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venerdì 30 ottobre 2009

Un nuovo codice etico che coniughi "l'effecienza con la trasparenza"

Nardò-Italia dei Valori

Nei giorni scorsi abbiamo pronunciato tutto il nostro profondo dispiacere per una politica che va alla deriva e che trascina con se tutti i Diritti e i Doveri di una società civile.

Oggi usiamo invece questi organi di stampa per staccarci dal politichese sostenendo con i fatti i lavoratori del gruppo S.E.S.
La storia è ormai tristemente nota si tratta dello sfruttamento dei lavoratori, non un reato ma una tipica regola del meridione dove l’uomo o la donna che vuole lavorare deve servire il suo datore di lavoro e se non va bene così si è fuori.
Il rispetto finisce così per essere univoco, un diritto a senso solo.

In queste ore si esortava alla partecipazione del gruppo S.E.S alle gare d’appalto per la metanizzazione, qualora venisse approvato il bilancio delle nostre marine.

Noi di IdV lanciamo la proposta perché venga rivista la procedura per le gare d’appalto realizzando un codice etico che oltre a garantire la libera concorrenza tra le imprese, garantire la massima trasparenza e migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e soprattutto vada a regolare la partecipazione alle uniche imprese che rispondono a requisiti come:
- Ostinazione da parte della ditta a richieste estorsive, ossia tangenti sotto qualsiasi forma.
- Estraneità delle ditte a procedimenti legali in materia di sfruttamento dei lavoratori o inadempienza a qualsiasi punto del contratto stipulato con essi.

Siamo convinti che si possa lavorare su questo che risulterà un provvedimento utile a garantire ai cittadini qualità e trasparenza nei servizi e possa risolvere in parte la questione dei lavoratori.

Ufficio di Presidenza
Circolo IdV “Peppino Impastato” Nardò

NARDO' - PER UN’OPPOSIZIONE AL NUCLEARE


SABATO 31 OTTOBRE 2009 ORE 16:30 PRESIDIO INFORMATIVO E MOSTRA CONTRO IL NUCLEARE. VIA DUCA DEGLI ABRUZZI ANGOLO CON PIAZZA OSANNA NARDO’.

Il ritorno all’energia atomica in Italia sembra ormai una tragica realtà in via di realizzazione, voluta dal governo e dalle lobby industriali per appagare la loro inestinguibile sete energetica.
Le centrali nucleari arricchiscono soprattutto ci le costruisce e gestisce, lasciando in eredità al pianeta l’inquinamento radioattivo millenario delle scorie – nefasto per la nostra salute e la vita sulla terra in generale -, nonché le conseguenze di eventuali e sempre possibili incidenti, e una militarizzazione e controllo capillare del territorio.
Fra pochi mesi il governo renderà note le aree dove impiantare i nuovi mostri e stoccare le scorie. L’ENEL, in società con la sua omologa francese EDF, ha già pronti tre progetti da avviare subito.
Nel Salento – rispolverando un piano del 1981 – si ipotizza una centrale nella zona tra Avetrana, Nardò, Manduria.
Ma al di là della contingenza geografica, riteniamo che sia interesse di tutti – indipendentemente da dove verranno realizzate – imporsi alle nocività imposte in nome di un progresso che è solo capace di rovinarci la vita, per il profitto dei soliti potenti.
E farlo prima che sia troppo tardi.

Antiautoritari contro il nucleare
CONTATTI : peggio2008@yahoo.it
Via Massaglia 62-c Lecce

La Finlandia rifiuta il vaccino


Intervista a Rauni Kilde, ex ufficiale nazionale sanitario per la Finlandia.
- Lei pensa che questi virus siano stati specificatamente selezionati da testare su di noi per operare mutazioni della specie o per ucciderci?

Beh come minimo ci rendono molto malati, poiché lo scopo che ho letto dell’élite, se posso usare questa parola, è quello di ridurre la popolazione del pianeta terra di almeno i due terzi, forse persino di 5 miliardi…- Stiamo però affrontando questa nuova patologia, la suina..
Ma la suina è una enorme cavolata!
Non è la suina a essere pericolosa, è l’iniezione del vaccino! Perché non è solo composto dal virus della suina ma è mescolato con virus umano e con virus aviario e dietro vi è l’intento di ridurre la popolazione, perché è molto tossico, e di fare guadagnare miliardi di miliardi di miliardi a coloro che li producono, Rumsfeld è uno dei proprietari di quelle aziende farmaceutiche.
Volendo ridurre la popolazione, iniziano dai bambini e dalle donne incinte, i primi da eliminare per la prossima generazione.

- Ha tentato di avvertire i governi?
Non i governi ma ho scritto l’informazione alla Finlandia, non penso che funzionerà…

- Hanno già provato alla fine degli anni 70…

Sì, nel 1976, negli USA con l’influenza suina, ma i vaccini furono fermati dopo tre settimane perché ci furono così tanti morti e si ammalavano della sindrome * che distrugge il sistema neurologico delle persone; questa volta hanno portato degli accorgimenti per ricominciare; però prima hanno fatto in modo che le persone non possano più essere risarcite, in caso di conseguenze nefaste sulla salute, perché prima negli USA si dovevano pagare importi enormi in caso di danneggiamento alla salute ma adesso è stata approvata una legge secondo cui queste aziende non sono responsabili e non devono pagare alcun risarcimento né in caso di morte né in caso di danno sanitario cronico. L’hanno pensata proprio bene.

- Quindi possono avvelenarci o ucciderci e farla franca?
Esattamente.

- Ma come mai succede? Come mai così tanti governi lo permettono?

Beh non lo stanno ancora permettendo perché non hanno ancora fatto niente. Stanno portando avanti un programma di terrore nei mass media, tutti i mass media: è una propaganda del terrore e le persone si spaventano perché non lo sanno.
L’OMS ha ordinato che tutti devono essere vaccinati obbligatoriamente. Precedentemente, l’OMS non aveva la facoltà di costringere alcun governo, poteva formulare solo raccomandazioni ma nel 1986/87 si disse che in caso di pandemia, allora l’OMS poteva impartire ordini.
All’inizio di giugno, l’OMS ha dichiarato la pandemia di livello 6, che è il massimo, ma viaggiando in qualsiasi paese del mondo si poteva constatare che non c’erano i milioni di malati di suina. E’ stato fatto solo per forzare le persone e per preparare i governi all’obbligo del vaccino.
Ma non funzionerà perché le persone…

- Lei pensa che le cifre fornite dall’OMS siano false?

Certamente sono false. Si deve sempre tener presente perché lo fanno, e il cui prodest. Cui prodest?
Secondo me, sono stati costretti, ma da chi? Da Big Pharma che gestisce la popolazione del mondo e il denaro del mondo, milioni e milioni.

- Qual è la strategia? Perché lo fanno? Qual è lo scopo?
E’ quello di uccidere quante più persone possibile e di fare quanti più soldi possibile (per loro). Ma penso che abbiano mal calcolato questa volta. Perché già alla riunione del Bilderberg il 14 e il 15 maggio scorso in Grecia, si è verificata quasi una spaccatura, quando ne hanno discusso. E posso immaginare benissimo che i partecipanti usuali al Bilderberg non siano sempre d’accordo con i piani di Kissinger di eliminare gran parte della popolazione mondiale. E ieri il governo finlandese ha preso la decisione di cambiare le leggi nel senso di non dichiarare più questa malattia come pericolosa e contagiosa, il che significa che le persone dovranno comprarsi il vaccino. Ed è anche una questione giuridica perché secondo me se una malattia non è pericolosa e contagiosa, non possono obbligarti a vaccinarti. Sono stati furbi. Ho scritto anche all’Istituto sanitario della Norvegia il cui direttore mi ha risposto che non hanno l’intenzione di rendere il vaccino obbligatorio ma solo facoltativo; spero che nessuno lo farà, soprattutto non le donne incinte e i bambini, spero nessuno.

Related Link: http://www.stampalibera.com/?p=6648
da GlobalProject

Report del presidio del 28ottobre 2009 - VERITA' PER ALDO BIANZINO


Sono stati circa un centinaio i partecipanti al presidio promosso dal "Comitato Verità per Aldo" presso il Tribunale di Perugia di mercoledì 28 ottobre. Una buona partecipazione considerando l’orario lavorativo e il giorno infrasettimanale che dimostra ancora una volta il forte legame della città di Perugia alla triste vicenda che colpì Aldo e tutta la sua famiglia.
L'udienza in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio nel procedimento nei confronti dell’agente di custodia polizia penitenziaria addetto alla sorveglianza presso la sezione B ha avuto tutto sommato un finale positivo, segnando un piccolo passo in avanti nella dura strada verso la verità e la giustizia per la morte di Aldo.
Il giudice ha infatti rinviato a giudizio la guardia carceraria accusata di omissione di soccorso e falsificazione dei registri di entrata e uscita del braccio carcerario di sua competenza ed ha inoltre rifiutato il rito abbreviato richiesto dalla difesa. Si dovrà quindi aprire un lungo processo dove, inevitabilmente, emergeranno nuove considerazioni soprattutto in merito al perché l’agente abbia dovuto falsificare quei registri e su chi e che cosa ha dovuto “coprire” con quell’illecito.
Numerose altre questioni riguardanti questa prima inchiesta emergeranno a partire dal 25 novembre, giorno della prima udienza del processo nei confronti di colui che sembra sempre più interpretare il ruolo di capro espiatorio di un sistema i cui aguzzini e torturatori continuano a rimanere ancora impuniti.
Altro punto importante da sottolineare è la costituzione del “Comitato verità per Aldo” come parte civile. Non poteva essere altrimenti, il comitato in tutti questi anni è sempre stato impegnato in prima linea a sostenere iniziative di solidarietà concreta nei confronti dei familiari, oltre che economicamente, soprattutto nel mantenere viva e accesa l'attenzione sulla vicenda.
Le attività del Comitato non si fermeranno di certo.
Invitiamo tutti e tutte a visitare il nostro blog per seguire e rimanere aggiornamenti sulle prossime mobilitazioni e iniziative.
La necessità di verità e giustizia non si placa!
Perchè di carcere non si può morire!
Perchè in carcere per qualche pianta d'erba non si deve finire!

Comitato Verità per Aldo

Per non dimenticare Aldo Bianzino

Aldo Bianzino è stato arrestato il 12 ottobre 2007 e condotto nel carcere Capanne di Perugia. La mattina del 14 è stato trovato morto nella cella in cui era stato rinchiuso.
Nel frattempo pochi mesi fa anche la compagna di Aldo, Roberta, se ne è andata nel silenzio, senza riuscire a conoscere la verità sulla morte di Aldo.
A più di due anni da questa "misteriosa" morte, il 28 ottobre 2009 si terrà l'udienza preliminare in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio nel procedimento nei confronti di un agente della Polizia Penitenziaria addetto alla sorveglianza presso la sezione 2° B, dove Aldo è morto.
L'agente è imputato di aver omesso di informare il sanitario di guardia che Aldo richiedeva aiuto, di non aver prestato soccorso e di aver cercato di nascondere quanto realmente accaduto quella notte falsificando il registro di accesso alla sezione del carcere.
Purtroppo questo percorso giudiziario cerca di mettere in luce solo alcuni aspetti di quello che verosimilmente è accaduto, dando per scontato il malore accidentale di Aldo. Niente ci è dato sapere di come mai una persona sia entrata in carcere in salute e ne sia uscita morta.
Per questo riprendiamo un percorso di mobilitazione, consapevoli che ora più che mai è necessario fare sentire la nostra voce, perchè la morte di Aldo non passi sotto silenzio.
Il caso di Aldo è troppo simile a quello di Federico Aldrovandi a Ferrara, Renato Biagetti a Roma, Nicola Tommasoli a Verona, Abdul Guibre a Milano, Giuseppe e Pasquale a Palermo, e tanti altri, tutti vittime di una sorta di "spontaneismo intollerante" che agisce violentemente contro chi gira senza documenti, rivendica la propria la libertà d’ espressione, coltiva marijuana per uso personale in un paese che invece dei trafficanti persegue i consumatori.
Vogliamo Verità e Giustizia e continueremo a contrastare e ad opporci ad una società che sempre meno tollera qualsiasi tipo di espressione fuori dalla norma.
La necessità di verità e giustizia non si placa!
Perchè di carcere non si può morire!
Perchè in carcere per qualche pianta d'erba non si deve finire!
Comitato Verità per Aldo
http://veritaperaldo.noblogs.org

da GlobalProject


Bastardi senza onore: per il diritto alla bancarotta


Perché il Ddl Gelmini non ci merita. Editoriale UniRiot di Gigi Roggero

Chi volesse intraprendere la certo non avvincente lettura del gelminiano "Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio", che verrà presentato a breve, può tranquillamente cominciare dalla fine (art. 15, comma 6): "Dall'attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica". Ecco la cosa importante: la strategia del governo sull'università consiste di tagli e dismissione, punto e basta. A partire da qui, si possono leggere a cuor leggero le trenta cavillose e confuse pagine del Ddl certi di averne afferrato il senso. Non è un caso, del resto, che nonostante si premetta che ogniqualvolta si parli di "Ministero" ci si riferisca a quello dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in realtà l'altro Ministero - cioè dell'economia e delle finanze - è citato in ugual misura e puntualmente a proposito delle questioni di centrale rilevanza.

Il Ddl è suddiviso in tre parti: governance, meritocrazia, personale accademico. È un progetto di aziendalizzazione dell'università, potrebbe dire qualcuno. Preferiamo però non concedere con troppa facilità all'avversario la perversa dignità di una parola che - per accordarci subito con il leit motiv del testo - non "meritano", né per intelligenza né per coraggio strategico. Vediamo infatti in cosa concretamente consiste la via italiana all'aziendalizzazione, da tempo sognata dagli algidi ideologi della Bocconi e del Corriere della Sera. Da sempre, si sa, le imprese italiane hanno avuto un ruolo parassitario rispetto al sistema formativo, succhiando forza lavoro istruita e non versando una lira prima e un euro poi; i baroni, dal canto loro, hanno potuto riprodurre privilegi e posizioni di rendita, affidate loro dallo Stato.

Questo Ddl cerca forse di modificare il ruolo del privato-parassita e scalfire le rendite di posizione del pubblico-feudale? Niente affatto. Anzi, rafforza entrambi. Da un lato, garantisce alle aziende la condizione migliore per continuare a succhiare indisturbate senza investimento e senza rischio. L'articolo 2, che disegna "organi e articolazione delle università", attribuisce maggior peso decisionale al consiglio di amministrazione, che deve essere composto da "personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale e di un'esperienza professionale di alto livello", con una "non appartenenza di almeno il quaranta per cento dei consiglieri ai ruoli dell'ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell'incarico" (lettera g). Insomma, il piccolo o medio imprenditore del Nord-est, iperspecializzato nella produzione di un pezzo ultraspecifico nella filiera globale dell'occhiale o dello scarpone da montagna, che sfrutta ad alta intensità forza lavoro a bassa scolarizzazione o pagata come tale anche quando non lo è (i migranti), non verserà certo soldi nelle esangui casse degli atenei. In compenso, potrebbe però condizionarne la politica e le scelte: se nel brevissimo periodo servono tecnici specializzati in un campo di cui si fa fatica perfino a pronunciare il nome, perché non aprire un corso di laurea a veloce obsolescenza finché il mercato non sarà saturo e tagliare inutili e costosi dipartimenti, che non servono nemmeno a sfornare un operaio specializzato?

I baroni, dal canto loro, possono rallegrarsi delle "norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento". L'istituzione dell'"abilitazione scientifica nazionale" per i docenti di prima e seconda fascia, di durata quadriennale, è decisa da una commissione nazionale formata mediante sorteggio tra professori ordinari. Ciò che viene fatta passare per una norma che scavalca le lobby accademiche locali, non solo lascia l'"abilitazione" nelle mani delle cricche degli ordinari a livello nazionale, ma poche pagine più avanti (articolo 9, comma 2, lettera c) fa rientrare dalla finestra ciò che era apparentemente uscito dalla porta. La decisione finale, infatti, spetta alle commissioni locali composte da ordinari e, nel caso dei ricercatori, da alcuni associati. Il posto da ricercatore, poi, come già stabilito dalla legge Moratti nel 2005 è posto in esaurimento, quindi sostituito da contratti di soli tre anni rinnovabili - previa valutazione - un'unica volta, aumentando così la ricattabilità dei ricercatori stessi nel vincolo individuale con il docente di potere. Inutile dire che la frase "senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica" ricorre, in questi articoli come in tutto il testo, in modo ossessivo come premessa e sostanza. Non solo: se non ci sono adeguate risorse, professori e ricercatori possono essere "collocati a riposo". Amen.

In questo quadro di governance di un'università abbandonata alla sua inerziale rovina, gli studenti devono essere resi complici della nave che affonda: i loro "rappresentanti" vengono quindi "integrati" come stakeholder (del fallimento), ovviamente subalterni e privi di potere decisionale. Non solo: di fronte alla "razionalizzazione" dei fondi (forma elegantemente manageriale per definire la mannaia che, brandita dai consigli di amministrazione, si abbatte sulle risorse residue del sistema formativo), gli studenti devono dimostrarsi "meritevoli". Ciò garantisce l'accesso ai prestiti d'onore, nome curioso con cui si etichetta quel sistema del debito che, fallito negli Stati Uniti, è alla radice della crisi contemporanea. Ma è il Ministero (quello dell'economia e delle finanze, prima ancora di quello dell'istruzione, dell'università e della ricerca), attraverso il "Fondo speciale per il merito finalizzato a sviluppare l'eccellenza e il merito dei migliori studenti, individuati tramite prove nazionali standard", a disciplinare i ferrei criteri per avere accesso al prestito. Insomma, ci sono molte più possibilità con "Win for Life"! Vorremmo a questo punto poterci dedicare a dimostrare come il lessico della meritocrazia sia la mistificante retorica che rovescia la realtà del declassamento e della precarietà nelle illusioni giustizialiste di un mitologico mercato non corrotto e di una competizione moralmente pulita. Purtroppo dobbiamo partire da molto più indietro, dicendo che la meritocrazia (come le riforme) non si fa a costo zero: il caso americano e i miliardi di dollari pubblici e privati investiti nelle università sono un noto esempio. In altri termini, in Italia va innanzitutto evidenziato che la meritocrazia, prima ancora di tutto il resto che si può dire su di essa, funziona al contrario, ovvero è ciò che giustifica i tagli - pardon, la razionalizzazione. Anziché essere un (peraltro discutibile) premio per pochi, significa peggioramento delle condizioni di vita e dequalificazione del sapere per tutti. Al limite, stabilisce una gerarchia per vedere a chi andrà molto male e a chi meno.

Prendiamo i cosiddetti percorsi di "eccellenza". Negli Stati Uniti sono delle classi riservate alle élite in cui gli studenti vengono a contatto con lo star system dell'università globale. In Italia si rinomina il vecchio corso di laurea come percorso di eccellenza, recintandone l'accesso, e si abbassa ulteriormente la già scarsa qualità dei restanti piani di studio, che sono resi ancor più rigidi e insulsi. Nella facoltà di lettere della Sapienza - per citare il pachidermico caso di un ateneo all'affannosa rincorsa di furbesche soluzioni che consentano di scalare qualche posizione nella gerarchia rovesciata della cosiddetta "qualità" ed "efficienza", cioè a ridurre un poco i pesanti tagli subiti nella scorsa estate - si è trovata la formula del debito in accesso, di cui gravare gli studenti (la maggior parte) che non abbiano sostenuto prove soddisfacenti nei test di ingresso.

La "meritocrazia" è così utilizzata per scaricare sugli studenti la mancanza di qualità dei docenti, ovvero per preservare le posizioni di rendita dei baroni. Solo che si pone ora la questione: come si ripiana il debito?

Con corsi aggiuntivi, che peserebbero sulle già dissestate casse dell'ateneo? O esigendo un numero maggiore di crediti di quello previsto, allungando così i tempi della laurea triennale, procurando costi aggiuntivi e mandando ulteriormente in fumo il già svanito obiettivo della riforma del 3+2, cioè l'eliminazione del "fuoricorsismo"?

Nessuno sa rispondere. Nel frattempo, però, lo studente - con o senza "merito" - deve essere formato ad essere precario indebitato. E la crisi dell'università, così dice il coro unanime da via Solferino a viale Trastevere, passando per senati accademici e consigli di amministrazione, la paghino gli studenti attraverso l'aumento delle tasse!

Per mobilitarsi contro un progetto di questo tipo, non si possono certo scavare le trincee attorno alla difesa di ciò che non è difendibile, cioè quel pubblico che si è combinato con il privato nello smantellare il sistema formativo. Bisogna attaccare. Innanzitutto riappropriandosi di reddito e di un nuovo welfare non solo rispetto alle amministrazioni locali e statali, ma anche ai nuovi attori che gestiscono la segmentazione della ricchezza sociale. È necessario occupare le banche, le finanziarie e le istituzioni che fanno i "prestiti d'onore", non per bloccare l'emissione del credito, ma per non ripianare il debito. Diritto alla bancarotta per i precari, ecco la parola d'ordine. Riappropriarsi delle risorse oggi congelate nel rapporto pubblico-privato, significa impostare correttamente la questione della valutazione: non come gerarchizzazione competitiva della forza lavoro, recinzione della conoscenza e giustificazione del declassamento (leggi meritocrazia), ma in quanto processo di produzione di un sapere di qualità e decisione completamente all'interno della cooperazione sociale. Un sapere di eccellenza in quanto comune. Tale questione già vive dentro i percorsi di autoformazione e autoriforma: ora deve diventare istituzione, riappropriarsi dei dipartimenti, rivendicare quell''"autovalutazione" che (come detto chiaramente nell'articolo 5) si vorrebbe prerogativa solo dei baroni. Qui la posta in gioco è una nuova organizzazione dei saperi, dopo l'ormai consumata crisi delle discipline moderne: compito troppo importante per lasciarlo nelle mani dei funzionari pubblici e privati.

Allora, distinguendoci irreversibilmente dalle resistenza conservatrici che difendono gli ultimi brandelli della "torre d'avorio" per mantenere la vigenza dei rapporti feudali, diciamo che la Gelmini si è dimostrata pavida e pusillanime, incapace di attaccare interessi parassitari e rendite di posizione. Contro i riformisti metafisici, diciamo che cambiando l'ordine dei fattori il risultato non cambia: annunciano di voler cambiare tutto per non mutare nulla. Coprono l'assenza di idee sull'università con un vacuo linguaggio manageriale, efficientista e razionalizzante, à la Giavazzi, e/o con le retoriche della lotta ai corrotti per salvare un sistema che produce esso stesso corruzione, à la Perotti. Da questo doppio movimento critico e radicale, si situa l'alterità di una resistenza che è immediata trasformazione, di una autoriforma che ha respiro strategico perché si incarna nell'onda del sapere vivo. Insomma, noi che la combattiamo, sappiamo che l'aziendalizzazione è una cosa seria. In attesa di trovare un nemico all'altezza, diciamo con chiarezza che questa "riforma" dell'università si chiama, banalmente, truffa.

da Infoaut

La fine di un’illusione


Appunti di tettonica della rappresentanza

di Augusto Illuminati
Prendiamola alla lontana. In due paesi con sistemi elettorali diversi, la Gran Bretagna uninominale e la Germania proporzionale, e con sinistre al potere ben diverse (il laburismo neoliberista e la socialdemocrazia “renana”) il ciclo elettorale ha posto in crisi il modello bi-polare e quasi bi-partitico coi cui finora si erano retti. Ovviamente è bi-polare anche un sistema in cui si instaura, per equilibrio dei seggi, una grosse Koalition. Bene, in Gran Bretagna il crollo laburista non si è tradotto nell’ascesa secca del contrapposto schieramento conservatore, ma nell’emergenza del terzo partito liberale e in un imprevisto rafforzamento dell’estrema destra del British National Party, così da installare tendenzialmente un sistema a tre, malgrado le difficoltà tecniche inerenti all’uninominalità dei collegi.
Nella Germania con il sistema del doppio voto abbiamo avuto del pari un crollo socialdemocratico, ma una stagnazione del Cdu (che comunque è un partito doppio per base regionale e confessionale), con una crescita liberale, una relativa tenuta dei Verdi e un clamoroso esito della Linke: da un sostanziale bipartitismo a un sistema a geometria variabile di 4-5 partiti, che al momento ha aperto la strada all’alleanza di governo democristiano-liberale, consentendo però altre soluzioni intanto a livello dei Länder.
Anche in Francia lo score dei Verdi (con relativo declino socialista e stagnazione dell’estrema sinistra) ha rimesso in discussione il bipolarismo che era sembrato affermarsi con l’elezione di Sarkozy (ma presidenzialismo e semi-presidenzialismo raggruppano forzosamente gli schieramenti). In Spagna il bipartitismo maschera il ruolo decisivo dei partiti regionali, ago della bilancia parlamentare e riserve esplosive di autonomismo.
E in Italia? Il bipolarismo italiano, con tanto di enfatizzazione a-costituzionale del ruolo dei leaders –dal culto di Berlusconi ai cacicchi locali–, ha avuto sempre una debolezza intrinseca per la sopravvivenza dei vecchi e litigiosi apparati di partito e corrente.
L’ultima tornata elettorale, con il colpo di mano fusionale di Berlusconi che aveva agglomerato nel PdL Forza Italia e Alleanza nazionale e la simmetrica proclamazione veltroniana della vocazione maggioritaria del Pd seguita dalla sparizione delle sinistre radicali dal Parlamento, sembrava aver semplificato il sistema italiano, lasciando fuori solo la ristretta area centrista dell’Udc.
In realtà l’elemento di latente contraddizione era costituito dal ruolo parlamentare e politico determinante della Lega, appena attenuato dal suo limite regionale. Tuttavia il castello di carte è crollato su se stesso con lo scoppio di tensioni interne insopportabili tanto nel PdL quanto nel Pd: da un lato il declino del carisma berlusconiano scatena non tanto le vecchie componenti forzitaliote e missine, quanto le correnti formatesi trasversalmente e alla disperata ricerca di un programma organico per gestire a proprio favore la crisi, dall’altro il malriuscito amalgama di Pds e Margherita ha frantumato un partito sconfitto e danneggiato dalla stolida arroganza veltroniana.
A differenza dalla Germania il declino della sinistra parlamentare non ha rilanciato quella radicale, che non dà cenni di uscire dal coma, ma ha scatenato un populismo di sinistra che trascina i delusi e i pasdaran dell’antiberlusconismo. Il tentativo di Repubblica di sostituire un partito in dissoluzione con una campagna permanente di opinione (non priva di agganci con gli interessi economici del gruppo De Benedetti) è naufragato con la ricattatoria controffensiva del Papi, il boom dipietrista e del Fatto e la sconfitta di Franceschini nelle primarie del Pd.
Adesso lo schieramento ex-bipartitico si è modificato come segue. A destra l’egemonia berlusconiana vacilla e cresce l’influenza di Fini in evidente tensione con Tremonti appoggiato dall’esterno dalla Lega ma con scarsi appoggi entro il Pdl. Non si tratta tanto di correnti ideali (per quanto esistano schemi alternativi di uscita dalla crisi) quanto piuttosto del contrasto fra vincoli europei ed esigenze elettorali.
Berlusconi è bravissimo a vincere le campagne elettorali, incapace poi di gestire il successo. Il punto critico evidentemente è come promettere di tagliare le tasse senza sfondare il deficit di bilancio (vedi la farsa Irap). Il tutto sotto crisi, con il rischio che la disoccupazione e il fallimento seriale delle piccole imprese esploda proprio a ridosso delle regionali di marzo. Le nubi oscure sulla finanza internazionale e il calo del potere d’acquisto della famiglie italiane ne sono sintomi allarmanti.
Il ricatto della Lega completa il quadro, mentre la mossa delle elezioni anticipate sembra troppo rischiosa. In questa situazione più che una spaccatura verticale immediata del Pdl o fra Lega e PdL appare probabile un lento deflusso da destra verso il centro di Casini. In pari tempo la vittoria di Bersani nel Pd spinge una parte dell’ex-Margherita anch’essa verso il centro di Casini. Con calma. Rutelli ma non solo (si leggano le frasi oracolari di Veltroni).
Bersani, d’altra parte, è ben attrezzato per recuperare Verdi e Sinistra e Libertà, mentre Rifondazione (con o senza Pdci) gravita ineluttabilmente verso un Di Pietro in crescita. Ecco dunque un sistema ad almeno 5 componenti, passibili di diverse combinazioni, in cui l’unico leader carismatico vero, Berlusconi, si dibatte in difficoltà crescenti.
Abbiamo tracciato un quadro in cui la società è presente solo indirettamente: più che altro è un elenco delle fortificazioni (e delle falle) contro cui dovranno scagliarsi i movimenti di lotta, a cominciare dalla riforma pseudo-meritocratica a costo zero (anzi a saldo negativo) dell’Università e della contraddittoria gestione degli ammortizzatori sociali, cui si continua a negare sia un adeguato finanziamento sia un carattere universalistico. Il tutto sullo sfondo di un fallimento globale della politica internazionale dell’Impero.

da GlobalProject

IL PDL A MILANO: UN CONTENITORE PER LE DESTRE RADICALI

di Saverio Ferrari *

Il parapiglia era scoppiato subito. Appena il tempo per il ministro della Difesa Ignazio La Russa di farsi ritrarre dai fotografi a tagliare il nastro tricolore, all'ingresso del Lido di Milano, per inaugurare la festa nazionale del Popolo delle libertà, manco fosse un'opera pubblica, che subito erano volati gli schiaffoni. Causa scatenante i banchetti che distribuivano gadget e materiale politico, in gran parte gestiti dagli ex di An. Pieni di libri fascisti secondo i forzaitalioti. Una rissa vera e propria. Protagonisti, da una parte, l'assessore provinciale Paolo Del Nero, spalleggiato dalla responsabile della comunicazione Laura Ravetto, ex di FI, dall'altra, Gianni Stornaiuolo, uomo tuttofare di Ignazio La Russa, oggi in consiglio provinciale. Ad avere la peggio sembrerebbe sia stato Del Nero. Surreali alcune invettive lanciate: “Sei un antifascista!” . Difficile dubitare da quale bocca sia uscita questa frase. Alcune cronache hanno addirittura parlato di un calcio sferrato dallo stesso La Russa a un banchetto di ex di Forza Italia.

La festa, ufficialmente Festa della libertà, non era stata al centro di polemiche solo per questo episodio. Causa egemonia degli aennini era stata snobbata dagli ex Dc e dagli ex Psi di Forza Italia,e addirittura boicottata dai ciellini di Formigoni.

Questo accadeva a fine settembre. Una rappresentazione quanto mai illuminante dei rapporti interni al Pdl a Milano.

All'origine di queste tensioni il rimpolpamento della componente di An avvenuto nell'ultimo anno. Prima l'ingresso, nel settembre 2008, del gruppo di Roberto Jonghi Lavarini Destra per Milano, che da sempre rivendica la propria ammirazione per Pinochet e per l'ex regime segregazionista sudafricano, poi, nel febbraio di quest'anno la confluenza di un pezzo di Cuore nero (qualche decina di militanti) capitanato da Matteo “Stizza” Pisoni, celebrata con tanto di concerto nazirock alla presenza di Carlo Fidanza, capogruppo di An in consiglio comunale. Infine l'arrivo di Lino Guaglianone, ex Nar, membro della famigerata “banda” Cavallini, condannato per banda armata e associazione sovversiva.

Innesti che si sono saldati, da un lato, con Destrafuturo (è il caso di Lavarini), neonata “corrente politico-culturale” tesa a perseguire “il cammino della tradizione autentica”, animata da Michele Puccinelli e Dario Vermi, già vice presidente della provincia con Ombretta Colli, e dall'altro, con Fare Occidente, area fondata dai consiglieri regionali Romano La Russa e Roberto Alboni con il consigliere comunale Marco Osnato, con l'obiettivo di rappresentare “i valori della cultura occidentale, ed italica in particolare, con un chiaro richiamo alle tradizioni del nostro passato”. Colpisce l'uso di un linguaggio tutto missino, come se il Pdl non fosse mai nato. Comunque per entrambe le correnti, alleate fra loro e assai critiche nei confronti di Gianfranco Fini, il punto di riferimento rimane Ignazio La Russa, un tempo “padrone” di An in Lombardia e ora fra i tre coordinatori nazionali del Pdl. A fare da contorno anche altre piccole realtà, come Destra libertaria di Luciano Buonocore, uscito da La Destra con un gesto clamoroso, nelle ultime elezioni politiche, a pochi giorni dal voto. In procinto di ritornare, ma già di fatto nel Pdl, Daniela Santanchè. Per lei in discussione solo quale ruolo, se sottosegretario nel governo Berlusconi o consigliera regionale.

Il reclutamento di esponenti e gruppi provenienti dalle esperienze della destra radicale non sembrerebbe comunque essere appannaggio solo degli aennini. La destra cattolica integralista milanese, infatti, si muove ormai da tempo nell'orbita ciellina, da Alleanza cattolica (la sezione italiana del movimento clerico-fascista Tradizione, Famiglia e Proprietà), ai consiglieri Mardegan, Michele e Nicolò, padre e figlio, l'uno in comune e l'altro in consiglio provinciale, fino al Circolo La Rocca di Benedetto Tusa, un tempo nel gruppo La Fenicedi Giancarlo Rognoni e Nico Azzi, condannati entrambi per la tentata strage sul treno Genova-Roma del 7 aprile 1973.

Il Pdl a Milano, impossibile smentire, si sta sempre più configurando come un possibile approdo anche per le destre estreme.

* Osservatorio Democratico sulle nuove destre

da Osservatorio Nuove Destre

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Il-Pdl-a-Milano-Un-contenitore-per-le-destre-radicali/2469
da Antifa

Milano, cena squadrista di Forza Nuova E sul sito il manifesto con la scritta "Dux"

Milano, cena squadrista di Forza Nuova E sul sito il manifesto con la scritta "Dux"
di Franco Vanni
L’appuntamento si chiama "Cena squadrista" e vi si accede solo su prenotazione. Sul volantino che annuncia sul sito Internet la cena è stampato il disegno del Museo del Ventennio (mai realizzato), con in bella mostra la scritta "Dux". Nell’invito si legge: «Vi aspettiamo sbarbati e ben pettinati. Poca acqua di colonia per il sesso forte e solo una goccia di Chanel n°5 per quello gentile. Non sono contemplate terze posizioni».

È l’ultima provocazione di Forza Nuova a Milano, con sede in piazza Aspromonte, in lotta per attrarre le simpatie dei militanti di estrema destra con il centro sociale Cuore Nero- Casa Pound in zona viale Certosa. Lì si organizzano convegni dal titolo "Il gioco del passo dell’oca". Una gara al consenso e un’escalation di slogan provocatori che si disputa anche nelle scuole, con i due gruppi Lotta studentesca (Forza Nuova) e Blocco studentesco (Cuore Nero) impegnati a volantinare davanti ai licei. Uniti contro i "compagni", ma divisi fra loro.
(27 ottobre 2009)

http://milano.repubblica.it/dettaglio/Cena-squadrista-per-Forza-NuovaE-sullinvito-spunta-la-scritta-Dux/1761721
da Antifa

Treviso Forza Nuova solidale con Gentilini

FORZA NUOVA SI MOBILITA PER GENTILINI

Ma la condanna del prosindaco era auspicata da molti altri esponenti della scena politica e civile

Treviso - La condanna di Gentilini per istigazione al razzismo è stata accolta molto male dai suoi compagni di partito, in primis dal sindaco di Treviso Gobbo (e anche segretario della Lega Nord) che l’ha definita una sentenza politica. Ma è stata apprezzata da chi la pensa in modo diametralmente opposto allo sceriffo rispetto ai diritti degli immigrati. Solidarietà la esprime anche segreteria provinciale di Forza Nuova.
“Questa condanna – afferma il coordinatore provinciale, Alessandro Arboit, – non costituisce altro che un iniquo tentativo di criminalizzare un uomo che semplicemente, nell’arco dei suoi mandati di amministratore cittadino, è sempre rimasto coerente con una linea di difesa dei trevigiani, preservandone sempre, talvolta a parole, talvolta con specifici interventi amministrativi, integrità, sicurezza e garanzie sociali, anche quando questo significasse assumere posizioni nette e perentorie nei confronti dell’immigrazione extracomunitaria.

Con il verdetto di condanna gli avversari di Gentilini dimostrano di non aver in realtà alcun valido argomento con cui ostacolare la sua genuina amministrazione, se non appigliandosi a certe colorite espressioni usate in occasione di qualche comizio o dichiarazione ufficiale. Da sempre, attraverso parole e dichiarazioni libere dal perbenismo, egli non ha altro che rispecchiato la vera anima e le idee dei cittadini di Treviso”.

Forza Nuova ha organizzato addirittura un presidio. Sabato 30, dalle 16, i militanti saranno in Piazza Battistero, per manifestare concretamente solidarietà a Gentilini.

Di parere opposto è Luigi Calesso, Un’altra Treviso, secondo cui “la sentenza sancisce che in Italia c'è una giustizia, una giustizia che non ammette che l'uso nella polemica politica di affermazioni la cui volgarità e aggressività non sarebbe ammessa in nessun Paese in cui il sistema democratico garantisca l'uguaglianza dei cittadini”.

Calesso afferma, inoltre, anche che dalla fine del 1998 ad oggi Gentilini e altri amministratori comunali leghisti hanno sporto quasi 100 le querele (prevalentemente per calunnia e diffamazione) nei confronti di giornalisti, consiglieri comunali, artisti, esponenti politici, componenti di comitati ma anche cittadini che si sono limitati ad esprimere un’opinione attraverso la stampa o ad opporsi ad una decisione non divisa dell’amministrazione comunale. E’ stato querelato anche comitati cittadini contro l’elettrosmog per “procurato allarme e abuso della credulità popolare”. Finora nessuno dei denunciati è stato condannato.

“La condanna di Gentilini era perfino ovvia perché ovunque nel mondo frasi violente e volgari di incitazione all'odio razziale sarebbero state sanzionate”. A parlare così è Nicola Atalmi, consigliere regionale Pdci – Federazione della Sinistra. “Io stesso – prosegue il consigliere trevigiano -mandai ai giudici che indagavano una lettera aperta per sottolineare come frasi di quel genere se riferite ad esempio agli ebrei non avrebbero sfigurato in un discorso di Hitler.

Mi auguro che tutti quelli che per qualche voto in più' istigano quotidianamente odio e razzismo imparino la lezione e riflettano”. Gentilini, insomma, è un personaggio che non lascia di certo indifferenti, che continuera ad animare il dibattito politico fino a quando continuerà a calcare le scene, ma forse anche dopo, perchè certe sue esternazioni fanno già parte della storia.

http://www.oggitreviso.it/forza-nuova-si-mobilita-gentilini-19257
da Antifa