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lunedì 30 novembre 2009

Vendola al Pd: questo bimbo è il mio erede

CAMPI SALENTINA. «Il mio erede? Eccolo qui, è lui». Così Ni - chi Vendola, presidente della Regione Puglia alzando in aria il figlioletto dell’assessore alle Risorse agroalimentari, Dario Stefano, dietro le quinte della Città del Libro, prima di un incontro-dibattito preannunciato da giorni. L’erede, nell’immagine che il governatore ha voluto lasciare ad una ventina di testimoni, è la Puglia del futuro, la Puglia dei giovani, la Puglia dei puri.

È il day-after della riunione barese di sabato. Ad una platea di migliaia di persone che lo attende nell’Auditorium del Centro fieristico, il presidente Vendola non consegnerà le sue valutazioni su una maggioranza politica giunta al bivio. Le dichiarazioni sono solo per giornalisti e agenzie di stampa: «Una coalizione che non venga costruita sul programma è una coalizione che rischia di essere propedeutica a una nuova stagione di trasformismo. Noi, al sud, rischiamo di restare segnati dal gattopardismo, che ha divorato la credibilità della politica» afferma. Nichi Vendola scalda l’atmosfe - ra alla Città del Libro di Campi Salentina, solo prima di salire sul palco del convegno su «Sessant’an - ni dal Grande Fratello: da Orwell a Berlusconi, la metafora del potere », a cui ha partecipato insieme a Claudio Martelli, Luca Mastr antonio, Gianni Cuperlo, Mi - chele De Lucia e Angelo Mellone. E lo fa rispondendo alla presa di posizione dell’Assemblea regionale del Pd di due giorni fa segnata dalla presenza e dall’inter - vento di Massimo D’Alema: «O si va alle primarie o sono pronto a scendere in campo e candidarmi con una mia lista - ribadisce - c’è un popolo tumultuoso alle mie spalle che mi spinge fortemente. Ricevo quotidianamente centinaia di lettere da cittadini di qualunque età. Dai giovani alle vecchiette di 80 anni, con allegato di orecchiette fatte in casa, che mi chiedono di non mollare». Poi aggiunge: «Per me l’allargamento riguarda il territorio sociale, un patto con le nuove generazioni, un nuovo profilo programmatico. In quest’ottica ben venga il contributo anche di altri interlocutori all’interno del centrosinistra. Ma quello di cui abbiamo bisogno è innanzi tutto una bonifica morale». Vendola tiene a precisare che «la coalizione si trova davanti a due possibilità. La prima, sulla base di un giudizio positivo dell’ammini - strazione regionale, è la riconferma del presidente uscente. La seconda, in relazione a un allargamento su cui il presidente è d’ac - cordo, è decidere chi è il sovrano. «E il sovrano per me è la democrazia. Io sono - e quasi lo scandisce - - l’unico presidente della Regione Puglia che non è stato portato dalla cicogna dei partiti, ma è stato il frutto di un consenso venuto da un protagonista inatteso, il popolo. E lo dico a un partito come il Pd che ha deciso di fondarsi sulle primarie». Ma Vendola, comunque, non si sente tradito dal Pd, e ribadisce: «Sta facendo un suo percorso. Ma non creda che basti fare una coalizione, sommare partiti e nomi, per vincere». Nella sala, per lui, centinaia di manifestini in formato A/4: «Difendi la Puglia migliore, Nichi Vendola presidente 2010». Un tripudio svolazzante. Ma ben fermo, tra la folla, svetta un cartello bianco con scritta rossa: «O Nichi o niente».


http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_dallapuglia_NOTIZIA_01.php?IDNotizia=288922&IDCategoria=1#a_post_comments

Emiliano abbraccia l'amico Vendola: "Non ci divideranno".

BARI — Un abbraccio stret­to, volutamente prolungato e accompagnato da un bacio di Michele Emiliano a Nichi Ven­dola, per confermare il patto, ri­badito poi da un «Non ci divi­deranno». Anche in questi gior­ni, proprio in questi giorni in cui la lealtà di quel patto sem­bra essere messo a dura prova. «Un abbraccio, finalmente», co­me commenta qualcuno dei molti che assistono in corso Vit­torio Emanuele a Bari. Sabato scorso, in occasione della cerimonia per l’anniversario della morte del giovane co­munista Benedetto Petrone, ucciso dai fa­scisti in piazza Prefettura 32 anni fa, Ven­dola ed Emiliano si ritrovano vicini in una circostanza pubblica per la prima volta da quando la contesa per la nomination alla presidenza della Regione è esplosa. Ed è una prima volta davanti a una folla di per­sone che segue con apprensione e parteci­pazione il momento.

Il sindaco di Bari arriva per primo, inso­litamente puntuale. Vendola è sotto la tar­ga per Benny pochissimi minuti dopo. Emiliano si avvicina, per accoglierlo, e lo stringe in un abbraccio. «Non ci possono dividere, Nichi, non ci divideranno, noi sia­mo soldati», gli dice. Vendola non parla, emozionato o forse dubbioso, accoglie l’ab­braccio e lo ricambia. «Nichi è più pruden­te di me, si sa - dice a cerimonia conclusa il sindaco - ma, insomma, lo sa anche lui che io sto facendo tutto quello che è possi­bile per scongiurare una assurda guerra tra me e lui. Tutto, al punto che all’assem­blea di oggi pomeriggio (quella del Pd, te­nutasi ieri per chi legge) i nostri leader non sanno più che dire. Se Nichi si fosse fidato di me, se mi avesse sostenuto di più alle primarie per il Pd...». Che si fidi o no, ieri il governatore uscente ha replicato a D’Alema che aveva difeso il suo interessa­mento (la nomination per Emiliano) par­lando di un «appello» dalla Puglia a occu­parsi di una «situazione estremamente dif­ficile creata da Vendola». «Non so neanche se D’Alema voti in Puglia - replica Vendola -. Io l’appello lo faccio ai pugliesi: se la poli­tica non si fa prima col cuore e poi con la testa, si creano le condizioni per la sconfit­ta». Il popolo, dunque. «Che cos’è il centro­sinistra se non ha un popolo?».

Un popolo che Vendola sente compatto dietro di lui. E la stessa sensazione deve avere Emilia­no se con quel popolo, riunitosi in corso Vittorio Emanuele per la ceri­monia per Petrone e per la ma­nifestazione della Cgil, insiste a difendersi: non è certo lui a vo­ler tentare la scalata al palazzo del lungomare. Ma le persone che il sindaco incrocia per la strada qualche dubbio ce l’han­no. Non lo contestano, se non in pochissimi, ma gli chiedono conferme. Emiliano non si sot­trae, qualche fischio - isolato ­ non lo raggiunge. «No, i baresi non ce l’hanno con me», assicu­ra. «Michele non ci stai per fare questo?», gli chiedono però i tantissimi cit­tadini, militanti più o meno noti della sini­stra. «Non stai davvero per lasciare il Co­mune e tradire Nichi?». A tutti Emiliano ri­badisce quello che va dichiarando, sia pu­re con accenti più diplomatici, ai giornali: «No, non lo faccio». Ma allora perché quel «siamo soldati», sussurrato all’orecchio di Vendola? Una dichiarazione di resa di fron­te alle pressioni di chi decide davvero, non qui, non a Bari? «No, io intendevo che sia­mo guerrieri», rassicura ancora il sindaco di Bari. Ma c’è anche chi gli chiede una prova. E gli allunga l’adesivo con la scritta bianca su fondo rosso «Vendola presidente 2010», che in molti esibiscono sulle giac­che. Emiliano non esita: si appunta il suo per un attimo, ma rifiuta la testimonianza fotografica. «Sono anche un politico».

Adriana Logroscino

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/notizie/politica/2009/30-novembre-2009/emiliano-abbraccia-amico-vendola-non-ci-divideranno-mette-suo-adesivo-1602082124553.shtml

Rubbia: L'errore nucleare. Il futuro e' nel sole


Parla il Nobel per la Fisica: "Inutile insistere su una tecnologia che crea solo problemi e ha bisogno di troppo tempo per dare risultati". La strada da percorrere? "Quella del solare termodinamico. Spagna, Germania e Usa l'hanno capito. E noi..."

Come Scilla e Cariddi, sia il nucleare che i combustibili fossili rischiano di spedire sugli scogli la nave del nostro sviluppo. Per risolvere il problema dell'energia, secondo il premio Nobel Carlo Rubbia, bisogna rivoluzionare completamente la rotta. "In che modo? Tagliando il nodo gordiano e iniziando a guardare in una direzione diversa. Perché da un lato, con i combustibili fossili, abbiamo i problemi ambientali che minacciano di farci gran brutti scherzi. E dall'altro, se guardiamo al nucleare, ci accorgiamo che siamo di fronte alle stesse difficoltà irrisolte di un quarto di secolo fa. La strada promettente è piuttosto il solare, che sta crescendo al ritmo del 40% ogni anno nel mondo e dimostra di saper superare gli ostacoli tecnici che gli capitano davanti. Ovviamente non parlo dell'Italia. I paesi in cui si concentrano i progressi sono altri: Spagna, Cile, Messico, Cina, India Germania. Stati Uniti".

La vena di amarezza che ha nella voce Carlo Rubbia quando parla dell'Italia non è casuale. Gli studi di fisica al Cern di Ginevra e gli incarichi di consulenza in campo energetico in Spagna, Germania, presso Nazioni unite e Comunità europea lo hanno allontanato dal nostro paese. Ma in questi giorni il premio Nobel è a Roma, dove ha tenuto un'affollatissima conferenza su materia ed energia oscura nella mostra "Astri e Particelle", allestita al Palazzo delle Esposizioni da Infn, Inaf e Asi.

Un'esibizione scientifica che in un mese ha già raccolto 34mila visitatori. Accanto all'energia oscura che domina nell'universo, c'è l'energia che è sempre più carente sul nostro pianeta. Il governo italiano ha deciso di imboccare di nuovo la strada del nucleare.

Cosa ne pensa?
"Si sa dove costruire gli impianti? Come smaltire le scorie? Si è consapevoli del fatto che per realizzare una centrale occorrono almeno dieci anni? Ci si rende conto che quattro o otto centrali sono come una rondine in primavera e non risolvono il problema, perché la Francia per esempio va avanti con più di cinquanta impianti? E che gli stessi francesi stanno rivedendo i loro programmi sulla tecnologia delle centrali Epr, tanto che si preferisce ristrutturare i reattori vecchi piuttosto che costruirne di nuovi? Se non c'è risposta a queste domande, diventa difficile anche solo discutere del nucleare italiano".

Lei è il padre degli impianti a energia solare termodinamica. A Priolo, vicino Siracusa, c'è la prima centrale in via di realizzazione. Questa non è una buona notizia?
"Sì, ma non dimentichiamo che quella tecnologia, sviluppata quando ero alla guida dell'Enea, a Priolo sarà in grado di produrre 4 megawatt di energia, mentre la Spagna ha già in via di realizzazione impianti per 14mila megawatt e si è dimostrata capace di avviare una grossa centrale solare nell'arco di 18 mesi. Tutto questo mentre noi passiamo il tempo a ipotizzare reattori nucleari che avranno bisogno di un decennio di lavori. Dei passi avanti nel solare li sta muovendo anche l'amministrazione americana, insieme alle nazioni latino-americane, asiatiche, a Israele e molti paesi arabi. L'unico dubbio ormai non è se l'energia solare si svilupperà, ma se a vincere la gara saranno cinesi o statunitensi".

Anche per il solare non mancano i problemi. Basta che arrivi una nuvola...
"Non con il solare termodinamico, che è capace di accumulare l'energia raccolta durante le ore di sole. La soluzione di sali fusi utilizzata al posto della semplice acqua riesce infatti a raggiungere i 600 gradi e il calore viene rilasciato durante le ore di buio o di nuvole. In fondo, il successo dell'idroelettrico come unica vera fonte rinnovabile è dovuto al fatto che una diga ci permette di ammassare l'energia e regolarne il suo rilascio. Anche gli impianti solari termodinamici - a differenza di pale eoliche e pannelli fotovoltaici - sono in grado di risolvere il problema dell'accumulo".

La costruzione di grandi centrali solari nel deserto ha un futuro?
"Certo, i tedeschi hanno già iniziato a investire grandi capitali nel progetto Desertec. La difficoltà è che per muovere le turbine è necessaria molta acqua. Perfino le centrali nucleari in Europa durante l'estate hanno problemi. E nei paesi desertici reperire acqua a sufficienza è davvero un problema. Ecco perché in Spagna stiamo sviluppando nuovi impianti solari che funzionano come i motori a reazione degli aerei: riscaldando aria compressa. I jet sono ormai macchine affidabili e semplici da costruire. Così diventeranno anche le centrali solari del futuro, se ci sarà la volontà politica di farlo".

Tratto da: repubblica.it

Alex Zanotelli: ''acqua, Africa, sobrieta' e informazione''

«Dobbiamo vivere più sobriamente, per permettere la sopravvivenza delle generazioni future.
Dobbiamo fare informazione sui problemi ambientali e, in particolare, sul problema di fondamentale importanza del diritto universale all'acqua, che rischia seriamente di essere cancellato dalle politiche di privatizzazione». Invitato nei giorni scorsi a Montecchia di Crosara (Vr), il missionario comboniano ha ricordato che «il futuro dipenderà dall'Africa, dalla sua crescita demografica e dal suo sviluppo economico. Due ambiti che a loro volta saranno condizionati dalle scelte che gli altri continenti faranno nei suoi confronti».

Un mese fa, il 30 ottobre 2009, padre Alex Zanotelli è stato invitato a Montecchia di Crosara (Vr) per un incontro organizzato dalle associazioni missionarie e dall'Azione Cattolica della Val d'Alpone. Due i temi di attualità affrontati: il problema ambientale, a partire dalla situazione campana, e l'analisi di alcuni passaggi del recente Sinodo dei vescovi africani. Due questioni distinte ma con vari punti in comune. Vi proponiamo di seguito alcuni stralci delle riflessioni del missionario comboniano che, prima di intervenire sulle questioni africane e sulle prese di posizione dei vescovi durante il recente Sinodo , ha puntato la lente di ingrandimento sui problemi che attanagliano quotidianamente Napoli e la Campania. In particolare la gravissima situazione ambientale in cui versa la regione e le ripercussioni che tali problemi portano a galla a livello nazionale. «Ci stanno ammazzando» ha ammonito Zanotelli «perché si continua a seguire la sola legge del profitto, non pensando ai disastri che gli inquinamenti provocano e provocheranno».


I TRE PROBLEMI

Il religioso si è così soffermato su tre questioni annose che affliggono la regione in cui vive e lavora: «La Campania è da venti anni la discarica dei rifiuti tossici italiani, a causa della collusione tra camorra e industrie del Nord d'Italia» e «questo tipo di rifiuti a lungo andare produrranno nano particelle che a loro volta stanno provocando e provocheranno danni alla salute, in particolare a quella delle donne incinte e dei neonati, determinando l'insorgere di malformazioni e leucemie».

Padre Alex ha poi puntato il dito «sui rifiuti solidi urbani e industriali e sugli interessi convergenti di malavita e istituzioni, che pensano solo ad arricchirsi a spese della gente comune». In 15 anni i 10 commissari per l'emergenza rifiuti, di diversi partiti, che si sono succeduti non sono riusciti a risolvere il problema, anzi. Ed ha ricordato che «le cosiddette ecoballe non hanno niente di ecologico in sé, in quanto, in realtà, si tratta di rifiuti imballati, disposti da anni in file chilometriche sul territorio campano, il cui liquame sta entrando nel sottosuolo e nel ciclo alimentare». E nonostante ciò «le istituzioni stanno promuovendo la costruzione di inceneritori, non per il bene del territorio e della popolazione, ma solo perché permettono un guadagno maggiore rispetto, ad esempio, ai più sostenibili impianti di compostaggio: il decreto 90/2008 del governo Berlusconi ha disposto la creazione di 4 grandi inceneritori nella regione, anche se il bisogno reale potrebbe essere soddisfatto da un minor numero di strutture».

Il terzo grave problema su cui il missionario si è soffermato «è quello dell'amianto, che coinvolge anche altre regioni d'Italia: si è sempre saputo che le polveri di questo materiale uccidono, ma ancora oggi si fa fatica a riconoscerlo». E siamo tutti chiamati in causa: «Napoli è solo la punta dell'iceberg di un problema mondiale che sta portando tutto il pianeta alla deriva: il 20% della popolazione mondiale consuma l'83% delle risorse totali, togliendo così il necessario alla sopravvivenza del resto degli uomini e provocando anche gravi danni ambientali. I 2500 scienziati dell'IPPC (International Panel for Planet Changing) sono ormai certi che la temperatura media della Terra aumenterà di 2°C e stanno cercando la maniera che la porti ad arrestarsi a questo livello, affinché la situazione non degeneri ulteriormente» ha detto. Occhi puntati, dunque, sul Vertice mondiale sul clima che si terrà a Copenaghen nei prossimi giorni.

NOI E IL CONTINENTE AFRICANO

«L'Africa - ha poi ricordato l'ex direttore di «Nigrizia» ed attuale direttore responsabile di «Mosaico di Pace» - è il continente che produce la minor quantità di emissioni di gas serra, ma è quello che pagherà il conto più salato in termini di cambiamenti climatici». Le prospettive parlano infatti di una crescente desertificazione e di sempre più numerosi fenomeni di inondazione, «che provocheranno la fuga di 250 milioni di rifugiati "climatici"». Il continente africano è «la nostra madre violentata. L'Africa è stata per secoli violentata dal regime di schiavitù e dal colonialismo» ed oggi «è violentata dal sistema economico ultraliberista che soffoca i contadini». Ed ancora: «Sembra un paradosso, ma il problema dell'Africa è il suo ricco sottosuolo, che viene sfruttato dai paesi industrializzati senza reali ricadute economiche sulle popolazioni locali e creando nuove catastrofi ambientali. Ma questa tragedia ci travolgerà tutti, perché i rifugiati climatici emigreranno e cambieranno l'aspetto delle nazioni del Nord. È quindi nostro interesse comune aiutare questo continente».

IL CORAGGIO DEI VESCOVI AFRICANI

Sul Sinodo dei vescovi africani, che si è da poco concluso a Roma, padre Alex ha voluto analizzare alcuni interventi, sottolineando «la loro forza e lucidità nel leggere la realtà politica ed economica: l'assemblea dei Vescovi è stata durissima nel giudicare le multinazionali e i governi africani, fungendo da esempio per il clero italiano e occidentale, che spesso non è così incisivo nelle proprie analisi. I vescovi africani hanno anche ricevuto l'approvazione del Papa, in quanto hanno saputo trattare temi politici in maniera profondamente spirituale». Nello specifico, alcuni partecipanti al Sinodo hanno ricordato l'immensità del debito africano verso le altre nazioni (230 miliardi di dollari, accresciuti ogni anno da 23 miliardi di interessi), che impedisce lo sviluppo di questo continente. «Compito della Chiesa è, nella loro opinione, trovare nuovi modi di utilizzare la ricchezza pubblica, visto che i governi africani spesso operano solo in vista del proprio interesse, identificando lo Stato con il proprio partito».

Nel 2050 l'Africa raggiungerà i 2 miliardi di abitanti e perciò «servirà - ha spiegato - un aumento della produzione agricola, oggi impedito dalle nazioni industrializzate e dalle multinazionali, che continuano a comprare terreni vastissimi per la produzione di biocarburanti, sottraendo spazio all'agricoltura di sussistenza. Altro dovere della Chiesa africana è, perciò, suscitare una conversione ecologica, che permetta una rinascita dell'agricoltura africana». Padre Zanotelli ha più volte sottolineato lo «sguardo lucido dei vescovi africani sulle situazioni in cui la dignità umana è calpestata, che insegna a noi tutti un fondamentale compito del cristiano: diventare "voce dei senza voce"».

RESPONSABILITÁ

Dagli interventi emersi nel corso del Sinodo padre Alex ha ricavato degli spunti interessanti per l'Italia: «il nostro paese deve riconoscersi responsabile, insieme a tutto l'Occidente, delle povertà e dei conflitti del continente africano. Partendo dal cattivo passato coloniale in Libia ed Etiopia fino ad arrivare alla deriva neocolonialista, che ha provocato la guerra in Somalia e l'appoggio a vari regimi dittatoriali. E fino all'attuale legislazione razzista». Zanotelli si è detto «sconcertato da quest'ultima, in quanto porta al respingimento di tutti gli immigrati, anche dei rifugiati politici. In Africa ci sono 11 milioni di sfollati interni e 5 milioni di rifugiati fuori dalla propria nazione che si rivolgono alla mafia africana e italiana pur di sfuggire alla povertà. Le leggi sull'immigrazione, a partire dalla Turco-Napolitano, passando per la Bossi-Fini e arrivando alla Maroni, hanno man mano disconosciuto i diritti degli immigrati, causando la divisione della popolazione italiana tra persone e non-persone, principio dell'apartheid, e un crescendo di xenofobia e razzismo». Su questo argomento il comboniano ha invitato la Chiesa a farsi sentire, perché «il futuro dipenderà dalla convivenza civile delle varie popolazioni, visto che l'immigrazione non può essere arrestata».

Nel corso dell'intervento Zanotelli ha ricordato che «l'Italia destina attualmente solo lo 0,1% del PIL agli aiuti al Sud del mondo mediante la cooperazione italiana allo sviluppo», e che l'annunciato azzeramento del debito, promesso durante il Giubileo del 2000, è stato rispettato solo per metà. Inoltre la nostra è l'unica nazione che ha accettato di ospitare l'Africom, il comando militare americano per l'Africa, rifiutato da tutti gli stati africani e dalla Spagna e oggi collocato a Vicenza e a Napoli. L'ultima responsabilità italiana ricordata da Zanotelli è quella di «aver svenduto in Africa i propri prodotti agricoli, rendendo impossibile ai contadini africani la concorrenza, provocando così ulteriore povertà».

Da qui l'invito del missionario «a vivere più sobriamente, per permettere la sopravvivenza delle generazioni future, cambiando le proprie scelte quotidiane in vista del bene comune, facendo informazione sui problemi ambientali e, in particolare, sul problema di fondamentale importanza del diritto universale all'acqua , che rischia seriamente di essere cancellato dalle politiche di privatizzazione. Il futuro dipenderà dall'Africa, dalla sua crescita demografica e dal suo sviluppo economico. Due ambiti che a loro volta saranno condizionati dalle scelte che gli altri continenti faranno nei suoi confronti, direttamente nell'economia e indirettamente nella questione ambientale».

Ha collaborato nella redazione dell'articolo Tamara Zambon

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/22418/48/