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giovedì 3 settembre 2009

BANDA BASSOTTI - BARBONI



BARBONI

Vedo gente che
Veste di moda
Ogni giorno che vie'
Una nuova ne va
E li vedo scansarsi sull'autobus
Quando sale un barbone
O uno zingaro.
Sarà l'invidia?
O lo schifo
Per se stessi
- pensa il barbone -
"Che non siete più liberi
Di non avere
Una casa con letto
Per dormire
Lavorate voi
Schiavi dei soldi
Che non sentite la puzza
Della schiavitù
Con una carrozzella
Spingerò i miei guai
I cartoni e la vita
Lontani da voi
Che mangiate ogni giorno
E sapete il perchè
Ma chi ha¨ povero in canna
Non parla d'amore"
Chissà , vedremo mai
Il Popolo dell'Abisso
Alzarsi per levare il pugno e
Rovesciare i quartieri
E le città
Forse sarà il nostro
Ultimo sogno

Scandalo sanità Puglia: Al vaglio degli inquirenti sms affettuosi, quasi da innamorati e circa 50 telefonate partite da cellulari di servizio...

Sandro Frisullo(Castrignano dei Greci) ed Enzo Russo(Nardò): "Noi non c'entriamo"
Due degli ex assessori della Giunta Vendola, rompono il silenzio e dichiarano la propria estraneità allo scandalo a luci rosse che ha travolto la Regione nelle ultime ore.

"Non intendo partecipare al gioco dei distinguo, delle smentite e delle precisazioni, utili solo a favorire l'ulteriore diffusione del mio nome, dando fiato al venticello della calunnia e della diffamazione generalizzata. Ribadisco tuttavia di non aver mai commesso alcun reato, alcun illecito ed alcuna scorrettezza nel corso ed in occasione della mia attività istituzionale e che da ora in poi querelerò chiunque continueràad attribuirmi comportamenti che non ho mai posto in essere e che non appartengono alla mia storia ed alla mia esperienza politica". Con queste parole Sandro Frisullo, ex vicepresidente ed assessore della Regione Puglia (Pd) ha commentato i fatti che hanno travolto nuovamente nello scandalo Via Capruzzi. Da intercettazioni telefoniche esaminate dalla Procura di Bari nel corso di una precedente inchiesta sugli appalti nel settore della sanità, nelle scorse ore è infatti emerso altro materiale scottante: la richiesta di prestazioni sessuali ad una giovane avvocatessa in cambio di incarichi di consulenza a più zeri (si è parlato di almeno 50mila euro) in Regione. Nell'affaire sarebbero coinvolti due dei cinque ex assessori estromessi nelle scorse settimane dalla Giunta da parte del presidente Nichi Vendola. Due, dunque, tra Marco Barbieri, Massimo Ostillio, Domenico Lomelo, Sandro Frisullo ed Enzo Russo. Anche quest'ultimo è intervenuto a commento dell'accaduto con dichiarazioni simili a quelle del collega di partito. "La diffusione della notizia circa un possibile coinvolgimento di due ex assessori della Giunta Vendola in una nuova indagine della Procura di Bari sta creando sospetti sulla moralità e correttezza della mia persona – ha dichiarato -. Nel ribadire la completa estraneità del sottoscritto ai fatti in questione, non mancherò di valutare con i miei legali le azioni da intraprendere a tutela della mia persona e della mia dignità".
Intanto si fanno più precise le informazioni circa i contenuti degli sms tra uno dei due assessori e la 28enne: pare avessero tono affettuoso, quasi da innamorati. Ma al vaglio degli inquirenti non ci sono solo i messaggi telefonici, bensì anche le circa 50 telefonate partite da cellulari di servizio a disposizione dei politici, i viaggi in auto blu per raggiungere uno dei nove appartamenti baresi messi a disposizione dall'imprenditore Giampiero Tarantini per gli incontri. Nel sexy gate pugliese, inoltre, non sarebbe coinvolta solo l'avvocatessa salentina ma anche altre donne, tra cui mamme disoccupate alla disperata ricerca di lavoro.

El Salvador “Assassinato fotoreporter francese Christian Poveda”


Ucciso in Salvador il fotoreporter e cineasta francese Christian Poveda. Lo ha reso noto la polizia di San Salvador. Il giornalista 54enne aveva da poco realizzato un documentario sulla guerra tra le «maras», le feroci gang dedite al traffico di droga e alle estorsioni che infestano il Salvador e altri Paesi dell’America centrale.
Poveda viveva nel Salvador e aveva recentemente realizzato La vida loca, un documentario sulla vita dei membri della mara. Il lavoro di Poveda aveva avuto molto rilievo tra gli organi d’informazione del Salvador. Il documentario, che mostra la vita delle maras, è anche molto critico con la polizia locale che agisce pesantemente contro le gang. L’ultima sua visita in Italia, lo scorso 29 Maggio, è stata in occasione di ArtèFoto a Castelbellino (AN) al Teatro Beniamino Gigli, dove “La Vida Loca” in anteprima nazionale aprì la manifestazione fotografica.

da Reset-Italia

Cile, arrestati 129 killer della Dina

Quasi 20 anni dopo la fine (almeno la fine ufficiale) dell'era-Pinochet, in Cile è in corso la più massiccia operazione contro killer e torturatori accusati di infami abusi contro l'umanità in alcune delle più clamorose «operazioni» orchestrate dalla polizia segreta pinochettista - la Dina -, che hanno fatto la storia degli orrori del regime e ancora gridano non vendetta ma giustizia. Martedì il giudice Victor Montiglio ha ordinato a Santiago l'arresto di 129 ex-ufficiali e agenti della Dina. Alcuni sono nomi noti per essere stati già processati e in qualche caso condannati. Primo fra tutti il famigerato capo della polizia segreta, che dal '77 cambiò nome e da Dina divenne Cni, il colonnello Manuel Contreras, all'ergastolo. Ma una sessantina sono nomi nuovi, gente che era finora sfuggita alla rete della giustizia. La Dina-Cni prendeva i «migliori» elementi da tutte le branche delle forze armate e di polizia, perché tutti volevano partecipare all'estirpazione «del cancro marxista» incarnato dall'Unidad popular di Salvador Allende e perché nessuno potesse - un domani che è arrivato oggi - chiamarsi fuori e dire io non c'entro. Dei 129 ex della Dina, 50 sono ex dell'esercito e gli altri ex di aviazione, marina, carabineros e polizia investigativa.
Pinochet, per quanto timidamente perseguito per i suoi crimini e le sue ruberie (alcune delle quali, sotto forma di milioni di dollari depositati all'estero, continuano a uscir fuori ancora adesso) è riuscito a farla franca e a morire, nel 2006, senza aver dovuto rendere i conti con la giustizia - come del resto gli altri generali felloni dell'11 settembre '73: l'ammiraglio Toribio Merino, il generale dell'aviazione Gustavo Leigh e quello dei carabineros Cesar Mendoza i cui calchi sono incredibilmente ma non troppo (sempre si tratta del Cile...) esposti in un museo di Santiago dedicato dalla Fondazione Pinochet alle memorabilia del regime. I suoi accoliti hanno avuto meno fortuna e, sotto la spinta dei familiari delle vittime e di qualche (raro) giudice coraggioso, hanno cominciato a dover rispondere dei crimini e a pagare, tardivamente, qualche conto in sospeso.
I casi per cui Montiglio - che fu uno di quelli che mise Pinochet agli arresti domiciliari - ha emesso gli ordini di arresto sono fra i più clamorosi e scandalosi della lunga lista delle nefandezze della dittatura. Si riferiscono agli anni '74, '75 e '76, quelli in cui la repressione fu più selvaggia e metodica. L' Operazione Condor nacque proprio a Santiago il 28 novembre '75, con Contreras a fare gli onori di casa, e fu una sorta di Internazionale del terrore fra i militari gorilla di Cile, Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Paraguay (con il placet dell'amministrazione Nixon-Kissinger) per dare la caccia «ai sovversivi» nei rispettivi paesi e ovunque si trovassero. La Operazione Colombo fu una grottesca montatura che doveva coprire lo sterminio, fra il 74 e il '75, di 119 oppositori di sinistra cercando di far credere che i «detenidos desaparecidos» di cui parlava l'opposizione cilena e il mondo esterno erano una favola «del marxismo internazionale»: grazie ai «reportage» di due giornali inesistenti - una rivista argentina chiamata Lea e un giornale brasiliano chiamato O dia de Curitiba - si scrisse che quei 119 assassinati a sangue freddo in Cile erano morti in «regolamenti di conti» fra la sinistra cilena mentre cercavano di rientrare e scatenare la lotta armata. Il terzo caso è quello conosciuto come «calle Conferencia», dal nome della strada di Santiago in cui la Dina operò i primi arresti dei dirigenti del Pc cileno rimasti in patria dopo l'11 settembre: fra il maggio e il novembre-dicembre '76, le «brigate operative» della polizia segreta catturarono al completo la prima e la seconda direzione clandestina del Partito comunista. Nessuno ne uscì vivo.
Tutte operazioni a cui parteciparono in prima persona i 129 accusati. Che ieri hanno cominciato a essere arrestati. Finalmente un po' di giustizia. Ma (troppo) lenta e (troppo) parziale. Con troppi compromessi e cedimenti da parte del regime democratico. Proprio ieri il comandante in capo dell'esercito, generale Oscar Izurieta, doveva andare in senato a spiegare il caso - rivelato dal quotidiano La Nacion - di 13 ex militari sotto processo o condannati per crimini contro i diritti umani, dimessi dalle forze armate e... dalle forze armate riassunti come «impiegati civili». Uno di loro, Sergio Castillo Gonzalez, è nella lista dei 129 di Montiglio. Il generale Izuerieta ieri ha «sospeso» la visita in senato.

da IlManifesto

"Andrini mi massacrò. Alemanno ci ripensi" ·

"Andrini mi massacrò. Alemanno ci ripensi"
Bufera sul nuovo ad all´Ama. Parla una vittima dell´aggressione nell´89: "Quell´uomo mi ridusse in fin di vita". Il Pd chiede chiarimenti sui criteri seguiti nel 2008 nella sua assunzione come funzionario
di Paolo G.Brera

Quasi 48 ore dopo averlo nominato Ad di Ama Servizi ambientali, la stessa Ama ha finalmente divulgato il curriculum di Stefano Andrini, il 39enne con un imbarazzante passato da estremista di destra che risponderà della raccolta rifiuti in 40 comuni del Lazio. L´eventuale titolo di studio è ignoto, ma è stato amministratore di una ditta sconosciuta (Ikonaut software AB), collaboratore di un paio di sindacati (il patronato dell´Ugl Enas, Fast-Confsal) e di un progetto per Fit-Cisl.

Poi, finalmente, «esperto - non si specifica di cosa - della presidenza del Consiglio presso il ministero degli Italiani nel mondo» all´epoca in cui ministro era Mirko Tremaglia, al quale era politicamente legato. A ottobre del 2008, infine, lo ha assunto all´Ama l´ad Franco Panzironi per chiamata diretta, dove pare si sia grandemente distinto.

Poco convincente, per il Pd: «Un´azienda pubblica deve seguire procedure di selezione trasparenti, e il curriculum non indica competenze e professionalità per giustificare un´assunzione diretta», attacca Pino Battaglia. Ma non è l´unico ad avere perplessità.

Anche Andrea Sesti è comprensibilmente amareggiato per la nomina di uno dei condannati a 4 anni e 8 mesi per il suo tentato omicidio: «Ma com´è possibile che Stefano Andrini sia stato scelto per amministrare una delle più importanti aziende municipalizzate di Roma? Quell´uomo mi ha ridotto in fin di vita!». Era il 1989, le sprangate di un gruppo di naziskin davanti al Capranica fracassarono la scatola cranica sua e di un suo amico, due ragazzi di sinistra. Sesti aveva 22 anni; Andrini e il fratello Germano, entrambi condannati per quell´aggressione, ne avevano 18. È passato tanto tempo. Venti anni: «Ho pagato il mio debito con la giustizia e sono stato completamente riabilitato», ha detto Andrini prima di trincerarsi nel silenzio. Andrea Sesti invece parla volentieri: «Sono indignato. Sono irritato, arrabbiato e imbestialito: ha rovinato una parte della mia esistenza e ora si vede premiato con un posto pubblico di altissima responsabilità».


«Quella notte - ricorda - ci sono saltati addosso a sangue freddo, e uno di loro mi ha colpito da dietro con una spranga di ferro. Andrini era lì, ha picchiato ed è stato condannato. L´ultima immagine che ho di lui è in mezzo a quella rissa. Non mi ha mai chiesto scusa, non ha mai fatto un gesto di pentimento per me e quell´altro ragazzo, anche se ci avevano quasi ucciso: anzi, è fuggito all´estero. La sua nomina è scandalosa e deve essere ritirata, è assurdo che un personaggio del genere possa ottenere un simile prestigioso incarico pubblico». I fratelli Amilcare e Mario se lo ricordano ancora «col cranio fracassato da un tubo Innocenti. Ha subito due operazioni, ha trascorso un anno senza riuscire a parlare, e ancora oggi deve assumere farmaci per gli effetti di quell´aggressione. Lo hanno aggredito con una ferocia spaventosa, ma tutto questo sembra costituire un titolo».

L´Ama ribadisce che la nomina «è dovuta esclusivamente alle qualità professionali evidenziate dalla sua assunzione in azienda, e al suo precedente curriculum lavorativo». La polemica politica è voltata alta tutto il giorno, tra accuse ad Alemanno per l´ennesima retromarcia e per aver «riciclato ex estremisti», e le repliche di «pretestuosità» dal Pdl.

da Antifa

Intercettazione Tra Berlusconi e Dell'Utri parlano della bomba messa da Vittorio Mangano.

Intercettazione telefonica tra Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, fatta dalla polizia, con TRASCRIZIONE della telefonata . Tratto da "Sua Maestà Silvio Berlusconi", il documentario francese sul Cavaliere.

http://www.youtube.com/watch?v=G-kpAJ35On0
Ecco la telefonata intercettata dalla Polizia, nella quale Berlusconi e Dell'Utri parlano della bomba messa da Vittorio Mangano.

Ecco la trascrizione:

Silvio:Pronto?

Marcello: Pronto.

Silvio: Marcello!

Marcello: Eccomi!

Silvio: Allora, è Vittorio Mangano.

Marcello: Eh!

Silvio: ...che succede se ha messo la bomba.

Marcello: Non mi dire!

Silvio: Sì.

Marcello: E come si sa?

Silvio: E... da una serie di deduzioni, per il rispetto che si deve all'intelligenza.

Marcello: Ah, è fuori?

Silvio: Sì, è fuori [fuori dal carcere, in libertà].

Marcello: Ah, non lo sapevo neanche.

Silvio: Sì; questa cosa qui, da come l'ho vista fatta con un chilo di polvere nera, una cosa rozzissima, ma fatta con molto rispetto, quasi con affetto... è stata fatta soltanto verso il lato esterno. Secondo me, come un altro manderebbe una lettera o farebbe una telefonata, lui ha messo una bomba.

Marcello: Alla Mangano, sì sì.

Silvio: Un chilo di polvere nera, cioè proprio il minimo...

Marcello: Sì, sì, cioè proprio come dire mi faccio sentire, sono qui presente.

Silvio: Sì. Uno: "ma è arrivata una raccomandata, caro dottore?" Lui ha messo una bomba.

(risate)

Marcello: Lui non sa scrivere!

(risate)

Silvio: Su con la vita!

Silvio: (...) la verità ai carabinieri gli ho detto, (...) telefonata, io trenta milioni glieli davo. Scandalizzatissimi. "Come trenta milioni?! Come?! Lei non glieli deve dare, noi l'arrestiamo!" Gli dico: "Ma nooo, su', per trenta milioni!" Poi mi hanno circondato la villa, no? (...) sera siamo usciti, io ([e fedele?]) dalla macchina, paurosissimi (...)

Marcello: Ormai non sei uscito più.

Silvio: Poi casomai vediamo.

Marcello: Va be', sentiremo

berlusconi dell'utri telefonata intercettazione polizia bomba mangano

da Indymedia

Tuttora impuniti i fascisti italiani al soldo di Pinochet

L'operazione Condor

Grazie sia alla decisione di Clinton di mettere fine nel novembre del 2000 al segreto di Stato sui documenti, soprattutto Cia e Fbi, riguardanti il Cile, che all'azione di alcuni magistrati argentini che stanno ancora indagando sull'assassinio del generale cileno Carlos Prats (fuggito in Argentina dopo essersi opposto al colpo di Stato di Pinochet) e di sua moglie, avvenuto a Buenos Aires il 30 settembre 1974, molti nuovi elementi stanno emergendo. In particolare sul ruolo svolto, negli anni '70, da gruppi di neofascisti italiani arruolati come sicari e torturatori dalle peggiori dittature sudamericane. Per inquadrare meglio il contesto è indispensabile soffermarci sulla cosiddetta "operazione Condor".
Terrore pianificato

Con questo nome era definito il piano di repressione ed eliminazione fisica degli oppositori politici comunemente progettato dalle dittature latino-americane negli anni '70 e '80. Un'operazione su vasta scala, finanziata e protetta dagli Stati Uniti, su cui è stata ormai acquisita qualche tonnellata di documenti d'archivio. Le forze armate del cosiddetto "cono-sud" (Argentina, Brasile, Paraguay, Bolivia e Uruguay) organizzarono, infatti, nel quadro di accordi fra eserciti americani e servizi segreti militari, fin dai primi anni '70, una gigantesca struttura di controllo continentale dei "sovversivi" di ogni paese per poi colpirli, con tutti i mezzi, spesso attraverso i cosiddetti "squadroni della morte" allestiti dalle stesse forze armate. Dopo il colpo di Stato dell'11 settembre 1973 anche il Cile entrò a pieno titolo nel piano. Il generale Pinochet dette poteri assoluti al colonnello Manuel Contreras ai vertici della Dina, il servizio segreto cileno, appositamente modellato per "estirpare il cancro comunista".

Nasce così l'"operazione Condor", volta alla soppressione degli oppositori, dai militanti di sinistra ai sindacalisti, dai religiosi ai giornalisti e agli uomini di cultura. Il tutto nel quadro di una spaventosa repressione che conterà alla fine 50 mila assassinii, 35 mila persone scomparse, 40 mila prigionieri. Per alcune operazioni fuori dal Cile la Dina allestirà anche una sezione "estera" affidando, come vedremo, compiti esecutivi soprattutto a terroristi di estrema destra italiani.
Agli ordini dei militari

Oggi è possibile, seppur parzialmente, ricostruire la storia di questa sezione riprendendo, da un lato, le carte di alcuni processi tenutisi anni fa a Roma per il tentato omicidio dell'esule cileno Bernardo Leighton e di sua moglie, avvenuto il 6 ottobre 1975, ma soprattutto leggendo alcuni recenti interrogatori svolti dal gip Guido Salvini, su delega (a seguito di rogatoria) di Maria Servini De Cubria, magistrato argentino che indagando sull'omicidio nel 1974 a Buenos Aires del generale Carlos Prats, ha tra l'altro incolpato come mandante Augusto Pinochet, ed avanzato al Cile una formale richiesta di estradizione.

Tra il maggio ed il luglio scorsi il dottor Salvini ha raccolto le deposizioni di diversi ex-terroristi di destra, tra gli altri di Vincenzo Vinciguerra e Pierluigi Concutelli. E' in particolare dalle parole di Vinciguerra, sentito il 22 maggio 2002 nel carcere di Opera, che abbiamo la conferma testimoniale, già emersa nei documenti statunitensi declassificati, delle attività dei neofascisti italiani, soprattutto di Avanguardia Nazionale, arruolata in quanto tale dalla Dina cilena.

«Nel 1974 il principe Junio Valerio Borghese si recò in Cile e si incontrò con il generale Pinochet nell'ambito della comune strategia anticomunista. Ciò mi fu detto da Delle Chiaie il quale, nell'occasione, fu presentato a Pinochet dallo stesso Borghese. Il generale Pinochet passò la prosecuzione dei contatti con Delle Chiaie al responsabile della Dina, il colonnello Manuel Contreras». Così, secondo Vincenzo Vinciguerra, nacquero i primi rapporti ufficiali tra gli "avanguardisti" ed i massimi esponenti della dittatura cilena. Delle Chiaie e Pinochet si incontreranno in seguito anche altre volte, tra l'altro ai funerali di Franco in Spagna nel 1975, come risulta da documenti Fbi e dagli interrogatori di Piero Carmassi (altro esponente di An e guardaspalle di Delle Chiaie) e di Pierluigi Concutelli resi al giudice Salvini.

«Mi trattenni in Cile - ha proseguito Vinciguerra - dal giugno 1977 al maggio 1978... In Cile abitai con altri italiani, quasi tutti latitanti, nella villetta vicino ad Avenida de los dos Leones... Tuttavia potevamo anche frequentare un ufficio messo a nostra disposizione dalla Dina in Avenida Portugal... Le persone che abitavano in Avenida de los dos Leones... sono state talvolta in momenti diversi, oltre a me, Stefano Delle Chiaie, Maurizio Giorgi, Augusto Cauchi e un francese di nome Jean (identificabile in Jean Helmer che ha lavorato anche per il servizio segreto uruguaiano ndr)... Quando io sono arrivato Sandro Saccucci era andato via da quella villetta da alcuni giorni... Augusto Cauchi era impiegato presso la Dina nel reparto computer cioè la Brigata Informatica... Non ho conosciuto personalmente Manuel Contreras, posso tuttavia dire che Delle Chiaie partecipava alle riunioni con lui come se fosse anch'egli un ufficiale della Dina a tutti gli effetti».

Michael Townley, un cileno-americano agente della Dina, autore per sua stessa ammissione della bomba che nel 1976 fece scoppiare a Washington, a pochi isolati dalla Casa Bianca, l'auto su cui viaggiavano l'ex-ambasciatore cileno Orlando Letelier e la sua segretaria, svolse in questo quadro, a detta di tutti, funzioni da intermediario con i neofascisti di Avanguardia Nazionale, spostandosi a Roma nel luglio del 1975 per preparare l'attentato a Bernardo Leighton.
Spietati killer

Numerose furono le "operazioni" che videro i neofascisti italiani nella veste di killer per conto delle dittature sudamericane, dei franchisti spagnoli e della Dina.

Stefano Delle Chiaie operò nel 1974 in Costa Rica contro la guerriglia comunista, altri di An intervennero a più riprese in Spagna contro l'Eta, sia per assassinare loro dirigenti che per imbastire provocazioni (Augusto Cauchi si rese tra l'altro protagonista del rapimento e dell'omicidio di un industriale cercando di far ricadere le colpe sui nazionalisti baschi). Stefano Delle Chiae, Augusto Cauchi, Piero Carmassi, Mario Ricci, Giuseppe Calzona e Carlo Cicuttini il 9 maggio 1976 parteciparono in Spagna, insieme ad altri neofascisti, all'assassinio a colpi di pistola di due giovani democratici a Montejurra nel corso di una manifestazione organizzata dal partito Carlista. Nessuno in Spagna ne rispose anche se, su questa vicenda, fu addirittura pubblicato un servizio fotografico con le immagini degli aggressori in azione.

Ma è il tentato assassinio di Bernardo Leighton (l'ex-vice presidente del Cile) e di sua moglie, a Roma il 6 ottobre 1975 (rimasero entrambi gravemente feriti), che vedrà tutta An, con il contributo di elementi di Ordine Nuovo, realizzare l'attentato mettendo a disposizione i propri uomini e le proprie sedi. Lo stesso Concutelli dirà a Salvini il 17 maggio 2002 che l'assassinio era stato «organizzato da Pinochet. Lo seppi da Delle Chiaie che affermava che Pinochet si stava "togliendo i sassolini dalle scarpe"».

Nel processo, tenutosi a Roma nel 1987, Delle Chiaie e Concutelli furono assolti per insufficienza di prove. Qualche anno dopo per gli stessi fatti, sempre davanti alla Corte d'Assise di Roma, Michael Townley venne condannato a 15 anni. Nel 1995, Manuel Contreras (il capo supremo della Dina) e Neumann Iturriaga (capo della sezione estera della Dina) furono invece condannati rispettivamente a 20 e 18 anni di carcere. Ora, seppur a distanza di tempo, dopo gli interrogatori del giudice Salvini, il quadro si è completato.
Dopo tanti anni

Mentre Pinochet viene in Cile ritenuto dalla Corte Suprema non più in grado, per "instabilità mentale", di essere processato, Michael Townely ha invece assunto in Usa lo status di "testimone protetto", dopo aver confessato l'assassinio di Orlando Letelier.

Sandro Saccucci vive a Cordoba in Argentina e fa ritorno in Italia per brevissimi periodi, Augusto Cauchi, indicato in un appunto sequestrato allo stesso Delle Chiaie come uno degli autori della strage dell'Italicus (4 agosto 1974, 12 morti), è rientrato in Italia solo nel dicembre 2001, dopo una latitanza di 17 anni, per poi ritrasferirsi subito in Argentina dove dirige una ditta di import-export. Piero Carmassi vive a Massa mentre Carlo Cicuttini è in carcere in Italia dal 2000 per scontare una condanna all'ergastolo per la strage di tre carabinieri a Peteano (31 maggio 1972). Altri sono morti, come Pierluigi Pagliai, a causa delle ferite riportate nel corso del suo arresto in Bolivia nel 1982, dove insieme a Delle Chiaie e al "macellaio di Lione", il criminale nazista Klaus Barbie, addestrava strutture paramilitari e trafficava in coca.

Stefano Delle Chiaie, dopo 17 anni di latitanza ed essere "miracolosamente" passato indenne in tutti i processi che lo hanno visto sul banco degli imputati, ispira da dietro le quinte il Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, gestisce l'agenzia di stampa "Publicondor" (un nome non certo scelto a caso) e si occupa di alcune trasmissioni in una rete televisiva privata a Lametia Terme.

Il tempo è passato e questi sono solo alcune dei nomi dell'"Internazionale nera" che in più di un continente ha lasciato dietro di sè il segno di indicibili crimini.

di Saverio Ferrari da Indymedia

BOLOGNA - Quale futuro per il Lazzaretto Autogestito ???


Ha avuto luogo ieri mattina un incontro tra l’assessore all'Associazionismo, Volontariato e Anziani Luisa Lazzaroni e i rappresentanti del Centro Sociale “Lazzaretto Autogestito”.
L’incontro aveva lo scopo di individuare una soluzione al problema relativo alla sede del centro sociale. L’area che la ospita infatti, rientra nel progetto di riqualificazione urbana della zona Lazzaretto Bertalia, un progetto che prevede la costruzione di un nuovo quartiere della superficie di 45 mila mq.
La struttura dovrà essere demolita dopo l’alienazione prevista entro il 31 dicembre 2009.
A tutt’oggi non è stata individuata nessuna soluzione alternativa che consenta all’esperienza del Lazzaretto di continuare ad esistere.
Il centro sociale rappresenta una delle realtà di aggregazione giovanile più attive in città, ben 103 concerti negli ultimi 11 mesi e tutti interamente auto-gestiti e auto-finanziati, oltre a numerosi laboratori di musica e teatro, proiezioni e mostre.
L’assessore Lazzaroni dopo avere espresso vivo apprezzamento per le attività svolte all’interno del centro sociale ha dichiarato di non voler ricorrere allo sgombero coatto dello spazio, e promesso che si adopererà per individuare al più presto una nuova sede.
Il Lazzaretto ha comunque già avviato la mobilitazione e ripreso la programmazione culturale con un fitto calendario di eventi.
Sono state già raccolte in solidarietà e in pochi giorni di tempo più di mille firme.
Oltre alla raccolta di firme e alla raccolta di attestati di solidarietà da parte del mondo associazionistico bolognese sono previsti presidi informativi in vari punti della città.
Il Lazzaretto ha sempre dichiarato di essere disponibile a trasferirsi altrove, purchè in un luogo adatto alle proprie attività ma non è disposto a rinunciare alla gestione di una sede. In caso questa non venga individuata si opporrà allo sgombero e difenderà lo spazio che occupa dal 1996.
Un prossimo incontro è previsto per il 15 settembre e ci auguriamo che per quella data il Comune possa avanzare proposte concrete a una realtà che, assieme agli altri centri sociali bolognesi, è diventata un punto di riferimento culturale e sociale per il territorio.
Bologna offre ormai pochissimo sul piano delle proposte culturali e aggregative a basso costo, penalizzando soprattutto le fasce giovanili studentesche e non che vengono colpite dalla precarietà sociale.

LAZZARETTO AUTOGESTITO

lazzaretto@gmail.com
http://www.lazzaretto.org/
cell: 3477925632

da Indymedia

Scuola: c'è voglia di lotta!

L'anno scolastico non è ancora partito ma le prime avvisaglie sembrano dirla già lunga su quale potrebbe essere il clima di quest'autunno sui (e fuori dai) banchi, nelle aule (occupate!) della scuola dell'obbligo, sui tetti di edifici spesso cadenti e forieri di tragedie (Rivoli non dimentica!).

Hanno iniziato al Sud, e con un certo stile : a Salerno un gruppo di precari ha occupato la sede dell'Ufficio scolastico provinciale, salendo sui tetti dell'Istituto. A ruota hanno seguito Trapani e Palermo, dove il presidio è diventato permanente con due tecnici (personale Ata) in sciopero della fame. A Benevento sono sul tetto da qualche giorno, imitando le gesta degli operai della Innse e per sabato è previsto un corteo convocato dal Comitato Insegnanti Precari. A Milano si sono incatenati a tempo illimitato di fronte al Provveditorato. A Torino hanno esordito -molto moderatamente in verità - con un presidio unitario (confederale, Rdb, Manifesto dei 500) davanti al Miur.

Le ragioni sono chiare e sotto gli occhi di tutt*: l'applicazione pedissequa della riforma Gelmini che quest'anno dovrebbe toccare la scuola primaria e secondaria. Un programma che non prevede nient'altro che tagli e sforbiciate dure a insegnanti e tecnici derubricati a mero costo di gestione "superfluo": quasi 60.000 in un solo anno sommando le due categorie...

Cifre di una guerra che ovviamente viene percepita con più ansia ed anticipo al Sud dove, nonostante un costo della vita inferiore, quello dell'impiego statale nella Scuola (spesso già ultra-precario) diventa l'ancora di sopravvivenza di una famiglia intera (a volte mantenendo anche 2 generazioni).


Lo scorso anno la mobilitazione del sistema-formazione, partendo dalle materne, consci del nodo inestricabile che ormai tiene insieme Formazione con i più ampi e complessivi tempi della riproduzione sociale generale, genitori e maestre avevano acceso la scintilla. Nel giro di un mese e mezzo, più eclatante e politicamente più esplicita, la protesta toccava le università di tutto il paese, legando la crisi di un'istituzione ormai vecchia e incapace di risposte con la crisi economica generale che sta investendo l'intero sistema-mondo capitalista.

Nei primi cortei dell'autunno passato s'intuiva anche - ben più potente di tante declamazioni ideologiche e umanitarie - l'antitodo reale, perché sedimentato in una società già -di fatto- meticcia, ai razzismi provenienti dal ventre molle (ma aizzati dall'alto) di una società che si scopre fragile e molto insicura.

Ce ne sarebbe ancora bisogno - eccome - di una ripresa della conflittualità, dal basso verso l'alto, per ri-bilanciare l'ago dei bisogni e delle inimicizie reali...
L'estate appena passata non è del resto stata parca di indicazioni e consigli: la vicenda d'inizio estate dell'Onda ha mostrato quanto sia nudo il potere governamentale di una classe politica unita dal disprezzo per i non più rappresentabili. La (parziale) vittoria dell'Innse ci ricorda invece come e perché il vecchio slogan - la lotta paga! - sia sempre veritiero e operante, perché produttore di realtà e conseguenze (in quant* sono salit* sui tetti nelle ultime settimane ..?). I/Le migrant* ospiti dei vari Cie disseminati sul territorio nazionale hanno ripreso l'iniziativa, ribadendo in prima istanza l'indisponibilità ad essere cancellati come soggetti portatrici d'istanze e bisogni.

L'autunno che si apre non sarà del resto avaro di occasioni: il macello-in-atto della scuola pubblica potrebbe ri-accendere fuochi che covano silenziosi mentre moltissime fabbriche vedrannos cadere i termini delle casse inregrazioni di vario ordine e grado.

Ancora una volta, è tempo di rimboccarsi le maniche!

da Infoaut

Chiediamo alla stampa di tutto il mondo presente a Venezia di farsi portavoce della nostra battaglia di libertà e di civiltà

tagli, l’appiattimento culturale, l’emarginazione, la repressione limitano le nostre libertà e sono spesso non documentate dai giornali asserviti al Governo; con questa impresa “geniale” di cancellazione delle nostre capacità creative e dei nostri mestieri, il Governo riesce ad ipnotizzare l’opinione pubblica. Ascoltateci. Le politiche del governo italiano nel campo della conoscenza sono sempre più orientate verso la privatizzazione dei saperi e la mercificazione della cultura. Il mondo della creatività e della produzione culturale e artistica: Cinema, Teatro, Musica, Danza, Arti Visive, Letteratura e Televisione è direttamente colpito non solo dai tagli economici ma anche dalla mancanza di leggi di sistema.
Noi esigiamo leggi che siano garanzia di autonomia, libertà artistica e di espressione, di pluralismo produttivo e culturale che garantiscano reali tutele e diritti per i lavoratori del settore; leggi che riconoscano senza se e senza ma la funzione della trasmissione culturale e il valore della creatività in una società come quella italiana.
Noi chiediamo alla stampa di tutto il mondo presente a Venezia di farsi portavoce della nostra battaglia di libertà e di civiltà, contro tutti i processi di dispersione di professioni difficilmente riproducibili, contro la banalizzazione e l’involgarimento dei valori che sono in corso nel nostro Paese.
L’investimento pubblico in cultura è essenziale: è arcinoto che l’Italia è agli ultimi posti tra i Paesi Europei con meno dello 0,3 del Pil. È importante sapere che se la Gran Bretagna investe per il cinema 277 milioni di sterline e la Francia ha elevato il proprio sostegno all’industria audiovisiva a 513 milioni e 620 mila euro, l’Italia ha destinato quest’anno all’attività cinematografica soltanto 69 milioni di euro.
Non è retorica ricordare che gran parte dei 250.000 lavoratori dello spettacolo sono già occasionali, privi di tutele e diritti, e quindi invisibili.
Non è retorica asserire che un Paese privato di cultura, ricerca, conoscenza e arte è un Paese senza
futuro.
Gli autori di cinema, di teatro e di televisione, gli attori, i musicisti, i danzatori, gli scrittori, gli agenti, i critici e giornalisti cinematografici, tutti i lavoratori dello spettacolo, dell’arte visiva, della cultura,della ricerca e dell’informazione

Aderiscono
AFIC - Ass. Festival Italiani Cinematografici ≈ AIAM - Ass. Italiana Attività Musicali ≈ AIARSE - Ass. Aiuto Registi e
Segretarai d'Edizione ≈ AIC - Ass. Italiana Direttori della fotografia ≈ AITS - Ass. Italiana Tecnici del Suono ≈ AMC - Ass. Montatori Cinematografici ≈ ANAC - Ass. Nazionale Autori Cinematografici ≈ ANART - Ass. Nazionale Autori
Radiotelevisivi e Teatrali ≈ ApTI - Ass. per il Teatro Italiano ≈ ART - Ass. Registi della fiction televisiva ≈ ARTICOLO 21-
Associazione giornalisti ≈ ARTISTI RIUNITI ≈ ASC - Ass. Scenografi Costumisti ≈ ASS. DOC/IT - Documentaristi italiani
≈ ASS. TRUCCATORI E PARRUCCHIERI ≈ ASST - Ass. Sindacale Scrittori di Teatro ≈ CENTOAUTORI - Associazione
cinematografica ≈ CIRCOLO GIANNI BOSIO ≈ CLB FUORI ONDA - Ass. Tecnici televisivi ≈ CORE - Associazione danza -
tori ≈ CSC - studenti Centro Sperimentale di Cinematografia ≈ Federazione CEMAT - Ente di promozione musicale ≈
FIDAC - Federazione Italiana Associazioni Cineaudiovisivo ≈ LABO RATORI PERMANENTI ≈ LARA - Associazione di
agenti ≈ METATEATRO ≈ MUSICARTICOLO 9 ≈ Nuova Consonanza ≈ Orchestra Regionale di Roma e del Lazio ≈ OSSERVATORIO DELLA RICERCA≈ REV - Rete veneta arti performative ≈ RITMO - Rete Italiana Musicisti Organizzati ≈ SACT - Scrittori Associati Cinema Televisione ≈ SAI - Sindacato Attori Italiani ≈ SIAD - Soc. Italiana Autori Drammatici ≈ SIAM - Sindacato Italiana Artisti Musica ≈ SNCCI - Sindacato Nazionale Critici Cinematografici ≈ SNGCI - Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici ≈ SNS - Sindacato Nazionale Scrittori ≈ TAVOLO NAZIONALE DELLA DANZA ≈ UFFICIO SINDACALE TROUPE SLCCGIL ≈ ZEROPUNTOTRE - Associazione teatrale

Movimento Emergenza Cultura Spettacolo Lavoro .

Al Lido di Venezia cariche contro i precari


Era dagli anni Sessanta che non si vedevano cariche della polizia alla Mostra de Cinema di Venezia. Oggi pomeriggio, quando un gruppo di precari e attivisti di Global Beach ha tentato di entrare all'Hotel Des Bains, uno dei luoghi simbolici della Mostra e del Lido stesso, per tenere una conferenza stampa, è stato accolto da pesantissime cariche.
Ieri, Global Beach aveva aperto con una partecipa assemblea che riuniva diverse esperienze di lotta del precariato culturale, dello spettacolo e gli studenti dell'Onda.
E' nel contesto di una Mostra del cinema militarizzata come non mai (nemmeno dopo l'11settembre), che il ministro Bondi e gli esponenti del governo sfilano al costo di far manganellare i precari della cultura, quelli stessi che garantiscono l'apertura della Biennale e che sono strozzati nel meccanismo delle agenzie interinali.
Un governo che ai tagli sulla cultura e sull'università, associa oggi, in un momento in cui lotte e vertenze si moltiplicano, la violenza della polizia che oggi ha colpito al Lido.
Le cariche sono state violente, non certo volte a disperdere, ma a fare male. Ai molti contusi si aggiungono uno studente con tagli alla testa e una giovane ragazza con una ferita aperta alla spalla.

Nonostante ciò, un gruppo di attivisti di Global Beach e di attori e precari dello spettacolo del Movem, è riuscito a portare la nostra voce fin sul Red Carpet, disturbando e contestando i rappresentanti del governo.
Il comune di Venezia ha immediatamente preso posizione condannando le pesanti cariche della polizia.

di Orsola Casagrande da IlManifesto

Vendola a “El Pais”: Presidente Regione Puglia scrive a Fitto

Bari (Puglia) - "Egregio ministro Fitto, ho già dichiarato pubblicamente che le espressioni contenute nella mia intervista a "El Pais", relativamente al mio giudizio su di Lei, sono state forzate eccessivamente nella sintesi giornalistica". Lo scrive il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, in una lettera inviata al ministro delle Regioni, Raffaele Fitto.

"In particolare -precisa Vendola- in un virgolettato vengono messi assieme, nello stesso mazzo, temi e giudizi e persone che vanno invece analizzati e valutati su piani distinti: questo era il senso genuino della lunga conversazione con Miguel Mora. Ho descritto la peculiarità di una Regione meridionale che è riuscita a impedire la penetrazione generalizzata delle mafie nella politica e nell'economia, e che ha dovuto e deve contrastare la criminalità dei colletti bianchi".

"Ho fornito la mia lettura della vicenda assai complessa della destra pugliese, parlando della Sua leadership come di un passaggio che è stato un punto di cesura: in negativo, io penso, per la destra e per la Puglia". "Non mi riconosco in espressioni che appartengono ad un lessico denigratorio e che sono tipiche, viceversa, delle polemiche che io subisco quotidianamente. Quindi -conclude Nichi Vendola - ciò che mi viene attribuito tra virgolette non è la registrazione fedele del mio pensiero. Ci si può combattere con asprezza, senza bisogno di offese e contumelie".

da IlPaeseNuovo

Inchieste Puglia, Vendola: guai a politica-porcellaio

Bari (Puglia) - "Guai ogni qualvolta la politica si trasforma in un porcellaio, guai ogni qualvolta chi esercita potere smette di dimenticare quel senso del limite a cui dovrebbe ispirarsi, e il contenuto del senso del limite è il rispetto della dignità e della vita delle altre persone". Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha commentato così i nuovi sviluppi dell'inchiesta che vede coinvolti due ex assessori della prima Giunta Vendola.

"Ci aspettiamo di conoscere i fatti perché finora siamo di fronte ad una sequela di indiscrezioni giornalistiche, a racconti che hanno anche un certo grado di confusione". "Vorremmo conoscere la verità - ha aggiunto il presidente - la verità è la bussola che deve orientare la nostra ansia di moralizzazione".
Secondo Vendola, "l'ansia di moralizzazione ha bisogno di nutrirsi di verità anche per evitare che possano essere coinvolte persone che non c'entrano niente. Noi dobbiamo evitare il rischio di fare di tutte le erbe un fascio, di mettere nello stesso mazzo persone per bene e persone per male'".

"Qualora si fosse adoperato un ricatto a sfondo sessuale - ha affermato - per soddisfare una domanda di lavoro si sarebbe commesso, dal punto di vista della pubblica morale, un atto gravissimo. Le cose che abbiamo letto sono francamente disgustose e spero che si possano dimostrare infondate. Qualora fossero fondate la nostra reazione sarebbe assolutamente gravissima".

"Le regole della pubblica amministrazione non prevedono che un avviso di garanzia porti alla destituzione di un funzionario o di un dirigente - ha spiegato Vendola rispondendo sull'ipotesi di prendere provvedimenti nei confronti dei funzionari e dirigenti regionali dell'assessorato alla Sanità-; non ci sono regole che lo prevedano neanche per la politica, se non quelle, diciamo, di un codice di autoregolamentazione che noi nei fatti ci siamo dati, credo con rigore e con serietà".

"Non consentiamo che i sospetti possano danzare attorno alla vita delle istituzioni. Perché - ha aggiunto - pensiamo che si debba energicamente dare segnali di controtendenza di fronte al degrado della vita pubblica quando esso c'è. Naturalmente questo e' il momento in cui bisogna stare attenti perché nel degrado della vita pubblica c'è tra i capitoli non di secondo piano anche il coinvolgimento di persone eventualmente innocenti".

Secondo il Vendola, "siamo di fronte ad una processione di illazioni, di 'si dice'. Quindi bisogna fare una discussione generale. “Qualora ci fosse questo sarebbe gravissimo,- ha concluso il presidente - qualora ci fosse il ricatto sarebbe insopportabile, non dovrebbe che suscitare indignazione".

da IlPaeseNuovo

TROVATO SENZA VITA IN ACQUA: NON SI CONOSCE L'IDENTITÀ

Il corpo di un uomo è stato trovato nelle acque di Gallipoli da un bagnino. Forse un malore la cause del decesso. Non aveva documenti e non c'erano con lui parenti e amici. Apparente età di 45 anni

GALLIPOLI – E’ stato molto probabilmente un malore, con il conseguente annegamento, la causa del decesso di un uomo dell’apparente età di 45 anni. Il corpo senza vita è stato trovato in mare, nel tratto di spiaggia libera presso lido San Giovanni, zona turistica di Gallipoli. E’ stato un bagninointorno alle 18, ad accorgersi del corpo galleggiante in acqua. Si è lanciato in mare per trascinarlo a riva, ma già dai primi istanti s’è capito che c’era ben poco da fare.

Sul posto sono intervenuti i medici del 118, che hanno confermato il decesso dell’uomo, ed i carabinieri del nucleo radiomobile della compagnia locale. Non c’erano parenti ed amici, in compagnia dell’uomo, né aveva con sé i documenti. Si ritiene che possa essere un turista che risiede in qualche abitazione della zona. Secondo una prima ricostruzione, tutta ancora da verificare, l’uomo si sarebbe recato in spiaggia con la moglie ed il figlio. Questi ultimi due si sarebbero poi allontanati e l’uomo sarebbe rimasto da solo per fare un ultimo bagno. Una telefonata da parte di una donna che denunciava la scomparsa del marito è giunta in tarda serata presso il centralino della polizia, che s’è messo in contatto con i carabinieri, nell’ipotesi che i fatti potessero essere collegati.

I militari, in queste ore, stanno procedendo agli accertamenti per scoprire l’identità della persona trovata senza vita. Il corpo è stato portato presso la camera mortuaria dell’ospedale “Sacro Cuore” di Gallipoli, a disposizione dell’autorità giudiziaria.

MAGGIORI DETTAGLI NELLE PROSSIME ORE.

da LeccePrima