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venerdì 4 marzo 2011

Taranto, Coldiretti: nei campi è stato di calamità

E' necessario avviare subito le procedure per la dichiarazione dello stato di calamità nelle campagne dove decine di migliaia di ettari di terreno agricolo sono finiti sott’acqua insieme a case rurali e stalle per effetto dell’ondata straordinaria di maltempo che ha provocato perdite di ortaggi, verdure, vivai, serre mentre si temono danni alle piante da frutto come gli agrumeti e ci sono preoccupazioni per le semine primaverili. E' quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti che segnala anche frane e smottamenti nei campi e sulle strade che potrebbero far salire il conto dei danni nelle campagne a cento milioni di euro.

Un vero bollettino di guerra la situazione in Puglia dove la Coldiretti ha chiesto la declaratoria di stato di calamità naturale. Colpite tutte le province pugliesi, anche se i danni più consistenti si registrano a Taranto e Foggia. In particolare a Taranto, in contrada Marinella, Pantano e Tufarella, tra Ginosa e Bernalda (Matera), molti ettari di ortaggi e vigneti da tavola sono stati completamente distrutti ed alcuni fabbricati, sia capannoni che abitazioni, danneggiati. Anche a Castellaneta, contrada Gaudella e Palagianello nella cosidetta “Lama”, centinaia di ettari sono stati allagati con distruzione di tutti i seminativi. Ortaggi e vigneti allagati anche nelle restanti aree della provincia. Tra Ginosa, Laterza, Castellaneta e Palagianello gli imprenditori agricoli denunciano strade dissestate o addirittura chiuse, canali di scolo della bonifica in crisi di deflusso ed i terreni circostanti allagati con conseguente rischio di fenomeni di marciume radicale. Infine, l’abitato di Marina di Ginosa è completamente invaso dalle acque. Campi allagati e collegamenti impraticabili anche in provincia di Brindisi.
In Calabria la situazione è critica per gli ortaggi e per gli agrumeti, ma sono stati provocati danni anche a colture pregiate come ad esempio la cipolla Rossa di Tropea ad Indicazione Geografica Protetta (IGP). Disastrosa - continua la Coldiretti - la situazione della Basilicata nel Metapontino dopo l’esondazione dei fiumi Agri, Sinni, Basento e Bradano. Migliaia di colture di ortive, fragole, agrumeti e frutteti sommersi dall’acqua. Serre e fabbricati danneggiati, case rurali evacuate, aziende zootecniche semidistrutte e bestiame annegato. Difficile quantificare gli enormi danni. L’accesso ai terreni è reso difficoltoso dalle frane e dagli smottamenti, conseguenza delle inondazioni che hanno fatto scomparire anche molte strade rurali. I dirigenti Coldiretti della zona stanno facendo i sopralluoghi nelle aziende colpite. L’intero territorio agricolo di Pisticci è stato danneggiato dall’esondazione del Basento. Campi di fragole e ortive, frutteti e agrumeti inondati. Oltre 70 famiglie fatte evacuare dalle case rurali. Serre, fabbricati, strade e ponti distrutti. Gravissima anche la situazione nei territori di Bernalda e Montescaglioso.


Drammatica la situazione nei comuni di Bernalda e Montescaglioso, con campi di cereali, fragole, ortive, agrumeti e frutteti ancora sommersi dall’acqua e forti criticità negli allevamenti. Stalle interamente allagate, come quelle dell’azienda Esposito, che ha perso oltre 350 capi in seguito all’esondazione. L’Agri oltre a migliaia di ettari di fragole, ortive, frutteti e agrumeti nei comuni di Policoro, Nova Siri e Rotondella, ha inondato molte case rurali. In Abruzzo nella provincia di Teramo dove sono andati sott’acqua centinaia di ettari di terreno per effetto delle piogge incessanti che hanno anche reso inaccessibili molte strade poderali e, oltre ai danni diretti alle coltivazioni, hanno determinato smottamenti che hanno stravolto la conformazione dei terreni agricoli. In Italia - precisa la Coldiretti - ci sono 5.581 comuni, il 70 per cento del totale, a rischio idrogeologico dei quali 1.700 sono a rischio frana e 1.285 a rischio di alluvione, mentre 2.596 sono a rischio per entrambe le calamità
. All'elevato rischio idrogeologico non è certamente estraneo il fatto che un territorio grande come due volte la regione Lombardia, per un totale di cinque milioni di ettari equivalenti, è stato sottratto all'agricoltura che - afferma la Coldiretti - interessa oggi una superficie di 12,7 milioni di ettari con una riduzione di quasi il 27 per cento negli ultimi 40 anni. Il progressivo abbandono del territorio e il rapido processo di urbanizzazione spesso incontrollata non e' stato accompagnato da un adeguamento della rete di scolo delle acque ed è necessario intervenire per invertire una tendenza che - sottolinea la Coldiretti - mette a rischio la sicurezza idrogeologica del Paese. Una situazione aggravata dai cambiamenti climatici in atto che - conclude la Coldiretti - si manifestano con una maggiore frequenza con cui si verificano eventi estremi, sfasamenti stagionali, maggior numero di giorni consecutivi con temperature estive elevate, aumento delle temperature estive e una modificazione della distribuzione delle piogge.

da GrandeSalento.org

Beirut, aspettando la rivoluzione


Manifestazioni anche in Libano, dove lo scenario pare molto differente dal resto del mondo arabo

scritto da Erminia Calabrese da Beirut per PeaceReporter

"Pane, lavoro e libertà", urlavano i manifestanti nelle varie piazze arabe che nelle ultime settimane hanno trovato nel canale satellitare al-Jazeera una vera e propria leadership. "Il popolo vuole la caduta del regime", gridavano i rivoluzionari a Tunisi, al Cairo a Tripoli, liberandosi di regimi e di tiranni che per trenta anni avevano vietato ogni forma di libertà e la possibilità di una vita dignitosa per loro e per i loro figli.
Senza nessuna distinzione di religione, tribù, famiglie è stato il popolo il vero protagonista di queste rivoluzioni che qualcuno ha voluto chiamare "miracolo arabo". E' stato il popolo stavolta a liberarsi da quella retorica coloniale che da sempre aveva preteso di trasformare gli arabi in persone pigre e soggiogate dall'Islam. Bisognerebbe chiedere a Georges Bush o ad Hillary Clinton cosa hanno provato mentre la piazza al Cairo rovesciava quel regime che da anni l'amministrazione statunitense aveva appoggiato e finanziato perché considerato moderato, per il semplice fatto di aver firmato un accordo di pace con Israele, che aveva potuto cosi approfittare del gas egiziano a prezzi ridotti.
"Quando sei costretto a lavorare dalle cinque di mattina alle dieci di sera e nonostante questo vedi che non riesci ad arrivare a fine mese allora vuol dire che c'è un vero problema", commentava un cittadino libanese nei giorni della rivolta al Cairo - "allora vuol dire che devi iniziare a far sentire la tua voce".

"Il popolo vuole la caduta del regime settario", gridavano invece a Beirut, domenica scorsa, circa quattro mila persone, in maggioranza giovani, che sulla scia delle rivolte in Medio Oriente e in Nord Africa avevano organizzato una manifestazione nella capitale. In un Paese dove il potere è diviso tra diciotto comunità confessionali eredità dell'impero ottomano rafforzata dal colonialismo francese nel Paese una rivoluzione sembra però essere improbabile perché come ricorda Khalil, responsabile del Partito Comunista all'Università Americana di Beirut: "Se in Libia il tiranno è uno qui in Libano ne abbiamo tanti, uno per ogni confessione e una mobilitazione in termini nazionali è davvero difficile".

"Siamo stanchi di dover andare all'estero per trovare un lavoro mentre i nostri dirigenti non fanno altro che metterci gli uni contro gli altri utilizzando la retorica confessionale", dice Hani, un ragazzo di 26 anni.
In questo stesso giorno, mentre sotto la pioggia i giovani senza perdersi d'animo manifestavano per le strade della capitale, al nord del paese, nella regione di Akkar, una delle zone più povere del paese dove ogni famiglia in media è costituita da nove membri, Ahmad Hariri, vice presidente del Partito al-Mustaqbal, capeggiato dall'ex ormai premier Saad Hariri girava per le strade di Akkar in cerca di consensi distribuendo pane e lavoro, dopo che il premier designato Najib Miqati aveva ricevuto un bagno di folla nella visita a Tripoli, sua città natale.

"Non c'è lavoro qui, è solo grazie a Saad Hariri se oggi posso mettere qualcosa nel piatto dei miei nove figli. La settimana scorsa mi hanno addirittura spedito una valigia piena di vestiti per bambini", ricorda Yemen, una donna sui cinquant'anni. "Ho trovato un lavoro grazie ad Hariri che mi ha impiegato in una delle sue tante istituzioni qui nella regione", racconta invece Abu Ahmad. "E' lui che si occupa dell'istruzione dei miei figli e in caso delle loro cure mediche".
Se pane e lavoro ci sono, dove è la libertà?

L'aquila...città universitaria??

L'Aquila, 1 mar 2011

In otto hanno dovuto fare i bagagli, abbassare la testa e chiudersi dietro le spalle la porta della nuova Casa dello studente ma non solo, hanno perso il diritto a percepire la borsa di studio di cui sono titolari dovendo, inoltre, provvedere alla restituzione dei mesi fino ad oggi percepiti. La colpa che stanno espiando sei ragazzi e due ragazze è quello di aver fumato una sigaretta nella sala studio dell'ex caserma Campomizzi. La pietra dello scandalo non sarebbe stata in realtà il vizio del fumo, dato che i richiami per cattiva condotta sarebbero stati fatti, e finiti lì, ad alcuni il 23 novembre scorso, ad un altro gruppo il 9 dicembre 2010 ed infine altri a gennaio, piuttosto il 'caso' sarebbe nato dalle parole di un'altra ragazza allontanata a sua volta dalla struttura perché trovata ad utilizzare un fornellino elettrico.Il 'foglio di via' sarebbe stato redatto proprio in seguito all'audizione di quest'ultima ragazza che avrebbe storto il naso per dover lasciare il suo posto letto nella nuova Casa dello studente e la quale avrebbe replicato di non essere stata la sola ad essere stata trovata in violazione con il regolamento e dunque di non dover essere sola lei a pagare andandosene.

La revoca dell'alloggio giunta lo scorso 15 febbraio a 5 ragazzi israeliani, a 2 ragazze di Larino in provincia di Campobasso e ad un abruzzese originario di Penne, farebbe riferimento all'articolo 8 del regolamento interno della struttura studentesca che prevede la revoca del posto letto e della borsa di studio per la detenzione di armi, alcool, sostanze stupefacenti, giovo d'azzardo, la cessione del posto assegnato fino a giungere al fumare negli spazi comuni o all'interno delle proprie stanze.

«Hanno avuto tempo fino al 28 febbraio per lasciare i loro alloggi. Ieri notte alcuni hanno trovato ospitalità da amici altri hanno dormito in alcuni container messi a disposizione dalla Protezione Civile, – le parole di Wania Della Vigna, l'avvocatessa incaricata dai ragazzi di rappresentarli in questa battaglia – ma non è solo il problema dell'alloggio, hanno perso anche la borsa di studio, di cui erano titolari sia per requisiti di merito, sia per i loro redditi quasi alla soglia della povertà, e tale provvedimento sarà retroattivo. Neanche la caparra di 450 euro gli verrà restituita dato che sarà trattenuta per coprire le mensilità della borsa di studio percepite da settembre ad oggi».

«Non c'è un docente universitario al loro fianco – sottolinea la presidente del Comitato vittime della Casa dello studente, Antonietta Centofanti, mobilitatosi a favore degli otto ragazzi – si riempiono la bocca di belle parole ma non fanno nulla per il futuro degli studenti».

«Una città universitaria che deve essere ricostruita non può dimenticare i suoi studenti, li deve proteggere – incalza Della Vigna – è per questo che noi rivolgiamo un appello al Rettore di Orio, gli studenti devono essere protetti anche adesso. Non devono perdere il sogno di laurearsi all'Aquila»

Il commissario straordinario dell'Azienda per il diritto agli studi universitari, Francesco D'Ascanio, sottolinea come si stia già definendo un possibile percorso per risolvere la situazione in cui si sono trovati i ragazzi: «Vedrò tra poco il vice commissario alla ricostruzione Antonio Cicchetti, il quale è sicuro che ci sia una base per trovare una situazione alternativa. Stiamo pensando di muoversi bandendo un nuovo avviso pubblico per ristabilire la situazione ante quo».

Resta da capire se l'atto di revoca degli alloggi sia un atto personale del direttore dell'azienda per il diritto allo studio, Luca Valente, o se sia stato un provvedimento firmato da tutto il Cda.

da Indymedia

ECCOCE ROMA - REMO REMOTTI feat. ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO