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martedì 25 agosto 2009

Rosarno, il limbo dei disperati


I 200 immigrati della Cartiera bruciata a luglio, tra l'incertezza del futuro e le maglie sempre più strette del pacchetto sicurezza

Un semplice gesto, come colpire inavvertitamente un fornelletto. Un piccolo oggetto, cose della vita di tutti i giorni. Ma se si vive nelle condizioni disperate che vedete ritratte nelle foto in queste pagine si può trasformare in un inferno. E cambiarti la vita. Se la tua vita è ristretta al limitato orizzonte di una fabbrica abbandonata a Rosarno, Africa. O Calabria, alle porte di quell'Africa così vicina ma così lontana per i ragazzi che hanno provato ad attraversare il mare a rischio della propria vita per vedere tutti i loro sogni infrangersi contro la realtà di una economia che ha bisogno del loro lavoro in nero e che non ha nessun interesse a legalizzarli.

Bruciano le speranze. La notte del 20 luglio alla Cartiera (una ex fabbrica messa su da un imprenditore romagnolo con fondi dell'Unione europea, poi scomparso prima ancora di iniziare a produrre) sulla statale tra i paesoni di Rosarno e San Ferdinando nella piana di Gioja Tauro sono andati in fumo tutti i piccoli averi dei duecento lavoratori stagionali che vi abitano da oltre cinque anni nell'incapacità delle istituzioni di affrontare la situazione. La Regione si è affrettata a dire che la protezione civile calabrese ha portato ristoro e abiti per duecento persone a questi ragazzi; la Cgil, i sindacati, la Cisl hanno chiesto "soluzioni definitive" al dramma dei sans papiers nei paesi della ricca vallata calabrese, un continuo di aranceti ed uliveti. In realtà, qualche prete gesuita delle comunità mariane di vita cristiana, i volontari locali dell'Osservatorio Migranti e i reggini del centro sociale ‘Cartella' hanno provato a portare mercoledì 23 luglio un po' di conforto ai duecento ragazzi che sono rimasti bloccati in questo angolo di Sud dal decreto Maroni. E sì, perché se ti fermi a farci quattro chiacchiere ti spiegheranno perché non sono in movimento ("in questo periodo dell'anno di solito sono già a Siracusa a raccogliere ortaggi o sono pronti ad andare a Foggia per i pomodori" spiega Rita Libri, volontaria dell'Osservatorio migranti) a cercarsi lavoro da un'altra parte.
Hanno paura a mettersi in treno. A viaggiare; sono bloccati in Calabria. Hanno il terrore di essere arrestati. Stefano (qui tutti lo chiamano cosi) è del Ghana e organizza la truppa dei suoi connazionali mentre i volontari del Kollettivo Onda Rossa di Cinquefrondi, paesino attiguo, distribuiscono shampoo, magliette calze e pantaloni. "Qui a Rosarno non c'è niente da fare ma quale alternativa abbiamo? I ragazzi del centro sociale ci hanno messo a disposizione degli avvocati per capire la nuova legge, e se non capisco che cosa mi succede, io non mi muovo di qua..."

E non si muovono anche se le condizioni sono sempre peggiori: "Lavoro ne hanno poco, fanno quattro lavoretti nei campi per i piccoli proprietari, e la loro paga è diminuita, da 25 a 20 euro al giorno, ora che la raccolta dei mandarini è finita; ma non hanno dove andare e non hanno alternative". Stessa scena nella ex fabbrica di succo d'arance ‘Rognetta' sulla statale che va a Gioja: una lunga fila di ragazzi burkinabé, ghanesi e nigeriani, togolesi e ivoriani. Tutti con un tratto comune: sono sbarcati a Lampedusa per la maggior parte, quasi tutti sono stati deportati al centro Sant'Anna di Crotone, vicino l'aeroporto: un grosso girone infernale dove la ruota non gira quasi mai verso l'espulsione. Il centro è ingestibile per il numero di immigrati in arrivo, e i poliziotti dopo qualche settimana li lasciano liberi. Da Crotone si riversano nelle campagne calabresi, in attesa di trovare qualcuno che li regolarizzi; quasi nessuno di loro ha dei documenti. Hanno tutti il terrore di quello che succederà adesso con il decreto Maroni. Nessuno sa spiegare loro bene di che si tratti, sono spaventati. L'unico placido è Vladimir, un enorme ucraino 50enne; la sua figura figurerebbe bene sotto una di quelle didascalie: "Che ci faccio io qui?" mentre fa la fila tra i suoi compari africani per ritirare un paio di mutande pulite e una maglietta che lo tenga fresco di sera. E' tranquillo perché sa che un bianco non verrà mai espulso dalla polizia italiana. ‘Sì, lavoro c'è poco, e pagano poco una giornata, ma cosa vuoi fare? Dove posso andare? In Sicilia o Puglia no è meglio. Stiamo qui e vediamo se spunta un lavoro fisso". L'unico che proverà la fortuna è David, un ivoriano invasato che strepita e litiga con tutti quelli che lo voglionio togliere dalla fila che ha imboccato per la quarta volta alla ricerca della felpa sulla quale si è fissato: "Io sono ivoriano ed ero regolare. Avevo la mia vita tranquillina a Bologna finchè non mi hanno rubato tutti i documenti; ho un fratello là di 40 anni, con una bella moglie e un buon lavoro. Ma adesso lui deve pensare ai suoi figli, ed io a me stesso. Mi metterò sul treno per Foggia: sono sicuro che nessun poliziotto mi rimanderà in Africa; sanno che qua servono i lavoratori come noi".

Essere buoni non rende, è il messaggio italiano. Di sicuro consegnare dei criminali alla giustizia non aiuta a diventare italiani; il ragazzo ivoriano e il ghanese che hanno subito l'aggressione di due malavitosi calabresi l'11 dicembre passato avevano fatto domanda per ottenere il permesso di soggiorno in base all'articolo 18 della legge Bossi - Fini. Come spiega l'avvocatessa Anna Foti dell'associazione di aiuto ai migranti di Reggio, l'articolo era stato pensato per le ragazze che si prostituivano e decidevano di denunciare i loro sfruttatori. Anche i due africani colpiti da una raffica di kalashnikov quella sera d'inverno e che con le loro testimonianze hanno portato all'arresto di due balordi (uno dei due, Andrea Fortugno, è stato condannato a maggio a 16 anni di carcere per tentato omicidio in primo grado) pensavano di meritare un permesso di soggiorno "per buona condotta". La loro richiesta è stata purtroppo rigettata dal questore reggino Musolino. Un caso del quale lo Stato dovrebbe rendere conto. Chissà perché alla televisione queste notizie non vengono mai riportate...

Permesso di soggiorno in nome di Dio. "Noi accoglieremo questi ragazzi e non permetteremo che vengano rimandati al loro Paese. Siamo tutti figli della stessa terra e figli dello stesso Dio. Concederemo loro, come fanno i nostri fratelli comboniani, un permesso di soggiorno in nome di Dio". Don Gianni Ladiana è il prete animatore del centro mariano ‘Cvx' di Reggio e insieme con altri sacerdoti delle comunità valdesi e ortodosse e battiste della provincia reggina sta organizzando una rete di sostegno perché nessuno di questi ragazzi che non ha mai commesso un reato, ma ha subito estorsioni e intimidazioni di ogni tipo dai mafiosetti della Piana, non abbia a subire altri torti, oltre a quello di avere già pagato in media 3mila dollari per arrivare in un Paese che adesso li considera dei criminali; dal giorno 8 agosto, il giorno della vergogna italiana.

da PeaceReporter

Un paese che si definisce civile deve avere il coraggio di guardare negli occhi questa escalation di violenza omofoba


Che cosa deve ancora succedere perché la politica e le istituzioni affrontino il grave problema dell’omofobia nel nostro paese? Deve succedere qualcosa di irreparabilmente grave perché ci si assuma questa responsabilità in parlamento? Credo di no. Credo che un paese che si definisce civile debba avere il coraggio di guardare negli occhi questa escalation di violenza omofoba e transfobica. Debba saperne parlare; saper dire che sì, nel nostro paese la paura del diverso è riaffiorata con violenza e che il razzismo e l’omofobia hanno una matrice comune e vanno affrontati insieme.

Questo bisogna fare e bisogna agire.Sono relatrice della legge contro l’omofobia in discussione in Commissione Giustizia alla Camera.

Una discussione lenta.

Ora, dopo l’ennesimo episodio di violenza omofoba a causa del quale due ragazzi hanno rischiato la vita, il Parlamento sembra essersi svegliato.Per ora il Partito democratico, che per fortuna compattamente ha inserito la proposta di legge contro l’omofobia tra le sue priorità di settembre.

Ora tocca al centrodestra dire se voglia affrontare seriamente e senza ideologie il problema dell’omofobia.

E’ una legge che dovrà essere approvata da tutto (o quasi) il Parlamento.Perché è una legge di civiltà e tutti se ne devono fare carico: maggioranza e opposizione. Quei due ragazzi che qualche sera fa a Roma hanno rischiato di morire, hanno come unica colpa quella di essere se stessi.

Questo non è più accettabile. L’omofobia è lo specchio di una società, quella italiana, che ogni giorno si scopre più razzista, intollerante e chiusa.

Dobbiamo fermarci ed invertire questa rotta tutti insieme, sia dentro le istituzioni che nella società. La legge contro l’omofobia può essere un primo passo.

di Anna Paola Concia Deputata Partito democratico
da Articolo21

La Fiat tira ma chiude a Imola sciopero della fame


Mentre - ieri mattina - il megapresidente Luca Cordero di Montezemolo assicurava ai giornali che «la proposta Fiat per Opel è ancora sul tavolo e sempre valida», un suo dipendente iniziava lo sciopero della fame contro la chiusura di uno stabilimento della galassia torinese. Guido, 51 anni, da nove operaio alla Case New Holland di Imola, non iscritto ad alcun sindacato, ha preso la propria decisione assicurando tutti i colleghi che da quel momento non avrebbe più lasciato il presidio davanti alla fabbrica.
C'è qualcosa di davvero stonato in questa Fiat a due velocità: da un lato il raider industriale in grado di proporsi come acquirente di marchi Usa mitici (Chrysler, ovvero anche Jeep e Dodge), di concorrenti europei (i tedeschi della Opel), di carrozzerie storiche (Bertone), e dall'altro il tagliatore rapido di interi stabilimenti quando la crisi si dimostra non momentanea. A Imola venivano costruite, tra l'altro, le ruspe Terna - un modello a tre funzioni, con pala meccanica sia davanti che dietro. Un modello che continuerà ad essere costruito - a parte un piccolo restyling - perché ha un mercato. Ma lo si farà a Lecce.
Nessun seguito concreto ha avuto, su questo fronte, il tavolo convocato a palazzo Chigi prima dell'estate per tutto il gruppo Fiat. Il «caso Cnh» era poi stato oggetto di un tavolo separato al ministero dello sviluppo economico. Lì la Fiat si era presentata con in mano l'avvio delle procedure per la cassa integrazione speciale per «cessazione di attività», indisponibile a discutere alcunché. Da parte del governo non si era presentato nessuno: solo qualche «tecnico» ministeriale, ovviamente non abilitato a prendere decisioni che sono eminentemente politiche.
Il presidio, nel frattempo, continua. Era corsa voce che l'azienda stesse per smantellare gli impianti e spostare altrove i macchinari. Per ora, però, il presidio lo impedirebbe. Il prodotto finito veniva invece stoccato altrove, a parte una trentina di mezzi pronti per la vendita.
L'inizio dello sciopero della fame alza naturalmente il tono della protesta. Qui -- diversamente dalla Innse -- non c'è una società fallita da tempo, ma un'azienda «che tira» nel suo complesso, anche se in difficoltà nel settore «macchine per movimento terra». Non si tratta perciò di «trovare un nuovo padrone», ma di mantenere questo personale nel perimetro aziendale esistente. Lo spiega con chiarezza Gianni Rinaldini, secondo cui «la Fiat dimostra un'arroganza senza precedenti: noi chiediamo che alla Cnh si attivi la cassa integrazione straordinaria per crisi di mercato, e che non venga concessa quella per cessazione di attività. Tutto questo nella logica della nostra richiesta più generale di blocco dei licenziamenti. E' importante anche che la famiglia Agnelli esca allo scoperto, sul tema dei capitali da investire e sul futuro degli stabilimenti italiani». Di certo, ne parleremo ancora.

da IlManifesto

Afghanistan “Va tutto bene!”, Karzai “vince” ma la guerra continua…

E gli italiani sono sempre più nel mirino.

Nuovo attacco al contingente italiano in Afghanistan. Un ordigno è esploso, la scorsa notte, al passaggio di un mezzo militare italiano vicino a Farah, nella parte occidentale del paese. Nessun ferito, solo danni al mezzo ma l’attacco conferma la tendenza anti-occupanti degli insorti che da mesi colpisce anche i soldati non statunitensi. L'attentato è avvenuto mentre era in corso un'attività di controllo del territorio congiunta tra soldati afgani e italiani.
Nel sud del Paese, invece l'attacco dei taliban nei confronti della forza internazionale ha avuto un bilancio sanguinoso: due soldati estoni hanno perso la vita in seguito a un attacco con raffiche di armi automatiche da parte di un gruppo di miliziani.Secondo gli ultimi dati elaborati dal Regional command West di Herat, gli attacchi e gli attentati compiuti nella regione ai danni delle truppe Nato, e quindi italiane, si assesteranno a fine agosto intorno a quota 120. Nel mese di luglio erano stati 134 gli 'eventi' che hanno coinvolto i militari italiani nell'ovest del Paese (dove per eventi si intende però anche il ritrovamento di ordigni esplosivi) e 135 nel mese di giugno, il picco dell'intero 2009.

Brogli massicci

Quanto alla reale portata di partecipazione di queste elezioni, l’unico dato che sembra certo è quello di brogli massicci, e in molti casi gravi, attestati dalle stesse istituzioni internazionali che plaudono al “successo politico” che sarebbe rappresentato da queste elezioni. Le più esilaranti sono le dichiarazionidell’oservatore dell’Unione Europee che avrebbe commentato “elezioni valide ma non del tutto libere” (!?!) … enevitabili contraddizioni della Democrazia.
Per far capire qual è l’entità dei brogli sospetti basti dire che la Commissione per i reclami elettorali (Ecc) ha ricevuto dopo il voto per le presidenziali del 20 agosto in Afghanistan un totale di 225 denunce di irregolarita' a 35 delle quali e' stata accordata la massima priorita' per la loro apparente gravita'.I primi risultati parziali saranno comunicati il 25 , pe rquelli definitivi potrebbe volerci fino al 17 settembre.
Quanto saranno ampi i margini di manipolazione ?“

Ballottaggio inutile, costerebbe troppo!"

La Ragion di stato degli occupanti impone comunque la chiusura di un tornante politico per il paese sottomesso tanto urgente quanto doloroso. A quanti fanno notare la necessità di un secondo turno elettorale per determinare chi abbia veramente vinto (brogli permettendo), il quotidiano di regime Afghanistan Times precisa che “Gli afghani hanno votato e chiaramente manifestato la loro volontà, e da quanto emerge "un ballottaggio non serve, ed è anzi dannoso per il paese”.
E ancora: "Se le elezioni vanno al ballottaggio, ci saranno molti svantaggi per la gente, il governo e la comunità internazionale. Da un punto di vista economico, un secondo turno richiederebbe milioni di dollari. Sarebbe difficile un finanziamento da parte della comunità internazionale".

da Infoaut

MELPIGNANO NOTTE DELLA TARANTA - NOA CONTESTATA SOLIDARIETA' CON LA PALESTINA

La cantante Israeliana Noa e' stata contestata durante la partecipazione alla Notte della Taranta il 22 agosto a Melpignano(Lecce).
Noa, che si presenta come una "voce di pace", ha attivamente sostenuto l'operazione "piombo fuso" che Israele ha scatenato contro la Striscia di Gaza a dicembre scorso.

Di seguito il link di un'intervista di Noa al Tg1

http://www.youtube.com/watch?v=uhd1XpJqJBQ

e quello di un video girato da uno spettatore della Notte della Taranta (la contestazione si vede alla fine del video), in allegato il volantino che e' stato distribuito al pubblico.

http://www.youtube.com/watch?v=bDB40cVx5fA

Comunicato stampa
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Notte della taranta: con Noa va in scena l´ipocrisia del falso pacifismo

Questa sera alla Notte della Taranta si esibira´ la cantante israeliana Noa, che si autodefinisce una "voce di pace", e cosi´ viene anche presentata durante le sue esibizioni in Italia.

In realta´ Noa ha attivamente sostenuto i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza durante l´operazione "Piombo fuso", che hanno causato oltre 1300 morti e migliaia di feriti tra gli abitanti di Gaza.
Tra le varie interviste e dichiarazioni belliciste, Noa ha scritto una lettera "Ai miei amici palestinesi", apparsa sul sito internet Ynetnews a gennaio scorso, che si concludeva con l'augurio che Israele "possa fare il lavoro che tutti noi sappiamo deve essere fatto e finalmente vi liberi da questo cancro, da questo mostro che si chiama fanatismo e che si chiama Hamas".

Noa tace sul blocco militare che l´esercito Israeliano impone su Gaza, sul muro dell´apartheid che rinchiude i palestinesi della Cisgiordania, sulla pulizia etnica che le autorita´ israeliane compiono a Gerusalemme contro i palestinesi e sulla continua demolizione di case nei villaggi palestinesi.

Gli spettacoli di Noa e Mira Awad, che hanno recentemente rappresentato Israele al Festival Eurovision 2009 di Mosca, vengono presentati come un auspicio alla pacifica convivenza, in realta´ mascherano la vera natura dello stato di Israele, basato sull´apartheid imposto alle popolazioni palestinesi.

Ci chiediamo perche´ la direzione artistica della Notte della Taranta avvalli la complicita´ di Noa con i crimini dell´esercito di Israele.

Ci chiediamo perche´ le amministrazioni pubbliche (Regione Puglia e Provincia di Lecce), finanzino questo evento senza prendere in considerazione il fatto che la presenza di Noa legittimi il regime di apartheid israeliano.

Chiediamo alla direzione artistica della notte della taranta di dichiarare pubblicamente che artisti che promuovono la guerra e la violazione dei diritti umani non verranno mai piu´ ospitati al festival.

La Regione Puglia ha nella primavera scorsa patrocinato un convegno (h2Obiettivo 2000, promosso da Federutility) al quale partecipavano diversi esponenti del governo di Israele.

Non si possono intrattenere normali rapporti con uno stato che viola continuamente il diritto internazionale: chiediamo alla Regione Puglia di interrompere i rapporti economici, culturali o di altra natura con lo stato di Israele in quanto stato che pratica l´apartheid ed il massacro nei confronti dei palestinesi.

Campeggio di lotta antinucleare Fattizze-Nardo´, Sdl-Sindacato dei lavoratori (puglia), Sinistra Critica, Comitato "Ricordare la Nakba", Confederazione Cobas, International Solidarity Movement, Medicina Democratica (Brindisi), Collettivo salentino internazionalista "Dino Frisullo", Rete 28 Aprile (Puglia)

da Indymedia

Il volto dell'uomo nuovo. - antropologia leghista

“Nel weekend ho ricevuto 200 messaggi di minacce, e certi giornalisti dovrebbero rendersi conto che, in questo modo, mettono in serio pericolo l’incolumità degli altri” - questo è quanto ha dichiarato Fabio Betti a “La Voce” questa mattina, sconcertato per la cattiva pubblicità che sta circolando in rete e sui giornali della sua piccola azienda informatica, produttrice per l’appunto de “Rimbalza il clandestino”. Non una parola, ovviamente, per i morti in mare di questi giorni, per le migliaia e migliaia di vittime delle politiche anti-immigrazione di questo governo e di quelli precendenti.

Amico intimo di Renzo Bossi, Fabio Betti è l’ultima frontiera dell’”uomo nuovo” della distopia totalitaria leghista. La coscienza dell’ingiustizia gli scivola addosso senza lasciare tracce, la capacità di sentire su di sé le sofferenze altrui - da alcuni chiamata com-passione - è un ricordo lontano. Ma non solo: i sentimenti più odiosi e meschini non li individua come tali, non sente il bisogno di nascosconderli o per lo meno di giustificarli ideologicamente, li vive al contrario come la più placida delle normalità. Ha reso antiquata, insomma, anche l’ultima delle prerogative che un tempo erano proprie degli umani: l’ipocrisia. Guardandolo in volto, ed ascoltando le sue parole, pensiamo alla Jugoslavia del 1991 e contiamo il tempo che manca.

da Indymedia

Assemblea di Napoli: interrogativi e necessità

di Francesco Indovina*

Si può far finta di non capire che alcuni “soci” di Sinistra e Libertà non si sentano impegnati (almeno ora) alla costruzione di un nuovo soggetto politico? Si può far finta di non capire che alcuni soci di Sinistra e Libertà hanno una spiccata preferenza per una “federazione” che non per una nuova forza politica? Si può far finta di non avere sentito che qualche “socio” dichiara “lunga vita” per la propria organizzazione politica? Si può chiudere gli occhi sul fatto che un “socio” ha votato in Toscana a favore di una legge elettorale regionale con uno sbarramento al 4%? Si può far finta di non cogliere il pericolo in una rivendicazione identitaria (su una parola e non su un simbolo) nella simbologia della nuova forza politica? si può far finta… Si! si può far finta , per il semplice fatto che Sinistra e Libertà come nuovo soggetto politico sta nascendo nei territori, in modo autonomo. Che cosa spinge tanti compagni già militanti, o tante persone che intendono rinvestire o investire per la prima volta, il loro tempo e la loro energia nella costruzione di un nuovo soggetto politico di sinistra? La risposta banale a questo interrogativo molto serio potrebbe essere il bisogno di una “casa politica” o l’entusiasmo per la novità. Il bisogno di una “casa politica”, ammesso che sia una vera motivazione, potrebbe riguardare gli “orfani”, che certo ci sono in SeL ma sono solo una parte. L’entusiasmo per la “novità”, intanto non è una motivazione da sottovalutare, e il riconoscimento della “novità” mi pare una cifra molto importante per un “nuovo” soggetto politico.

Ma c’è dell’altro, c’è la percezione di una necessità politica che pare estranea ai dirigenti di alcuni dei soci di SeL. Va detto che i militanti di queste organizzazioni sentono molto di più dei loro dirigenti questa necessità politica, infatti sono spesso tra i costruttori dal basso del nuovo soggetto politico.

Il degrado sociale, economico e culturale del paese, la crisi economica, la diffusione di una cultura razzista, la mistificazione sulla sicurezza, il tentativo continuo di asservire le istituzioni autonome agli interessi della maggioranza, l’indifferenza, di fatto, su quanti perdono il lavoro, o la vita nel lavoro, i tagli sui settori vitali per il futuro del paese, come la ricerca, le boutade sulla “terra ai contadini”, i ripetuti appelli ottimistici relativamente alla crisi economica, mentre migliaia di lavoratori perdono l’occupazione, ecc. ecc. sono le basi materiali che spingono migliaia di persone ad individuare la necessità politica di un nuovo soggetto politico in grado non solo di contribuire a rispondere a queste vere e proprie emergenze ma anche ad elaborare, facendosi forte di tutte le esperienze avanzate, un ideale politica di sinistra per il XXI secolo e quindi un progetto di società.

Ma non basta, nonostante le molte sirene, il convincimento della necessità politica di un nuovo soggetto politico dipende anche dal panorama offerto dalla “sinistra” fuori da SeL. Tra una rivendicazione identitaria che non fa i conti con le trasformazioni sociali e con le nuove domande, che si sommano alle vecchie ma danno un tono diverso alla politica, così come avanzate espressamente o implicitamente da individui e soggetti collettivi, e un partito impegnato in una congresso di cui non sono chiari né le divergenze tra i contendenti, né i progetti di società proposti, il modesto tessuto di SeL pare una grande opportunità e soprattutto una necessità.

SeL ha anche lo scopo di misurarsi con le altre forze politiche per costruire un “nuovo” centro sinistra, in grado di mobilitare, di contrastare la destra e di essere il punto di riferimento di una nuova Italia meno ingiusta e libera, in grado di coniugare crescita economica e sostenibilità sociale e ambientale, di essere patria di accoglienza, di tornare ad avere un ruolo a livello internazionale, luogo di attrazione e non di fuga di giovani ricercatori, esempio di libertà di stampa e di informazione e per il sostegno ai più deboli, in cui impera il diritto e non l’arbitrio. Alla costruzione di questo nuovo centro sinistra SeL intende spendere le sue energie, portare il contributo della propria riflessione e delle proprie esperienze. Certo sarà un “compromesso” ma i capisaldi dovranno essere fondamentali.

Ma può bastare l’iniziativa dal basso, anche se molto entusiasta, motivata ed estesa per costruire un nuovo soggetto politico? Sicuramente no, è necessario costruire un legame organizzativo ed ideale tra tutte queste iniziative, a questo dovrebbe rispondere l’assemblea di Napoli. Quello che sta sorgendo a livello di territorio, e non solo, non ha bisogno di legittimazione, né all’assemblea di Napoli si chiede questo, ma si chiede una cosa diversa: di rendere chiaro che quello che si sta realizzando a livello organizzativo diffuso costituisce parte sostanziale del processo di costituzione della nuova forza politica. Si chiede ancora una struttura, temporanea ma solida e rappresentativa, di coordinamento di quanto c’è, di sollecitazione e di promozione di quanto può ancora svilupparsi e crescere. Una struttura di coordinamento che dovrebbe avere anche il compio di promuovere l’organizzazione di fasi di discussioni e di riflessione sulla natura ideale di questa nuova organizzazione politica.

Per fare questo è necessario che l’assemblea di Napoli sia in qualche modo ordinata e rappresentativa, e in grado di prendere decisioni non unanimi.

L’assemblea di Napoli deve essere anche l’occasione di un grande atto di generosità. Proprio a partire dalla necessità politica per la costruzione di un nuovo soggetto politico, sentita dai militanti dei “soci” di SeL, questi dovrebbero liberare il simbolo Sinistra e Libertà da ogni pretesa “proprietaria”. Non credo che la grettezza che caratterizza in generale questioni di simboli elettorali possa trovare posto in qualcuno dei soci di SeL anche perché il simbolo servirà alla costruzione di un nuovo soggetto politico e resta disponibile, come già concordato, per le prossime elezioni regionali. Se così non fosse, se a prevalere non fosse una “generosità produttiva”, ma piuttosto una grettezza disgregante, propongo di riprendere la iniziale dizione Sinistra, con l’aggiunta da qualche parte “da sinistra e libertà”, all’affermarsi di quest’ultimo simbolo hanno contribuito soprattutto i militanti (partecipi o meno delle organizzazioni associate) e tanti elettori che hanno visto in Sinistra e Libertà una speranza e di questo bisogna rendere conto.

SeL, comunque, non vive e non può vivere di elezioni e di riunioni nazionali o locali, essa vive tra la gente, discute i loro problemi, propone delle campagne. Fermo restando che a livello locale saranno i compagni che individueranno i temi più pertinenti, pare interessante l’individuazione di alcune campagne nazionali che possono portare fino ad una proposta legislativa. Dei sedici tempi proposti a me pare che quella sulla revisione delle aliquote irpef per i redditi più bassi sia una delle più importanti se coniugata con il mantenimento complessivo del gettito irpef e con la lotta all’evasione. Non mi pare convincente una generica “diminuzione delle tasse” ma piuttosto la proposta potrebbe essere l’occasione per l’elaborazione di un nuovo patto fiscale tra stato e società, fondato sul gettito necessario per garantire i servizi necessari e sulla trasparenza. Questioni non marginale ora, che sebbene con molta difficoltà, il governo si avvia ad elaborare i regolamenti per il federalismo fiscale.

Un’altra proposta importante mi pare quella denominata scuola e ospedali sicuri dove, certo la priorità non può che andare alle zone soggette a rischio sismico, ma vanno anche considerate in generale le situazioni di degrado, soprattutto della scuola, anche nelle altre zone. Per questi interventi esistono già dei progetti e delle richieste, che giacciano al ministero, e si tratta di interventi di immediata attuazione e diffusa attivazione anche in termini di occupazione.

La terza questione è l’abolizione delle “ronde”, che va collegato alla cultura della convivenza, dell’appropriazione della città da parte dei cittadini, e all’attività di controllo da parte delle forze dell’ordine.

Mi sembrerebbe utile che sulle proposte che fossero scelte per eventuali campagne nazionali fossero incaricati dei compagni ad elaborare, per ciascuno, un ragionamento politico, non si tratta solo di propagandare degli slogan, ma di fare opera di formazione e di cultura tra i cittadini.

L’assemblea di Napoli costituisce un passaggio importante e non semplice, una sorta di capo Horn, speriamo di riuscire a sfuggire alla furia del diavolo che è incatenato nel suo fondo, Una sua felice e positiva conclusione costituirà un buon viatico per la nuova formazione politica, altrimenti le difficoltà non saranno poche, ma la determinazione non verrà meno.

*militante di Sinistra e Libertà

Progetto “Amici dei Parchi”

Mercoledì 26 Agosto ore 10,00 Sede Area Marina Protetta di Porto Cesareo

Avvio per il Progetto “Amici dei Parchi” organizzato dal Consorzio di Gestione Area Marina Protetta Porto Cesareo, dal Comune di Nardò, in qualità di Soggetto Gestore del Parco Naturale Regionale “Porto selvaggio – Palude del Capitano” e dal Comune di Porto Cesareo in qualità di Soggetto Gestore della Riserva Naturale Orientata Regionale “Palude del Conte e duna costiera – Porto Cesareo” e cofinanziato dalla Provincia di Lecce. Sette volontari provenienti da tutto il territorio Nazionale dedicheranno 10 giorni alla sensibilizzazione dei fruitori delle tre Aree Protette, sperimenteranno il lavoro a stretto contatto con gli operatori dei Parchi, e faranno esperienza di escursioni a terra e a mare, immersioni subacquee, battute di pesca. Nel corso dell'incontro con i media verranno illustrati i dettagli delle attività.

Interverranno Rocco Durante Presidente Area Marina Protetta Porto Cesareo, Vito Foscarini Sindaco di Porto Cesareo, Antonio Vaglio Sindaco di Nardò o suo delegato, Antonio Gabellone Presidente della Provincia di Lecce o suo delegato