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sabato 27 giugno 2009

Scoperta discarica sotto la piazza dedicata a don Tonino Bello


Lecce (salento) - I carabinieri del nucleo operativo ecologico di Lecce e quelli della stazione di Racale (Le) hanno sequestrato, nella marina di Torre Suda, la Piazza intitolata a don Tonino Bello, che si estende per circa 4000 metri quadrati, a ridosso di uno dei più bei tratti della costa ionica, ovviamente sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale. (Le foto)
Il provvedimento di sequestro è scattato dopo che, a seguito dello smottamento di un muro perimetrale della piazza in corso di rifacimento, è emerso che sotto il piano di calpestio erano state abbancate tonnellate di rifiuti speciali consistenti in calze di nylon, cartoni, brandelli di stoffe, imballaggi in plastica e bottiglie di vetro, presumibilmente stoccate sotto la piazza all'epoca della sua realizzazione, risalente alla fine degli anni settanta, quando qualcuno ha pensato di risolvere lo smaltimento di ingenti quantità di rifiuti tombandoli in riva al mare, sotto una piazza che ospita dei giardini pubblici.

Sono in corso le indagini da parte del NOE e dei carabinieri di Racale che, anche con il supporto della polizia municipale, stanno lavorando per risalire alle responsabilità . I reati contestati sono quelli di realizzazione di discarica abusiva in area sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale e deturpamento di bellezze naturali .



da ilpaesenuovo

Domenica elettorale in Albania, Argentina e Guinea-Bissau

Questa domenica si celebrano tre elezioni particolarmente significative.

Si vota in Albania per rinnovare il parlamento, all’indomani della ratifica della nuova legge elettorale che ha introdotto il sistema proporzionale. L’esito del voto è molto incerto: secondo i sondaggi la maggioranza conservatrice, guidata dal presidente Sali Berisha, è insediata dall’opposizione dei socialisti di Edi Rama, popolarissimo sindaco di Tirana. La campagna elettorale è stata piuttosto tesa, a causa di alcuni episodi di violenza che hanno turbato il paese. Un parlamentare socialista è stato ucciso, e la stessa sorte è toccata a un militante e a un dirigente locale del partito conservatore.
Secondo il New York Times, “se le elezioni saranno pacifiche, libere e democratiche, questo darebbe una mano al processo di integrazione e riablitazione internazionale dell’Albania. La recente domanda di ingresso nell’Unione europea è stata accolta con scetticismo”. Le speranze però non sembrano moltissime: “Praticamente tutte le elezioni dalla caduta del comunismo a oggi sono state contestate, con gli sconfitti pronti ad accusare i vincitori di frodi e brogli”.

Si vota poi per le elezioni legislative in Argentina, per rinnovare la metà dei seggi della camera e un terzo dei seggi del senato. Il governo vede questo voto un po’ come un referendum sul suo operato e la crisi economica ha creato un gran malcontento tra la popolazione. Il distretto più importante in gioco è quello di Buenos Aires, in cui vive il 38 per cento della popolazione argentina. Secondo La Nación, molto duro verso la presidente Cristina Fernández, suo marito Néstor Kirchner e il loro Partito justicialista, vincerà l’oppositore Francisco De Narváez, ex imprenditore miliardario e politico conservatore. El Clarín, che pure ha criticato le tattiche elettorali del Pj, è più cauto: riporta i dati di otto sondaggi di cui cinque prevedono la vittoria del Pj, gli altri tre di Union Pro di De Narváez. Pagina 12, invece, sostiene i Kirchner e ha attaccato duramente De Narváez e il suo alleato Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires, per i loro problemi con la giustizia. In ogni caso, come spiega il settimanale colombiano Cambio, il Pj è comunque molto lontano dal 46 per cento che aveva ottenuto nelle elezioni presidenziali del 2007 e dal 43 delle legislative del 2005. Questo significa che anche se vincesse, il governo di Cristina Fernández non avrebbe più una maggioranza solida al congresso e comincerebbe a traballare. Se l’opposizione dovesse spuntare una vittoria significativa, poi, non è escluso che si possa arrivare alle elezioni presidenziali prima del 2011, scadenza ufficiale del mandato dell’esecutivo.

Si vota anche per le elezioni presidenziali in Guinea-Bissau, in seguito all’assassinio del presidente João Bernardo Vieira, lo scorso marzo. I candidati in corsa sono dodici, ma i principali contendenti sono due. Il favorito è Malam Bacai Sanhá, già presidente dal 1999 al 2000 ed esponente del partito di governo, il nazionalista Paigc. Il suo avversario è il socialdemocratico Mohamed Ialá Embaló, già presidente dal 2000 al 2003, quando fu deposto da un colpo di stato. Il 5 giugno, però, uno dei dodici candidati, Baciro Dabó, è stato ucciso in casa sua dai militari: il governo provvisorio sostiene che stava preparando un colpo di stato e si sia opposto all’arresto, ma i suoi alleati sostengono che sia stato ucciso inerme nel suo letto, insieme alla moglie. Dabó era molto vicino al presidente ucciso Vieira e i politici a lui più vicini sostengono che in caso di vittoria avrebbe condotto delle inchieste per trovare i responsabili del suo omicidio. Fin dalla sua indipendenza, nel 1974, le fragili istituzioni della Guinea-Bissau sono state più volte vittime di attentati e ripetuti colpi di stato.

da Internazionale

Guerra aperta tra Berlusconi e il gruppo L’Espresso-Repubblica

“‘Signor presidente, quando ha avuto modo di conoscere Letizia Noemi? Veronica Lario ha detto che il marito frequenta minorenni. Al di là di Noemi, ci sono altre minorenni che il premier incontra?’. Da un mese e mezzo il quotidiano La Repubblica pone tutti i giorni le stesse dieci domande a Silvio Berlusconi sulla sua vita privata”, scrive Eric Jozsef su Le Temps.

“Finora, però, il capo del governo non ha risposto e intanto è stato sommerso da altri scandali e rivelazioni su presunti festini nelle sue residenze romane e sarde. Lui denuncia un campagna spazzatura nei suoi confronti e vede in questi attacchi un complotto ordito, tra gli altri, dal gruppo editoriale L’Espresso-Repubblica, il cui azionario principale è l’uomo d’affari Carlo De Benedetti, da decenni avversario dichiarato del Cavaliere”.

“Il gruppo di De Benedetti ha in effetti annunciato la sua intenzione di far causa a Berlusconi accusandolo di avergli tagliato le entrate pubblicitarie. Il 13 giugno il capo del governo aveva infatti invitato i giovani imprenditori a non fare inserzioni sul quotidiano, accusato di portare avanti ‘un piano sovversivo’”.

“Intanto le tv private del Cavaliere minimizzano lo scandalo e il direttore di Rai Uno, Augusto Minzolini, ha difeso lo strano silenzio dei suoi tg sulla questione: ‘È solo gossip’”.

da Internazionale

UNA VOCE DI MORTE A VILLA ADA

La cantante guerrafondaia in concerto con l'ARCI
NON UNITE LA VOSTRA VOCE A QUELLA DI NOA,
UNA VOCE DI MORTE AL FESTIVAL DI VILLA ADA
Lettera aperta

Cari artisti,
a gennaio, mentre i bombardieri, le navi da guerra e l’artiglieria israeliana rovesciavano sulla povera gente di Gaza migliaia di tonnellate di bombe, missili e fosforo bianco, Noa fece pubblicare una sua “lettera aperta” ai Palestinesi in cui scriveva: “Io so che nel profondo del vostro cuore desiderate la morte di questa bestia chiamata Hamas che vi ha terrorizzato e massacrato, che ha trasformato Gaza in un cumulo di spazzatura fatto di povertà, malattia e miseria”.
Aggiungendo poi: “Posso soltanto augurarvi che Israele faccia il lavoro che tutti noi sappiamo deve esser fatto, e vi sbarazzi definitivamente da questo cancro, questo virus, questo mostro chiamato fanatismo, oggi chiamato Hamas. E che questi assassini scoprano quanta poca compassione possa esistere nei loro cuori e cessino di usare voi e i vostri bambini come scudi umani per la loro vigliaccheria e i loro crimini”.
L’augurio di Noa è stato esaudito, l'esercito israeliano si è "sbarazzato" di 1500 palestinesi, fra cui 400 bambini, fra cui oltre 100 donne, provocando anche più di 5000 feriti e riducendo Gaza a un cumulo di macerie.
Alla lettera di Noa ha splendidamente risposto il regista Udi Aloni, scrivendo a Noa: “Cara Achinoam Nini (è il vero nome di Noa), ho scelto di rispondere a te e non all'intera destra rabbiosa, perché credo che il tradimento del campo della pace superi il danno causato dalla destra di migliaia di volte. (...) Tu ruoti gli occhi, usi le tue parole d'amore al servizio dei tuo popolo conquistatore e chiedi ai Palestinesi di arrendersi con voce tenera. Tu dai ad Israele il ruolo di liberatore. Ad Israele - che, per oltre 60 anni, li ha occupati e umiliati.” E ancora: “Abbiamo coperto i loro cielo con i jet da combattimento, svettanti come angeli dell'inferno e seminando morte a caso. Di quale speranza stai parlando? Abbiamo distrutto ogni possibilità di moderazione e di vita in comune nel momento in cui abbiamo saccheggiato la loro terra, mentre eravamo seduti con loro al tavolo del negoziato. Possiamo avere parlato di pace, ma li abbiamo derubati anche degli occhi. Essi volevano la terra
data loro dal diritto internazionale, e noi abbiamo parlato in nome di Dio.”
Oggi, dopo i 1.500 morti e gli oltre 5.000 invalidi provocati dall’operazione Piombo Fuso, la Striscia di Gaza è ancora assediata, è ancora impedito l’ingresso degli aiuti umanitari, non è ancora possibile iniziare a ricostruire le immani distruzioni provocate da quel “lavoro” che Noa tanto augurava.
Per questi motivi, il concerto di Noa a Villa Ada è una vergogna, e il fatto che sia stato organizzato all’insegna della pace e dell’incontro fra mondi diversi è un vergognoso inganno.
Se quegli ideali vi stanno a cuore, vi chiediamo di esprimere il vostro dissenso al Comune di Roma, alla Regione Lazio, all’ARCI e agli altri organizzatori e sponsor della manifestazione, per non essere vittime o complici di una ignobile speculazione sulla pelle di un intero popolo, il popolo palestinese, che vede negato da più di sessanta anni il proprio diritto alla vita, alla terra ed alla libertà.
Forum Palestina – Campagna Italiana per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS)
www.forumpalestina.org – www.boicottaisraele.it

da Indymedia

UN DON AI VESCOVI - Dura lettera al cardinal Bagnasco:"Perché parate il sacco a Berlusconi e alla sua sconcia maggioranza? "

"Voi onorate un vitello d'oro": così, di queste e altre durissime parole è carica la lettera del genovese don Paolo Farinella al cardinale Bagnasco pubblicata su la Repubblica. Perchè i vescovi italiani non vedono il degrado morale di questo governo e di colui che lo presiede? E perchè non vedono, o fingono di non vedere, il baratro in cui è precipitato il nostro Paese?

"I vescovi assistono allo sfacelo morale del Paese ciechi e muti, afoni, sepolti in una cortina di incenso che impedisce loro di vedere la "verità" che è la nuda "realtà". Il vostro atteggiamento è recidivo perché avete usato lo stesso innocuo linguaggio con i respingimenti degli immigrati in violazione di tutti i dettami del diritto e dell'Etica e della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, con cui il governo è solito fare i gargarismi a vostro compiacimento e per vostra presa in giro.
[...]
Perché parate il sacco a Berlusconi e alla sua sconcia maggioranza? Perché non alzate la voce per dire che il nostro popolo è un popolo drogato dalla tv, al 50% di proprietà personale e per l'altro 50% sotto l'influenza diretta del presidente del consiglio? Perché non dite una parola sul conflitto d'interessi che sta schiacciando la legalità e i fondamentali etici del nostro Paese? Perché continuate a fornicare con un uomo immorale che predica i valori cattolici della famiglia e poi divorzia, si risposa, divorzia ancora e si circonda di minorenni per sollazzare la sua senile svirilità? Perché non dite che con uomini simili non avete nulla da spartire come credenti, come pastori e come garanti della morale cattolica? Perché non lo avete sconfessato quando ha respinto gli immigrati, consegnandoli a morte certa?
[...]
Non è lo stesso uomo che ha fatto un decreto per salvare ad ogni costo la vita vegetale di Eluana Englaro? Non siete voi gli stessi che difendete la vita "dal suo sorgere fino al suo concludersi naturale"? La vita dei neri vale meno di quella di una bianca? Fino a questo punto siete stati contaminati dall'eresia della Lega e del berlusconismo? Perché non dite che i cattolici che lo sostengono in qualsiasi modo, sono corresponsabili e complici dei suoi delitti che anche l'etica naturale condanna? Come sono lontani i tempi di Sant'Ambrogio che nel 390 impedì a Teodosio di entrare nel duomo di Milano perché "anche l'imperatore é nella Chiesa, non al disopra della Chiesa". Voi onorate un vitello d'oro."

GENOVA PRIDE 2009


"La folla pietrificata dalla paura, Piazza Bellini, skinheads scatenati: hanno insultato ragazzi omosessuali, solo la 27enne è intervenuta.

Omofobia, ma soprattutto indifferenza. A meno di una settimana dalla diffusione del video della morte del suonatore romeno Petru a Montesanto (spirato in mezzo alla folla che fuggiva), ancora una volta i napoletani devono interrogarsi sulla difficile conciliazione tra paura e senso civico. In piazza Bellini, intorno alle due di notte, un gruppetto di delinquenti con il capo rasato ha malmenato alcuni giovani omosessuali e mandato all’ospedale una ragazza che era intervenuta (unica a farlo) in loro soccorso.
Tutto si è svolto all’aperto, al centro di Napoli, sotto gli occhi di centinaia di persone che non hanno mosso un dito."

Domani a Genova c'è il Pride, ogni anno purtroppo sembra sempre più urgente andarci, per quelli che non perderanno l'occasione:

La manifestazione partirà sabato 27 giugno alle ore 16.00 da Piazza del Principe, a Genova (Vicino alla stazione ferroviaria di Genova Piazza Principe).

GIOVANE E' LA TERRA


Molti trentenni si dedicano all'agricoltura. Hanno lauree e idee innovative. Quasi sempre vincenti. Ma si scontrano con la burocrazia e la difficoltà di trovare finanziamenti. Ecco alcune storie esemplari.

Non hanno paura di sporcarsi le mani. E neanche del lavoro duro. Voltano le spalle alla precarietà della città e tornano in campagna. Ripercorrono le orme dei padri o si reinventano in una professione che dà sempre più sicurezza: i frutti della terra sono concreti.
Sono 250 mila in Italia gli agricoltori sotto i 34 anni. Un quarto di quel milione di persone che vive di agricoltura. Ma questo nuovo piccolo esercito di giovani non ha niente a che vedere con l'immagine dei vecchi lavoratori della terra con le mani tozze, indurite dal tempo e dalla fatica. E non si fanno chiamare contadini, ma imprenditori. Parlano di formule chimiche e di cosa serve a un terreno con la stessa naturalezza con la quale navigano su Internet. I giovani non coltivano più semplicemente frutta e verdura, ma idee per vivere meglio. Sono equi, solidali, biologici, ma anche ben consci che l'obiettivo è guadagnare.
Lungo un sentiero costeggiato da ulivi centenari si apre un'immensa distesa di vigneti che si perde tra le colline verdeggianti dell'Umbria. Lorenzo accarezza l'orizzonte con lo sguardo riempiendosi della natura che lo circonda: "Se la giornata fosse più limpida si vedrebbero sei regioni. Sembra di vivere in un quadro, nostro dovere è far sì che non cambi nulla, che questo posto venga preservato".

Lorenzo Fasola Bologna possiede il castello di Monte Vibiano vecchio, 600 ettari di terreno che la sua famiglia coltiva da generazioni e un sogno che si chiama rivoluzione verde. La sua azienda in cui lavorano una sessantina di persone non produce anidride carbonica. "Il punto non è cercare di migliorare, ma di peggiorare il meno possibile un posto perfetto, se noi manteniamo pulito quello che ci circonda, anche i nostri prodotti saranno migliori".

Lorenzo è il maggior produttore al mondo di olio monodose congelato. Dieci milioni di bottigliette l'anno che finiscono sulle prime classi delle compagnie aeree. Oltre a 240 mila bottiglie di vino e, poi, frutta e ortaggi per la tavola della famiglia. Il sistema è super tecnologico e controllato: l'energia arriva da pannelli solari tedeschi e, grazie a un sistema di batterie, viene immagazzinata e alimenta tutti gli impianti di lavorazione, gli scooter e le macchinette elettriche usate per spostarsi dal castello agli impianti. Ai dipendenti che abitano tutti nelle vicinanze sono state fornite biciclette.
I soffitti aziendali sono costruiti in modo da conservare il fresco senza dover usare l'aria condizionata, con un enorme risparmio di energia. "Forse un giorno con i pannelli solari riuscirò a dar luce a tutto il paese, ma questo è un altro sogno, insieme a quello di costruire una stazione di servizio elettrica".

Laureato in economia e commercio, Fasola Bologna trabocca di sogni, che però trasforma in cose concrete: "Immagino come le cose dovrebbero essere tra vent'anni e in quel modo procedo". Lorenzo ha 37 anni ed è solo uno delle migliaia di giovani agricoltori che stanno cambiando il modo di coltivare la terra, una delle principali risorse dell'economia italiana.

"Il contadino di un tempo è solo folklore", ci spiega Loretta Di Simone, 32 anni, appena premiata come "giovane agricoltore più innovativo d'Europa". Ha recuperato e salvato sementi antiche, quasi scomparse, usando tecnologie moderne per ricoltivarle, come il grano duro Senatore Cappelli e il farro. Passando dall'agricoltura tradizionale a quella biologica, ha trasformato con la sorella ventottenne la tenuta in Maremma di 300 ettari, dei genitori, in un'impresa che funziona". Dieci anni fa, abbiamo deciso di passare al biologico, non solo per i contributi che sono stati stanziati dalla Unione europea, ma anche perché ormai si sa che i trattamenti fanno male. Siamo tornati ad allevare anche gli animali, per sapere sempre cosa stiamo mangiando".

Attento all'ambiente e alla salute, istruito, appassionato e ingegnoso, questo è l'identikit del giovane agricoltore. I leader dell'agricoltura del futuro sono al di sotto dei 40 anni e possiedono, secondo una ricerca svolta dal Censis per Confagricoltura, aziende con una media di 14 dipendenti e con un fatturato medio sui 500 mila euro. Tra le imprese agricole, una su quattro è donna: "Facciamo prodotti di eccellenza, controlliamo ogni singola fase dalla nascita al confezionamento", come per esempio per la pasta di farro.
Loretta è laureata in giurisprudenza, con una passione per il giornalismo che non è bastata a farle lasciare la sua terra. "In realtà il lavoro nei campi è quello più semplice, la cosa più difficile sono le scartoffie. Le norme che regolano il nostro lavoro cambiano in continuazione, bisogna sempre essere aggiornati".

Secondo un'indagine della Swg, i giovani sono meno preoccupati delle difficoltà finanziarie del settore, in termini di accesso al credito e realizzazione di utili, ma mostrano una forte insofferenza per i lacci burocratici che frenano la competitività delle imprese: il 42 per cento dei giovani agricoltori pensa che la burocrazia, al pari della realizzazione di utili, sia il problema più rilevante nel settore agricolo. Seguono il ricambio generazionale (26 per cento), l'accesso al credito (24 per cento), i vincoli posti dall'Unione europea (16 per cento).

Contributi, costi, debiti, guadagni, normative, agevolazioni, marchi, controlli, i giovani delle aziende agricole sono sommersi di burocrazia, senza contare i costi dei terreni che non aiutano chi vuole iniziare questo mestiere a fare il grande salto. Pasquale Polifroni invece lo ha fatto. Nel 2000 aveva trent'anni e lavorava in un'azienda che vendeva spazi pubblicitari. "Milano non mi piaceva, volevo tornare a casa, in Calabria, ma nella mia zona, la Locride, non ci sono tante possibilità: un po' di commercio, un po' di criminalità e un po' di agricoltura.

Ho scelto quest'ultima", dice sorridendo. Partito con un migliaio di metri quadri di terreno, un po' di debiti per comprarlo e la cooperativa agricola trentina Sant'Orsola che ha aiutato lui e altri agricoltori, ha cominciato la sua avventura con more, lamponi e mirtilli. "Il terreno è argilloso e non si presta alla coltivazione, ma produciamo fuori suolo, non si pianta nel terreno ma si coltiva nei vasi. Da un problema abbiamo creato un'opportunità".

All'inizio non è stato facile, non aveva soldi, né conoscenze. "Sbagliando si fa esperienza", dice Polifroni che ora possiede un ettaro di terreno e piano piano, nonostante i frutti di bosco gli escano dagli occhi, si sta ingrandendo, così come Anna Cetrini che, con la sorella di quattro anni più giovane, si è ritrovata un pezzo di terra del nonno. Anna, non lontano da Tarquinia, lavorava per una cantina sociale, mentre sua sorella era segretaria in un supermercato. "Potevamo vendere o farlo fruttare", ci racconta Anna mentre prepara il pranzo per i suoi operai a Poggio Nebbia. Hanno scommesso su loro stesse e hanno vinto. Le coltivazioni sono biologiche, l'allevamento anche, hanno costruito l'agriturismo Poggio Nebbia e ora stanno pensando al secondo ristorante. Vendono conserve, marmellate, verdure sottolio e Sabrina ogni giorno trascorre ore a fare la pasta in casa.

"Abbiamo cominciato io, mamma e mia sorella, ora siamo una decina di persone a lavorare. Abbiamo comprato altra terra e ci stiamo espandendo". In lontananza un trattore spara balle di fieno. "La svolta è stato il sito Internet, ma prima ancora il passa parola. Con la crisi finanziaria che ha travolto il mondo, la gente spende meno, ma quando lo fa cerca il meglio e per noi essere sempre pieni è una grande soddisfazione. All'inizio l'unica cosa di cui eravamo certi era la bellezza di questo posto e che mamma fosse brava a cucinare. L'agricoltura tradizionale non è più remunerativa: o molli o ti metti d'impegno e ti fai venire in mente qualcosa". Qualcosa come 'leverduredelmioorto.it', un'idea che appartiene all'Azienda agricola Giacomo Ferraris delle campagne vercellesi.

Un progetto di coltivazione orticola a consumo diretto. In pratica attraverso internet ci si affitta uno scampolo di terra di varia grandezza nel quale si sceglierà che cosa seminare e che per tutto l'anno verrà curato da un team di agricoltori ed esperti, fino a che i vari prodotti verranno consegnati a casa, come se uscissero dai battenti di un supermercato biologico, con una garanzia di circa 200 kg. di verdura a persona nel corso di un anno. Ma, ancora, nel web c'è la possibilità di comprare in gruppo direttamente dal coltivatore per evitare il passaggio della grande distribuzione. I gruppi di acquisto sono cresciuti del 60 per cento.
O, se proprio si vuole, si può andare a raccogliere la verdura che poi si vuole portare a casa. Secondo Bio Bank, le vendite dirette di prodotti degli operatori bio sono cresciute in Italia (il più grande produttore di bio-agricolo) nel 2008 del 17 per cento, con un rialzo del 92 per cento negli ultimi cinque anni.

C'è anche chi ha pensato di fare del terreno la propria banca: a Mantova Rosanna Montecchi, avvocato, ha ben pensato di unire cinquanta risparmiatori chiedendo di investire 20 mila euro per comprare un terreno agricolo invece di metterli in banca, dove oggi si rischia di perderli. Un bene reale che poi si può gestire da soli per un periodo non inferiore ai 15 anni. Anche perché per vedere i frutti del proprio lavoro non basta certo poco tempo, come sostiene Lorenzo Fasola, che ha investito molto sperando che un giorno le buone intenzioni e l'amore per l'ambiente gli diano ragione.

Intanto a Taranto Pierluigi Strada ha salvato il terreno del padre, agricoltore tradizionale, sempre con un idea. Ha mollato la carriera di avvocato a Bruxelles per tornare a casa e far crescere prati erbosi. Oggi è il numero due in Italia. "L'agricoltura classica è impensabile, con le grandi aziende che mangiano tutti, avrei dovuto vendere tutto, invece, grazie all'incontro con un venditore di macchinari per prati erbosi in Olanda, tutto è cambiato. Certo è che restare al passo con i tempi nel sud d'Italia non è facile, il tappeto erboso ha un alto contenuto tecnologico e mancano fornitori qualificati. Ci dobbiamo sempre spostare al nord", dice Strada che ha rifatto il manto erboso dello stadio di Valona.

"I giovani sono molti, ma il settore agricolo è ancora tra i più vecchi in Italia", ci racconta Elisabetta Tufarelli, direttore del mensile 'La nuova Agricoltura', "ma l'economia del fossile non funziona più e allora si deve cambiare, d'altra parte oggi per agricoltura si intende tutto, energia, biologico, ecologia". I giovani, però, hanno bisogno di agevolazioni perché i prezzi dei terreni restano altissimi, alcuni ereditano da parenti, altri comprano ad aste fallimentari, altri ancora sfruttano ogni contributo europeo e sperano che la promessa - terra demaniale gratis ai giovani - del ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, sia mantenuta: "Dobbiamo superare il gap costituito dai prezzi della terra, per consentire ai ragazzi che vogliono impegnarsi nel settore primario di farlo. Stiamo lavorando per un piano agrario che consenta di recuperare terreni coltivabili che oggi giacciono inutilizzati".


da L'Espresso di Barbara Schiavulli

L'Aquila tradita -


Sono le sette di mattina del 19 giugno, quando una Punto bianca si ferma sul ciglio della statale 17 che attraversa L'Aquila. Al volante c'è un uomo in giacca e cravatta che spegne il motore, abbassa i finestrini e sfoglia il giornale appena acquistato. Vita quotidiana, niente di strano. Eppure all'improvviso il clima cambia, diventa teso. Dalla corsia opposta, spunta una berlina metallizzata che fa inversione inchiodando davanti alla Punto. Scende un giovane alto, palestrato, in jeans slavati e maglietta attillata. Si affianca al conducente e chiede i documenti senza qualificarsi. "Ma cosa sta succedendo? E lei chi è?", replica allarmato il conducente. "Attenda", risponde lo sconosciuto. Annota la targa della Punto, si attacca al cellulare, e infine torna con un sorriso finto: "A posto, può andare...".L'assedio, lo chiamano gli aquilani. La soffocante militarizzazione che sta stressando il territorio in vista del G8. Migliaia di soldati, poliziotti, carabinieri, agenti dei servizi segreti e paracadutisti calati in città nelle ultime settimane. Forze operative giorno e notte. Per le strade, sulle colline. Ovunque. Tutti ossessionati dalla sicurezza dei 23 capi di Stato e di governo che, dall'8 al 10 luglio, si confronteranno con le loro delegazioni nella caserma della Guardia di finanza ?Vincenzo Giudice?. "Prevenzione indispensabile", è definita dalla Protezione civile. Ma anche una presenza che esaspera gli sfollati del post terremoto, inchiodati a tutt'altre priorità. A quasi tre mesi dall'apocalisse del 6 aprile, la terra continua a tremare. Tre punto due, tre punto tre, fino a quattro punto cinque come lunedì 22 giugno. Numeri che sulla carta dicono poco, ma da queste parti sono muri che vibrano, angoscia che non passa, riflesso a correre in strada. "Abbiamo sempre in testa l'odore delle macerie, le urla dei feriti e lo strazio dei 300 cadaveri", dice Rinaldo Tordera, direttore generale della Cassa di risparmio della provincia dell'Aquila. Lui per primo, racconta, si è faticosamente imposto di non mollare, di "annodare la cravatta e tirare avanti". Ma la volontà non basta.


Gli ostacoli sono tanti, in questo Abruzzo triste: a partire dal crollo economico. "Per la prima volta in vent'anni", informa l'Istat, "la regione segna un tasso di disoccupazione (9,7 per cento) superiore a quello italiano (7,9)". Dal 2008 al 2009 sono scomparsi 26 mila posti di lavoro. E a leggere questi dati, gli artigiani, gli operai, ma anche i manager e i professionisti ospitati dalle tendopoli tremano, sovrastati dal -14 della produzione industriale.

"Superata la prima emergenza, dovrebbe essere questa la principale preoccupazione ", dice il presidente della Provincia Stefania Pezzopane (Pd). "Dovremmo concentrarci sulle necessità pratiche e psicologiche delle 25 mila persone ancora accampate, senza dimenticare le 35 mila esiliate sulla costa adriatica". Invece non è così. Capita qualcosa di grottesco, e crudele, davanti agli occhi dei terremotati: "La città si sta spaccando in due", spiega Marco Morante del Collettivo 99 (composto da una cinquantina di giovani ingegneri, architetti e geologi aquilani). "In primo piano, sotto i riflettori, c'è l'efficentismo sfrenato per adeguare la città al G8. E intanto in penombra, trascurata della politica, cresce la frustrazione della gente comune, vittima di una quotidianità invivibile e di una ricostruzione avventata".

Parole che trovano continui riscontri, girando per l'Aquila. Basta raggiungere la caserma della Guardia di finanza, in zona Coppito, e chiedere alle imprese associate I platani e Todima come hanno realizzato la strada che collegherà la sede del G8 all'aeroporto di Preturo. "In soli 24 giorni abbiamo allargato e sistemato un percorso di due chilometri e 800 metri", dicono i titolari. Il tutto con un impiego massiccio di mezzi: "60 tra ruspe e scavatori", attivi sette giorni su sette, grazie ai quali "abbiamo costruito anche tre rotatorie e un piccolo ponte sul fiume Aterno". Il massimo, con i 3 milioni 200 mila euro stanziati dal Provveditorato alle opere pubbliche. E altrettanto apprezzabile è il rifacimento dell'aeroporto, fino a ieri snobbato per mancanza di strumentazioni, e oggi "dotato di ottimi sistemi radar e illuminazione della pista", assicura un tecnico dell'aeronautica.
Insomma: basta pronunciare la parola G8 e tutto scorre, tutto funziona. "Sobrietà con efficienza", aveva promesso il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Ed è stato di parola. Ha affidato il coordinamento a Marcello Fiori, l'uomo che ha gestito i funerali di papa Wojtyla, puntando su due fronti: "Il primo", spiega un ufficiale della Guardia di finanza, "riguarda la caserma dove alloggeranno i capi di Stato, presentata ai mass media come ideale per il G8, ma in realtà bisognosa di forti interventi ". Altro che rinfrescata generale o aggiunta di mobili: il piano di adeguamento, riassunto in un documento del ministero delle Infrastrutture, mostra ben cinque ditte abruzzesi (Iannini, Edilfrair costruzioni generali, Mancini, Di Vincenzo Dino & C. e Iciet Engineering) all'opera per reinventare le palazzine alloggi "B1, B2, D, E, E1, F4, F5, F6, H, M, P1 e P2". Quanto al secondo fronte, quello della sicurezza fuori dalla caserma, è tutto indicato in una mappa riservata e titolata "Sistema delle misure interdittive ". Una cartina da cui si vede che nei giorni cruciali sarà proibita la "circolazione veicolare, pedonale e di sosta"in tre strade essenziali (la statale 80, viale Fiamme Gialle e la provinciale 33), mentre in altre zone sarà impossibile "il transito di mezzi pesanti" o si accederà a piedi.

"Complessivamente un'ottima organizzazione ", commenta un alto grado dell'esercito. "Ma anche un cumulo di spese che offende gli sfollati". Il riferimento, esplicito, è "alla disperazione che regna in certe tendopoli ". Qualcosa di impossibile da immaginare, per chi abita altrove, ma che diventa realtà allucinante entrando nel campo di piazza d'Armi, gestito dalla Protezione civile e vietato alla stampa. All'interno, un migliaio di senzatetto sopravvivono in tende che bruciano quando c'è il sole (fino a 48 gradi) e si allagano appena piove. "E c'è di peggio", testimonia un'anziana: "Le tende hanno otto brande, e le famiglie vengono mischiate con i balordi". Sere fa, racconta, è esploso uno scontro tra slavi con coltelli e botte. Quanto alla droga, c'è l'imbarazzo della scelta tra leggera e pesante. Così le retate aumentano (il 19 giugno sono finiti in manette un invalido e un minorenne, che spacciavano nelle tendopoli 3 chili di hashish) e gli sfollati si rassegnano. Gli uomini, quelli senza lavoro, avviliti, camminano avanti e indietro nell'afa come animali in gabbia. Le mogli, mentre i bambini giocano, si arrangiano con gli stendibiancheria, infilati tra tende appiccicate una all'altra. E persino i poliziotti, dopo mesi di superlavoro, hanno di che lamentarsi: "Una collega, sfollata nel centro di piazza d'Armi, è costretta ad alloggiare davanti alla tenda di un delinquente ai domiciliari. Possibile? Torna a fine turno, appoggia la pistola sulla branda, e sa che qualcuno può rubargliela...".

Problemi che pochi conoscono, e ancora meno considerano. Nel caos endemico del dopo terremoto, le sofferenze private non trovano ascolto. Spariscono coperte dalle urgenze pubbliche, dal timore di nuove scosse devastanti. Tanta è la confusione, in queste settimane, che passano sotto silenzio anche questioni gravissime, come i tentati stupri avvenuti nelle tendopoli. Fatti confermati dalle forze dell'ordine, ma che non arrivano all'opinione pubblica. La parola d'ordine è chiara, sia a livello politico che di Protezione civile: costruire l'ottimismo. Puntare sul fascino del G8. Sul futuro vincente dell'Abruzzo testardo. Che sarà anche una scelta cinica, ma funziona: "Domenica scorsa, c'è stata la riapertura di un minuscolo pezzo del centro storico", dice l'avvocato Luisa Leopardi, dell'associazione ?Un centro storico da salvare?. "La notizia è finita sui quotidiani nazionali, si è spiegato all'Italia intera che era un segnale importante, tornare a bere il caffè in piazza Duomo nel bar di Ninetto Nurzia. Si è scritto, anche, che gli aquilani erano entusiasti, di passeggiare in centro per qualche centinaio di metri (a gruppi di massimo 60 persone, dalle 11 alle 22, ndr)". Ma non è vero, testimonia Leopardi. "Siamo stanchi di questi colpi d'immagine. Il nostro centro è ancora macerie, infinite macerie, e sofferenza viva. Tant'è che il sottosegretario Gianni Letta, presente alla riapertura, è stato sonoramente fischiato".
Piuttosto, concordano i comitati cittadini, quello che gli abruzzesi vorrebbero al più presto è una ricostruzione ragionevole. Condivisa. Lungimirante. Ne parlano di continuo, gli sfollati, ai margini della zona rossa dove giacciono cumuli di mattoni e ferraglia. Ripensano alle promesse del premier Berlusconi e masticano amaro: "Dove sono le ville che dovevano ospitarci?", urla un avvocato rimasto senza casa e studio. "E le crociere che ci doveva pagare?", scuote la testa Rita, 23 anni, sulla sedia a rotelle a causa del 6 aprile. In compenso, si potrebbe ribattere, sono iniziati a L'Aquila i lavori per costruire 150 palazzine antisismiche, finanziate con 700 milioni di euro, destinate a circa 13 mila persone e sparse su venti siti periferici. "Ma anche qui non c'è da gioire", dice l'architetto Marco Morante. "Quello che resterà, alla fine di questa storia, è un mostruoso stravolgimento urbanistico; un intervento che massacra i piccoli centri limitrofi, sopraffatti dalla nuova edilizia, senza restituire un'identità cittadina". Ragionamenti che i comitati popolari stanno girando ai politici, assieme a progetti alternativi e meno invasivi. Ma ad accoglierli ci sono disinteresse e sarcasmo. L'onorevole pidiellino Giorgio Straquadanio, ad esempio, per giustificare questa ricostruzione discutibile, ha replicato che "quando si allaga una casa bisogna togliere l'acqua, non salvare i quadri...". E se qualcuno non è d'accordo, ha aggiunto, pazienza: deve prendere atto che "siamo in democrazia, e che il Pdl alle europee ha ottenuto la maggioranza aquilana" (verissimo, anche se a votare è stato un misero 27,9 per cento, figlio proprio della rivolta antipolitica). "Il pericolo", dice il presidente della Provincia Pezzopane, "è che gli italiani credano alla campagna d'immagine lanciata dal governo Berlusconi. Che si convincano che tutto procede, che siamo tranquilli, e ci lascino soli". Un rischio probabile. Basti pensare al flusso di notizie fantasiose uscite in questi mesi sulle scuole aquilane. Dopo il sisma, un quotidiano nazionale ha titolato entusiasta ?Il miracolo di palazzo Quinzi?. "Eppure questa struttura, che ospita il mio liceo classico, è a pezzi", s'indigna il preside Angelo Mancini, "sono crollate le volte a crociera e si trovano danni ovunque, dalle scale alle aule agli uffici". Poi è toccato al sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia, dichiarare che "l'80 per cento delle scuole è già praticabile". ("Anche se l'unico istituto superiore completamente agibile", documenta Mancini, "è l'Accademia di belle arti, mentre tra materne, elementari e medie le scuole pronte sono 14 su 49"). Fino al paradosso di sabato 28 giugno, quando un quotidiano abruzzese ha inserito nella tabella ?Scuole agibili? 15 istituti classificati in fascia B: ossia "temporaneamente inagibili, totalmentete o parzialmente ", per citare l'ordinanza 3.779 del presidente del Consiglio.

Cambierà la situazione? Tornerà un barlume di vita normale? Finiranno le polemiche attorno al decreto casa, assicurando a tutti un sostegno sicuro? Finirà lo strazio degli appartamenti sventrati, dei negozi chiusi, degli anziani sacrificati in camper, dell'ospedale improvvisato nelle tende accanto a quello inagibile di San Salvatore, dove la gente attende stremata, in fila sotto il sole, per l'accettazione?"Ci vorranno anni", rispondono a registratore spento le istituzioni. Non certo i pochi giorni "bastati per smontare a La Maddalena un ottimo ospedale da campo (40 posti letto e due sale operatorie) e trasferirlo a L'Aquila per il G8". Ma si sa: tutto è possibile, in onore dei 23 leader mondiali. Anche che Berlusconi sfoderi, nel bel mezzo della tre giorni internazionale, la sua sorpresa più ambiziosa: un lavoro preparato ad hoc dal ministero dei Beni culturali, dalla Protezione civile e dalla Direzione regionale per i beni culturali abruzzesi. "Fotografie e schede", informa una nota riservata, con i monumenti danneggiati "adottabili dai Paesi esteri".

Il colpo di teatro per un premier traballante. Ma anche l'estrema speranza per una terra in ginocchio.
(24 giugno 2009)

da L'Espresso di Riccardo Bocca