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mercoledì 27 maggio 2009

L'Onu promuove la Puglia "È la terra più accogliente"

«Oggi la Puglia è la terra più accogliente d'Italia». Il riconoscimento per la Regione di Nichi Vendola è arrivato direttamente dall'Onu. Il portavoce dell'alto commissario delle Nazioni unite per i diritti dei rifugiati, Laura Boldrini, ha salutato con un plauso la cerimonia di intitolazione della sala giunta pugliese ad "Ester Ada, migrante cittadina del mondo". Con la benedizione di don Luigi Ciotti e il riconoscimento dell'Onu, il governatore Nichi Vendola ha intitolato la stanza dei bottoni della Regione alla diciottenne nigeriana morta durante il suo viaggio della speranza. Mentre Italia e Malta litigavano per decidere a chi spettasse accogliere quel barcone proveniente dalla Libia, Ester, con il bimbo che portava in grembo, si è spenta tra le braccia del fratello maggiore, Austin. Ieri era a Bari per assistere al varo della delibera che ha legato il nome di Ester a quello della Puglia.

E' l'atto di rottura attraverso il quale Vendola vuole prendere le distanze dalla politica dei respingimenti adottata dal governo nazionale. «Non vogliamo assuefarci a questo clima di barbarie», ha detto il governatore prima di leggere il dispositivo della delibera. «Ester avremmo voluto adottarla da viva, noi, come Regione Puglia, nel nome della nostra tradizione millenaria di accoglienza, la adottiamo da morta perché ci sentiamo corresponsabili della sua morte».
La delibera portata in giunta dall'assessore alla Trasparenza, Guglielmo Minervini, trae spunto dalla dichiarazione dei diritti dell'uomo, ma soprattutto, dallo statuto della Regione. «Leggendolo è stato straordinario cogliere come la Puglia si presentati ufficialmente al mondo come terra dell'accoglienza». Un ruolo che Laura Boldrini, portavoce italiano dell'alto commissario dell'Onu per i diritti dei rifugiati, ha riconosciuto anche nei fatti. «Quindici anni fa ero in Puglia quando scattò tra istituzioni e semplici cittadini una gara di solidarietà per accogliere i profughi che scappavano dai Balcani in fiamme - ha raccontato - adesso nel mondo e in Italia soffia una brutta aria ma con questo, ed altri provvedimenti, la Puglia si conferma la regione dell'accoglienza. Un esempio da seguire».

Ne è convinto anche il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, citato nella delibera: «Bene ha fatto la Puglia a ricordare Ester e gli altri 3.467 migranti morti durante il loro viaggio della speranza. Seguendo questo esempio, alla politica chiedo un atto di coraggio: abbandonare la facile strada del consenso per imboccare quella della giustizia sociale».

di Paolo Russo

Berlusconi: Financial Times, è un pericolo per l'Italia

"Non è un fascista", "non è Benito Mussolini" perché ha "squadre di veline, non di camicie nere", ma rappresenta comunque un "pericolo, in primo luogo per l'Italia, ed un esempio negativo per tutti". Così il Financial Times, uno dei più autorevoli giornali economici del mondo, descrive Silvio Berlusconi in un editoriale pubblicato oggi.
Per il Financial Times, se Berlusconi è così "dominante", la colpa è anche di una "sinistra assente", di istituzioni deboli e spesso politicizzate e di un giornalismo che troppo spesso ha accettato un ruolo subalterno. Ma soprattutto la colpa è di "un uomo molto ricco, molto potente e sempre più spietato".

MINACCE DI MORTE AL SINDACALISTA - UN'INFERMIERA FINISCE SOTTO PROCESSO

Galatone. Minacce di morte al telefono: una donna di Galatone,oggi 45enne, dovrà affrontare il processo dopo aver "perseguitato" un sindacalista di Nardò e la sua famiglia per circa un anno.
La storia: nel luglio 2006, dopo che la Asl di Lecce aveva rotto un accordo convenzionato con il Comune per la gestione della casa di riposo di Galatone, dove erano ospiti anche malati psichiatrici (dodici in tutto), l'Amministrazione affidò la struttura ad una associazione di volontariato denominata "Madre Teresa di Calcutta" della quale risultava responsabile un'infermiera di Galatone, C.P.
Il Comune incaricò l'associazione ad adempiere ai servizio socio-assistenziali per gli anziani e i malati psichici. Il 18 agosto 2007, però, un blitz di Asl e questura di Lecce chiuse, di fatto, la casa per inagibilità. Da quel giorno stesso i telefoni personali del sindacalista Maurizio Maccagnano (coordinatore provinciale della Cub Sanità) iniziarono a squillare, anche di notte. Evidentemente qualcuno lo considerava responsabile di quella chiusura. E non solo: squillava anche il cellulare della moglie (che per un periodo era stata anche impiegata nella casa di riposo) e il telefono nel reparto ospedaliero dove il sindacalista lavorava. Il "messaggio"? Sempre uguale: "sei morto!". Al più condito da insulti irripetibili.
Le indagini avrebbero appurato, attraverso i tabulati telefonici, che proprio la donna avrebbe perseguitato il sindacalista. Per questo è stata rinviata a giudizio.
La prima udienza è stata il 1 ottobre.
" Ho sempre difeso, e continuerò a farlo, il lavoro garantito, la struttura pubblica che oggi è chiusa, i diritti dei lavoratori, le paghe sindacali e contrattuali, i malati psichici, gli anziani e le loro famiglie che hanno bisogno di assistenza e supporto necessari - dice Maccagnano - Continuer la mia attività di sindacalista in difesa di lavoratori e cittadini onesti finche avrò vita e nessuno potrà mai fermarmi".

«Sfratto» dopo 40 anni, finisce l'utopia di Christiania



Di fatto è una sentenza di sfratto. Dopo decenni di schermaglie, qualche auto incendiata e tre anni di battaglie legali, ieri l'Alta Corte danese ha dato ragione al governo di centro-destra e torto all'ultima roccaforte hippie. Sfratto all'Utopia, o se preferite alla pacifica illegalità di un altrove chiamato Christiania. «E' la prova che nessuno è al di sopra della legge», cantano vittoria i Liberali. «Faremo appello alla Corte Suprema», assicura il portavoce dei «christianiti» Thomas Ertman. Niente sgomberi, per ora. Ma il verdetto è chiaro: Christiania, il posto più tranquillamente eversivo d'Europa con la sua Pusher Street e i tricicli dal carrello anteriore porta-bambino (uno se l'è comprato pure Angelina Jolie), con la sua vita a misura d'uomo (auto proibite) e (adesso più discretamente) pure di spinello, così com'è non può andare avanti. Quei 34 ettari pittoreschi, abitati da onestissimi fuorilegge e visitati da un milione di turisti all'anno, non appartiene a chi quarant'anni fa con un'occupazione abusiva li «recuperò» dall'abbandono e ora gelosamente li abita, a sbafo e in esclusiva.


Christiania è terreno dello Stato, hanno stabilito i giudici, quindi in teoria di tutti, e proprio per questo destinata a sciogliersi, a perdere la propria unicità, a dare cittadinanza e negozi e diritto di proprietà a gente da fuori, per esempio a chi potrà permettersi i nuovi appartamenti già progettati a prezzi di mercato. Per ora i 900 sopravvissuti (150 bambini) della comune più famosa (e integrata) del mondo restano lì, nel loro bucolico centralissimo altrove, nelle case colorate e graffitate di cui godono l'usofrutto per la modica cifra di 200 euro al mese (di spese). Ma adesso la «città libera» (Fristaden) divisa in 19 circoli che adottano la legge dell'unanimità (la maggioranza non è abbastanza) è meno «libera» di prima. E il suo futuro sembra segnato. Ieri mattina fuori dal tribunale la sentenza è stata accolta con qualche mugugno ma senza incidenti dal popolo dei «christianiti» che aspettavano con le loro bandiere rosse e gialle e il loro simbolo, la lumaca. Sono gente pacifica, famiglie con bambini (un paio di primavere fa la battaglia notturna con la polizia fu causata da gruppi di autonomi). La possibilità di rivolgersi alla Corte Suprema è stata discussa in serata nell'assemblea alla Grâ Hal, l'hangar grigio che nei giorni migliori ospita feste e concerti (nella Christiania dei tempi d'oro sono passati Bob Dylan e i Rolling Stones). Dal pop ai tribunali: Knud Foldschak, l'avvocato che ha difeso la comunità in tribunale, sostiene che il verdetto — riconoscendo la realtà di Christiania negli ultimi 40 anni — costituisce «una vittoria morale» e «una buona base» per continuare la battaglia alla Corte Suprema.


Tollerati e poi osteggiati dalla politica. Nel 1989 il governo socialdemocratico riconosce a Christiania lo status di «esperimento sociale», spostando il controllo sull'area dalle autorità cittadine allo Stato. Nell'87 un memo del ministero della Giustizia aveva avallato la tesi secondo cui lo Stato poteva recuperarne il controllo solo previo accordo con i residenti. Ma nel 2004 il centro-destra al potere, guidato dal «bel» Anders Fogh Rasmussen, chiede la «normalizzazione» della città hippie. L'autonomia di Christiania, il paradiso fiscale più comunista d'Europa, subisce i primi colpi. Sulla centrale «via degli spacciatori» spariscono i banchetti per la vendita di hashish e marijuana (che secondo la polizia alimentava un mercato di 134 milioni di euro). Gli abitanti sono costretti a pagare le tasse, ma rifiutano di aprire la loro «riserva indiana» all'intervento esterno. Il Parlamento vota la fine dell'«esperimento sociale». Nel 2006 i «christianiti» si appellano ai giudici. Ieri hanno perso. Il governo li invita a lasciar perdere la Corte Suprema: sedetevi al tavolo e discutiamo. Quest'anno Copenhagen ospita la grande conferenza dell'Onu sul clima, la Kyoto 2. Almeno fino ad allora, lo sfratto è rinviato. Chissà se tra i 20 veterani di «Fristaden Christiania» qualcuno sta rispolverando il vecchio inno della comune datato 1976, una canzone del gruppo rock Bifrost: I kan ikke slå os ihjel, voi non potete ucciderci.

Michele Farina

Nasce il Forum Antirazzista della Campania

Non avremmo mai pensato di dover vivere in un Paese dove, il giorno dopo che tre balordi danno fuoco per noia a un senza fissa dimora bengalese ad una stazione della metropolitana di Roma, un ministro degli interni, per tutto commento, potesse dichiarare che «occorre essere cattivi con i clandestini». Non avremmo mai pensato di poter vivere in un Paese dove Joy, ragazza nigeriana di 22 anni, costretta a prostituirsi, è morta di tbc perché non ha trovato il coraggio di andare in ospedale per paura di essere denunciata in quanto non in regola con il permesso di soggiorno.Non avremmo mai pensato di poter vivere in un Paese dove quasi ogni giorno una persona transessuale viene picchiata, denigrata, violata nella sua dignità, a volte uccisa solo perché differente nella sua identità di genere. Non avremmo mai pensato di poter vivere in un Paese dove vi sono città in cui si può essere uccisi a sprangate solo per aver rubato qualche biscotto. Non avremmo mai pensato di doverci vergognare di vivere in un Paese dove una semplice condizione umana basta per essere considerati criminali.

Non riusciamo a credere di stare in un Paese dove qualcuno si può permettere anche solo di proporre che sui pulman vi siano posti riservati agli italiani; dove una mamma migrante, per la sola colpa di non avere un permesso di soggiorno, può subire l’ignobile e inaudita violenza di non poter riconoscere il proprio bambino; dove esponenti del governo, con orgoglio e mostrando i muscoli possano rivendicare la portata storica di aver «respinto» qualche centinaio di disperati che sfuggivano da guerre, sfruttamento, abusi di ogni tipo.
Crediamo che tutto questo è il risultato di una deriva drammatica e devastante che arriva da lontano. E’ un’ondata razzista e discriminatoria nei confronti delle persone migranti che in questi anni è stata alimentata da una politica vigliacca e strumentale e che si è diffusa in modo ampio e profondo trovando facile presa nelle paure e nell’ignoranza, nel senso di precarietà e preoccupazione per il futuro che coinvolge milioni di cittadini italiani.

Un processo che, partendo dagli immigrati e dalle immigrate, si è allargato e sta caratterizzando e orientando la configurazione stessa della nostra società. Ha, consolidato, cioè, un’idea di società dove le identità si costruiscono e si riconoscono sul dominio o sull’annullamento delle altre identità differenti; dove la violenza non solo viene “sdoganata” ma assunta, in molti casi, come regolatrice delle relazioni umane, singole o collettive; dove le città diventano luoghi abitati non da cittadini ma da competitori sfrenati, dove gli ultimi, i differenti, i poveri sono spinti o costretti in periferie urbane e sociali senza diritti, senza opportunità, senza la possibilità di incidere sulle decisioni; dove le persone, come il territorio e il sapere, sono sacrificati e rapinati in nome del profitto.

Di fronte a tutto questo, come persone che da anni sono impegnata nella tutela e nella promozione dei diritti delle persone migranti pensiamo che nessuno possa più limitarsi alla sola indignazione. Pensiamo che anche il silenzio, il non dire con chiarezze da che parte si sta equivalga in qualche modo ad essere complici. Pensiamo sia urgente che ognuno di noi, nei luoghi del suo impegno, ma anche in quelli di vita e di lavoro debba nel quotidiano e con continuità contrastare l’ondata di inciviltà, cattiveria e razzismo che ci sta sommergendo
Pensiamo sia venuto il momento della denuncia e di dichiarare la propria disobbedienza, civile, democratica e nonviolenta rispetto a norme che colpiscono chi è più fragile, che negano le persone che stravolgono ogni principio di eguaglianza e accoglienza.
Per queste ragioni, insieme ad altri e altre abbiamo proposto che in questa regione venga ripresa e rilanciata l’esperienza del forum antirazzista della Campania che 15 anni fa fu uno dei principali protagonisti del movimento antirazzista italiano e che anche oggi potrebbe essere il luogo ideale per un impegno e una iniziativa forte e unitaria.

Pensiamo anche che nessuno di noi, per quanto bravo sia o per quanto grande e forte sia la sua organizzazione, da solo basti. Crediamo sia urgente mettere insieme le nostre storie, i nostri saperi, la nostra rabbia per contrastare quanto sta avvenendo, per proporre e costruire un’altra idea di comunità, centrata sull’accoglienza, sul rispetto dei diritti, sulla valorizzazione e la convivenza delle differenze

La scuola primaria torna in Onda

Alla Gelmini e ai suoi manovratori nelle stanze dei bottoni (Tremonti e Brunetta) non è bastato un autunno di mobilitazione, né la prova di forza dell'Onda anomala della scorsa settimana contro il G8 University summit.

E approfittando dell'estate in arrivo, cercheranno di far passare i drastici tagli che mineranno alle fondamenta le basi stesse dell'istituto della formazione, da quella primaria su su fino all'Università. E' di questi giorni infatti l'annuncio a mezzo stampa di drasticissimi soppressioni di corsi in molte facoltà del paese.

La cosa è ancor più vera per la scuola dell'obbligo dove la scure economicista di una casta politica capace di concepire la formazione come mero costo si abbatterà senza indugi, lasciando sul tappeto una miriade di scuole sprovviste di corpo insegnante ed amministrativo.

Come già fu per l'autunno, sono di nuovo loro a farsi sentire, i genitori e gli insegnanti della scuola primaria, consci che troppo alta è la posta in gioco per arrendersi. Lo scorso 22 maggio sono già scesi in piazza in moltissime città italiane. Oggi riprenderanno l'iniziativa con capillari ed articolate occupazioni degli uffici governativi distaccati del Ministero dell'Istruzione, per ribadire che non è certo questa la scuola che i genitori (e i bambini! e gli insegnanti!) vogliono...

da Infoaut