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lunedì 8 febbraio 2010

LA POLITICA CANGIANTE DEI FRASCA CHE NON E’ POLITICA: E’ TRASFORMISMO

Il fenomeno costante che dilaga nella classe politica meridionale è il trasformismo, il “cambio di casacca” che troppo spesso costituisce una degenerazione alla quale purtroppo i cittadini, o sarebbe meglio dire i “ sudditi”, sono abituati da lungo tempo ormai.
Anche a Nardò, simbolo di prassi degenerate e consolidate gli esempi di politici (ma sarebbe meglio dire politicanti) che cambiano spesso partito o addirittura schieramento non mancano.
Penso ad esempio al nostro Sindaco che è riuscito nel miracolo di essere primo cittadino con uno schieramento( centro-destra) e poi di farsi eleggere sempre a Sindaco con lo schieramento avverso(centro-sinistra).
Nardò è l’emblema delle contraddizioni e delle patologie della classe meridionale e nelle pagine di storia della sua amministrazione spesso si assiste a questo “ballo del potere”: da una parte all’altra, da destra al centro, a sinistra, e tutto senza neanche un minimo cenno di degna giustificazione al proprio elettorato.
Da tempo generiamo “mostri della politica” e per ora non diamo segni di ritrosia, continuiamo a perseverare in una tradizione che ci vede eleggere persone di statura morale alquanto dubbia.
Proprio in queste ore in città si mormora del passaggio di Cosimo Frasca( udite,udite:il più suffragato d’Italia nelle ultime elezioni con l’Udc) dall’Udc al Pdl.
Anche se pochi ancora si indignano credo sia giunto il momento di porre delle domande :
- Chi è Cosimo Frasca?
- Che idea ha dello sviluppo della città?
- Come è possibile che abbia un seguito così numeroso ?
- Cosa ha fatto di buono per meritare tanto consenso fra i suoi concittadini(o con-sudditi)?
- Come imposta le sue campagne elettorali?
- Deve dare spiegazioni al suo elettorato di riferimento per questo repentino cambio di partito? O deve infischiarsene dei vincoli che ha stretto durante questi mesi?
- E poi, dove è finita la dignità di un popolo?
- In definitiva, “ ci è chiu fessa la orpe o ci la secuta”?

ANTONELLO VENDITTI - BRUCIA ROMA



ANTONELLO VENDITTI - BRUCIA ROMA
"Le cose della vita" 1973

Brucia Roma, brucia Roma
co' li romani
brucia Roma, brucia Roma
co' li cristiani
brucia Roma, brucia Roma
er parlamento
brucia Roma, brucia Roma
cor Papa dentro
Brucia Roma, brucia Roma
e ce lo sapevamo
c' 'o sapeva morto bbene
puro Nerone
ma mentre solo lui sapeva suonare la cetra
mo' noialtri semo in tanti a sparare
E vorrei sapè dar professore
che fine ha fatto
Menenio Agrippa su Monte Sacro
lui combatteva pei diritti
dei contadini
e la plebe lo seguiva
mentre moriva
E vorrei sapè che fine ha fatto
Tiberio Gracco
puro lui fu assassinato mentre lottava
lui lottava pe' la plebe
e allontanare i pregiudizi
lui lottava pei diritti
e i peregrini
che poi sarebbero gli emigrati d'adesso
ma questo er professore nun me l' ha detto
e allora
brucia Roma, brucia Roma, brucia Roma
brucia Roma....

Diario da Haiti: gli aiuti selettivi

Gli aiuti e le esclusioni

di Fabrizio Lorusso
“Tutte le persone che ne hanno bisogno possono ricaricare il telefono gratis”, “Tutti i responsabili sindacali, le Ong e le organizzazioni umanitarie che vengono possono usare Internet gratis e possono fare anche delle riunioni”.

Dopo due giorni di viaggio tra aerei ed autobus da Città del Messico a Santo Domingo e poi a Port-au-Prince, Haiti, mi accoglie così il cartello scritto in creolo affisso sulla porta d’entrata dell’Aumohd, l’associazione di avvocati dedicati alla difesa dei diritti umani che operano nei quartieri disagiati di Porto Principe e che mi ospiteranno per una ventina di giorni nella zona Delmas, una delle tante città dentro la città che compongono la disastrata capitale haitiana. Il centro operativo dell’associazione funziona perfettamente grazie ad un generatore di corrente a benzina che alimenta alcuni computer portatili, dei cellulari e un paio di stampanti, strumenti indispensabili per ricominciare le attività di supporto alla popolazione e cercare la maniera migliore di ottenere i famosi “aiuti umanitari internazionali” che si vedono più alla televisione e nelle notizie che nella difficile realtà quotidiana.

Tutta la zona è senza elettricità e non si sa quando sarà ripristinata. Si vendono per la strada candele e pile per supplire alla mancanza di luce pubblica. Il generatore dell’Aumohd è a disposizione di tutti quelli che ne hanno bisogno e presto verrà istallato un piccolo centro medico per le cure d’emergenza e l’assistenza sanitaria se si riusciranno a recuperare dei fondi. Un amico compagno di viaggio, Diego Lucifreddi, e io abbiamo fatto la nostra piccola parte portando dal Messico un centinaio di scatole e flaconcini di antibiotici, antiematici, paracetamol, aspirine, d’alcol, oltre a garze sterili, vitamine e termometri ma i bisogni eccedono la capacità di due viaggiatori e richiedono un contributo di massa.

Il conteggio ufficiale delle vittime del terremoto del 12 gennaio scorso ha ormai superato la cifra di 200mila anche se molte abitazioni, uffici, chiese, negozi e strade non sono ancora state esplorate e sgomberate, quindi restano migliaia di vittime intrappolate nelle macerie di una metropoli trasformatasi rapidamente in un accampamento gigante e brulicante.

Lo shock post terremoto è uno dei fantasmi che si aggirano per le vie, per i parchi e le piazze di Porto Principe, occupate da accampamenti, tendopoli e rifugi d’emergenza che ormai sono una dimora per migliaia di senza tetto (il numero degli sfollati sembra aver superato il milione) e per le persone che non vogliono ritornare a casa perché gli spazi chiusi e le crepe enormi sulle pareti fanno troppa paura.

Le notti infestate dalle zanzare e dal calore asfissiante passano nella speranza di poter trovare un pasto per il giorno dopo o di poter inviare qualche soldo ai membri della famiglia che se sono andati a vivere in luoghi più sicuri fuori città. Quindi il secondo fantasma che minaccia la sopravvivenza della capitale è la fame dato che la massa enorme di viveri e medicine arrivati da tutto il mondo non filtrano verso i quartieri disagiati e alle associazioni veramente bisognose. Basta camminare dieci minuti sulla lunghissima e trafficata via Delmas per rendersi conto che la distruzione provocata dalle scosse del 7° grado della scala Richter è stata massiccia e ha cancellato interi condomini e palazzi sconvolgendo la struttura e l’anima delle strade, ma non ha abbattuto la volontà di sopravvivenza della gente comune e la vitalità del popolo haitiano. Forse una casa su quattro è crollata o minaccia di farlo presto se ci saranno nuove repliche del sisma o se l’incuria e l’impotenza dello Stato continueranno. L’unico palazzo governativo rimasto in piedi è quello del ministero degli interni nel cui giardino sono attualmente accampate centinaia di persone. In certi quartieri i politici non sono ben visti dato che appaiono magicamente durante la campagna elettorale e nei momenti d’estrema emergenza (molto frequenti ad Haiti), ma poi scompaiono nella polvere di strade mai asfaltate e nel silenzio di promesse non mantenute.

Inoltre l’offerta di cibo per la strada scarseggia, sono pochissimi i supermercati aperti e, solo per fare un esempio, una pizza da Domino’s costa da 10 a 20 dollari USA che è un prezzo assolutamente proibitivo. Stanno anche iniziando a proliferare i venditori di medicine e prodotti per l’igiene personale che alimentano il mercato nero della rivendita o “riciclaggio” degli aiuti umanitari selettivamente distribuiti. E’ urgente promuovere l’attivazione di canali alternativi di finanziamento e d’aiuto (vedi raccolta fondi: http://prohaiti2010.blogspot.com ) per la popolazione che si trova ai margini. Sembra che il problema dell’acqua sia stato parzialmente risolto e che il suo prezzo sia relativamente sotto controllo ma in alcuni casi supera il dollaro e mezzo al litro e quando non si hanno più entrate di nessun tipo, direi che il problema resta aperto e drammatico.

di Fabrizio Lorusso da GlobalProject

23 pallottole davanti al teatro milanese dove va in scena Giulio Cavalli

Giulio Cavalli è un rompiballe. Uno di quei rompiballe che ce ne vorrebbe qualche centinaio per rendere questo Paese un posto appena appena vivibile invece della fogna in cui si è trasformato. Questa sera Giulio il giullare non è riuscito ad andare in scena a Milano. Non per la neve. Non per un problema tecnico. Non è andato in scena per 23 pallottole messe in bella vista davanti al teatro. Ventitre, numero tondo ed inequivocabile. Pallottole trovate dagli agenti della Digos milanese che ormai lo seguono giorno per giorno. A cento passi dal Duomo.
Eh si, Giulio Cavalli è un vero rompiballe. Perché questa sera ha deciso di non andare in scena. Anche se il pubblico l’avrebbe voluto vedere comunque. «Facce ride… facce piagne…», uno quasi vorrebbe che la cosa finisse lì. No, Giulio è talmente rompiballe che non è riuscito e non ha voluto andare in scena con l’angoscia di sentirsi ancora e ancora minacciato. Perché Giulio è anche una persona seria e con quello stato d’animo avrebbe fatto un pessimo spettacolo e un pessimo servizio al suo pubblico. Perché Giulio è prima di tutto uomo civile e artista, voce narrante di una Lombardia colonizzata da omuncoli d’onore con commercialista brianzolo. Nomi, cognomi e presa per culo. Questa è l’arte del giullare Cavalli. Tu sei un mafioso? E io ti porto in scena, ti svelo, metto in ridicolo la tua criminalità, umanità presunta, presunto potere.

Scrivo mentre ho ancora dentro la testa le sue parole appena pronunciate al telefono. «Non se ne può più. Non di andare avanti, non di continuare a fare questa storia. Non se ne può più di fare le cose secondo i dettami della buona educazione, dell’opportunità politica. La cosa assurda è che dopo che ti minacciano la prima, la seconda, la terza volta, sembra che non sia possibile più raccontarla sta storia. Io mi sono rotto le palle di essere responsabile, ben educato».

Quando Giulio si è candidato in molti temevamo un’escalation della minaccia e dell’intimidazione. Puntualmente è arrivata. Omuncoli senza fantasia, senza onore. Fa paura il buffone? Fa paura la risata? Eh si, che fanno paura.

Giulio Cavalli è un rompiballe.
Non riesce a stare a tavola e spesso sbaglia posate.
E poi parla sempre forte.
Ride che sembra un raglio e si specchia sempre troppo poco spesso.
A volte ti fa incavolare come solo un attore di razza riesce a fare. Giulio è così.
È un uomo. E andrà in scena. E farà la sua campagna elettorale.
E non starà zitto e racconterà anche le sue paure. Perché Giulio è un uomo, non un quaquaraquà

http://www.orsatti.info/archives/2958
da Indymedia







'Gli Ogm? Il colpo di grazia per la nostra agricoltura'


Dietro ci sono soltanto enormi interessi economici e probabili conseguenze sulla nostra salute, quindi prima di credere a quella o a quell'altra parte, domandiamoci sempre: cosa e chi ha da guadagnarci?

Ogm sì, Ogm no. L'eterna lotta fra opposti schieramenti che si scontrano intorno a questi famosi sconosciuti organismi geneticamente modificati non ha colore politico, né partiti."Dietro ci sono soltanto enormi interessi economici e probabili conseguenze sulla nostra salute, quindi prima di credere a quella o a quell'altra parte e prendere posizione, domandiamoci sempre: cosa e chi ha da guadagnarci?". È così che Marina Mariani, agronoma, specializzata in Ogm, docente di legislazione e sicurezza alimentare al Politecnico del Commercio di Milano, ci spiega la complessa questione del transgenico, tornato alla ribalta delle cronache proprio in questi giorni grazie alla decisione del Consiglio di Stato di sollecitare risposte concrete alle richieste di quegli agricoltori che intendono coltivare mais Ogm. "E si tratta del tipo più pericoloso, il mais Mon 810, attenzione", precisa la studiosa.

Ma andiamo per gradi. Gli organismi geneticamente modificati più coltivati nel mondo sono prevalentemente sei: soia, mais, colza, cotone, riso e frumento. Dediti alla loro produzione, 125milioni di ettari sparsi in 23 paesi. Una quantità enorme, diffusa principalmente negli Stati Uniti, quindi in Argentina, Brasile, Canada, Cina e India. Eppure, a tirare le fila dell'immane mercato che ne consegue e a goderne i golosi proventi sono davvero in pochi, molto pochi. Cinque per l'esattezza, cinque grandi multinazionali: Monsanto, Du Pont, Syngenta, Bayer Crop Science e Dow, che gestiscono attualmente il 35 percento del mercato mondiale delle sementi, alimenti base per il cinquanta percento della popolazione mondiale. Un business da capogiro.

"Gli Ogm - ci spiega Marina Mariani - sono organismi definiti "sostanzialmente equivalenti" a quelli prodotti in natura, ma, attenzione, è proprio in quell'avverbio che si nasconde un mondo di pericolosi non detti, supportati da scarse ricerche scientifiche, che quando producono risultati scomodi vengono secretate o insabbiate. La cosa che inquieta è che sono le medesime multinazionali produttrici Ogm a garantire sulla salute dei consumatori, gestendo direttamente analisi e controanalisi. Che mai e poi mai sono state ufficialmente affidate a centri di ricerca indipendenti. Eppure, tanti scienziati e dei più svariati paesi al mondo ne hanno dimostrato la pericolosità. Come si spiega il fatto che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) basi il suo giudizio finale esclusivamente sugli studi dell'industria che li vende?".

E se gli Ogm sono stati presentati come l'invenzione che avrebbe sconfitto la fame nel mondo, i numeri e le ricerche smentiscono questa affermazione, additandola come l'ennesima bufala ai danni dei consumatori e a tutto vantaggio dei produttori, che controllando il mercato delle sementi "controlleranno il mondo". "I semi Ogm non sono più produttivi di quelli naturali - spiega l'agronoma - né tanto meno scongiurano l'uso di pesticidi. Anzi. Diciamo è provato che gli Ogm stimolano la selezione naturale di piante e insetti, sempre più resistenti ai vari pesticidi, che quindi dovranno continuare a essere usati sempre in maggiori dosi e sempre diversi. E guarda caso, chi è che produce i pesticidi perfetti per queste sementi? Multinazionali quali la Monsanto naturalmente. Una maniera per stringere ancor più il legame con i compratori, che così facendo diventerà perenne. È ormai risaputo, infatti, che sta per essere introdotto in ogni singolo seme modificato il gene terminator, un'invenzione diabolica che provocherà l'aborto dei semi di seconda generazione, in modo che gli agricoltori Ogm siano costretti ad ogni stagione a ricomprare nuove sementi, diventando schiavi del produttore". La diffusione Ogm rende l'agricoltura definitivamente dipendente dalle industrie sementifere e se si aggiunge il fatto che la diffusione Ogm è irreversibile i conti son presto fatti. "Sì - ci spiega l'esperta - una volta piantato un alimento Ogm nel terreno non si torna indietro, perché la diffusione di questi prodotti è incredibilmente alta e una volta piantato si spargerà, contaminando i terreni nei dintorni, i cui effetti dureranno anni". Per questo nei paesi ad alta coltivazione Ogm sono state imposte ferree distanze di sicurezza tra Ogm e prodotti biologici. Distanze impossibili da rispettare in Italia, dove i campi sono troppo piccoli per permettersi ettari ed ettari da destinare a fungere da aree di sicurezza anti Ogm. Quindi, più agricoltori italiani pianteranno Ogm, più alimenti biologici ne verranno contaminati accidentalmente e le conseguenze sulla salute saranno imprevedibili. "Premettendo che mai nessuno ha eseguito test Ogm su persone per più di un giorno, da quanto emerge dagli studi sui topi, il consumo di prodotti geneticamente modificati porta allergie e forme tumorali molto gravi. Da uno studio statunitense emerge che in Usa dal 1996 sono aumentati i disturbi gastrointestinali, le allergie, le infezioni, i tumori del sistema linfatico, della prostata, del pancreas e del seno, e il fatto che quella data corrisponda al lancio degli Ogm non può essere una mera coincidenza".

Eppure, c'è chi difende gli Ogm a spada tratta, appellandosi però non al fatto che fanno bene, bensì al fatto che nessuno ha mai provato che una malattia sia stata provocata direttamente dal consumo di Ogm. Fra questi Federico Vecchioni, presidente di Confagricolutra: "Al mondo c'è chi coltiva così 111 milioni di ettari. Non credo per annientare la specie umana, ma perché ritiene di essere al servizio della scienza", ha spiegato lanciando la polenta transgenica alla Fieragricola di Verona. Questa l'approssimazione di chi vede dietro ai geneticamente modificati solo una montagna di soldi. "Che poi è tutto da dimostrare se i contadini che ne faranno uso avranno dei guadagni - precisa l'agronoma - non vorrei mai che si ritrovassero come i coltivatori di cotone Ogm indiani, molti dei quali, strozzati dai debiti, non hanno visto altra scelta che il suicidio. Mi sento anzi di dire che l'intrusione degli Ogm in Italia sarà il colpo di grazie per la nostra agricoltura".

E le leggi? Sia quelle italiane che le europee si basano sul principio espresso dal presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro: "E' giusto e sacrosanto il diritto dei consumatori di sapere se un prodotto contiene o no Ogm, ma è altrettanto sacrosanto il diritto degli agricoltori di scegliere se coltivare o no produzione Ogm in Europa". Quindi un appello alla libertà, che nella pratica non viene rispettato. "Impossibile sapere cosa si mangia veramente - spiega l'agronoma - perché le norme stabiliscono che se un Ogm è presente entro lo 0.9 percento non deve essere segnalato. Percentuale che l'Ue tollera persino nei prodotti marcati Bio. Quindi dove sta la libertà?".

L'unica via d'uscita dunque per quel 74 percento di italiani contrari ai geneticamente modificati e per quelle 172 regioni e 4500 enti "Ogm free" è "non abbassare mai la guardia, controllare attentamente le etichette di quel che si acquista, preferire i Bio nonostante i rischi accidentali e non smettere di lottare". Con un avvertenza, gli unici paesi espressamente ani-Ogm sono Austria, Cipro, Francia, Grecia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Slovenia, Romania.

di Stella Spinelli da PeaceReporter

Fine di una illusione

di Pietro Ancona
La gravissima scelta del Congresso dell’Idv di appoggiare il discusso ed equivoco sindaco di Salerno nella corsa per la Presidenza della Campania compiuta addirittura per acclamazione da un Congresso voglioso di governo e di stare in maggioranza spegne le speranze di un’alternativa morale e politica al bipolarismo tra simili o addirittura eguali. Nonostante l’avvertimento di De Magistris che votare De Luca significa consegnare la Campania alla camorra ed ai casalesi, le pulsioni profonde del Congresso, alimentate dai segnali lanciati da Di Pietro e da Bersani, hanno travolto tutto e tutti.Avevo visto situazioni simili nei congressi socialisti che di fronte alla prospettiva di acquisire comunque un poco di potere non si curavano nè del come, nè del quando, nè delle cose che bisognava almeno
salvare in una azione di governo. La frase di Di Pietro ” di opposizione si può morire” preceduta da
quella sulla piazza che “non basta” conclude malinconicamente una fase della politica italiana in cui
il pungolo dell’IDV era riuscito spesso a trascinare il PD lontano dall’abbraccio mortale con il centro destra e dal pensiero unico. Il merito di tutto questo è anche di Casini e della idea di inaffidabilità che ha generato nel PD che lo voleva alleato. I due forni di Casini che poi è il forno solo della convenienza di potere hanno spinto Bersani a trovare una intesa con Di Pietro, a conquistarlo ideologicamente alla sua teoria e prassi della politica che prevede la ricerca dell’accordo con la maggioranza. Bersani ha commissariato il Congresso IDV. Lo ha seguito dalla prima all’ultima battuta ed è riuscito nel suo disegno. Un Di Pietro “moderato” che appoggia De Luca in Campania e smentisce il malcapitato Genchi per le cose che aveva avuto l’ingenuità di dire sul conto del false flag
di Tartaglia, un Di Pietro che potrebbe confluire nel PD diventa una acquisizione importante
per la stabilizzazione a destra del PD che, a questo punto, potrebbe anche lasciare al loro destino gli
espulsi dal Parlamento comunisti e verdi.
Mi auguro a questo punto che tutte le persone che in qualche modo hanno appoggiato Di Pietro a crescere ed a resistere in questi mesi decidano di compiere una scelta diversa e di collocarsi davvero a sinistra. Micromega, il Fatto, i tanti gruppi che fanno capo a Grillo, il popolo viola e quanti altri hanno ammirato e sostenuto il coraggio con cui Di Pietro si è battuto contro Berlusconi infischiandosene financo delle buone maniere ed ha strattonato lo stesso Presidente della Repubblica richiamandolo alle sue responsabilità di custode della Costituzione debbono prendere atto che il moderatismo italiano ha dominato alla grande il Congresso e che il politicismo di gran parte di coloro che sono arrivati all’IDV soltanto per conquistarvi spazi disponibili chiusi altrove l’ha avuto vinta senza bisogno di combattere tanto.
Pietro Ancona

http://www.repubblica.it/politica/2010/02/06/news/bossi_attacca_l_udc_non_conta_niente-2205484/

da Reset-Italia