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martedì 15 marzo 2011

Mashreq va alla guerra


da FortressEurope
Mashreq ha 20 anni e non ha mai stretto prima un fucile tra le mani. Ma non c'è problema. È venuto qui apposta per imparare, insieme agli altri “volontari”, come li chiamano. Arrivano a Benghazi ogni giorno, da tutte le città della Cirenaica, per arruolarsi e difendere la popolazione dalla violenta repressione scatenata dalla famiglia Gheddafi. Funziona che chi ha un'arma e sa usarla va direttamente al fronte in macchina, per gli altri c'è una specie di centro di addestramento in città, dove imparare i rudimenti delle armi da fuoco. Perché i militari in servizio sono troppo pochi. I corsi si tengono all'aperto, nel piazzale della caserma “7 aprile”, rinominata per l'occasione “base dei martiri”. Stamattina c'erano almeno 500 ragazzi. C'è il gruppo della contraerea, quello dei lanciarazzi, ma anche quello più elementare dove si insegna a sparare con i vecchi kalashnikov del malridotto esercito libico della Cirenaica. Perché si parte proprio dall'abc. Ragazzi come Mashreq infatti non hanno la più pallida idea di cosa li aspetti al fronte.

Lui fino al mese scorso era un comune studente di informatica. All'inizio nemmeno tanto coinvolto nel movimento del 17 febbraio. Fin quando negli scontri di Ras Lanuf della settimana scorsa ha perso uno dei suoi migliori amici e ha deciso di arruolarsi. Dietro di lui, in fila indiana davanti all'ingresso del campo di addestramento, incontriamo i suoi compagni di corso dell'università, Mahmud Adrira e Younes, di 21 e 20 anni, e i loro amici Monsif e Jamal, che di anni ne hanno appena 17. Sono fieri e coraggiosi, anche se i più sinceri non nascondono la paura. Perché intanto dal fronte arrivano pessime notizie.

Oggi Zuwarah, alla frontiera con la Tunisia, è stata bombardata. Si parla al momento di almeno sette feriti e un morto, Sama 'Azzabi, conosciuto come un attivista della città. La notizia mi è arrivata per telefono da un attivista di Tripoli che mi ha chiamato dalle montagne di Nalut, una regione liberata a sud di Tripoli, dove si sono rifugiati molti libici scappati dalla capitale.

Mentre ancora non è chiaro il destino della cittadina di Brega e della sua preziosa raffineria. Domenica sera anche il generale Abdelfattah Younis, l'ex ministro dell'interno passato con gli insorti, aveva ammesso la disfatta, ma oggi si rincorrono voci di un contrattacco che avrebbe portato alla sua riconquista da parte dei ribelli. Ad ogni modo il fronte è destinato a spostarsi sempre più vicino alla città di Ijdabiya, che da Benghazi dista soltanto 150 km e che oggi ha ricevuto un primo avvertimento, con un bombardamento alle porte della città che fortunatamente non ha fatto nessuna vittima. L'importanza strategica di Ijdabiya deriva dal fatto che da lì partono tre importanti strade che se dovesse cadere la città, permetterebbero alle forze di Gheddafi di aggirare Benghazi da est verso Tobruk, e cingerla d'assedio. Mentre Benghazi si prepara alla guerra però, chi conosce meglio Gheddafi invita alla calma. Kamal Mussa è uno di loro.

Lui a Benghazi è il responsabile delle evacuazioni degli stranieri. Prima della rivoluzione faceva il commerciante, a Ginevra, in Svizzera. Ma di politica si occupa dai tempi dei movimenti studenteschi del 1977, quelli finiti con gli studenti di Benghazi impiccati in piazza per intendersi. Per la sua attività politica è già finito in carcere una volta, nel 1996. Ma oggi non ha più paura di parlare a volto scoperto e scommette sulla imminente fine del Colonnello. Secondo lui le milizie di Gheddafi sono sicuramente superiori sul terreno aperto, fondamentalmente perché dispongono dell'artiglieria pesante e dell'aviazione. Ma quelle stesse forze sono insufficienti - sostiene – per affrontare una guerriglia urbana in una città di 100.000 abitanti come Ijdabiya, e tantomeno in una città di un milione di abitanti come Benghazi.

A maggior ragione vista la determinazione e la passione dei giovani insorti. È un'intera generazione che per una volta ha voglia di vincere. Di piegare la storia al proprio volere. Con la stessa forza di quella ruspa che oggi ha sfondato il muro della vecchia base delle milizie di Gheddafi, la Katiba, nel cuore di Benghazi. Al tramonto, del vecchio muro di cinta non restavano che i tondini d'acciaio del cemento armato annodati tra le macerie venute giù. Sui blocchi lasciati in piedi all'ingresso della caserma, restano soltanto i poster con le foto dei martiri e gli slogan della rivoluzione scritti con lo spray. È una vera e propria profanazione dei luoghi della dittatura, che il regime cerca di censurare in tutti i modi.

Mms e sms non funzionano, a parte il messaggino pro governativo spedito oggi dalla compagnia Libyana a tutti i suoi clienti con su scritto “Viva la Libia unita e sicura”. I telefonini prendono male. E soprattutto internet è completamente fuori uso da settimane. Le uniche connessioni sono quelle satellitari degli alberghi della stampa a Benghazi. Ma la gente non ha accesso alla rete. Non può caricare i video su facebook e farli circolare da una città all'altra, per incoraggiarsi l'un l'altro e per organizzare in tempo reale le manifestazioni. L'unico mezzo di condivisione è il bluetooth dei telefonini, ma è troppo lento per una comunicazione di massa. Così a Tripoli sono in pochi a sapere cosa stia succedendo davvero a Benghazi e la paura continua a tenere in stallo la popolazione della capitale.

Gli amici di Tripoli confermano questa mia impressione. Sono tornati oggi in città dalle montagne di Nalut. Dicono che in città è stato schierato un dispositivo securitario impressionante. Ci sono agenti delle forze di sicurezza dappertutto. E dopo la strage di due settimane fa, la gente è semplicemente terrorizzata. Anche perché gli arresti degli attivisti stanno continuando. Anche se poi nel quartiere popolare di Abu Selim al contrario molti abitanti si sono schierati a favore di Gheddafi. Secondo i miei amici attivisti di Tripoli, si tratterebbe di ragazzi poveri, che sarebbero stati ben pagati per scandire gli slogan cari al colonnello. Ma allo stesso tempo non ci sarebbe da stupirsi del contrario. Ogni regime ha i suoi sostenitori, e anche quello di Gheddafi ne ha di sinceri. Sono pochi ma sono dappertutto, anche dove meno te lo aspetti. Ad esempio in mezzo ai ragazzi della rivoluzione di Benghazi.

Da quando sono arrivato ho sempre immaginato che nella piazza del tribunale di Benghazi ci fosse qualche spia. Ma non avrei mai pensato che parlasse italiano. Mohamed invece lo parla molto bene. E dire che ha vissuto in Italia soltanto due anni, a Avezzano , in Abruzzo, dove ha lavorato come cameriere al Gran Caffè. Oltre all'italiano parla anche inglese e ungherese. Ripete a memoria le battute del discorso di Gheddafi: “I manifestanti sono drogati, avanzi di galera e puttane. Non c'è più sicurezza nel paese, hanno ucciso troppa gente. Anche il giornalista di Al Jazeera, l'hanno ammazzato per creare il caos e attirare l'attenzione del mondo. Ma Gheddafi tornerà e riconquisterà la città. Perché è un uomo benedetto. E la rivoluzione è tutto un complotto delle potenze straniere che vogliono mettere le mani sul petrolio. È tutto un problema di colonialismo”.

Fortuna che non tutti i libici reduci dall'Italia la pensano allo stesso modo! Gioacchino è uno di loro. Come si chiami davvero non lo so, ma si fa chiamare così dagli amici italiani con cui parla con un marcato accento romanesco. A Benghazi vive con la moglie italiana e i tre bambini, Marco, Sara e Ahmed. Classe media, gira con una Chevrolet e ha un negozio di arredamento, che però è chiuso da un mese. Come metà delle attività commerciali della città d'altronde. I motivi sono due. Il primo è che gli affari in questo momento girano male. Anche perché ci sono pochi contanti in giro, i bancomat sono fuori uso, e la gente non spende soldi con la paura e l'incertezza che regnano. Il secondo è che non ci sono più i lavoratori. A Benghazi come in tutta la Libia, un abitante su quattro è un emigrato. Qui la più grande comunità è quella degli egiziani. Poi ci sono i tunisini, i sudanesi, i chadiani, gli indiani, i cinesi. C'erano anzi, perché se ne sono andati a migliaia. Centomila hanno raggiunto il varco di frontiera di Sallum in Egitto. Diecimila cinesi sono stati evacuati dal porto sui traghetti greci diretti a Creta, altri sono partiti sulle navi dirette a Alexandria d'Egitto. E il risultato è che non ci sono più muratori, operai, camerieri, artigiani, baristi. Senza di loro l'economia è ferma e la situazione è destinata a peggiorare visto che ogni giorno ci sono nuove partenze.

Anche oggi se ne sono andati in Egitto un centinaio di chadiani, a bordo di due autobus partiti dal campo della Mezza luna crescente rossa libica, allestito nei dormitori di un cantiere edile di una compagnia indiana davanti allo stadio di Benghazi. Qui vivono da un mese alcune centinaia di africani. Sono i neri fuggiti dai quartieri di Benghazi, per paura di essere scambiati per i miliziani delle legioni africane di Gheddafi e uccisi per vendetta dai ragazzi della rivoluzione. Per un certo periodo sono infatti girate voci di africani linciati dalla folla durante la caccia ai miliziani stranieri.

Anche Marih ne ha sentito parlare, ma non sa se sia vero perché non ha visto niente e non conosce nessuno che abbia fatto quella fine. Lui è eritreo e vive a Benghazi da quattro anni. Ma a differenza degli altri, ha preferito restare a casa sua anziché trasferirsi al campo della crescente rossa. Vive con la moglie e il bambino piccolo e a spostarsi in città non ha grossi problemi. Ormai parla bene l'arabo e sa muoversi a Benghazi. La traversata verso l'Italia l'ha tentata tre volte, nel 2007, 2008 e 2009, ma l'hanno sempre riportato indietro i libici. Qui al campo viene una volta al giorno a vendere le bevande per alzare qualche soldo. Nei prossimi giorni spera di essere evacuato in Egitto.

Magari potrà approfittare di un passaggio dai camionisti che continuano a arrivare con i carichi di solidarietà. L'ultimo autoarticolato è arrivato stasera alle dieci. Un intero rimorchio carico di riso, pasta, latte, olio e coperte. Ventisettemila dollari di valore, messi a disposizione da sette anonimi benefattore del salotto buono del Cairo, che hanno finanziato l'intera operazione. Il cibo sarà smistato tra le famiglie di Benghazi, Baida, Derna e Tobruk. Perché si sentano meno sole nella loro lotta per la libertà. Dopotutto è questo l'ingrediente fondamentale di ogni rivoluzione popolare. Non le armi affilate, ma la solidarietà tra i popoli e le genti. A tal proposito, cosa fanno gli italiani a parte respingere, pattugliare, identificare e rimpatriare?

Le 10 ragioni per dire NO all’energia nucleare


di Reset Staff
Dopo l'ennesimo, gravissimo incidente in Giappone molti Paesi abbandonano il nucleare. Ma il governo Berlusconi vuole andare avanti comunque

E’ opportuno conoscere e riflettere prima di parlare, lo sappia anche qualche Testa senza testa, pagata profumatamente per sparlare.

1) IL NUCLEARE È UNA ENERGIA FOSSILE.
L’uranio non è una fonte di energia rinnovabile. La sua disponibilità è limitata: tra 40 e 120 anni secondo differenti stime. La disponibilità dell’uranio è limitata quanto quella del petrolio…

2) IL NUCLEARE PRODUCE DEI GAS A EFFETTO SERRA.
L’emissione specifica di CO2 al kWh prodotto da una centrale nucleare è superiore all’emissione specifica per le energie rinnovabili…

3) IL NUCLEARE NON CREA POSTI DI LAVORO DECENTRALIZZATI E SICURI.
Il numero di posti di lavoro creati da una centrale elettronucleare è 15 volte inferiore al numero di posti di lavoro creati sviluppando, con lo stesso investimento e assicurando un risultato equivalente, il settore delle energie rinnovabile e le misure che rinforzano l’efficienza energetica. La potente organizzazione sindacale IG Metall in Germania difende pienamente il settore delle energie rinnovabile in nome dell’impiego… Il nucleare non lotta contro la disoccupazione.

4) IL NUCLEARE SPRECA UNA DELLE NOSTRE RISORSE PIU PREZIOSE: L’ACQUA!
Una centrale nucleare consuma molta acqua virtuale (circa 2 metri cubi/ MWh). Per cuocere un dolce nel forno elettrico con l’energia eolica si consuma 1 cl d’acqua, con l’energia solare fotovoltaica si consumano 0,3 litri, invece con l’elettricità nucleare 5,5 litri d’acqua…

5) IL NUCLEARE NON E ADATTO ALLE STAGIONI CALDE E IN ITALIA FA PIU CALDO CHE IN FRANCIA!
Una centrale nucleare per fare funzionare il suo sistema di raffreddamento preleva importanti volumi d’acqua dai fiumi o dal mare, e li rigetta riscaldati creando cosi un inquinamento termico. In Francia nell’estate 2006, l’aumento della temperatura delle acque entrante ha richiesto delle misure eccezionali: EDF sorella francese di ENEL ha ottenuto l’autorizzazione di superare di qualche grado il limite imposto per la temperatura delle acque scaricate e di ricorrere alla clorazione massiva. Questa clorazione ha per scopo di limitare la proliferazione di germi responsabili di una meningo-encefalite gravissima. Certe centrali hanno funzionato a basso regime, certe sono state chiuse, il tetto della centrale Fessenhein è stato annaffiato d’acqua per permettere il suo funzionamento…

6) IL NUCLEARE NON RISOLVE LA DIPENDENZA ENERGETICA DELL’ITALIA.
L’uranio che dovrebbe alimentare le centrali nucleari italiane proviene dai siti di estrazione dell’AREVA nel Niger, in una zona contesa tra il governo e le tribù locali, “pacificata” con l’aiuto economico e militare della Francia. Proviene dunque da una zona politicamente instabile ciò che non ci garantisce un approvvigionamento sicuro. L’introduzione del nucleare rende l’Italia dipendente:
- tecnologicamente dall’expertise francese;
- dall’uranio estratto dall’AREVA francese nel Niger.

7) IL kWh NUCLEARE È PIÙ CARO DEL kWh RINNOVABILE.
Il costo del kWh prodotto da una centrale nucleare è adesso comparabile al costo del kWh dalle energie rinnovabili.
Pero se si considera:
- la gestione della centrale nucleare dopo la sua fine di vita (incluso smantellamento),
- il stoccaggio sicuro delle scorie,
- i costi per garantire la sicurezza della centrale e del suo approvvigionamento,
Il nucleare è una delle energie le più care….

8 ) IL NUCLEARE PRODUCE DEI RIFIUTI INSOSTENIBILI PER IL SISTEMA TERRA.
Che cosa fare delle scorie radioattive? Affondarle con le barche? Mandarle in Siberia come fanno i francesi? Lasciarle in regalo ai nostri figli? I nostri figli ci accuseranno! Che nonni e che genitori siamo?

9) IL NUCLEARE È ALTAMENTE VULNERABILE.
Una centrale nucleare è vulnerabile nel caso di un attentato terroristico o nel caso di guerra, molto più vulnerabile che tutte le fonti di energia rinnovabile. Nessuno ci può boicottare il sole, il vento, i rifiuti organici,…. Anche in tempi di crisi le fonti d’energia rinnovabili sono sempre disponibili….

10) IL NUCLEARE È UN’ARMA POTENTE CAPACE DI DISTRUGGERE OGNI FORMA DI VITA SU TERRA.
Le centrali nucleari sono un rischio per l’ambiente e la salute. Già durante il suo funzionamento normale, una centrale è responsabile di un inquinamento radioattivo a bassa intensità, il cui impatto è difficile da valutare a causa dell’assenza di studi epidemiologici.
Probabilmente più grave è l’impatto sulla salute degli incidenti nucleari – qualunque sia il livello di tecnologia, il 100% senza rischio d’incidente nucleare grave è un assoluto inaccessibile.
L’incidente di Chernobyl ha provocato la morte tra 5.000 e 200.000 mila persone (mancano i dati per un’analisi epidemiologica). Vaste regioni sono state, e lo sono sempre, gravemente inquinate. Una zona attorno alla centrale di un raggio di 30 km è vietata all’accesso. Nella fauna e flora di questa zona è stato osservato un aumento delle alterazioni genetiche.
In più, una catastrofe ancora più grande (l’esplosione nucleare del nucleo del reattore) era possibile ed è stata evitata di poco, grazie alla lucidità di uno scienziato e il sacrificio non consapevole di soccorritori “volontari”.
Senza di loro chi lo sa se oggi l’Europa sarebbe abitabile…Con le nostre conoscenze attuali, chi di noi andrebbe a sacrificarsi per spegnere un incendio in una centrale nucleare ?
Ma se l’errore è umano, se la malafede è di regola, se il non sacrificio è legittimo e se l’analisi lucida non è sempre al RDV, allora nessuno, tranne un pazzo, ci può garantire un rischio zero d’incidente nucleare che contamina tutta l’Italia….



ALLORA, PERCHE’ VOLER IMPORRE ANCORA IL NUCLEARE?

Oggi, possiamo produrre tutta l’energia necessaria in Italia con le fonti rinnovabili: VARI SCENARI CE LO DIMOSTRANO.

PERCHE’ NELLO SPECIFICO IL GOVERNO ITALIANO VUOLE IL NUCLEARE?

Una sola risposta in favore del nucleare: come le altre energie fossili (es. gas, carbone), anche il nucleare permette di centralizzare il potere e il guadagno tra le mani di poche persone, in due parole il nucleare rende ancora possibile L’OLIGARCHIA.

Il vento, il sole, l’acqua, i rifiuti organici, sono elementi alla portata di tutti e tutti, se lo vogliamo, possiamo produrre la nostra energia. Queste fonti di energia essendo diffuse su tutta la terra, tanti imprenditori sia del Nord sia del Sud possono investirsi nel mercato delle energie.

Anche l’autoproduzione è possibile. Nel mondo ci stanno tanti esempi di autoproduzioni individuali e collettive. Il comune di Prato di Stelvio, nelle Alpi italiane, produce più energia che ne consuma solo con le energie rinnovabili.

Oggi non abbiamo bisogno di tecnologia in più, abbiamo solo bisogno di cooperazione in più. Difendere il nostro diritto d’accesso alle energie rinnovabili è lottare per LA DEMOCRAZIA!

IL SIMBOLO DELLA DEMOCRAZIA E DELLA PACE: L’ENERGIA RINNOVABILE!

IL SIMBOLO DELL’OLIGARCHIA E DELLA GUERRA: L’ENERGIA FOSSILE, URANIO INCLUSO!

Queste dieci conclusioni sono il risultato di ricerche approfondite accessibili al pubblico.
Fonte: Catherine, da un commento a “il manifesto online” del 14-03-2011.

Siti consigliati

- Zona Nucleare - Il sito unico nazionale per la raccolta delle scorie nucleari, la Sogin, i Personaggi, le Norme, il business dei rifiuti radioattivi, le situazioni ambigue di una vicenda attorno cui girano Miliardi di Euro.
- Fermiamo il Nucleare – Sito ufficiale della campagna referendaria a favore del Sì, per l’abrogazione dell’articolo che prevede il ritorno all’energia nucleare in Italia.

NON DIMENTICATE DI VOTARE SI’ AI REFERENDUM DEL 12 E 13 GIUGNO 2011

Sì – CONTRO IL NUCLEARE
Sì – IN FAVORE DELL’ACQUA PUBBLICA, CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE (2 quesiti)
Sì – CONTRO IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO AI PROCESSI PER LE ALTE CARICHE DELLO STATO (no ai decreti salva-premier: la legge è uguale per tutti)

Intanto dal costosissimo Forum Nucleare si attendono ancora risposte a domande semplicissime come questa:

Spett. le Forum Nucleare,

ci chiediamo come si possa chiamare Forum uno spazio in cui non si può intervenire, né direttamente né commentando gli interventi (persino commenti e votazioni ai video pubblicati esternamente, es. YouTube, sono negati).

Così com’è, il sito si presenta di fatto come una propaganda a senso unico.

In qualità di cittadini italiani, desideriamo partecipare al dibattito attivamente, con contributi propositivi che presumiamo fondamento imprescindibile di una piattaforma aperta al confronto di tutte le parti coinvolte, quale è il Forum nelle sue intenzioni dichiarate.

Si attendono delucidazioni in merito, grazie.

Paolo Margari e altri autori di Reset-Italia.net

12 Marzo 2011