti. E insieme l'odio fomentato ogni giorno contro gli immigrati e i rom, colpevoli di attentare ai “nostri beni” o alle “nostre donne”. E' l'Italia raccontata da questa inchiesta. Governata, nelle sue viscere profonde, da una destra che ha fatto della paura (con sorriso televisivo) la propria bandiera. E che dalle trasmissioni Rai riabilita l'Italia del ventennio”.

Un libro di178 pagine e un DVD di 100 minuti

Iran, i leader dell'opposione chiedono la scarcerazione dei manifestanti

Karoubi, Mousavi e Khatami chiedono anche la fine dell'imposizione della "sicurezza di Stato"

I leader dell'opposizione iraniana, Mehdi Karoubi, Mir Hossein Mousavi (candidati moderati sconfitti alle presidenziali) e l'ex presidente Mohammad Khatami, hanno chiesto alle autorità il rilascio di manifestanti e oppositori arrestati durante le proteste seguite alle elezioni presidenziali del 12 giugno scorso."Mehdi Karoubi, Mousavi e Khatami si sono incontrati lunedì - si legge sul sito web di Mir Hossein Mousavi - e hannno sottolineato l'importanza di porre fine alla sicurezza di stato imposta nel paese e anche l'immediato rilascio dei manifestanti arrestati". Secondo i mezzi di informazione di stato iraniani solo a seguito della manifestazione del 20 giugno, in cui è morta la ventiseienne Neda Agha Soltan, divenuta poi simbolo dei manifestanti iraniani, le persone arrestate sarebbero state 475. I morti durante gli scontri sarebbero invece 13 e molti i feriti. Si stima però che i numeri reali siano molto più alti.

da PeaceReporter

Buon vento, Beppe


E' morto Beppe Cremagnani

Pochi giorni fa abbiamo abbiamo rivisto "G8/2001, Fare un golpe e farla franca", il film documentario di Beppe Cremagnani e Enrico Deaglio che racconta quei giorni di luglio in cui l'Italia si è svegliata e, al posto dello stivale, ha trovato un anfibio di celerino.
Sui titoli di coda, l'istinto è stato chiamare Beppe, per dirgli ancora una volta che bel lavoro hanno fatto, e quanto sia importante continuare a raccontare, in questo paese che dimentica troppo in fretta ogni disastro, inghiottito dal disastro del giorno dopo.

Poi era tardi, e non l'abbiamo chiamato, poi il giorno dopo c'era il lavoro, e non l'abbiamo chiamato, e poi, e poi. Errore. Non bisognerebbe mai rimandare.
E se domani esco di casa e mi cade un vaso in testa? E se finisco sotto a un tram? Lunedì Beppe è uscito di casa per fare un giro in bici e non è più tornato, stroncato da un infarto.
Era un grande giornalista, curioso, attento, onesto. Un giornalista vero, di quelli che consumano la suola delle scarpe, anziché il tasto del copiaincolla.
Era un grande amico, sempre preso da mille lavori ma sempre attento a chiedere come ti va la vita, e come va a quelli che ti sono vicino.
A Luisa, ai suoi figli e ai suoi colleghi va l'abbraccio di tutta la redazione di PeaceReporter.
A lui, se ci può sentire, quello che non abbiamo fatto in tempo a dirgli: bravo, Beppe. E grazie.

La redazione di PeaceReporter

Nato a Milano nel 1951, Giuseppe Cremagnani, da tutti conosciuto come Beppe, si è laureato in Giurisprudenza all'Università Statale di Milano.

Ben presto ha intrapreso la carriera di giornalista passando attraverso innumerovoli esperienze. Giornalista e autore televisivo, ha lavorato a la Repubblica e a l'Unità ed è stato autore di numerose trasmissione televisive: Milano, Italia; Il laureato; Inviato speciale; La nostra Storia; Ragazzi del 99; Vento del Nord; L'elmo di Scipio. E' stato consulente della trasmissione «Che tempo che fa» e collaboratore con «Diario». Con la Luben Production, una delle sue ultime passioni, ha realizzato importanti film-documentari sulle cronache, tristi, delle vicende italiane degli ultimi anni: oltre a G8/2001 fare un golpe e farla franca, Quando c’era Silvio, Uccidete la Democrazia, L’Ultima Crociata e Gli imbroglioni.

L'ultima sua fatica, che stava presentando in questi giorni, è Governare con la paura-il G8 del 2001, i giorni nostri. Un libro e due dvd, raccolti in un cofanetto, raccontano la storia degli abusi del potere in Italia dal G8 di Genova ai giorni nostri. Il titolo, Governare con la paura, si riferisce alla strategia sperimentata nel luglio del 2001 per le strade del capoluogo ligure invase dai manifestanti no global. Finì in tragedia. Oggi gli stessi modi di operare vengono riproposti dai vari decreti sicurezza approvati dal governo Berlusconi. Mano dura contro i più deboli, gli extracomunitari, contro chi protesta e non si adatta alle regole imposte dall’alto. Sicurezza è la parola d’ordine in base alla quale l’opinione pubblica deve accettare nuove regole che limitano la libertà e i diritti dei singoli. “ Attenzione - avverte però il senatore Furio Colombo in un passo del film - sicurezza è il termine che ha spianato la via ai dittatori da Mussolini a Hitler, ed oggi a Putin".

da PeaceReporter

Messico, sconfitta clamorosa per il partito del presidente Calderon

Calderon alla Camera perde la maggioranza relativa. Male anche i democratici di Lopez Obrador. Bene il Pri

La dura sconfitta elettorale subita dal Partido de Accion nacional in Messico inizia a mietere le prime vittime. Il presidente del partito, German Martinez, si è dimesso. "In politica è giusto accettare le conseguenze delle propie azioni" ha detto il leader dimissionario.
Sei governatori, 468 deputati e alcune giunte provinciali. Le elezioni in Messico mettono alla prova l'amministrazione di Calderon, alla prima verifica elettorale dal giorno della sua elezione alla presidenza, datata 2006.
Per i quodidiani messicani la sconfitta del Pan è quasi da ko pugilistico.
A volte ritornano. Come nel caso del Pri (Partido Revolucionario Istitucional) che per oltre settant'anni, fino al 200, è stato al potere in Messico. Ieri nelle elezioni di medio termini, il Pri ha messo a segno una vittoria quasi insperata arrivando a ottenere il 40 percento delle preferenze alla camera mettendo di fatto in minoranza il Pan (Partido Accion Nacional) formazione del presidente Calderon che non ha perso tempo e ha ammesso la sconfitta. L'effettiva perdita della maggioranza relativa alla camera costringerà il presidente Calderon a scendere a patti e a trattare con i deputato del Pri pur di riuscire a sviluppare in modo completo il suo programma di governo.
Clamorosa la scivolata del Partido Revolucionario Democratico che ha disatteso anche i peggiori sondaggi delle ultime settimane e si sarebbe attestato intorno al 14 percento dei voti. messicani, inoltre, sembrano aver ignorato la presenza del Partito ecologista.
Ma è stata l'astensione la vera protagonista della giornata elettorale. I messicani che hanno deciso di restare a casa e di non andare a votare, infatti, sono stati oltre il 60 percento.
Fino a questo momento i seggi conqustati dal Pri sono 209, quelli del Pan 133 e quelli del Prd solo 67. Molto distanti gli altri partiti. I verdi ad esempio occuperanno 15 poltrone e 8 il Partido de Trabajo. La verifica elettorale messicana era importante quasi esclusivamente per il presidente Felipe Calderon che in questo modo sarebbe riuscito a capire quale fosse l'andamento della sua popolarità nel Paese. Non solo. Il Pan, Partido de Accinon Nacional, voleva vedere se davvero i sondaggi confermavano la tendenza negativa del partito. Tendenza che ha visto il partito perdere molti punti percentuale e di conseguenza partecipazione della fiducia concessagli dai cittadini nel 2006.
In effetti, già dalle scorse settimane la formazione del presidente era data in netto calo. Anche gli altri partiti, però, non vedevano aumentare le prospettive di ottenere maggiori consensi. Il Pan secondo i sondaggisti più importanti era dato al 33 percento delle preferenze. Non meglio erano previste le cose per il Partido Revolucionario Democratico (Prd), formazione di sinistra capeggiata dall'eterno sfidante Manuel Lopez Obrador che scendeva di parecchi punti percentuale e si attestava intorno al 26 percento. Il Pri, invece, era dato intorno al 38 percento, risultato che lo avrebbe spinto in vetta alle preferenze dei messicani, come poi si è verificato.

Alessandro Grandi da PeaceReporter

In Honduras arriva telegolpe

Ancora una volta, come in Iran, è il web a salvare la libera informazione. E ancora una volta sono i giovani a fare la differenza.
Succede in Honduras, dove gli studenti di Tegucigalpa hanno cominciato a diffondere in rete le immagini delle manifestazioni a sostegno di Manuel Zelaya trascurate dalla televisione ufficiale.

I loro video, girati con telecamere amatoriali e telefonini, stanno facendo il giro del mondo, mostrando quello che nessun altro fa vedere. “In Honduras non succede niente, tutto tranquillo” è uno di questi ed è il più visitato.

da Internazionale

http://www.youtube.com/watch?v=OCzkJf2vVnU&eurl=http%3A%2F%2Fwww%2Einternazionale%2Eit%2Fhome%2F%3Fp%3D3569&feature=player_embedded

Contro gli arresti di Torino, contro il G8 de L'Aquila: mobilitazioni in tutt'Italia. Occupazioni a Torino Trento e Firenze, blocchi a Roma

Altra giornata di mobilitazione, di respiro nazionale e diffuso, nella sincronizzazione datasi nell'opposizione al G8 e nella campagna per la liberazione dei 21 arresti per gli scontri al G8 di Torino.

L'Onda ancora in mobilitazione contro gli arresti
Questa mattina l'Onda di Firenze ha occupato il rettorato dell'università per rilanciare la richiesta di liberazione immediata dei comapgni e delle compagne in carcere, seguendo la scia fortissima tracciata in tutt'Italia dal movimento studentesco. Lo stesso è avvenuto a Trieste, ooccupati gli uffici del rettore dall'Onda. Alle 11 invece gli studenti e le studentesse di Padova hanno fatto un presidio dinnanzi al tribunale cittadino, dove Max e Benji si sono recati per l'interrogatorio di rito. polizia nervosa, che nel tentativo di appendere 2 striscioni davanti la struttura ha distribuito un paio di manganellate. Quest'oggi infatti sono iniziati gli interrogatori dei 21 arrestati, per domani è prevista la decisione del tribunale sulle conferme degli arresti. Mentre continua a caratterizzarsi come diffusissima la risposta dell'Onda a livello nazionale, per venerdi sera in diverse città (Torino, Bologna, Pisa e altre) vi saranno cortei per la libertà degli arrestati. Nel pomeriggio l'Onda torinese è tornata con un'altra iniziativa di mobilitazione, legando la campagna contro gli arresti con la battaglia nell'università in avversione all'aumento delle tasse. Occupata una sala del rettorato dell'ateneo, bloccando una riunione che si stava svolgendo. L'Onda con questa occupazione ha voluto ribadire la richiesta di immediata liberazione degli studenti e delle studentesse arrestati e la propria contrarietà nel vedersi scaricati addosso i primi costi della riforma Gelmini.

A Roma come a L'Aquila contro il G8
Nuova giornata di iniziative anche a Roma e L'Aquila contro il G8 che prende il suo via quest'oggi, con l'arrivo di tutti i capi di Stato. Un centinaio di attivisti del comitato 3 e 32, a Colle Roio, davanti alla caserma Coppito dove si svolge il vertice del G8, hanno esposto un gigantesco striscione su cui c'è scritto "Yes we camp". A Roma un centinaio di militanti dei Blocchi Precari Metropolitani hanno effettuato blocchi in via XX settembre davanti al ministero dell'economia. Due striscioni: "Il G8 è un terremoto, siamo tutti aquilani", "G8, banca mondiale, fondo monetario internazionale chi devasta e saccheggia siete voi". Bloccati gli accessi di 2 banche, simbolo evidente delle responsabilità pendenti in riferimento alla global crisis. In corteo hanno poi raggiunto piazza Fiume. Anche gli attivisti di Greenpeace hanno messo in campo un'iniziativa contro il G8: occupate 4 centrali a carbone a Brindisi, Marghera, Porto Tolle e Vado Ligure. Occupate ciminiere e nastri trasportatori.

da Infoaut

E CHI SE NE FREGA DELLA CULTURA !!!!!!!!

Lunedì nella Sala Umberto di Roma la politica ha sperimentato un altro modo di far teatro, allungando il lunghissimo elenco delle sue variazioni: sacro, profano, popolare, di corte, di massa, d’ombre, d’arte, dell’assurdo, d’avanguardia, illuministico, gesuitico , delle marionette e via fantasticando (la cultura è l’ordine dato alla fantasia, perché possa diventare patrimonio di crescita per tutti). La nuova forma teatrale sperimentata alla “Umberto” da Gabriella Carlucci e Luca Barbareschi, entrambi di spettacolo e deputati governativi, è consistita in una recita antigovernativa, con l’intenzione di convincere il governo, se non a riparare il danno, almeno a ridurlo, anche simbolicamente: sicché si possa dire che il governo resta, sì, convinto che la cultura sia una spesa e non un investimento sia pur “marginale” nel nostro sistema economico; ma fa anche qualcosa per tenerne in vita una parte: diciamo nutrizione e idratazione, come da dogma. Alla ”Umberto” qualcuno ha intravisto il teatro della contraddizione nella contraddizione, ma con molta grazia da parte degli attori, e con molta simpatia da parte nostra, spettatori e critici del dramma. Dramma proprio nel senso di drammatico, perché se non arrivano al galoppo almeno i 30 milioni per fronteggiare l’emergenza, cioè per pagare le produzioni già in cantiere, a fine anno si chiude. “Allarme cultura”, dice da tempo alla Camera Emilia De Biase, segretaria di presidenza.
Il problema di fisica che si sostituisce alla politica : più la crisi cresce, più si restringe il Fus, il fondo unico per lo spettacolo istituito nel 1985 per aiuti pubblici al cinema e agli spettacoli dal vivo (teatro, strada, lirica, orchestre, danza, circo, eccetera). Adesso, mentre voi leggete, il punto è questo. I fondi dati e in parte ritolti all’editoria, i fondi promessi e poi negati per lo spettacolo, annaspano nei flutti: scompaiono e ricompaiono aggrappati a mezzo salvagente. Tremonti smentisce il cavaliere, che dice che la crisi non c’è, e dice che la crisi c’è. Non solo non ridarà al Fus i soldi rivendicati, ma gli toglierebbe il salvagente, appunto i 30 milioni per completare le opere cantierate. A sua volta il ministro della cultura Bondi, impegnato in questi giorni a separarsi dalla moglie ( coraggio, ministro, ci siamo passati e le assicuro che si può sopportare), ma soprattutto impegnatissimo a proteggere l’immagine del premier dalle dolcezze che i preti chiamano con definizione soft libertinaggio; Biondi, dicevo, se ne sta buono, intento a devastare come meglio non potrebbe il ministero dei Beni culturali (invano i 500 direttori di musei italiani nel mondo l’hanno supplicato di non inventarsi una direzione generale del patrimonio, affidata all’ex dir.gen. della Mc Donald). E tace, il tenero “trovatore” del Cavaliere e della Carfagna, di fronte alla Medusa Tremonti che lo paralizza coi suoi dinieghi; e trova conforto nel Colosso di Venezia, il Brunetta, che definisce teatro e opera lirica ozi per vecchi col pannolone. (Viva la Sagra della Salama da sugo ferrarese, ragazzi; o se preferite il sarcasmo di Escobar, da oggi “nei saloni del G8 a L’Aquila si proiettino non immagini d’arte italiana ma piatti di polenta”).
Succede perciò che alla “Umberto” ci si aspettava presenza e risposta bypartisan , che scuotesse il dissolvimento di Berlusconi, lo spappolamento di Bondi, la durezza “lacrime e sangue” di Tremonti. Ricordando anche che il governo Prodi aveva riportato il Fus a 500 milioni di euro, ridotti dai successori a 300: che sono pari a metà dei 140 sborsati prima che arrivassero i messi per il fallimento di Catania. E ricordando che il testo Carlucci, integrato in commissione cultura, può rispondere a un’attesa di riordino dello spettacolo dal vivo che dura da trent’anni. E che erano state fatte solenni promesse a Napolitano, alla consegna dei David di Donatello. E che 200 mila persone lavorano in una miriade di piccole aziende ai bordi del diritto del lavoro, contro le poche grandi, specie liriche, con personale inflazionato oltre i limiti della clientela. E che la nuova legge sul Fus, pronta, ripeto, in commissione, se non ha i fondi che il Tesoro continua a negare, è carta straccia, una legge quadro per governi che non avranno mai voglia di dipingere il quadro: preferendo polenta e salama da sugo, come s’addice all’Italia celtica, dove i finanziamenti alla cultura (editoria e spettacolo) sono precipitati allo 0,1 del prodotto nazionale. Né serve “aprire” ai privati, come per gli enti lirici trasformati in fondazioni; giacché il privato finanzia solo se finanzia il pubblico, e se ci sono le detrazioni fiscali: modello “capitale d’avventura” made in Usa. Ma le detrazioni preferite in Italia sono quelle dei grandi evasori,ai quali si promette un altro “scudo” (il terzo) se riporteranno qualche manciata di euro nella penisola. E’ finanza creativa. Dispiace a Barbareschi e Carlucci quanto a De Biase, Giulietti, Ghizzoni, Granata, e altri amano lo spettacolo e pagano al botteghino. Forse, invece di convocare assemblee con Sms, occorrerebbe preparare una manifestazione popolare, migliaia di uomini e donne della cultura, sul ripristino dei livelli finanziari del Fus, sui finanziamenti aggiuntivi alla legge degli spettacoli dal vivo, sull’editoria, e, se necessario, anche per corsi serali di alfabetizzazione ai celti di governo.

Quella volta che in bicicletta...in ricordo di Beppe Cremagnani


Tutto avrei pensato tranne che scrivere un articolo sul Beppe (in Brianza l'articolo è ancora d'obbligo davanti al nome). Infatti Beppe era il Beppe Cremagnani. A Vimercate lo conoscevano tutti, la sua era (è) una famiglia nota (c'è una via dedicata a Bice Cremagnani!). Beppe l'ho scoperto come collega solo negli ultimi anni perché per me è sempre stato Il Giornalista dell'Unità che vedevo spesso a casa di mio zio Franco (che praticamente è la stessa casa dove vivevo da ragazzo con i miei genitori). Beppe era il giornalista di riferimento per riuscire a pubblicare qualcosa sull'Unità delle iniziative di Radio Montevecchia, Beppe è stato colui che mi ha dato le dritte per scrivere i miei primi articoli su un giornale vero (l'Unità).Negli ultimi 20 anni, quando (dopo La Repubblica) si era dedicato alla televisione, ho sempre seguito con affetto e passione il suo lavoro perché Beppe non era mai scontato e faceva questo mestiere come andava/andrebbe fatto, con umiltà e soprattutto coraggio.
Basta vedere l'elenco dei programmi in cui c'era il suo modo di lavorare : "Milano, Italia" con Gad Lerner, e ancora con Gianni Riotta, Enrico Deaglio, "Il Laureato" e "L'inviato speciale" con Piero Chiambretti, oltre a diverse con Enrico Deaglio. Cremagnani era stato anche consulente di "Che tempo che fa" condotta a Fabio Fazio e ha lavorato stabilmente con il settimanale "Diario". Il suo ultimo lavoro è stato un libro e due dvd raccolti in un cofanetto ("Fare un golpe e farla franca" + "Governare con la paura") che raccontano la storia degli abusi del potere in Italia dal G8 di Genova ai giorni nostri.
Proprio in occasione della presentazione vimercatese , lo scorso maggio, ho incontrato casualmente (ancora una volta) Beppe a casa dei miei genitori. Abbiamo scherzato sull'età e ci siamo ragguagliati sui figli visto che non credeva che i due ragazzi seduti a tavola fossero i miei due (lui ha tre maschi). L' avevo trovato bene, forse un po' stanco ma...era il solito Beppe.
Di lui comunque mi rimarrà il ricordo di quando l'ho incontrai in bicicletta (un ferro giallo!) mentre usciva da casa e anch'io ero in sella alla mia vecchia bici da corsa. Mi disse con ironia che era un onore andare in bicicletta con uno dei più grandi giovani pistard di un tempo (ho fatto agonismo per 8 anni). Era un secolo che non prendevo la bici ma, come Beppe (che aveva cominciato a pedalare su indicazione dei medici), ero costretto per motivi di salute (dovevo rieducare il ginocchio). Peccato che andava talmente forte che prima di Bernareggio (cioè dopo un paio di chilometri) ho dovuto salutarlo perchè il grande passista di un tempo non riusciva a stargli dietro. Ecco Beppe al di là delle favolose inchieste e dei programmi tv di te conserverò questo ricordo autentico come era il tuo modo di essere. Un abbraccio, Luca Levati. (*direttore Radio Lombardia)

di Luca Levati da Articolo 21

Beppe Cremagnani “Lutto nel mondo del giornalismo”

E’ morto ieri il giornalista Beppe Cremagnani. Molto noto per le sue inchieste, anche scomode, e per le sue posizioni fortemente critiche. Un “grillo parlante”, non a caso con il giornalista Enrico Deaglio aveva girato il documentario “Quando c’era Silvio” nel 2005, inchiesta che racconta prima delle decisoive elezioni del 2006 l’ascesa imprenditoriale di Silvio Berlusconi. Beppe Cremagani è stato colpito da un malore a Lecco durante una passeggiata in bicicletta. In questi giorni è in uscita l’ultimo lavoro, “Governare con la paura-il G8 del 2001, i giorni nostri”. Ricordiamo questa voce del giornalismo italiano con l’ultima intervista in Rete per la presentazione del suo ultimo lavoro. “Governare con la paura-il G8 2001″.

ALEX ZANOTELLI - CRISTIANI, DISOBBEDITE COME A LOS ANGELES

Mi vergogno di essere italiano e di essere cristiano. Non avrei mai pensato che un paese come l'Italia avrebbe potuto varare una legge così razzista e xenofoba. Noi che siamo vissuti per secoli emigrando per cercare un tozzo di pane (sono 60 milioni gli italiani che vivono all'estero!), ora ripetiamo sugli immigrati lo stesso trattamento, anzi peggiorandolo, che noi italiani abbiamo subito un po' ovunque nel mondo.
Questa legge è stata votata sull'onda lunga di un razzismo e una xenofobia crescente di cui la Lega è la migliore espressione.
Il cuore della legge è che il clandestino è ora un criminale. Vorrei ricordare che criminali non sono gli immigrati clandestini ma quelle strutture economico-finanziarie che obbligano le persone a emigrare. Papa Giovanni XXIII nella Pacem in Terris ci ricorda che emigrare è un diritto.
Fra le altre cose la legge prevede la tassa sul permesso di soggiorno (i nostri immigrati non sono già tartassati abbastanza?), le ronde, il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e matrimoni misti, il carcere fino a quattro anni per gli irregolari che non rispettano l'ordine di espulsione ed infine la proibizione per una donna clandestina che partorisce in ospedale di riconoscere il proprio figlio o di iscriverlo all'anagrafe.
Questa è una legislazione da apartheid, che viene da lontano: passando per la legge Turco-Napolitano fino alla non costituzionale Bossi-Fini. Tutto questo è il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, rom e mendicanti. Questa è una cultura razzista che ci sta portando nel baratro dell'esclusione e dell'emarginazione.
«Questo rischia di svuotare dall'interno le garanzie costituzionali erette 60 anni fa - così hanno scritto nel loro appello gli antropologi italiani - contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali». Vorrei far notare che la nostra Costituzione è stata scritta in buona parte da esuli politici, rientrati in patria dopo l'esilio a causa del fascismo. Per ben due volte la costituzione italiana parla di diritto d'asilo, che il parlamento non ha mai trasformato in legge.
E non solo mi vergogno di essere italiano, ma mi vergogno anche di essere cristiano: questa legge è la negazione di verità fondamentali della Buona Novella di Gesù di Nazareth. Chiedo alla Chiesa Italiana il coraggio di denunciare senza mezzi termini una legge che fa a pugni con i fondamenti della fede cristiana.
Penso che come cristiani dobbiamo avere il coraggio della disobbedienza civile. È l'invito che aveva fatto il cardinale R. Mahoney di Los Angeles (California) , quando nel 2006 si dibatteva negli Usa una legge analoga dove si affermava che il clandestino è un criminale. Nell'omelia del mercoledì delle ceneri nella sua cattedrale, il cardinale di Los Angeles ha detto che, se quella legge fosse stata approvata, avrebbe chiesto ai suoi preti e a tutto il personale diocesano la disobbedienza civile. Penso che i vescovi italiani dovrebbero fare oggi altrettanto.
Davanti a questa legge mi vergogno anche come missionario: sono stato ospite dei popoli d'Africa per oltre vent'anni, popoli che oggi noi respingiamo, indifferenti alle loro situazioni d'ingiustizia e d'impoverimento.
Noi italiani tutti dovremmo ricordare quella Parola che Dio rivolse a Israele: «Non molesterai il forestiero né l'opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d'Egitto» (Esodo 22,20).

di Alex Zanotelli da Il Manifesto

SASSAIOLA E SCONTRI ALLA STAZIONE TERMINI



http://tv.repubblica.it/dossier/g8-in-italia/sassaiola-e-scontri-a-termini/34842?video

Difendiamo la libertà di informazione - Firma l'appello di Barbacetto, Corrias, Gomez, Ruotolo e Travaglio

Noi sottoscritti ci riconosciamo nell’articolo 21 della Costituzione Italiana che recita fra l’altro: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Il disegno di legge n. 1415 sulle intercettazioni e sulla cronaca giudiziaria, cioè la legge-bavaglio, che sta per essere definitivamente approvato al Senato viola apertamente questi principi.

Noi ci dichiariamo pronti all’“obiezione di coscienza”, cioè a continuare a pubblicare gli atti giudiziari (intercettazioni, ma non solo) che non sono segreti, ma di cui la maggioranza di governo vuole impedire la pubblicazione e la conoscenza. Chiediamo agli editori, all’Ordine dei Giornalisti, alla Federazione della Stampa, agli organismi sindacali di tutte le testate (carta stampata, radio e televisione) di aderire a questa forma di protesta civile.

Invitiamo il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a valutare i profili di incostituzionalità del disegno di legge e a respingerlo alle Camere.

Chiediamo ai cittadini di aderire al nostro appello, perché hanno il diritto di essere informati correttamente e compiutamente.

Noi giornalisti siamo pronti a pagare in tribunale le conseguenze del nostro gesto, in attesa che la Corte costituzionale e la Corte europea di giustizia di Strasburgo dichiarino illegittima la legge-bavaglio. La nostra libertà di informare riguarda tutti. E’ giunto il momento di difendere la nostra Costituzione.

Gianni Barbacetto, Pino Corrias, Peter Gomez, Sandro Ruotolo, Marco Travaglio

http://temi.repubblica.it/micromega-appello/?action=vediappello&idappello=391092

NoG8 L'Aquila / Marcia della rinascita


Venerdì 10 luglio '09 ore 14 alla Stazione FS di Paganica
Comunicato del Patto di Base
2 luglio 2009 - Patto di Base (Cobas-Cub-SdL)

IL 10 LUGLIO IN MARCIA PER L'AQUILA PER LA RICOSTRUZIONE SOCIALE E SOLIDALE,CONTRO IL VERTICE G8 RESPONSABILE DELLA CRISI GLOBALE.

Siamo contrari al G8 e lo abbiamo dimostrato in questi mesi, a partire dalla manifestazione nazionale del 28 marzo a Roma, e poi con quelle di Siracusa, Torino, ancora Roma e Lecce, protestando contro i G8 tematici gestiti da coloro che hanno provocato la crisi globale e che vorrebbero continuare a guidare il mondo sulla stessa catastrofica china.

E'questo dominio incontrastato del profitto e della mercificazione totale - che il movimento no global contesta da almeno un decennio - il responsabile di una crisi mondiale che non è solo economica e finanziaria, ma anche ambientale, climatica, energetica, alimentare e bellica. Abbiamo detto in questi mesi che non vogliamo essere noi - popoli del mondo - a pagare la crisi causata dai padroni del globo: e abbiamo messo in campo, da Belem ad Atene, da Londra a Strasburgo, fino alle città italiane antiG8 , un programma alternativo di uscita dalla crisi, egualitario, solidale, pacifico, ecologico, a favore dei popoli, dei lavoratori, dei più deboli e indifesi.

Siamo in particolare contrari al G8 a L'Aquila . Al meschino tentativo del governo Berlusconi di usare il terremoto e le disgrazie della popolazione aquilana per tentare di impedire le legittime proteste contro il G8 e contro la gigantesca truffa della ricostruzione affaristica , imposta con la gestione proconsolare e militare delle tendopoli da parte della Protezione Civile.

Il governo cerca di trasformare la tragedia degli aquilani in una gigantesca speculazione edilizia-vedi il decreto capestro sul
terremoto 39/2009 trasformato in legge rigettando ogni emendamento- che ridisegni il territorio a favore di lorsignori, che cerchi di mascherare la più generale crisi economica della provincia e della regione, imponendo condizioni di vita drammatiche agli sfollati, azzerando ogni tentativo di partecipazione e ricostruzione dal basso, sociale e solidale, impedendo persino assemblee - riunioni nei campi e la diffusione di materiale informativo.

Berlusconi vuole usare il G8 per deprimere la crescente protesta degli aquilani - manifestatasi in modo cristallino nelle due manifestazioni cittadine e in quella del 16 giugno a Roma davanti al Parlamento - che si sta unendo e rafforzando intorno alla CAMPAGNA 100%. Ovvero : 100% DI RICOSTRUZIONE con contributi che coprano la totalità dei danni subiti da tutte le case e da tutte le attività; 100% DI PARTECIPAZIONE perché città e paesi vanno ricostruiti dagli abitanti; 100% DI TRASPARENZA, perché ogni euro impiegato va reso pubblico; 100% DI AQUILANI A L'AQUILA perché tutti/e devono tornare nelle loro case, e a settembre in particolare tutti gli studenti devono potere essere a scuola e nelle Università del loro territorio.

Nel quadro del programma condiviso dalle Assemblee nazionali svoltesi a L'Aquila il 1 e il 21 giugno, della mobilitazione antiG8 diffusa su tutto il territorio nazionale, oltre a varie altre forme di protesta che ci vedranno impegnati/e in tante città italiane dal 2 al 7 luglio - in particolare a Roma il 7 luglio nella " giornata dell'accoglienza" - promuoviamo una iniziativa nazionale che possa consentire a tutti/e di portare più vicino possibile ai luoghi del disastro e del vertice G8 la nostra indignazione contro i responsabili della crisi globale e gli sciacalli speculatori del terremoto.

Convochiamo per venerdi' 10 luglio la "marcia della rinascita" partenza ore 14 dalla stazione fs di paganica a l'Aquila a sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto e della ricostruzione sociale-solidale proposta dalla campagna 100% contro il vertice g8 responsabile della crisi globale.


CONFEDERAZIONE COBAS
CUB
SDL INTERCATEGORIALE



SI RIUNISCE LA GIUNTA REGIONALE PER LA “NUOVA FASE”

Convocata ieri sera la giunta regionale, con i nuovi innesti fatti da Vendola: il presidente chiede impegno per gli ultimi otto mesi di governo e lancia segnali di distensione al Pd “avvelenato”.

Si è riunita per la prima volta la nuova giunta regionale del governatore, Nichi Vendola, con i cinque recenti innesti, che hanno completato il “rimpasto” nel pieno dell’inchiesta barese sulla gestione del sistema sanità in Puglia.
Vendola cerca di spazzare via le “ombre” e i “fantasmi” addensatisi sul suo governo, investendo su nuove professionalità e rilanciando l’azione amministrativa. Ma restano forti le perplessità e i malumori che il Partito Democratico pugliese manifesta in queste ore, con l’aperta contestazione delle mosse del governatore e del segretario regionale del partito, Michele Emiliano.

Vendola ha provato a stemperare le tensioni col gruppo consigliare del Pd, spiegando di aver maturato le proprie scelte dopo aver consultato sia Massimo D’Alema che Dario Franceschini, leader nazionali, che ha voluto fermamente ringraziare per aver rispettato le “prerogative del presidente”; Vendola si è poi appellato alla “nuova fase”, in cui completare quanto realizzato in quattro anni, invitando la propria squadra di governo ad affrontare otto mesi di assoluta operosità.

E il primo a rispondere presente è Dario Stefàno, neo assessore (ed uno dei nomi che il Pd sembrerebbe non aver gradito all’interno dell’esecutivo per i suoi trascorsi da presidente provinciale a Lecce del partito e per il suo recente passaggio nelle file del Terzo Polo), che spiega come la chiamata di Vendola abbia per lui un “doppio significato”: da un lato, è il riconoscimento per il lavoro svolto in quattro anni all’interno della Commissione Sviluppo economico; dall’altro, Stefàno la considera “una opportunità vera per contribuire a dar voce a quella tradizione valoriale che configura la mia provenienza, a quell’elettorato moderato che rappresenta la mia estrazione politica, che è sempre stato il mio orizzonte politico e legislativo dal primo istante di ingresso nella vita istituzionale pugliese”.

“Di diverso – chiarisce Stefàno -, da oggi, c’è solo una postazione nuova da cui però continuerò ad adoperarmi con l’impegno di sempre. Un impegno che intendo spendere con slancio e passione, come ho sempre fatto, contribuendo a tenere nelle scelte del governo regionale le aspettative di un corpo importante della società pugliese, quello appunto che si riconosce nel bagaglio di valori moderati e cattolici. La mia ambizione attuale è quella di proseguire con lo stesso agire laico, provando a dialogare anche con quanti, da moderati, si sentono oggi delusi dal centrodestra. Perché, e prendo in prestito il recente monito del cardinale Tettamanzi, moderato non è chi si professa tale ma chi agisce da moderato”.

La guida di un assessorato strategico per il tessuto sociale ed economico pugliese, quale quello all’Agricoltura, è un richiamo per il nuovo assessore ad “un rinnovato senso di responsabilità”, in un percorso già avviato dal collega salentino Enzo Russo, “al quale va riconosciuto il lavoro sinora svolto e l’impegno profuso”: “Dico solo – afferma - che nella scelta del presidente Vendola si legge l’epilogo di un percorso di coerenza. La mia, innanzitutto, perché in ogni circostanza ho sempre scelto con chiarezza di rimanere fedele al patto stretto con i miei elettori, pur con un atteggiamento talvolta critico e di pungolo alle scelte e alle azioni via via compiute, che è sempre stata la cifra del mio agire pubblico. Per le stesse ragioni, comprendo e rispetto la posizione espressa dagli organi ufficiali dell’Udc, che con altrettanta coerenza ribadisce di voler restare lì dove gli elettori hanno scelto di essere per la legislatura in corso. D’altronde, non ho mai avuto la presunzione di rappresentare l’Udc, pur essendomi più volte richiamato a quell’area politica, dove oggi per me può essere più naturale riconoscermi, dal momento che rappresenta quel bagaglio valoriale a cui ho sempre guardato”. Stefàno ribadisce la nascita di “una fase nuova” da vivere “con la pienezza dell’impegno e dell’entusiasmo, confortato anche dal calore e dall’affetto” ricevuto in queste ore, e manda uno speciale ringraziamento ad Adriana Poli Bortone, che “a caldo mi ha confermato importanti attestazioni di stima e tutti coloro, e sono tanti, che hanno apprezzato quel segnale di attenzione al mondo del centro che Vendola ha voluto esprimere”.

CONTINUANO LE POLEMICHE E LE INCHIESTE
La querelle politica su quanto sta avvenendo alla Regione Puglia che nel campo della sanità continua, con colpi bassi anche tra lo stesso presidente, Nichi Vendola, e il suo predecessore ed ora Ministro agli Affari regionali del governo Berlusconi, Raffaele Fitto. In particolare quest’ultimo ha sottolineato come il governatore Vendola e il suo governo regionale siano all’interno di inchieste sul centrosinistra, che guida la Puglia da quattro anni, e tuttavia sembri voler assumere il ruolo di “Alice nel Paese delle Meraviglie”.

Vendola ha prontamente replicato, sostenendo come Fitto non perda occasione “per dimostrare di non essere culturalmente e caratterialmente adatto a svolgere la funzione di Ministro della Repubblica”, ribadendo che le note fiabesche, usate dall’ex presidente, siano la riprova di quanto sia inconcepibile e sconvolgente “l’idea che si possa svolgere la funzione di Presidente della Regione senza commettere reati”.

Ma mentre i due litigano a suon di accuse reciproche, sembra che le inchieste sulla Sanità possano aprire un nuovo filone anche nel brindisino, con l’ipotesi di un giro di corruzione, che riguarderebbe alcune aziende del territorio. Nuovi particolari potrebbero emergere nelle prossime ore.

da LeccePrima

Al via il vertice dei Grandi - Roma blindata, primi incontri all'Aquila

Il primo giorno del vertice a presidenza italiana vedrà riuniti i leader degli otto grandi - Italia, Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Russia, Canada e Giappone - più il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, e il presidente di turno della Comunità europea, lo svedese Fredrik Reinfeldt. Alle 13 colazione di lavoro G8 sull'economia mondiale; poi alle 15.30 sessione di lavoro su clima, aiuti e sviluppo; alle 20.30 infine cena di lavoro su temi politici internazionali. Non parteciperà al vertice il presidente cinese Hu Jintao, rientrato a Pechino per la crisi nel Xinjiang.

09:41 D'Alema: "G8 rivolga appello per uno stop della repressione in Cina"
"Il G8 non può rinunciare a dire la sua sugli avvenimenti" che stanno accadendo nello Xinjiang "e a rivolgere un appello alle autorità cinesi perché si rispettino i diritti umani e perché si ponga fine ad una repressione sanguinosa". Lo ha affermato Massimo D'Alema, ospite di uno speciale realizzato da 'Radio Anch'io' sul G8.
09:32 D'Alema: "Non esiste alcuna possibilità di espulsione dell'Italia dal G8"
"Non esiste la possibilità, neppure tecnicamente, di espellere qualcuno dal G8, quindi non esiste questo problema. Naturalmente i paesi possono avere maggiore o minore influenza a seconda del maggiore o minore prestigio che hanno i loro governanti. Questo fa parte della realtà democratica, ma il cartellino rosso non è previsto dal regolamento". Lo ha affermato Massimo D'Alema, ospite di uno speciale realizzato da 'Radio anch'io' sul G8, a proposito dell'ipotesi avanzata dal 'Guardian' di un'esclusione dell'Italia dal vertice degli 8 Grandi
09:29 Nyt: "Obama assuma guida G8, affinché non sia una perdita di tempo"
Il presidente Usa Barack Obama dovrebbe assumere la guida del vertice del G8 al via per evitare che sia uno spreco di tempo e di impegno. E' quanto scrive oggi in un editoriale il quotidiano americano the New York Times. Non sono i problemi a mancare, precisa il quotidiano, "ma una programmazione perdonabilmente negligente da parte del governo ospite, l'italia, e la debolezza politica di molti dei leader presenti, lascia poco spazio all'ottimismo". Per questo, scrive il quotidiano di New York, "se questa sessione non vuole essere uno spreco di tempo e impegno, il presidente Obama dovrà assumerne la guida", trasformando la fiducia politica che si è guadagnato negli ultimi sei mesi in capitale diplomatico.
09:22 Berlusconi in arrivo all'Aquila, alle 11 con la Merkel ad Onna
Silvio Berlusconi è in arrivo alla Scuola sottufficiali della Guardia di finanza di Coppito, sede del G8. Il presidente del Consiglio atterrerà tra pochi minuti e poi farà un sopralluogo alla struttura per le ultime verifiche prima del via al summit dei Grandi della Terra. Alle 11 il premier sarà con il cancelliere tedesco Angela Merkel ad Onna, il paese simbolo del terremoto del 6 aprile che ha devastato l'Abruzzo.
09:20 Raggiunto l'accordo per la riduzione della temperatura mondiale
Anche i Paesi emergenti, tra cui India e Cina, hanno accettato di sottoscrivere in una delle dichiarazioni finali del vertice l'obiettivo della riduzione della temperatura media della terra di due gradi centigradi rispetto ai livelli pre industriali. A renderlo noto è l'emittente televisiva Ard, citando i risultati della riunione preparatoria al vertice sul dossier del clima che si è tenuta ieri alla Farnesina.
09:16 Organizzazione per la sicurezza del summit anche nel porto di Ortona
Le imponenti misure di sicurezza adottate per il G8 coinvolgono, ovviamente, anche due tra le maggiori infrastrutture abruzzesi: non solo l'aeroporto aquilano di Preturo, ma anche il porto marittimo di Ortona (Chieti). Questo è il maggior porto della regione e al momento vi ormeggiano due navi che ospitano circa 4.000 unità delle forze dell'ordine. L'aeroporto, invece, è nato molti anni fa e mai sfruttato a pieno, e in poco più di un mese è stato adeguato proprio per il summit.
09:09 Ciampi: "Sulla crisi siano date risposte operative"
Dal G8 dell'Aquila "devono uscire non solo proponimenti o dichiarazioni generiche che di fatto costituiscono un rinvio di tempo, ma piuttosto impegni politici cogenti e risposte operative vere e tangibili". L'esortazione arriva dal presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che sulla crisi invita l'Europa a "farsi promotrice di interventi a livello europeo coordinati anche operativamente".

09:05 Fini: "Ascoltare il messaggio 'Caritas in Veritate'"
Dal G8 che si apre oggi a L'Aquila "c'è bisogno di un segnale forte di speranza in questo 2009 che è stato definito l"anno terribilè dell'economia mondiale". Lo scrive il presidente della Camera Gianfranco Fini in un intervento su 'Il Messaggero'. "L'urgenza di fissare una serie di principi condivisi per promuovere un modello di sviluppo globale più solido, più giusto, più vicino alle esigenze reali di uomini e popoli -aggiunge Fini- spinge verso una governance maggiormente rappresentativa della nuova geografia economica mondiale".

08:28 Guasto alla scaletta, l'Air Force One parte in ritardo
Piccolo contrattempo all'aeroporto Vnukovo 2 di Mosca per la partenza dell'Air Force One del presidente Usa, Barack Obama, diretto in Italia per il G8: l'aereo ha ritardato il decollo di alcuni minuti per un guasto alla scala sulla quale si è imbarcata la famiglia Obama. Alcuni addetti hanno dovuto allontanarla a mano per permettere la partenza.
08:19 Nuova scossa nella notte: 2.8 gradi
Una scossa sismica che ha interessato il reatino e l'aquilano, di magnitudo 2.8, è stata registrata dall'Ingv alle 3.35. Le zome limitrofe all'epicentro sono state Borbona, Cittareale e Posta per il reatino, Capitignano e Montereale per l'aquilano.
08:09 Greenpeace occupa quattro centrali a carbone
Oltre cento attivisti di Greenpeace
hanno occupato questa mattina quattro centrali elettriche a carbone, a Brindisi, Marghera, Vado Ligure e Porto Tolle.
La protesta, come spiega l'organizzazione in un comunicato, in occasione del G8 per chiedere ai Capi di Stato di assumere un ruolo di leadership contro i cambiamenti climatici.
Il carbone è in assoluto il combustibile con le maggiori emissioni di gas serra.

07:57 First lady dal Papa e in Campidoglio
Oggi, dopo l'udienza generale in Vaticano, papa Ratzinger riceve le first lady in Italia per il vertice del G8 all'Aquila. Le signore, insieme al marito della Merkel, saranno poi ospiti del sindaco Alemanno per una colazione sulla terrazza del Campidoglio.

07:55 Visita alle zone terremotate
Prima di partecipare al vertice degli otto grandi, Obama visiterà le zone terremotate del capoluogo abruzzese, come farà anche il presidente russo Dmitri Medvedev. La cancelliera tedesca Angela Merkel sarà invece ad Onna.

07:49 Inchiesta sugli scontri a Roma
Ieri a Roma disordini e manifestazione anti G8: otto arresti ed un'inchiesta della procura il bilancio finale.
07:30 Obama in volo verso Roma
l presidente Usa, Barack Obama, è partito insieme alla moglie e alle due figlie da Mosca per Roma, in vista del G8 dell'Aquila. L'arrivo è previsto tra circa tre ore. L'Air Force One è decollato poco dopo le 09.00 ora di Mosca (le 07.00 in Italia) dall'aeroporto di Vnukovo 2.

da La REpubblica

Non è ancora il momento di smantellare il G8

“Un bell’applauso per Silvio Berlusconi! È una specie di Benny Hill di serie B, preferisce spupazzare le ragazze che mantenere le sue promesse ai paesi più poveri del mondo, ma è utile per capire che razza di cinico pasticcio è diventato il G8”.

Per Larry Elliott del Guardian l’Italia sta facendo una pessima figura come paese ospite del summit. “Ma perché fermarsi all’Italia? Gran parte degli altri leader usano il G8 solo come una passerella per i fotografi. Berlusconi ha semplicemente smesso di far finta che questo festival annuale delle chiacchiere serva a qualcosa”.

L’elenco delle cose che non vanno è lungo. “Ai paesi del G8 piace fare promesse, ma sono molto meno bravi ad assumersi la responsabilità dei risultati. Il prossimo G8 sarà in Canada, un paese il cui primo ministro, Stephen Harper, ha lo stesso interesse per lo sviluppo mondiale di Berlusconi. ‘Che c’è di strano?’, dicono in molti. L’idea di una chiacchierata dei leader del mondo davanti al caminetto poteva essere buona ai tempi di Valéry Giscard d’Estaing, ma adesso è ora di affrontare la realtà, prendere il G8 e smantellarlo”.

Ma per Elliott ci sono due buone ragioni per sospendere la condanna a morte del G8. Una è che qualcosa di buono il summit è riuscito a farlo. “La seconda è che il fallimento del G8 sarebbe un colpo tremendo per la cooperazione internazionale, nel momento in cui è più necessaria che mai. Pascal Lamy, direttore generale del Wto, osserva che se la comunità internazionale non riesce a mettersi d’accordo su questioni ‘facili’, come il commercio e lo sviluppo, è improbabile che possa fare meglio su argomenti spinosi come il riscaldamento globale o la gestione dei mercati finanziari”.

da Internazionale

Silvio e la mafia: la lettera


Una missiva che documenta i rapporti tra Berlusconi e Cosa Nostra. Anche dopo la "discesa in campo". E' stata trovata tra le carte di Vito Ciancimino. E "L'espresso" la pubblica in esclusiva

Adesso c'è la prova documentale. Davvero, secondo la procura di Palermo, Silvio Berlusconi era in contatto con i vertici di Cosa Nostra anche dopo la sua "discesa in campo", come era stato già stato raccontato da molti collaboratori di giustizia.
I corleonesi di Bernardo Provenzano, infatti, scrivevano al premier per minacciarlo, blandirlo, chiedere il suo appoggio e offrirgli il loro. Lo si può leggere, qui, nero su bianco, in questa lettera da tre giorni depositata a Palermo gli atti del processo d'appello per riciclaggio contro Massimo Ciancimino, uno dei figli di don Vito, l'ex sindaco mafioso di Palermo, morto nel 2002.

Una lettera che "L'Espresso" online pubblica in esclusiva. Si tratta della seconda parte di una missiva (quella iniziale sembra essere stata stracciata e comunque è andata per il momento smarrita) in cui in corsivo sono state scritte le seguenti frasi: "... posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi.Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive".

Chi abbia vergato quelle parole, lo stabilirà una perizia calligrafica. Ai periti verrà infatti dato il compito di confrontare la lettera con altri scritti di uomini legati a Provenzano. I primi esami hanno comunque già permesso di escludere che gli autori siano don Vito, o suo figlio Massimo, che dopo una condanna in primo grado a cinque anni e tre mesi, collabora con la magistratura.

Tanto che finora le sue parole hanno, tra l'altro, portato all'apertura di un'inchiesta per concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento mafioso contro il senatore del Pdl Carlo Vizzini, i senatori dell'Udc Salvatore Cuffaro e Salvatore Cintole, e il deputato dell'Udc e segretario regionale del partito in Sicilia, Saverio Romano. Con i magistrati Massimo Ciancimino ha parlato a lungo della lettera, che lui ricorda di aver visto tra le carte del padre quando era ancora intera.


Ma tutte le sue dichiarazioni sono state secretate. Le poche indiscrezioni che trapelano da questa costola d'indagine, già in fase molto avanzata e nata dagli accertamenti sul patrimonio milionario lasciato da don Vito agli eredi, dicono comunque due cose. La prima: la procura ritiene di aver in mano elementi tali per attribuire il messaggio a dei mafiosi corleonesi vicinissimi a Bernardo Provenzano, il boss che per tutti gli anni Novanta ha continuato ad incontrarsi con Vito Ciancimino.

Anche quando l'ex sindaco, dopo una condanna a 13 anni per mafia, si trovava detenuto ai domiciliari nel suo appartamento nel centro di Roma. La seconda: i magistrati sono convinti che la lettera dei corleonesi sia arrivata a destinazione. Il documento è stato trovato tra le carte personali di don Vito. A sequestrarlo erano stati, già nel 2005, i carabinieri: "Parte di Foglio A4 manoscritto, contenente richieste all'On. Berlusconi per mettere a disposizione una delle sue reti televisive", si legge un verbale a uso tempo redatto da un capitano dell'Arma.

Incredibilmente però la lettera era rimasta per quattro anni nei cassetti della Procura e, all'epoca, non era mai stata contestata a Ciancimino junior nei vari interrogatori. L'unico accenno a Berlusconi che si trova in quei vecchi verbali riguarda infatti una domanda sulla copia di un assegno da 35 milioni di lire forse versato negli anni '70-'80 dall'allora giovane Cavaliere al leader della corrente degli andreottiani siciliani. Dell'assegno si parla a lungo in una telefonata intercettata tra Massimo e sua sorella Luciana il 6 marzo del 2004.

Venti giorni dopo si sarebbe tenuta a Palermo la manifestazione per celebrare i dieci anni di Forza Italia. Luciana dice al fratello di essere stata chiamata da Gianfranco (probabilmente Micciché, in quel periodo assiduo frequentatore dei Ciancimino) che l'aveva invitata alla riunione perché voleva presentarle Berlusconi.

Luciana: "Minchia, mi telefonò Gianfranco.. ah, ti conto questa? all'una meno venti mi arriva un messaggio?"

Massimo: L'altra volta l'ho incontrato in aereo"
Luciana: "Eh... il 27 marzo, a Palermo... per i dieci anni di vittoria di Forza Italia, viene Silvio Berlusconi. È stata scelta Palermo perché è la sede più sicura... eh... previsione... In previsione saremo 15 mila..."
Massimo: "Ah"
Luciana "...eh allora io dissi minchia sbaglia, e ci scrivo stu messaggio: "rincoglionito, a chi lo dovevi mandare questo messaggio, sucunnu mia sbagliasti" ...in dialetto, eh... eh (ride) e mi risponde: "suca" ...eh (ride) ...mezz'ora fa mi chiama e mi fa: "Minchia ma sei una merda" e allora ci dissi "perché sono una merda".

Dice, hai potuto pensare che io ho sbagliato a mandare? io l'ho mandato a te siccome so che tu lo vuoi conoscere [Berlusconi, nda] ? io ti sto dicendo che il 27 marzo " Massimo: "E digli che c'abbiamo un assegno suo, se lo vuole indietro..."
Luciana "(ride) Chi, il Berlusconi?
Massimo: "Si, ce l'abbiamo ancora nella vecchia carpetta di papà?"
Luciana: " Ma che cazzo dici"
Massimo : "Certo"
Luciana: "Del Berlusca?"
Massimo: "Si, di 35 milioni, se si può glielo diamo..."

Ma nella perquisizione a casa Ciancimino, la polizia giudiziaria l'assegno non lo trova. Interrogato il 3 marzo 2005, Ciancimino jr. conferma solo che gliene parlò suo padre, ma non dice dove sia finito: "Sì, me lo raccontò mio padre? Ma poi era una polemica tra me e mia sorella, perché io l'indomani invece sono andato alla manifestazione di Fassino".

Adesso, invece, dopo la decisione di collaborare con i pm, sarebbe stato più preciso. Ma non basta. Perché Ingroia e Di Matteo, dopo aver scoperto per caso la lettera nell'archivio della procura, hanno anche acquisito agli atti della nuova indagine il cosiddetto rapporto Gran Oriente, redatto sulla base delle confidenze ( spesso registrate) del boss mafioso Lugi Ilardo, all'allora colonnello dei carabinieri, Michele Riccio.

Ilardo è stato ucciso in circostanze misteriose alla vigilia dell'inizio della sua collaborazione ufficiale con la giustizia. Ma già nel febbraio del ?94 aveveva confidato all'investigatore come Cosa Nostra, per le elezioni di marzo, avesse deciso di appoggiare il neonato movimento di Berlusconi. Un fatto di cui hanno poi parlato dozzine di pentiti e storicamente accertato in varie sentenze. Ilardo il 24 febbraio aveva spiegato a Riccio come qualche settimana prima "i palermitani" avessero indetto una "riunione ristretta" a Caltanissetta con alcuni capofamiglia del nisseno e del catanese.

Nell'incontro "era stato deciso che tutti gli appartenenti alle varie organizzazioni mafiose del territorio nazionale avrebbero dovuto votare "Forza Italia". In seguito ogni famiglia avrebbe ricevuto le indicazioni del candidato su cui sarebbero dovuti confluire i voti di preferenza... (inoltre) i vertici "palermitani" avevano stabilito un contatto con un esponente insospettabile di alto livello appartenente all'entourage di Berlusconi. Questi, in cambio del loro appoggio, aveva garantito normative di legge a favore degli inquisiti appartenenti alle varie "famiglie mafiose" nonché future coperture per lo sviluppo dei loro interessi economici..". Una delle ipotesi, ma non la sola, è che si tratti dell'ideatore di Forza Italia, Marcello Dell'Utri, già condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

La procura di Palermo, sospetta dunque, che la lettera ritrovata nell'archivio di Ciancimino si inserisca all'interno di questa presunta trattativa. Nel ?94, infatti, Berlusconi governò per soli sette mesi e anche le norme contenute all'interno del cosiddetto decreto salvaladri di luglio, approvato per consentire a molti dei protagonisti di tangentopoli di uscire di galera, che avrebbero in teoria potuto favorire i boss, alla fine non vennero immediatamente ratificate.

Da qui, è la pista seguita dagli investigatori, le apparenti minacce al Cavaliere ("il luttuoso evento"), la richiesta della messa a disposizione di una rete televisiva e i successivi sviluppi politici che portarono all'approvazione di leggi certamente gradite anche alla mafia, ma spesso approvate con il consenso bipartisan del centro-sinistra.

di Peter Gomez da L'Espresso

RIPARTE LA GIUNTA

Bari (Puglia) -Ieri si è tenuta e si è conclusa la prima riunione di giunta con i nuovi assessori. Si è trattato di una riunione tecnica, per la firma del primo verbale di insediamento Loredana Capone, Onofrio Introna, Michele Losappio, Dario Stefano e Gianfranco Viesti. Assente Magda Terrevoli.
E’ stata la prima giunta per la vicepresidente Loredana Capone, che ha assunto le deleghe allo Sviluppo economico, per Fabiano Amati (Opere Pubbliche), Onofrio Introna (che passa all'Ecologia), Michele Losappio (che passa al Lavoro, cooperazione e formazione professionale), Dario Stefano (Risorse Agroalimentari) e Gianfranco Viesti (Sud - Diritto allo Studio). Assente la neoassessore al Turismo, Magda Terrevoli.

...pachamama hasta la victoria...

Nell'ultimo secolo, la razza umana ha contribuito sostanzialmente
all'estinzione di un terzo delle specie vegetali ed animali esistenti in natura. Perdite irreparabili che gravano come un macigno sulla coscienza dell'homo sapiens. E sono anni, ormai, che perdiamo mediamente 14 mila ettari di foreste (all' incirca un'area geografica pari alla Grecia) e un numero crescente di coabitatori del pianeta tra pesci, rettili, uccelli e mammiferi.
Ma il problema dell'estinzione investe anche la progressiva scomparsa di antiche etnie umane.
Caino assolve ancora il suo sporco compito tra gli indios superstiti dell' Amazzonia.

Le cronache storiche, infatti, ci informano che nel 1500, quando l'intrepido navigatore portoghese Pedro Alvares Cabral arrivò sulle lussureggianti coste brasiliane, in quel paese si potevano contare circa un migliaio di diversi popoli indigeni per un totale di cinque milioni di individui.

Oggi, nell'intero Brasile, gli indios sono ridotti a poche centinaia di migliaia, di cui un terzo trasferito in città e completamente sradicato dalla sua terra d'origine e dalla propria identità culturale.

Sono bastati pochi secoli di violenze, epidemie, carestie, persecuzioni, suicidi ma, soprattutto, indifferenza. E sfruttamento. Le terre degli indios, infatti, nascondono ricchezze appetite da altri: legname pregiato, pascoli, oro, platino, diamanti e tanti materiali preziosi per l'industria delle telecomunicazioni e dell'elettronica

L'interesse di spregiudicati uomini politici locali e quello dei grandi gruppi economici internazionali sostanzialmente mira a rinchiudere gli indios in piccole riserve, integrarli definitivamente nella cultura bianca, condurli alla dissoluzione. In poche parole, tende a sbarazzarsene con tutti i mezzi.

Lo stesso progetto portato avanti nel passato dai fazenderos, gli allevatori avidi di terra e i garimpeiros, i cercatori d'oro senza scrupoli, che non hanno esitato a ricorrere anche ad esecuzioni di massa. Ma, oltre alle pallottole, alle persecuzioni e alla schiavitù, a decimare gli indios hanno contribuito l'importazione di malattie a loro sconosciute come la malaria, la tubercolosi, il morbillo, la varicella; ma, soprattutto, la diffusione dell'alcolismo e la forzata modernizzazione che ha annientato usi,
tradizioni, conoscenze legate alla vita naturale

La Costituzione federale del 1988 riconosce agli indios il diritto al "possesso permanente e all'usufrutto esclusivo delle terre da loro occupate tradizionalmente".

da Indymedia

GIULIANO BRUNO - DI ALBERTO PRUNETTI

Giuliano Bruno: la secessione da un’epoca vile

Italia, nordest, febbraio 2007. Giuliano Bruno è un liceale antifascista. Di ritorno da una manifestazione a Treviso viene aggredito e picchiato da un gruppo di Skinheads neofascisti.
Giuliano non esce più di casa, ha paura.
Da quell’episodio passano alcuni giorni, gli amici lo invitano a uscire. Partono in macchina, vanno verso il centro di Treviso, uno di loro scende, va in cerca di un altro compagno. Poi torna e dice a Giuliano: "Non uscire! Stanno arrivando gli Skinheads!" Arrivano. Aprono la porta della macchina. Giuliano è rimasto dentro assieme a un altro ragazzo. Gli chiedono: "Sei Giuliano Bruno?". "Sì, sono io".
Lo colpiscono con violenza in testa. L'amico prova a difenderlo. Gli rompono il naso.

Dopo la seconda aggressione Giuliano lascia la scuola, non vuole più stare nel trevigiano. Comincia a vagabondare per l’Europa. Partecipa alla manifestazione contro il G8 di Haligendamm, in Germania. Torna in Italia, trova alcuni lavori occasionali. Poi riprende a studiare, questa volta a Trieste.

La mattina del 5 maggio 2008 lo trovano a terra, sotto casa sua. Suicida

Giuliano Bruno 2009-07-08 01:12

"Giuliano Bruno (figlio della figlia Ana di Osvaldo Bayer, nato a Santa Fe, Argentina, nel 1927) è morto respirando ogni giorno quest’atmosfera che viviamo in Italia, questo misto di nebbia di Weimar, di paura argentina e di grottesca farsa italiota. Condita dai pogrom e dai rigurgiti neorazzisti, dagli assalti delle teste rasate, dall’intolleranza verso tutto ciò che non sia la voglia di fregare il prossimo per comprarsi il Suv. Un’epoca agra e triste, una «mala notte» a cui Giuliano ha reagito con l’ultimo gesto del ribelle, quello che rivendica il proprio diritto di secessione da un mondo tanto vile e letale."

da Indymedia

Gli arresti di Torino sospingono il No G8 di Roma: blocchi in città, cariche della polizia. 10 arresti. A Torino l'Onda occupa la Rai

A 24 ore dall'inizio del G8 de L'Aquila Roma è blindata per l'arrivo dei capi di Stato che parteciperanno al vertice presienziato dal presidente del consiglio Berlusconi. Summit che si svolgerà nella martoriata terra abruzzese, colpita 3 mesi fa dal terremoto e strumentalizzata (nelle intenzioni) politicamente dal governo come teatrino in cui mettere in scena il G8, nel repentino cambiamento del sito comunicato nei giorni del post-sisma.Abruzzo che però invece si sta rivelando un terreno di non facile agibilità per il governo Berlusconi, alla luce della mancanza reale di concretezza delle promesse fatte e del montare delle proteste dei comitati popolari dei terremotati. Mobilitazioni che stanno cominciando ad essere una spina nel fianco per Berlusconi & soci, viste le schiette e rabbiose istanze che le iniziative dell'ultimo mese (dal libero accesso dentro L'Aquila alle fastidiose passerelle politiche nelle città colpite) gli ha con determinazione posto. Ma il luogo in cui, per forze di cose, si esprimerà maggiormente l'opposizione al vertice sarà Roma, strettamente legata a L'Aquila anche per le necessità logistiche dei capi di Stato. Infatti la capitale è blindata per l'arrivo dei leader del G8 così come per le proteste già annunciate dalla Rete No G8 di Roma: 15mila uomini delle forze dell'ordine sono schierati in vari punti della città.

Torino spinge il No G8

Il No G8 di Roma sta registrando la spinta delle mobilitazioni dell'Onda, infatti più che le ultime mobilitazioni di movimento delle ultime settimane un volano all'opposizione al vertice è arrivato dagli arresti di Torino contro l'Onda Anomala, dalle diffuse mobilitazioni delle sue articolazioni. Un tensione positiva data dal clima creatosi intorno ai 21 arresti di Torino Bologna Napoli e Padova, solidarietà diffusissima e rabbia di reazione nei confronti della repressione implementata dinnanzi agli scontri e alla rottura avvenuta in una delle segmentazioni locali del G8. Un G8 spezzatato sul territorio con il chiaro intento di limitare e tamponare le iniziative anti G8 che dal 99', da Seattle in poi, si susseguono in ogni parte del mondo, costringendo dunque i capi di Stato a mettere in campo strategie di contenimento e depotenziazione delle proteste.



Gli arresti di Torino stanno fungendo da detonatore delle mobilitazioni romane, ed un segno che conferma la forza e l'importanza di un movimento come l'Onda è costituito anche dal fatto è proprio l'Onda Anomala il soggetto che ha implementato questo discorso, legando il No G8 University Summit di Torino al No G8 de L'Aquila, aprendo le danze dell'opposizione al vertice con l'occupazione notturna del rettorato de La Sapienza con il corteo di questa mattina che dall'ateneo ha preso e bloccato le strade della città.

Contro il G8, "blocchiamo tutto"

E mentre a La Sapienza si sfilava in corteo interno vicino a Roma Tre, questa mattina, prendevano vita le prime di iniziative di blocco del G8: circa 150 persone, in via Cilicia hanno effettuato un blocco stradale, rovesciando e incendiando cassonetti e pneumatici. I manifestanti sono stati caricati dalle forze dell'ordine nella zona dell'Ostiense e sul Lungo Tevere, un centinaio di persone si sono rifugiate dentro la facoltà di architettura di Roma Tre. Le forze dell'ordine hanno effettuato 36 fermi di polizia, 10 di questi sono stati tramutati in arresti.

Per le giornate di oggi e domani, la Rete No G8, composta da centri sociali, blocchi precari metropolitani, movimenti di lotta per la casa e associazioni di migranti, hanno annunciato blitz e blocchi della circolazione lungo le strade della capitale, come prima resistenza dinnanzi all'iniziare del vertice de L'Aquila. Si è svolgendo dalle 17 un presidio di "accoglienza ai grandi" in piazza Barberini, a pochi passi dall'ambasciata americana e dagli alberghi di via Veneto, luogo nel quale sono affluite centinaia di persone, nonostante lo scenario blindatissimo, con polizia schierata e blindati di traverso lungo le vie adiacenti. Terminato il sit-in, l'Onda non ha smesso di suoi panni da protagonista, dando vita ad un corteo non autorizzato fin sotto la questura in piazza della Repubblica per esigere la liberazione immediata dei compagni e delle compagne dell'Onda arrestati.

L'Onda torinese occupa la Rai

A Torino, mentre iniziano le prime iniziative e le prime azioni contro il G8 de L'Aquila, non si ferma la mobilitazione degli studenti e delle studentesse contro gli arresti. Dopo la conferenza stampa, il presidio al rettorato e il corteo notturno di ieri, quest'oggi l'Onda ha organizzato una giornata di comunicazione (in università) e di azione (nella città). L'appuntamento era per il pomeriggio a Palazzo Nuovo, dove decine di persone si sono mosse in direzione della Rai di via Verdi. Sono stati occupati gli uffici della televisione, con l'intenzione di tenere una conferenza stampa all'interno. La questura di Torino, non stanca dell'attivismo dell'ultimo mese, ha rincarato la dose minacciando lo sgombero. L'Onda ha respinto con determinazione le minacce, decidendo di restare in occupazione e di sviare la blindatura con una conferenza stampa agli ingressi della Rai in contemporanea con l'occupazione.

E' stato scelto non a caso il luogo della Rai per richiedere a gran voce la liberazione immediata dei 21 compagni e compagne arrestate, per rivendicare il percorso che l'Onda sta compiendo in ogni parte d'Italia, denunciando l'infame comportamento ardito dal trio media-questura-procura, che stanno compiendo un'opera di tentata criminalizzazione contro il movimento, di presunta separazione tra buoni e cattivi tra il corpo studentesco, di infamante capovolgimento della realtà. Gli si rigirerà tutto contro, l'Onda li travolgerà, come sta già facendo in tutt'Italia, decostruedo un discorso ed una strategia repressiva destinata al fallimento.

da Infoaut

Siamo tutti Clandestini


Da giovedì 2 luglio 2009 andare in giro con la maglietta Clandestino non è più solo un bel gesto. Nel l’Italia dell’apartheid legalizzata che colpisce i nostri concittadini migranti è un dovere e forse è anche un rischio. Ma è un modo esplicito di dire in pubblico: io non sono d’accordo.
Dichiaratevi «clandestino», indossate la maglietta di Carta. Potete vederla sul bottega.carta.org, ordinarla a bottega@carta.org o al telefono 0645495659, potete diventarne diffusori.
Costa12 euro [spese di spedizione incluse], per chi ne ordina più di cinque il prezzo è 10 euro.
E non per caso il cotone con cui è fatta viene dai paesi dei «clandestini».

In questa pagina, in continuo aggiornamento, trovate articoli, lettere e proposte contro la legge razzista approvata.Scrivete a carta@carta.org.

Idee clandestine [Luigi Gallo *, 5 luglio]
1) Per combattere il razzismo in società e per creare una consapevolezza del problema: selezioniamo foto di migranti vessati, respinti e attacchiamole in giro per la città con macchie di pittura rossa.
2) Fare una proiezione notturna di «Come un uomo sulla terra» per strada con numerose candele accese
3) Raccogliere in strada le firme per la petizione lanciata dalle associazioni produttrici di «Come un uomo sulla terra», insieme ad un bel po’ di materiale informativo e foto.

associazione Le Tribù, www.letribu.it
La parte sbagliata dell’umanità [Raffaele K. Salinari, 5 luglio]

Non è affatto eccessivo il paragone fatto tra alcune norme contenute nel pacchetto sicurezza e le leggi razziali del fascismo e del nazismo. Al di là del differente quadro storico e politico nel quale esse furono promulgate, infatti, le accomuna proprio la ragione simbolica per la quale a quel tempo fu dichiarato reato, non un atto commesso contro il resto della società, ma uno stato connaturato alla natura stessa del soggetto, che diventava così non un criminale, ma bensì esso stesso un crimine per il solo fatto di esistere; in altre parole il suo era un vero e proprio “corpo del reato”. Altro non dice l’introduzione del reato di clandestinità, che sancisce come crimine una condizione meramente materiale e, nel caso dell’immigrato clandestino, spesso totalmente contraria alla libera volontà del soggetto. È evidente, allora, che si tratta di affermare una visione orientata a ridurre a reato ogni status di non omologazione alle caratteristiche fondanti del cittadino obbediente poiché buon consumatore, prerogative che, nel mondo contemporaneo, fatto di concentrazioni crescenti di ricchezza, richiedono necessariamente l’esclusione dallo spazio sociale di chi non è in possesso dei requisiti minimi per abitarlo, almeno alla luce del sole, segnatamente: censo, nazionalità, razza, cultura ma anche pensiero politico difforme dall’egotismo egoistico di massa; in poche parole tutti coloro che per qualche motivo radicale non riescano, o non debbano, entrare o muoversi a loro agio nella palude del consumo.
Il significato simbolico della norma è evidente: non è il reato di clandestinità che viene sancito ma quello di situare il proprio corpo dalla parte sbagliata dell’umanità, quella che non potrà mai e in nessun caso essere titolare dei diritti che fanno di ogni «nuda vita» come diceva Walter Benjamin, la scaturigine stessa del Sacro e dunque del Diritto. Questa esclusione dai diritti fondamentali di una parte importante, e soprattutto crescente, di quanti cercano nelle nostre città miglior fortuna, vuole significare che il buco nella diga dei Diritti fondamentali è stato riaperto, come al tempo delle dittature e che, come in tutte le dighe, una volta praticata una falla il resto potrà dunque crollare in tempi brevi. Il fatto che i bambini figli di immigrati clandestini non potranno avere diritto all’identità, e dunque saranno istituzionalizzati, racchiude tutta la portata biopolitica di un provvedimento che, come già analizzava Foucault, vede la politica attuale, quella generata non dalle votazioni popolari ma dai consigli di amministrazione, gestire i corpi a seconda della plusvalenza che se ne potrebbe ricavare, «potenziandoli» o «deprimendoli» a seconda di queste circostanze. È chiaro allora che questa norma non ha nulla a che fare con quella “sicurezza” che noi intendiamo come sicurezza umana e non certo come repressione preventiva delle diversità.
A chi volesse vedere gli effetti palesi della norma, tra qualche mese, possiamo suggerire di dare un’occhiata all’affollamento delle procure o all’aumento esponenziale che certamente ci sarà del traffico di esseri umani e dunque di lavoro clandestino, vera ragione economica della scelta scellerata; ma ci preme evidenziare che per sanare il vulnus aperto nella coscienza civile del paese, bisognerebbe aprire una sede di confronto tra tutte le forze interessate alla revisione dell’impianto stesso del pacchetto, tra quelli che, a diverso titolo, hanno espresso in questi mesi fortissime obiezioni, siano esse basate sul rispetto delle Convenzioni ONU, sulla sacralità della persona, o sull’incostituzionalità stessa della normativa. Se questo non dovesse bastare bisogna essere pronti a raccogliere firme per un’iniziativa di legge popolare finalizzata ad abrogare in toto il pacchetto sicurezza rilanciando al contempo un’idea della politica come riapertura degli spazi di socialità a partire da quelli che prevedono l’inclusione dei più deboli, scuole, ospedali, rilancio degli Obiettivi del Millennio, che oggi vedono il nostro paese spendere più per il Summit dei G8 che per tutti gli aiuti agli impoveriti del mondo, a fronte delle altissime spese militari. Da parte nostra dunque, come la bambina nella favola pattini d’argento, cerchiamo di mantenere il nostro dito nel buco della diga affinché non crolli del tutto.

Prendiamoci cura di chi di prende cura di noi [lettera, 5 luglio]

Un socio dell’associazione antirazzista Todo Cambia di Milano ha scritto questa lettera. Toto Cambia chiede di farla girare il più possibile e invita le persone all’incontro di venerdì 10 luglio presso Arci Corvetto in via Oglio 21 a Milano.

Mi chiamo Paolo. Sono invalido. Da sei anni mi è stata riconosciuta un’invalidità del 100 per cento. Ci sono un sacco di cose che non posso fare senza l’aiuto di qualcuno e in questi anni ho avuto necessità di essere aiutato per le terapie, la riabilitazione e per la vita quotidiana.
Tra chi mi ha aiutato ci sono state soprattutto persone immigrate. C’è chi lo ha fatto per lavoro, in cambio di un modesto compenso, c’è chi l’ho fatto per amicizia, in cambio d’amicizia.
Non mi sono preoccupato di chieder loro se avessero in tasca il permesso di soggiorno o meno.
E… non ho mai notato alcuna differenza – in termini di disponibilità, affetto, professionalità – tra chi poi m’ha detto di averlo e chi, essendone sprovvisto, mi ha chiesto una mano per ottenerlo (cosa pressoché impossibile, stante le leggi in vigore).
Così, adesso, che è stata varata questa nuova legge ingiusta, detta «per la sicurezza», ma sostanzialmente tesa a rendere la vita impossibile agli immigrati che vivono e lavorano in Italia, penso di dover fare qualcosa. E spero di poterlo fare insieme ad altri concittadini e «colleghi» [persone con disabilità come me o anziane, ma anche mamme e bambini che hanno usufruito del “lavoro di cura” di tanti neoconcittadini immigrati]. Ora tocca a noi dare una mano per cercare di mitigare gli effetti nefasti di questa legge e sostenere i nostri amici immigrati e le nostre amiche immigrate (con o senza permesso di soggiorno).

La fabbrica [Paolo Trezzi, 5 luglio]

Ancora quelle grida. Ugo non ne poteva più. Tutte le mattine era sempre la stessa storia. Era tentato di chiudere la finestra ma il caldo sarebbe stato troppo soffocante.
Sperava che almeno in agosto chiudesse quella dannata fabbrica, come tutti gli anni. Invece no.
Aveva sentito parlare di boom di commesse,gli affari andavano a gonfie vele, era stato persino istituito il turno di notte. Ormai lavoravano ventiquattr’ore al giorno per dodici mesi all’anno.
Il cortile della fabbrica, perfettamente visibile dall’alto del quarto piano dove abitava, brulicava di nuovi assunti, per lo più immigrati dato il colore della pelle, che freneticamente caricavano e scaricavano merci dai furgoni di clienti e fornitori.
Le grida erano del becero capo reparto, un bestione di cento chili per un metro e novanta, che scandiva i ritmi del lavoro. Ritmi incuranti dei trenta gradi all’ombra.
Chi si fermava a prendere fiato veniva investito dalla furia del kapò, e non solo verbalmente. Più volte Ugo aveva assistito a violenze fisiche, soprattutto ai danni del più giovane di essi.Avrà avuto si e no sedici anni e subiva con il capo chino ogni più ingiustificata osservazione.
Qualunque cosa facesse era sbagliata. Era chiaro che l’aguzzino si divertiva. esercitava il suo potere con la più ampia discrezionalità. Ogni occasione era buona per sommergerlo di improperi e, se la mancanza era grave, scattavano le pene corporali. Gli piombava alle spalle e torcendogli un braccio o tirandolo per i capelli lo minacciava: “brutto negro di merda, ti raddrizzo io! O impari a lavorare come si deve o ti sbatto fuori!”
Effettivamente Ugo non riusciva a capire perché quale ragazzo si presentasse puntualmente ogni mattina in fabbrica.
Al suo posto si sarebbe licenziato subito. Pii pensò che evidentemente nona aveva alternativa. Forse aveva già lavorato da altre parti, ma l’ambiente era simile. Ovunque è facile incontrare uno stronzo pronto a sfogarsi contro colui dal quale non ha nulla da temere. E in quella fabbrica quell’uomo non doveva temere proprio nulla, visto che l’arroganza verso i sottoposti veniva approvata ed incoraggiata dallo stesso principale, come aveva avuto modo di constatare Ugo.
Quante volte quel giovane imprenditore, attraverso il cortile per raggiungere il suo ufficio, aveva assistito a scene di gratuita crudeltà senza opporsi, anzi sorridendo e scuotendo la testa, come si trattasse di innocenti svaghi.Quel giorno Ugo, alle prese con l’esame di diritto costituzionale da dare ai primi di settembre, era esasperato.
Non riusciva proprio a concentrarsi con quel baccano là fuori. Alle grida del capo reparto questa volta si erano aggiunte quelle del ragazzo, grida di dolore.
Si affacciò e lo vide sanguinante a terra, mentre l’altro fuori di sé, lo colpiva a calci. Stavolta intervennero altri operai per trattenerlo, ma quello urlava: “Lasciatemi! Lo spacco! lo spacco! Prova a rispondermi ancora! Non rompermi i ciglioni mi ha detto! Ma io ti spacco in due!” Dopo qualche minuto tornò la calma. Qualcuno propose di chiamare un’ambulanza, ma non se ne fece nulla. Vide portare a braccia il ragazzo dentro il capannone e per tutto il pomeriggio non lo rivide più. Ugo cominciò a fare le sue ipotesi. Vivo era vivo, su questo non c’erano dubbi. probabilmente era stato medicato con il pronto soccorso della fabbrica e mandato a casa. L’uscita era visibile dalla sua finestra.
“Che schifo” pensò Ugo osservando la macchia scura di sangue rimasta nel cortile. Cosa poteva fare? Non aveva alcuna prova per denunciare quei farabutti. L’immigrato quasi certamente era clandestino, non si sarebbe mai rivolto alla polizia. I suoi connazionali avrebbero taciuto per i medesimi motivi, ma nemmeno sui colleghi italiani si sarebbe potuto contare, visto il clima aziendale.
Ugo tornò sui libri, ma non riusciva a pensare che a quegli episodi di violenza culminati con il pestaggio della mattina. Era certo che non sarebbe stato l’ultimo.
Si lasciò andare ad immaginare la vita di quel giovane: la fame e la guerra in un villaggio del terzo mondo. Il viaggio verso il mondo “civile” stretto con centinaia di altri disperati nella stiva di una di quelle carrette del mare. L’approdo, di notte, di nascosto. I contatti con la criminalità che chissà come, almeno finora, non era riuscita ad arruolarlo. E infine l’arrivo in quella fabbrica dove avrebbe dovuto, letteralmente sputare sangue.
Ad un tratto: l’idea. “Che cretino, perché non ci ho pensato prima? Spostò la sedia vicino all’armadio. Vi salì per poter raggiungere le ante superiori. Le aprì.
Lì teneva, inutilizzata, la cinepresa che gli era stata regalata a Natale. Non era un grande appassionato e, dopo aver filmato, per prova, momenti del cenone con tutti i parenti a tavola, l’aveva dimenticata lassù. La pellicola era quindi quasi interamente libera.
La mattina seguente si appostò alla finestra. Alle otto il cortile iniziò ad animarsi. Dopo dieci minuti fece il suo ingresso, benché zoppicante, anche il giovane extracomunitario. Aveva un polso vistosamente fasciato e, zoomando, Ugo riuscì a vedere anche le tumefazioni sul viso ed il labbro spaccato. Ciò che lo sorprese fu lo sguardo del ragazzo. Non aveva la solita aria remissiva. L’atteggiamento era quasi di sfida. Cercava con gli occhi il suo aguzzino che non tardò a farglisi incontro, probabilmente per chiedergli ragione del ritardo. Ugo non udiva le parole, ma intuì che la scintilla stava per scoccare. Iniziò a registrare.
La faccia del capo reparto era tutta rossa, si vedevano le vene del collo. Gli urlava ad un centimetro dal naso. Ma il ragazzo non appariva intimorito. Sembrava che il cazziatone gli entrasse da u orecchio e gli uscisse dall’altro e lo fissava negli occhi, tranquillo. Ovviamente questa reazione imbufalì vieppiù quel bestione che cominciò ad afferrarlo per la maglietta. A quel punto, vuoi perché tutti gli altri si erano fermati ad osservare, con terrore, la scena, vuoi per il tono delle urla ancora più alto, Ugo poté udire le parole. “ti ammazzo! Stavolta ti ammazzo!” mentre gli rifilava una ginocchiata nel basso ventre. Il ragazzo si piegò in avanti per ricevere un violento cazzotto sul mento. A Ugo parve di vedere saltare un dente, ma mantenne il sangue freddo e continuò a riprendere. Una volta a terra si ripeté la scena del giorno prima, con il giovane rannicchiato per ripararsi dai calci dell’energumeno. Una volta sfogatosi, si fermò e, rivolto agli altri, che questa volta erano intervenuti, gridò:“portatelo via! Non voglio più vederlo.” Eseguirono immediatamente.
Ugo aveva registrato tutto. Era impaziente di rivedere il filmino. Le immagini erano venute nitidissime. Le macchine giapponesi consentono miracoli anche all’operatore più inesperto. Durante la visione si accorse di un episodio che gli era sfuggito al momento della colluttazione. Nell’inquadratura era finito anche il titolare della ditta. Stava passando, con il telefonino all’orecchio e lo sguardo rivolto al poveretto per terra. Eppure nona aveva nemmeno rallentato né smesso di conversare al cellulare.
Ugo provo ad elencare i reati ed infrazioni che quel filmato poteva provare. Aggressione, percosse, omissione di soccorso, sfruttamento di lavoro in nero, evasione contributiva, ecc. Si sa come vanno queste cose: dopo i carabinieri sarebbe arrivato l’ispettorato del lavoro, poi l’asl, poi la guardia di finanza… C’e n’era abbastanza per farli chiudere per sempre.
la settimana seguente Ugo si godeva il sole sdraiato su una spiaggia delle Seychelles. Al diavolo l’esame di diritto costituzionale. Al diavolo la fastidiosissima fabbrica con il suo rumore e le sue urla. Con i duecentomilioni sganciati dal giovane industriale per la distruzione del filmino poteva tranquillamente permettersi di girare il mondo per un paio di mesi. sarebbe tornato in autunno inoltrato.
Con le finestre chiuse avrebbe potuto riprendere a studiare in stana pace.

Le reincarnazione di Maroni [Valentino Zanon, Portogruaro, 5 luglio]

Ho un desiderio nel cuore: sperare nella reincarnazione e che Maroni si reincarni in un ragazzo nero del sud del Niger, che soffra la fame, che il suo paese sia distrutto dalle multinazionali del petrolio, che non trovi nessun sostentamento e che costretto svenda tutto quel poco che ha per fare un viaggio, nascosto in una cisterna, per 15 gioni e che quindi soffra la fame, la sete, la dissenteria e le piaghe sul corpo… che riesca ad imbarcarsi su una carretta, dopo essere sfuggito alle pallottole ghedaffiane che resti in mare 10 giorni, che nessun paese lo voglia, che gli scafisti lo buttino a mare, che nuoti per ore per arrivare alla costa italiana, .che venga catturato e portato in un Cpt e qui rinchiuso per sei mesi in mezzo allo sporco, che non possa uscire ma che riesca a fuggire, che venga preso da un caporale e che lavori per 12/13 ore al giorno per raccogliere pomodori per la cirio guadagnando 20 euro, che dorma su delle catapecchie di cartone e che venga assoldato dalla mafia, che diventi uno spacciatore he si riempia, di droga per dimenticarsi che schifo di vita sta facendo……..

Disobbediamo [Alex Zanotelli, 3 luglio]

Il senato ha approvato il cosiddetto Pacchetto Sicurezza del ministro degli interni Maroni. Mi vergogno di essere italiano e di essere cristiano. Non avrei mai pensato che un paese come l’Italia avrebbe potuto varare una legge così razzista e xenofoba.
Noi che siamo vissuti per secoli emigrando per cercare un tozzo di pane [sono 60 milioni gli italiani che vivono all’estero!], ora ripetiamo sugli immigrati lo stesso trattamento, anzi peggiorandolo che noi italiani abbiamo subito un po’ ovunque nel mondo.
Questa legge è stata votata sull’onda lunga di un razzismo e una xenofobia crescente di cui la Lega è la migliore espressione. Il cuore della legge è che il clandestino è ora un criminale. Vorrei ricordare che criminali non sono gli immigrati clandestini ma quelle strutture economico-finanziarie che obbligano le persone a emigrare. Papa Giovanni 23° nella Pacem in Terris ci ricorda che emigrare è un diritto.
Fra le altre cose la legge prevede la tassa sul permesso di soggiorno [i nostri immigrati non sono già tartassati abbastanza?], le ronde, il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e matrimoni misti, il carcere fino a 4 anni per gli irregolari che non rispettano l’ordine di espulsione e infine la proibizione per una donna clandestina che partorisce in ospedale di riconoscere il proprio figlio o di iscriverlo all’anagrafe.
Questa è una legislazione da apartheid, che viene da lontano: passando per la legge Turco-Napolitano fino alla non costituzionale Bossi-Fini. Tutto questo è il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, rom e mendicanti. Questa è una cultura razzista che ci sta portando nel baratro dell’esclusione e dell’emarginazione.
«Questo rischia di svuotare dall’interno le garanzie costituzionali erette 60 anni fa – così hanno scritto nel loro appello gli antropologi italiani – contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali». Vorrei far notare che la nostra Costituzione è stata scritta in buona parte da esuli politici, rientrati in patria dopo l’esilio a causa del fascismo. Per ben due volte la costituzione italiana parla di diritto d’asilo, che il parlamento non ha mai trasformato in legge.
E non solo mi vergogno di essere italiano, ma mi vergogno anche di essere cristiano: questa legge è la negazione di verità fondamentali della Buona Novella di Gesù di Nazareth. Chiedo alla Chiesa Italiana il coraggio di denunciare senza mezzi termini una legge che fa a pugni con i fondamenti della
fede cristiana. Penso che come cristiani dobbiamo avere il coraggio della disobbedienza civile. È l’invito che aveva fatto il cardinale R. Mahoney di Los Angeles, California, quando nel 2006 si dibatteva negli Usa una legge analoga dove si affermava che il clandestino è un criminale. Nell’omelia del Mercoledì delle
ceneri nella sua cattedrale, il cardinale di Los Angeles ha detto che, se quella legge fosse stata approvata, avrebbe chiesto ai suoi preti e a tutto il personale diocesano la disobbedienza civile. Penso che i vescovi italiani dovrebbero fare oggi altrettanto.
Davanti a questa legge mi vergogno anche come missionario: sono stato ospite dei popoli d’Africa per oltre 20 anni, popoli che oggi noi respingiamo, indifferenti alle loro situazioni d’ingiustizia e d’impoverimento.
Noi italiani tutti dovremmo ricordare quella Parola che Dio rivolse a Israele: «Non molesterai il forestiero né l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» [Esodo 22,20].

Noi clandestini [Giovanni Bertoldi, 3 luglio]

Cosa faremo? Noi clandestini ce ne torneremo a casa e chiederemo di rientrare in Italia con un permesso regolare: è così semplice! Più o meno è così in tutto il mondo.
I più cari saluti.

Rassegna stampa sulla legge razziale [3 luglio]

Ecco come questa mattina i giornali hanno raccontato l’approvazione del disegno di legge sulla sicurezza, che molte associazioni e reti antirazziste non esitano a definire «legge razziale». Per il Corriere della sera il nuovo provvedimento merita il titolo principale in prima pagina «La clandestinità ora è reato», ma nelle pagine interne a proposito della dura presa di posizione del segretario del Pontificio consiglio per i migranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto [«è una legge che porterà molti dolori»], il quotidiano milanese sostiene che le sue opinioni «non esprimono la posizione del Vaticano». Titolo analogo a quello del Corriere anche per Repubblica in prima pagina: «La clandestinità diventa reato», questa volta supportato all’interno da una lunga analisi di Andriano Sofri dal titolo «Ora l’Italia è più cattiva». Sofri scrive dell’ipocrisia di questa legge perché grazie al lavoro di migliaia di migranti ogni giorno viene garantita l’assistenza ad anziani e bambini, «quello che abbiamo di più prezioso», eppure sono i migranti ad avere i primati delle morti bianchi e sono loro che la legge colpisce considerandoli delinquenti. Si tratta di un provvedimenti contro la Costituzione che provoca effetti devastanti nella vita quotidiana di milioni di persone e che, scrive Sofri, «non farà che accrescere la clandestinità». Ma è anche una legge grottesca che prevede il carcere per chi affitta ai migranti irregolari [e dunque «dovremo vedere grandiose retate» mentre il numero di detenuti in Italia sfiora quota 64 mila, mai raggiunta nella storia del nostro Stato] e «fascista» quando ripristina la galera a chi oltraggi a un pubblico ufficiale. Per Sofri «il fascismo si è andato berlusconizzando» e oggi il presidente del consiglio mostra di essere ricattabile dalla Lega ma non dalla Chiesa cattolica.
Il manifesto invece non dedica a questa notizia il titolo principale, ma all’interno a differenza di altri segnala almeno le prime manifestazioni in programma nei prossimi giorni [il 4 luglio a Verona, il 11 luglio a Reggio Emilia] contro la nuova legge. In un commento di Salvatore Palidda, docente di sociologia delle migrazioni presso l’Università di Genova, tra l’altro si legge: «La legge approvata ieri dal senato può essere considerata il primo epilogo di quell’escalation del fascismo/razzismo democratico innescata negli anni 90». «Se veramente la chiesa, i sinDAcati e altri – conclude Palidda – vogliono difendere i diritti fondamentali di tutti gli essere umani, aprano le sacrestie e sedi per ospitare zingari, immigrati, perseguitati».
«La legge della paura» è il titolo scelto dall’Unità che a pagina 7 pubblica anche un’interessante intervista a Salvatore Geraci, medico [presidente della Società italiana della medicina dell’immigrazione e in passato collaboratore di don Luigi Di Liegro], secondo il quale per i migranti ora «la vita diverrà più dura, pesante e rischiosa», insieme a due brevi interventi di Vittorio Agnoletto, che parla esplicitamente di «apartheid», e di don Luigi Ciotti che dice: «Non pIù sicurezza ma crudeltà. Così si scivola ai temi della discriminazione razziale negando i valori dei diritti umani, della Carta Costituzionale e della Convenzione di Ginevra».
Questi invece i titoli in prima pagina pubblicati rispettivamente da Liberazione e da l’Altro: «Tribunale speciale» e «Da oggi siamo tutti infami. Per legge». Nell’editoriale di Liberazione scrive Giovanni Russo Spena: «Da oggi tutti e tutte siamo meni liberi. Abbiamo di fronte una vergognosa e devastante normativa sicuritaria, incostituzionale per razzismo esplicito, che non solo costruisce un diritto penale speciale e un processo penale speciale contro migranti, ma demolisce lo stato di diritto di tutte le le cittadine e i cittadini».
Abbiamo infine dato un’occhiata ad alcuni settimanali [Espresso, Left e Vita] in edicola da oggi, dunque chiusi prima dell’approvazione comunque ampiamente annunciata e scontata, ma non abbiamo trovato nessuna notizia.
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Lettera aperta ai fratelli e alle sorelle migranti Clandestini [don Vitaliano della Sala]

Care sorelle e fratelli immigrati in Italia o che state per venire,
dopo la giusta presa di posizione della S. Sede contro la legge razzista approvata dal Parlamento italiano in questi giorni, mi sono confrontato a lungo con i documenti del Magistero della Chiesa, con un insegnamento che non tentenna nell’affermare l’assoluta priorità per il cristiano di farsi prossimo a chi non ha prossimo. E, in questo particolare momento storico, chi è più privo di prossimo di voi, sradicati dalla vostra terra, lontani dalla patria e dagli affetti, scacciati dai Paesi ricchi? Accettare fino in fondo il Vangelo e l’insegnamento della Chiesa deve portare noi cristiani a denunciare fermamente l’imperante ondata di xenofobia nei vostri confronti, e deve farci andare controcorrente rispetto al dilagare del razzismo camuffato da presunta “sicurezza”. Inoltre, deve porci di fronte ad un dissidio inconciliabile: l’impossibilità di rispettare le leggi dello Stato che si ergono come muro ad arginare la massa dei disperati che preme.
Nella Bibbia si legge: “non dimenticate la filoxenia, alcuni praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli” (Eb.13, 2). L’autore della lettera agli Ebrei non chiede solo l’accoglienza dello straniero, ma l’amore per lui: la filoxenia appunto, che è l’esatto contrario della xenofobia. Si dice che l’Italia sia un Paese a maggioranza cattolica, o comunque di radici culturali cristiane, ma sembra che l’onda montante nel Paese abbia ben diversa matrice. E non mancano, ormai, forze politiche come la Lega, che squallidamente cavalcano questa pericolosa onda dell’intolleranza, esclusivamente per fini elettorali.
In questi giorni il Parlamento del mio Paese, che si dichiara a maggioranza cristiana, ha deciso di cacciarvi via, vuole respingervi dall’Italia. Mi sono interrogato su quale sia il ruolo del Parlamento: accettare il ricatto interessato di fascisti e leghisti a recepire e ratificare gli umori del Paese oppure – nel rispetto dello spirito della Costituzione – attraverso le leggi, aiutare questo Paese a crescere. Io non sono un esperto di leggi, né un esperto dei problemi dell’immigrazione, tuttavia mi permetto di ricordare ai parlamentari del mio Paese, che una legge per regolamentare l’ingresso degli immigrati e che costituisca la Carta fondamentale per una convivenza multietnica, non può fondarsi sulla repressione, sui respingimenti indiscriminati e sullo stato di polizia, ma deve avere come presupposto l’accoglienza. Non si può considerare, infatti, “hostis” chi il dato costituzionale e la nostra tradizione culturale considera “hospes”.
Perciò, fratelli migranti, invito a venire e restare in Italia perché non è vero che siete delinquenti, perché non è vero che venite a rubarci il posto di lavoro, perché non è vero che siete troppi, tanto da non poter essere integrati nel nostro tessuto sociale. Vi invito a venire e restare in Italia perché in ogni caso avete qualcosa da regalarci, perché potete aiutare questo Paese a cambiare, perché non ci sono soltanto quelli che non vi vogliono: per fortuna, ci sono tanti che sono contenti di avervi tra noi, e non vedo per quale motivo debba comunque prevalere il razzismo.
Venite e rimanete in Italia se questo è il posto in cui vi piace vivere, perché i confini territoriali, l’idea di patria e di nazione fanno parte del passato; siamo tutti, egualmente, cittadini dello stesso mondo.
Faccio mie le parole di don Tonino Bello, vescovo e presidente di Pax Christi, e vi chiedo di accettarle a nome di tutti i cristiani italiani: “Perdonaci, fratello straniero, se non abbiamo saputo levare coraggiosamente la voce per forzare la mano dei nostri legislatori. Ci manca ancora l’audacia di gridare che le norme vigenti in Italia, a proposito di clandestini come te, hanno sapore poliziesco, non tutelano i più elementari diritti umani, e sono indegne di un popolo libero come il nostro”.
Fratelli migranti, non date retta a chi vuol farvi credere che l’Italia è un Paese razzista; sono invece convinto che ci sono tante persone che sarebbero davvero felici di stringersi un po’ per farvi posto. Io sono tra questi, pronto a disobbedire alla legge appena approvata dal Parlamento, una legge ingiusta, razzista e disumana; pronto ad ospitarvi e, se è il caso, a nascondervi. E sono certo che tantissimi miei confratelli preti e connazionali italiano faranno altrettanto. I padri della Chiesa da sempre hanno affermato che “una legge ingiusta non è una legge, e disobbedirle è un dovere”. Per questo sono pronto a pagare qualsiasi prezzo penale per la mia disobbedienza, anzi, al più presto mi autodenuncerò all’autorità giudiziaria per “istigazione a delinquere” e “apologia di reato”.
Intanto, per quanto mi riguarda, benvenuti in Italia fratelli migranti “clandestini”!

da Carta