HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

sabato 17 luglio 2010

L’ ITALIA DEVE AVERE UNA PROPRIA IDEA FISSA

L’ Italia deve avere un fine proprio, e non cosmopolita, direi quasi una propria idea fissa; questa: che non metteva conto diventare una grande nazione per essere sempre la vecchia Italia, povera, irrequieta, corrotta; la vecchia Italia analfabeta e pitocca, assai facile a spargere sangue umano, che non basti economicamente a sé stessa, e rimanga nella più crassa ignoranza delle plebi, e sia tuttavia elemento di disordine, invano sforzandosi a raggiungere le maggiori potenze dell’ Europa – quando ancora non è se non di poco superiore alle due altre penisole del Mediterraneo.
Che la nuova Italia sia presto attratta, assai più che nell’ orbita de’ grandi popoli forti, in quella de’ grandi popoli civili del mondo moderno, armonizzando gli opposti vari elementi della sua storia, le varie opposte sue forze primogenie: questa, sì, la missione che a noi spetta… Io, il solitario dell’ idealismo politico, il predicatore del nulla, io ho fede inconcussa, poi che la fede è << sostanza di cose sperate >>, nell’ avvenire del nostro paese; ma ad un patto, un patto solo: che l’ Italia, ricostituita unitariamente, duri e prosperi, vincendo l’ indomato sentimento particolaristico, che fu il cancro di tutte le sue genti dal quinto secolo ad oggi – come già delle genti elleniche nel mondo antico – origine ancor oggi di tutti i suoi guai, dacchè non mai come oggi soffia propizio il vento, lungo tutta la penisola, dell’utilitarismo cieco e imperioso. Gl’ ideali, che la Rivoluzione francese aveva inspirato nel cuore de’ nostri patriotti, durante la prima metà del secolo passato, si spensero con la generazione del 1860. Le nuove, e l’ una più dell’altra, non credono vero e umano sentimento se non quello, che serva al conseguimento di un bene egoistico ed immediato.
Nessun vincolo spirituale riunisce le nuove generazioni, mosse da un cinismo inesplicabile, che ogni giorno guadagna terreno. Come ciò sia avvenuto ed avvenga, dopo un periodo di sicuro miglioramento del pubblico insegnamento, è tuttora un segreto per me, ed esso costituisce il principale motivo di ogni mio dubbio, d’ ogni mia amarezza.


Giustino Fortunato, 1909 .

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

Tommaso Fiore, Un popolo di formiche
Palomar, Bari
Euro 10,33
C’è una corda civile che lega Torino al Mezzogiorno, oltre e prima la catena operaia dell’emigrazione. Torino e la cultura azionista di cui fu guida Piero Gobetti; il Sud ed il meridionalismo di Gaetano Salvemini. Se Gobetti ebbe come maestro lo storico pugliese; Tommaso Fiore, il cantore dell’epopea contadina delle genti pugliesi, ebbe come maestro il padre della Rivoluzione liberale. Ma Torino fu anche la città di Carlo Levi, del cui Cristo si è fermato a Eboli l’opera di Fiore rappresenta un’ideale anticipazione.

Un Popolo di formiche è la cronaca, infatti, di un viaggio: un viaggio nella storia dei cafoni pugliesi, anzi, come dirà Levi, un discesa nell’Averno della non-storia. L’idea che Fiore propone a Gobetti è quella di inviare delle corrispondenze che raccontino il Sud, quel mondo «serrato nel dolore e negli usi, senza conforto, senza dolcezza». Nasce così il libro di Fiore, originariamente composto di quattro lettere inviate a Gobetti e pubblicate su «La Rivoluzione liberale». Le altre due, che appaiono nella prima edizione del 1951, erano state pubblicate su un’altra rivista, «Coscientia», quando Gobetti era già esule a Parigi. Del 1956 è la seconda opera più importante di Fiore, Il cafone all’inferno.

Tommaso Fiore scrive nel 1925, dunque 25 anni prima della pubblicazione del Cristo di Levi. La poetica delle micro-storie, alcuni temi e suggestioni delle Formiche le ritroviamo nel racconto di Carlo Levi. E’ la conferma di un dialogo a distanza, virtuale, circolare e serrato, Nord-Sud, dentro il cenacolo di quella che, forse, è stata la migliore intellettualità italiana del dopo-guerra.

Le Formiche non sono un saggio e neppure un romanzo; sono un reportage in forma epistolare. Oggetto di osservazione e di cronaca è la Puglia, percepita come “un’espressione archeologica”: le campagne dei Trulli; l’Alta Murgia, il Salento, il Metapontino, il Tavoliere.

Il resoconto giornalistico non ha, tuttavia, soffocato l’anima profonda di questa opera commovente. E questa emerge in un sentimento di rivelazione: «Mi chiederai», scrive Fiore a Gobetti, «come ha fatto questa gente a scavare ed allineare tanta pietra. Io penso che la cosa avrebbe spaventato un popolo di giganti. Questa è la Murgia più aspra e più sassosa; per ridurla a coltivazione facendo le terrazze (…) non ci voleva meno della laboriosità di un popolo di formiche».

E così più profondamente di Carlo Levi nessuno poteva rimpiangere Fiore: «(…) Da lui molto abbiamo imparato, in tempi in cui i maestri erano rari (…) Abbiamo imparato da lui che cosa fosse la vita nel Mezzogiorno, e in che modo potesse essere vista nella sua verità, negli anni ormai così lontani da sembrare appartenere a un altro secolo (…)».

VEDIAMOCI A TEANO

di Tonino Perna
La crisi economica-finanziaria sta mettendo in fibrillazione l'Unione Europea e rischia di far saltare non solo l'unione monetaria, ma di dividere il nord dal sud, di creare una frantumazione anche all'interno degli stati nazionali. Wallerstein intervenendo su questo giornale ha messo in evidenza come il Belgio sia ormai sull'orlo della separazione definitiva tra valloni e fiamminghi.
Anche altri paesi europei, tra cui la Spagna e l'Italia, rischiano profonde lacerazioni interne dagli esiti non prevedibili. Si sta affermando un sentire comune fondato sulla paura: «si salvi chi può», un grido di battaglia che mette gli uni contro gli altri lavoratori, regioni, diverse popolazioni europee.
Il nostro paese, tra i più fragili sul piano economico e dell'identità nazionale, è già nell'occhio del ciclone. I 150 anni dell'Unità d'Italia non potevano cadere in una fase più difficile e delicata. Per questo le celebrazioni dell'Unità - una normale ricorrenza in altri tempi- stanno assumendo la valenza dello scontro politico, mettendo a nudo la fragilità della nostra identità.Dentro una crisi economica strutturale, sistemica, le scorciatoie razziste, xenofobe, etniche rischiano di moltiplicarsi e creare una
inarrestabile frantumazione del paese. Al di là della strategia politica della Lega nord, la nostra identità e unità nazionale è da tempo in crisi profonda. Possiamo dire che in questo secolo e mezzo abbiamo avuto pochi momenti di vera unità nazionale: le grandi lotte dei lavoratori e degli studenti degli anni '60 e '70, che hanno costruito un'unità reale e materiale del paese, superando i pregiudizi e la discriminazione nei confronti dei meridionali (terroni). Poi siamo ripiombati in quel «particulare» che Guicciardini già indicava come patologia di questa terra. Oggi, la Crisi Globale funziona da acceleratore dei processi in atto.
Crediamo che tra la retorica nazionalista e le spinte secessioniste esista un'Altra Italia capace di far sentire con forza la sua voce, di prendere atto che un modello economico-sociale e politico è fallito e di sperimentare altre strade per rispondere alla crisi che è soprattutto «crisi di prospettiva, di
orizzonti, di costruzione di un futuro sostenibile».
Con questi presupposti, insieme a tanti compagni di strada con cui abbiamo condiviso le grandi battaglie - per la pace, per la difesa dell'ambiente, per la giustizia sociale e la democrazia - abbiamo pensato di organizzare un grande evento a Teano, dal 24 al 26 ottobre. Questa volta non ci saranno né Re, né Garibaldi, né sultani, né regine, ma i rappresentanti degli enti locali, a partire dai Comuni, del mondo dell'associazionismo, del movimento dei lavoratori, della cooperazione nazionale e internazionale, dei movimenti - ambientalisti, pacifisti, antimafia, ecc. - del mondo dell'Altreconomia, dai G.A.S. alle imprese «responsabili».
L'obiettivo è portare a Teano 1000 sindaci da tutto il paese, a partire da chi fa parte delle reti tra municipi (Recosol, Comuni Virtuosi, Comuni dei Parchi, Avviso Pubblico, Nuovo Municipio, ecc.). Nella giornata finale leggeremo il decalogo di princìpi e valori su cui vogliamo rilanciare l'Unità d'Italia. Unità nelle diversità e nel rispetto delle autonomie locali che vanno rafforzate all'interno di un progetto-paese. Abbiamo bisogno di un grande progetto-paese che risponda alle domande essenziali: quale ruolo deve avere l'Italia nella nuova divisione internazionale del lavoro?
Quale contributo può dare oggi il Mezzogiorno per rispondere alla crisi? Quale società vogliamo costruire, su quali valori e quali basi di solidarietà? Insieme a intellettuali, tecnici, esperti e tanti cittadini impegnati nel sociale e nell'altreconomia partiamo fin da oggi, con tante iniziative, per costruire insieme un orizzonte comune che ci faccia uscire dalla G.D.E. (Grande Depressione Esistenziale) in cui siamo finiti, per ritrovare l'orgoglio di essere cittadini di questo paese. Del paese che vogliamo: ricco di storia e culture diverse, accogliente e solidale con altri popoli, capace di immaginare un altro modello di società che ci faccia uscire dalla gabbia dell'economicismo, del consumismo triste, degli egoismi territoriali.
In attesa dei patrocini di associazioni ed enti di rilevanza nazionale, vi aspettiamo a Teano dal 24 al 26 ottobre.

IL RITORNO DI ZEMAN


E’ stato uno dei più innovativi allenatori italiani di calcio e la sua visione critica del mondo che ci gira intorno, farmacie comprese, gli è costato l’indesiderabilità da parte del potere. Porte in faccia Zdenek Zeman ne ha prese parecchie ma, sigaretta tra le labbra e voce bassa e tagliente, se n’è sempre fatta una ragione. Ora, per gli appassionati del football, torna in panchina ad allenare il Foggia. Chiamato da Pasquale Casillo che già lo volle nel 1986. L’ imprenditore uscito indenne dalle accuse di legami con la camorra è tornato anch’esso al suo vecchio amore e ha comperato la società rossonera che milita adesso in Prima Divisione. L’ultimo campionato è stato disastroso a dire il vero. E i ricordi del bel tempo che fu non hanno trovato adeguati investitori in questi anni. Ma il miracolo già fatto dalla coppia Casillo Zeman in passato potrebbe ripetersi. I tifosi sono tornati a parlare della squadra e di calcio e c’è grande attesa per i programmi e le parole che Zeman dirà per le mete future, con la serietà che lo contraddistingue. Tutti sono consapevoli della difficoltà dell’impresa. Riportare sù dall’inferno il Foggia non sarà un compito da poco. Certo Zeman è Zeman. Ed è l’unico che senza bacchetta magica può cambiare il corso delle cose. Casillo lo sa bene e lo ha richiamato subito.
Le sfide sono belle e questa lo è senza dubbio alcuno. Ci vorrà molta pazienza, anche perchè i caratteri dei due personaggi sono noti e, sia pur avendo anni fa trovato un modus vivendi, non è detto che si riesca a ricreare un clima favorevole ai miracoli.

Sicuramente i nuovi passi del Foggia saranno da seguire con attenzione e, per quanto riguarda i romanisti, con molto affetto. Con l’augurio che ci siano ancora nella città, e nei vivai della regione, dei campioni da scoprire come negli anni d’oro del Foggia. Senza i quali anche uno come Zeman poteva fare poco, e tutt’oggi poco potrà fare.