HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

mercoledì 15 luglio 2009

Ciancimino jr.: "Ho tutte le carte che spiegano il patto mafia-Stato"


"Appena possibile darò il materiale i magistrati che mi interrogano da un anno
ma ci sono altri documenti. Sono altri che si devono pentire..."


PALERMO - Conferma che consegnerà il "papello" di Totò Riina, racconta di un dossier di don Vito con la dicitura "Carabinieri", svela che tutte le carte segrete erano conservate in una cassaforte della sua villa di Mondello e che "stranamente" alcuni ufficiali dell'Arma non l'aprirono. E poi ricorda di "alti magistrati che incontravano mio padre e Salvo Lima per aggiustare processi". Parla Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco mafioso, il testimone che con le sue verità sta facendo tremare Palermo. Quando si libererà di quell'"atto" - il papello - con il quale il capo dei capi della mafia di Corleone nell'estate del 1992 stava ricattando lo Stato?
"Al più presto, appena possibile lo darò ai magistrati palermitani che mi stanno interrogando da un anno. Ma non consegnerò solo il papello, ci sono altri documenti di mio padre... gli servivano per un libro che non ha mai scritto".

Dov'erano e dove sono custodite tutte queste carte di suo padre, compreso il papello?
"Adesso sono in un luogo sicuro, fino a quattro anni fa erano nella cassaforte della mia casa a Mondello. I carabinieri un giorno fecero una perquisizione - io ero a Parigi, volevo prendere il primo aereo per Palermo e presentarmi ma loro mi dissero che non c'era bisogno - però non aprirono la cassaforte. Non so perché. Eppure era ben visibile, era nella stanza della tata del mio bambino. Quel giorno aprirono la cassaforte nella casa del professore Giovanni Lapis, il commercialista di mio padre che era stato indagato con me. Ma stranamente non la mia".

Lei sta raccontando tanto dal giugno del 2008, si sente un pentito?
"Io non mi devo pentire di niente, sono altri che devono farlo. Io sto semplicemente cercando di ricostruire certe vicende. E lo farò con la documentazione, non soltanto a parole. Lo farò anche con il papello".
Chi dovrebbe pentirsi?
"Alcune persone... i loro nomi li ho già fatti ai magistrati e tutto è stato secretato. C'è stato uno strabismo investigativo... ne ho parlato con i magistrati Ingroia e Di Matteo: si è voluto guardare solo da una parte".

Cosa ha svelato ai magistrati in questi ultimi mesi?
"Ho parlato degli incontri di Bernardo Provenzano con mio padre. E poi ho parlato della famosa trattativa fra Stato e Mafia: ho messo a verbale che anch'io, direttamente, ho partecipato con mio padre alla cattura di Totò Riina nel 1993. Lo stesso Riina deve avere saputo qualcosa attraverso i suoi canali, durante un'udienza infatti ha detto che era stato "venduto" dal figlio di Ciancimino...".

In quell'occasione Riina fece anche il nome dell'allora ministro degli Interni, Nicola Mancino: cosa c'entra in questa vicenda?
"Ho parlato del senatore Mancino con i magistrati di Caltanissetta, ma non posso dire nulla di più".

Con chi trattò suo padre per la cattura di Riina?
"Con il colonnello Mori e con il capitano De Donno, ma mio padre non si fidava di loro, erano sì influenti ma lui - che non era certo un deficiente - cercò di capire chi ci fosse sopra. Fu un certo 'signor Franco', un agente dei servizi segreti, a dire a mio padre che dietro c'era un personaggio politico".

Perché Ciancimino non si fidava dei due ufficiali dell'Arma?
"Non si fidava molto dei carabinieri perché una loro inchiesta, quella su mafia e appalti, era stata abilmente occultata da esponenti politici e da magistrati vicini a mio padre. Per questo cercava altre garanzie in quella trattativa pericolossima".

Chi erano questi politici e questi magistrati?
"Ai procuratori ho raccontato di summit fra mio padre, l'onorevole Salvo Lima e l'onorevole Mario D'Acquisto con alcuni procuratori e giudici di Palermo - che ormai sono in pensione - con i quali tutti insieme studiavano i piani per favorire certi uomini politici e i loro amici".

da LaRepubbica di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO

Ciancimino jr, l'ultimo segreto - "Patto mafia-Stato, ecco la prova"

Il figlio di don Vito a pubblici ministeri: "Pronto a darvi
il 'papello' di Riina". Ovvero le richieste dei boss alle istituzioni


PALERMO - Lo cercano da quando venne ucciso Paolo Borsellino, diciassette anni fa. Un foglio di carta, uno solo. Con la scrittura incerta di Totò Riina e, in fondo, la sua firma. È il famoso "papello", le richieste dei Corleonesi allo Stato per fermare le stragi in Sicilia e in Italia. "Ve lo consegno io nelle prossime ore", ha giurato qualche giorno fa Massimo Ciancimino, testimone eccellente ormai sotto scorta come un pentito. È forse l'epilogo della più intricata vicenda siciliana di questi ultimi anni: la trattativa fra Stato e Mafia. Se il più piccolo dei cinque figli di quello che fu il sindaco mafioso di Palermo manterrà la sua promessa, fra qualche giorno - proprio alla vigilia dell'anniversario della morte di Borsellino, il 19 luglio - il famigerato documento del patto fra boss e misteriosi apparati di sicurezza finirà nelle mani dei magistrati di Palermo e poi quelli di Caltanissetta e Firenze, tutte le procure che indagano direttamente o indirettamente sugli attentati mafiosi fra il 1992 e il 1993. "Questa volta ve lo porterò davvero, questa volta non faccio bluff", ha assicurato Ciancimino junior nel suo ultimo interrogatorio dopo un tira e molla durato un anno.

La sua "collaborazione" è cominciata nel giugno del 2008. In decine di verbali ha raccontato la sua verità su incontri fra mafiosi e uomini dei servizi segreti, ha parlato dei fatti accaduti fra la strage di Capaci e le bombe dei Georgofili, ha ricordato i faccia a faccia fra suo padre e l'allora vicecomandante dei Ros Mario Mori, ha svelato alcuni segreti che don Vito si era portato nella tomba. Come certi appuntamenti che l'ex sindaco agli arresti domiciliari aveva - sia a Palermo che a Roma - con "l'ingegnere Lo Verde", cioè Bernardo Provenzano.

Ma fino ad ora "Massimuccio" non aveva mai voluto dire nulla sul "papello". Alle insistenze dei procuratori, la sua risposta è sempre stata una sola: "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere". All'improvviso, la settimana scorsa e dopo un ultimatum della procura di Palermo, Massimo Ciancimino però ha ceduto: "Garantito: adesso il papello ve lo do".
Nessuno sa dove sia stato custodito in tutti questi anni, molti pensavano e ancora pensano in una cassetta di sicurezza di una banca da qualche parte in Europa. Un sospetto, un mese fa, aveva portato gli investigatori in Francia. Una mossa di Massimo Ciancimino e una contromossa degli inquirenti. Ma non quelli di Palermo, gli altri di Caltanissetta. Tutti erano e sono ancora a caccia del "papello".

Massimo Ciancimino, a giugno - appena gli hanno revocato il divieto di espatrio - ha lasciato Bologna dove vive da qualche mese e con la sua auto ha raggiunto Parigi insieme alla moglie Carlotta. È stato pedinato. Al ritorno da Parigi, fermato al posto di frontiera e invitato a entrare in un ufficio di polizia, ha trovato un paio di magistrati della procura della repubblica di Caltanissetta e alcuni ufficiali di polizia giudiziaria. Erano sicuri di trovarlo con il "papello" addosso. Perquisito lui e perquisita anche la moglie, ma il "papello" non l'hanno trovato. Interrogato al posto di frontiera, Ciancimino junior ha spiegato: "Mi ero accorto che mi seguivate, voi non vi fidate di me e io non mi fido di voi e non ho portato con me quel documento che non è a Parigi...".

Messo alle strette dai procuratori di Palermo subito dopo ha promesso di far avere quel foglio di carta, quell'atto con il quale Totò Riina e i suoi Corleonesi chiedevano ad alcuni emissari dei servizi segreti di "trattare" con loro. Fine della violenza e delle stragi in cambio dell'abolizione del carcere duro, basta bombe in cambio di una sorta di salvezza per i familiari dei boss, armistizio con lo Stato in cambio di un colpo di spugna della legge sui pentiti e sui patrimoni aggrediti dalla legge Rognoni la Torre.

Ma quanto è attendibile nei suoi racconti il rampollo di don Vito? Quanto i magistrati possono credere alle sue parole? "Come qualsiasi imputato di reato connesso, le sue dichiarazioni possono essere attendibili solo se supportate da riscontri obbiettivi ed esterni", risponde il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che con il sostituto Nino Di Matteo indaga sui misteri palermitani dei Ciancimino. Aggiunge Ingroia: "Alcuni elementi di riscontro alle sue dichiarazioni li abbiamo già avuti, però abbiamo bisogno ancora di qualcosa per avere un quadro completo".

Sarà il "papello" a certificare una volta per tutte l'attendibilità del figlio di don Vito. Tutto un impasto, fra i più pericolosi mafiosi latitanti e alti funzionari degli apparati. Tutto un impasto che ora fa molta paura al giovane figlio di don Vito, condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi per avere riciclato il "tesoro" di suo padre. Dal novembre scorso è stato costretto a lasciare la sua casa di Palermo e vivere 24 ore su 24 con auto blindata e "tutela". Dopo un paio di episodi inquietanti accaduti in Sicilia, Massimo Ciancimino è stato contattato da falsi carabinieri e poi ha ricevuto una lettera di minacce. Dentro la busta tre proiettili. Uno era destinato a lui, il secondo al procuratore Ingroia, il terzo al sostituto Di Matteo.
Tutti i verbali di Ciancimino junior sono finiti alla procura di Caltanissetta che è titolare delle indagini sulla strage di via Mariano D'Amelio. Gli stessi procuratori di Caltanissetta l'hanno interrogato più volte. C'è un'ipotesi investigativa: il procuratore Paolo Borsellino, subito dopo la morte del suo amico Giovanni Falcone, avrebbe scoperto la vicenda del "papello" e quella trattativa fra Stato e Mafia. L'avrebbero ucciso perché qualcuno lo considerava un ostacolo al patto con la mafia.

da La Repubblica

Con Silvio e per la Madonna


La premessa è che non ci crediamo. Non che ’non ci possiamo credere’, proprio non ci crediamo, non ci convince. Il fatto che Giovanni Lindo Ferretti - icona iconoclasta delle controculture anni 80, quand’era sarcastico cultore dell’Urss sovietica e leader dei Cccp, il meglio del nostro punk, declinazione berliner dei ’piani quinquennali’ emiliani, solo per ricapitolare non una, ma due tre vite - oggi alzi le lodi al cielo, professi passione per la madonna e si dichiari umile devoto di Papa Ratzinger. Troppo bello per essere vero. Con l’aria perfetta di una provocazione punk, come portare simboli sacri sul palco, o svastiche.L’incontro di cui proviamo a scrivere la cronaca nasce per consigliare l’ascolto in raccoglimento di "Ultime notizie di cronaca", la chiusura della storia dei Per grazia ricevuta, Ferretti con Gianni Maroccolo e Giorgio Canali, gli ultimi due che hanno resistito in una band che diventava sempre più un divorzio tardivo. Dalla musica, e dalle parole che seguiranno, abbiamo l’impressione che questa fase della vita artistica di Ferretti sia chiusa. La musica si allontana, il questo lavoro è l’ancella delle parole. Ferretti, che ha raccontato la sua conversione in Reduce, a dicembre darà alle stampe un nuovo libro Bella gente d’Appennino (Mondadori) dedicato ai luoghi e ai posti dov’è tornato a vivere, «sui monti fra i morti», a prendersi cura di Eni, l’anziane madre malata. In realtà l’incontro nasce per verificare se Ferretti è veramente quel convertito di cui parla tanto bene il Giornale e che scrive sul Foglio. Folgorato sulla via del ’Pastore Tedesco’ perché, racconta lui - e anche questo è un aneddoto in perfetto stile punkettone - lui che da piccolo è stato uno diffusore del manifesto, un giorno ha letto sul suo giornale (cioè il nostro) un articolo con «tre insulti consecutivi» - riferisce - al papa e questo gli ha reso l’uomo in questione interessante poi irresistibile. Sappiamo che lui, autore di ben altre ’cronache’ («di guerra», «montana», «filiale», «divina», così si intitolano i nove pezzi del suo ultimo lavoro) , leggerà con sgradevolezza» la nostra cronaca.
In tanti dicono che lei è diventato anticomunista. A me sembra che lo sia sempre stato, forse prima era solo antisovietico e antiPci, cantava ’fedeli alla linea anche quando la linea non c’è.
Non esageriamo. Venivamo da Reggio Emilia, per questo potevamo chiamarci Cccp, era la città più filosovietica dell’impero americano.
Ma quel filosovietismo in realtà facevate a fette.
La prima volta che con Zamboni siamo stati a BerlinoEst ci siamo guardati intorno e ci siamo detti ’ma dai, questo è uno scenario allestito dalla Cia’. Certo, io venivo da una storia molto diversa: una famiglia cattolica, tradizionale, un piccolo borgo di montagna. Però, con i primi peli e la dentazio, questa vorticosa crescita ormonale mi ha fatto svalicare.
Ammette, dunque, che quel filosovietismo era uno sberleffo punk.
Non tanto. Deve considerare anche la dabbenaggine a la coglioneria dell’interlocutore, oltreché l’intelligenza. Eravamo cresciuti in un antiamericanismo così radicale per il quale si era disposti a farsi carico di tutti i ’nonostante’. Preferivamo l’acciaio alla plastica. Ci sembrava moralmente necessario stare dall’altra parte. Poi, più tardi, la cosa che mi fulminò di quest’altra parte, furono le chiese ortodosse. La divina liturgia che resisteva sotto il regime comunista. Veniva la pelle d’oca. Quindi l’amore per l’Urss e l’ortodossia diventò amore per la Russia e l’ortodossia cristiana. Il gioco delle parole non è mai casuale.
La vostra ortodossia comunista era una provocazione che portavate in giro per le feste dell’Unità, persino pagati dal Pci.
E questo ci stupiva tantissimo. Siamo stati l’unico gruppo alternativo pagato alla fine di ogni concerto. I Litfiba andavano negli stessi posti e non li pagavano. Poi ci hanno spiegato che ci temevano.
Ora si esibisce nelle chiese, ha cambiato mercato.
Io e il mercato siamo andati sempre molto d’accordo, visto che non abbiamo mai avuto il minimo interesse reciproco.Così oggi, avendo fatto una scelta che non sta né in cielo né in terra, mi ritrovo a lavorare poco perché do pochissima disponibilità, due-tre concerti al mese, e non tutti i mesi. E avendo scelto di lavorare solo nelle piccole città, nelle piccole chiese, nei borghi, nei castelli, in realtà il mercato sostiene questa scelta. Costa poco, anche in tempi di crisi, e chi compra uno spettacolo così di solito lo offre a una comunità.
Torniamo alle provocazioni. Quindi, la mia ipotesi è che ci sta prendendo a tutti in giro. Che tutta questa storia della cura di sua madre e della conversione alla madonna è una provocazione.
(Ride) Non ho mai preso in giro nessuno, nemmeno ai tempi dei Cccp. È che avevo dimenticato tutta una serie di cose, le volevo dimenticare: mi sentivo figlio di una storia comunista italiana. Per quanto sapessi che se fossi andato in Urss finito subito in un gulag. Del resto mi sembrava una meravigliosa storia di comunisti quella di morire per un ideale, e per mano dei comunisti.
Era già una fantasia di martirio.
Eravamo nutriti di antiamericanismo. Sono nato in un piccolo paese che stava vivendo gli ultimi anni di un lunghissimo medioevo. Di colpo è arrivato il presente. In due tre anni è arrivata la strada asfaltata, le prime moto, la tv. E il mondo si è crepato, sgretolato, finito. Ci abitavano mille persone, ora siamo in 74. Il crollo è stato velocissimo. Fino agli anni 50 vivevamo sotto Matilde di Canossa, in un tempo scandito dalla transumanza.
Rimpiange quel tempo? Si stava meglio quando si stava peggio.
No. Era un mondo pieno di dolore, di fatica, soprattutto per le donne. Mi ricordo le donne che spaccavano il ghiaccio per lavare i panni a mano. Per gli uomini c’era un senso di libertà, di avventura. Se dovessi fare il panegirico di due cose, lo farei della lavatrice e del mio Mitsubishi Pk, senza i quali non potrei vivere.
Tutto questo cosa ha a che vedere con Berlusconi?
Niente. Berlusconi è l’essere più improbabile intorno a cui si è aggregata tutta la dimensione politica italiana che non vuole essere governata dalla sinistra. Il gioco è tutto qua. Verso quella ideologia non c’è la minima fiducia per il presente e per il futuro. Se la sinistra fosse andata al governo prima avremmo aumentato i nostri guai. Guai che la destra non è in grado di risolvere, chiaro. Ma la sinistra ha un approccio alla vita in cui non mi riconosco più. La vera crepa è stata la crisi della Jugoslavia. Cinquant’anni di comunismo, e non dei peggiori, ma la mancanza di libertà non solo non ha risolto nessun problema, li ha peggiorati.
Le pare che dall’altra del muro i problemi si risolvevano?
No. Ma non si partiva neanche dalla speranza di risolverli.
INVuol dire che essendo il mondo capitalista meno ambizioso, anche la delusione è meno cocente.
Non è poco. I capitalisti per definizione non ti garantiscono un mondo migliore, ma la scarsa sopravvivenza.
Lei si è avvicinato alla chiesa cattolica: promette il paradiso, il non plus ultra dell’illusione. Non teme che la deluda, come i comunisti?
Quello che sta rincollando il mio rapporto con la chiesa è che mi permette un rapporto personale con dio. Se fossi più intelligente mi basterebbero i libri. Ma invece a me serve che sulla terra ci sia una tradizione, l’incarnazione di una tradizione, generazione su generazione, che mi aiuti ad avvicinarmi a dio. Quello che dice il papa è importante perché la sua è una genealogia che sale fino a Pietro.
La sua strada verso dio, e la madonna a cui si professa devoto, è l’obbedienza?
L’obbedienza ma non a una norma qualsiasi. È il rapporto con qualcosa che ti sovrasta, che ti annulla. La vita è un mistero e un dono. Anche se sei malato.
E se tu sei molto malato, chi deve decidere se staccare la spina?
Sono contrario all’accanimento terapeutico. Deve decidere la tua famiglia e chi ti vuole bene. Ma non mi piacciono le leggi. Trasformano la vita in caselle, scrivi x qui y o qua. Penso che se una cosa del genere succedesse a mia nipote, e sapessi che la sua volontà è staccare, lo farei io, non andrei a farmi autorizzare da un giudice.
La legge del centrodestra non glielo consentirebbe. Un'altra casella: lei è d’accordo con il cacciare persone disperate in mezzo al mare, verso dittature e sicura persecuzione?
Che modi di fare le domande. Detta così, se rispondo sì devo fare la parte del cattivissimo. La faccio. È un principio di realtà. Il problema non è il mondo che vorrei, il problema è il mondo che è. Vuoi peggiorarlo? Vuoi non dico migliorarlo, ma contenerlo nella sua tragicità? Io sono per il diritto d’asilo. Ma mi trovo in questo imbarazzo: che io darei il diritto d’asilo ha un miliardo di cinesi che vivono in una situazione di dittatura. Va trovata una via di mezzo, non può continuare un’entrata continua di gente disperata.
Ma questo non lo dice la destra, lo dice la sinistra moderata.
Meglio per lei. Decidiamoci, se la Libia è una dittatura spieghiamolo all’Onu. La ragionevolezza non è il mondo che vorrei, ma è quella che c’è. Per esempio credo che il diritto ad essere curato è di tutti. E devi curare l’altro non perché sei buono e di sinistra, ma anche se sei cattivo e di destra, perché può attaccare la sua malattia a tutti. In questo paese viviamo un disagio profondissimo, non si può fare finta di niente. La Lega prende una marea di voti al nord.
E pensa che sia un buon segno, cattolicamente parlando?
Il fatto è che in mezza Italia del nord i preti sono di sinistra.
Non c’è contraddizione fra la difesa della vita e lasciare ammazzare la gente in mezzo al mare?
Sì, ma non è risolvibile. Il samaritano soccorre l’uomo di Gerusalemme perché se lo ritrova lì, non per un fatto ideologico.
Pensa come il papa che la castità sia un valore, e la fornicazione e l’omosessualità e l’adulterio peccati?
Penso che la castità è un valore, grande. È la possibilità di esaltare la sacralità di una persona, anche il suo corpo. E quando c’è l’incontro è una cosa grande, non come bere un bicchier d’acqua.
Gli omosessuali sono peccatori? Non sono liberi di vivere insieme nella legalità, ad avere figli?
Non riduco questo discorso a una dimensione legale. Non esiste il diritto a essere madri e padri. Tu non sei padrone della vita, la vita è un dono e un mistero, ed ha una forma naturale.
Le tecniche che aiutano a combattere il cancro, che hanno aiutato anche lei, sono buone, e quelle che aiutano a fare un bambino no?
Perché sono tecniche invasive e manipolatore.
Anche quando guariscono.
Ma è diverso, il problema della procreazione assistita è che costringe a rinunciare a molte vite.
Senta, lei è stato un disobbediente per tutta la vita. Ora si descrive come obbedienza massima.
No, sono un peccatore. Procedo a fatica. E il viaggio più lungo che ho fatto nella vita è verso il confessore.
Dà l’impressione che lei abbia fatto un lungo percorso senza rete né protezioni, e poi abbandonato il grande pericoloso caos alla fine abbia trovato un ordine.
Detta così è anche molto bella.
Se ne stancherà, le verrà a noia tutto questo ordine?
Il sigillo della vita è la morte, finché non arriviamo lì non possiamo saperlo. La morte è la possibilità del giudizio. Io non me lo auguro e non lo credo, ma finché non arriva la morte non posso dirlo.
Il suo pubblico è cambiato. Dai rockettari e punk a ciellini e antiabortisti. Crede che questi suoi nuovi fan la capiscano?
Le persone che vengono ad ascoltarmi nelle piccole chiese di montagna capiscono tutto. Metà del pubblico mi conosce, l’altra metà sono paesani che mi ascoltano, vecchie suore vecchie signore chiamate dal prete. Capiscono. E in sacrestia mi abbracciano.

da Il Manifesto

Ddl sviluppo: rinnovabili obbligatorie ma più costose

Il Ddl sviluppo porta nuovi oneri per chi si autoproduce l’energia da rinnovabili
Cogena, associazioni di produttori operanti nei settori della fabbricazione e distribuzione di impianti e servizi per la produzione distribuita di energia da fonti rinnovabili e da cogenerazione, critica fortemente i nuovi corrispettivi ed oneri di sistema introdotti dal ddl Sviluppo, approvato dal Senato, aggravati i costi di autoproduzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e da cogenerazione ad alto rendimento.
Ancora una volta penalizzate le imprese dei settori industriale, commerciale, distributivo, agricolo, residenziale e servizi che investono in efficienzaenergetica ecosostenibile.
Con il DDL 1195 B approvato al Senato, viene gravemente danneggiato il sistema produttivo, commerciale, distributivo e servizi nazionale e penalizzata l’efficienza energetica ed il risparmio energetico a causa degli oneri di sistema introdotti sulla energia autoprodotta ed autoconsumata.
I nuovi oneri e corrispettivi di sistema aumentano mediamente del 15% i costi di autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e da cogenerazione e riguarderanno tutti gli impianti di autoproduzione. Unica eccezione, le utenze industriali in alta tensione collegate con reti interne di utenza esistenti che verseranno i corrispettivi e gli oneri di sistema solo sull’energia prelevata nei punti di connessione e per le quali è riservato, grazie all’art. 33, anche il beneficio della esenzione dalla accisa sulla elettricità consumata (oltre la soglia fissata per legge).
Con l’art. 33 sulle reti interne di utenza, il provvedimento approvato non solo va nella direzione opposta intrapresa e percorsa dagli altri Paesi Europei ma, addirittura, neutralizza gli effetti positivi di altre norme previste ed approvate dallo stesso DDL 1195 B, prima tra le quali, la semplificazione amministrativa della installazione di unità di microcogenerazione (sola Comunicazione al Comune) e piccola cogenerazione (solo Dichiarazione inizio attività – DIA), norma proposta da Cogena e approvata dal Parlamento.
Il nostro Paese ha bisogno di investire sulla autoproduzione ecosostenibile di energia, sulla efficienza e sul risparmio energetico, in attesa dei tempi di realizzazione e di entrata in funzione delle centrali nucleari.
Al contrario, si adottano norme che aggravano i costi di autoproduzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e da cogenerazione ad alto rendimento, introducendo nuovi oneri, superiori agli stessi incentivi dati alla generazione di energia da fonti rinnovabili e da cogenerazione che peraltro ancora attende, a due anni dal recepimento della direttiva comunitaria 2004/8/CE, i relativi decreti attuativi.
Cogena chiede che il Governo attui gli impegni assunti alla Camera ed al Senato di rivedere la materia appena disciplinata – Reti interne di utenza, oneri – già a partire dalla revisione in corso del Decreto legislativo n. 115 del 2008 in materia di usi finali dell’energia con riguardo ai Sistemi efficienti di utenza:
- eliminando al più presto la intempestiva ed impropria introduzione di nuovi corrispettivi ed oneri di sistema sulla autoproduzione di energia elettrica,
- regolamentando la medesima situazione in tre modi diversi (oneri su: energia scambiata, energia consumata, energia prelevata)
- applicando per tutti gli impianti di autoproduzione di energia da fonte rinnovabile e da cogenerazione ad alto rendimento i corrispettivi tariffari di trasmissione e di distribuzione e gli oneri generali di sistema esclusivamente all’energia elettrica prelevata nei punti di connessione e non al totale dell’energia autoprodotta ed auto consumata.
Una richiesta, quella di Cogena, a salvaguardia degli investimenti, della competitività energetica delle imprese di tutti i settori e del Sistema Italia, coerente con le politiche europee di risparmio ed efficienza energetica anche attraverso la generazione distribuita di energia da fonti rinnovabili e da cogenerazione ad alto rendimento.

Il Ddl Sviluppo ha portato novità per il settore energetico delle biomasse: sono stati confermati gli incentivi alla produzione di energia elettrica da biomasse.
Il sistema di incentivi all’elettricità da biomasse definito all’art. 27 del DdL votato prevede:
Per biogas e biomasse con una potenza non superiore a 1 MW:
viene riconosciuta la tariffa omnicomprensiva (incentivo + energia elettrica prodotta) pari a 28 €cent per kWh immesso nella rete elettrica. Sono inclusi gli impianti a oli vegetali puri a condizione che siano ottenuti da colture oleaginose coltivate nell’UE e che siano state incluse nel fascicolo aziendale per l’ottenimento del premio comunitario.
Per gli impianti alimentati con altri biocombustibili liquidi (biodiesel e bioetanolo):
la tariffa omnicomprensiva è pari a 18 €cent per kWh. E può essere applicata anche per gli oli provenienti da paesi extra UE (ex: olio di palma), per i gas di discarica e i gas residuati da processi di depurazione;
Per impianti alimentati a rifiuti biodegradabili e biomasse generiche non di filiera:
è riconosciuto un coefficiente di moltiplicazione dei certificati verdi pari a 1,3 rispetto al precedente 1,1. solo se di potenza superiore a 1 MW.
Agli impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti ottenuti nell’ambito di intese di filiera, contratti quadro oppure da filiere corte, cioè ottenuti entro un raggio di 70 km dall’impianto che li utilizza, con una potenza superiore a 1 MW, è riconosciuto un coefficiente di moltiplicazione dei certificati verdi pari a 1,8. Questo incentivo verrà applicato a seguito dell’attuazione del Decreto Attuativo del Ministero dell’Agricoltura di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico previa consulta in sede Europea per la definizione di filiera corta.

Vi segnalo, inoltre, il link a un post di un altro sito, 100casa.it. L’articolo si chiama Fonti rinnovabili obbligatorie, per le nuove costruzioni.
Riguarda le nuove regole da rispettare per la costruzione di nuovi edifici, che devono avere di regione in regione percentuali diverse ma obbligatorie di consumo di energia rinnovabile.

Infine, come ciliegina sulla torta, un altro blog della Basilicata segnala una notizia piuttosto inquietante, pari all’angoscia che proveremo da qui a sei mesi su dove metteranno i siti di stoccaggio di scorie nucleari.
Riguarda sempre il Ddl Sviluppo, che sarebbe sicuramente da approfondire. Il blog Infobasilicata riporta questo post sul Petrolio Lucano. Il governo ora sarebbe in grado di trivellare senza la Regione come intermediario.

da Micromega di Alex Buaiscia

CECCANTI - PD «Ha una lista concorrente, lo statuto parla chiaro» - La regola è: il comico no Radicali e Vendola sì

Articolo 2 comma 8: «Sono esclusi dalla registrazione nell'anagrafe degli iscritti e nell'albo degli elettori le persone che siano iscritte ad altri partiti politici o aderiscano a gruppi di altri partiti politici all'interno di organi istituzionali elettivi». Per il senatore Stefano Ceccanti, uno degli 'Stranamore' - la definizione poco affettuosa è di Franco Marini - estensori dello statuto Pd, il caso Grillo si chiude al secondo articolo dello statuto. C'è poco da fare, secondo il costituzionalista: «Grillo fa parte di un movimento, sia pure sotto forma di network, assimilabile a un partito che al voto si contrappone al Pd. Né ha cambiato idea. Alle scorse primarie abbiamo rifiutato Di Pietro e Pannella che erano persino nostri alleati. E questa volta dovremmo accettare uno che si presenta contro il Pd? Non sta in piedi». Anzi, si emenda, il vero precedente è «Sgarbi, quando annunciò che voleva correre alle primarie dell'Unione. Lo fece prima che noi presentassimo il regolamento, e dopo sembrò che scrivessimo una regola ad personam. Ma è una questione di serietà: non si può fare una campagna contro e poi candidarsi a leader del Pd».

Non state esagerando in risposte burocratiche, magari tradendo un riflesso di chiusura e paura?
Quella di Grillo è una provocazione, e ciascuno reagisce come gli viene. Magari male. Del resto è quello che vuole Grillo: come ha fatto al senato, dov'è venuto a dire che le parlamentari sono tutte zoccole. Voleva fare chiasso, l'ha fatto.

Torniamo alle regole: a Grillo c'è chi oppone l'articolo 9 comma 2 dello statuto, si può candidare solo chi è iscritto al momento dell'indizione della convenzione.
Invece quest'argomento non mi convince. In teoria si tratterebbe del 26 giugno. Ma non va bene per due ragioni: intanto abbiamo fissato una data per chiudere le iscrizioni, il 21 luglio, e non possiamo averne un'altra per dire che chi si iscrive per ultimo ha meno diritti. E poi l'indizione si fa in due date: la prima direzione che fa il regolamento, e la seconda che chiude la fase. No, la ragione per cui Grillo non può candidarsi è che non si può avere una doppia tessera. Chi sta nel Pd non può far parte di un movimento o un partito che va contro il Pd.

La questione della doppia tessera non si pone solo per Grillo. Alcuni radicali hanno annunciato che disobbediranno alle vostre regole per partecipare al congresso. Mina Welby si è già iscritta.
Per i radicali la questione è diversa. Alle politiche non solo non si sono presentati contro il Pd, ma addirittura nelle liste Pd. Siamo in una situazione borderline. Tanto più che loro spesso non si presentano alle amministrative.

Alle europee sì, però.
E va bene. Resta un caso borderline, va interpretato.

Così dà l'idea che i busillis siano tirati alle preferenze politiche.
No, la vicenda Grillo va a sbattere contro lo statuto, che serve a dire chi sta dentro e chi no. Non si possono fare due parti in commedia.

E i radicali? Stanno conducendo una campagna per la 'doppia tessera'. Marini, Rutelli e Follini si sono dichiarati possibilisti.
Io dico di più. In prospettiva radicali, socialisti e anche Vendola potrebbero tranquillamente stare dentro il Pd. Non vedo ostacoli per chi, come me, ha l'idea di un partito a vocazione maggioritaria.

Nonostante le tessere dell'associazione Sinistra e libertà e di Radicali italiani?
Purché non si presentino alle elezioni in maniera concorrenziale con il Pd, si può immaginare un percorso in cui si possano ritrovare dentro il partito.

Ne è sicuro?
Non vedo il problema. Meno partiti ci sono meglio funziona la democrazia parlamentare. Per questo non posso pretendere partiti rigidamente omogenei. In sostanza, i partiti sono i soggetti che si presentano alle elezioni. C'è quindi una gamma di posizioni politiche che possono essere ricomprese nel Pd, da Vendola a Tabacci. Al congresso ce ne accorgeremo bene.

In che senso?
La piattaforma di Bersani insiste sulla coalizione, e in quello schema radicali, vendoliani e socialisti sono fuori dal Pd, e magari dentro una nuova Unione, con l'Udc al posto del Prc. In quella di Franceschini invece il perno è un altro: appunto, l'idea di un partito a vocazione maggioritaria. Ed è quella coerente con il mio approccio: tutti dentro, tutti in lista, anche se con posizioni molto differenziate all'interno.

da Il Manifesto di Daniela Preziosi

L'eccidio dei Taliban nel 2001 - Bush e Cheney nascosero tutto

Nuove accuse alla Cia, Obama ordina un'inchiesta
Tra mille e duemila miliziani giustiziati dopo la cattura e i corpi fatti sparire


NEW YORK - Nel novembre del 2001, pochi giorni dopo la conquista di Kabul, oltre mille prigionieri Taliban vennero uccisi dagli uomini di Abdul Rashid Dostum, signore della guerra finanziato dagli americani. È una delle pagine più nere della guerra in Afghanistan, e Barack Obama ha deciso che su questa storia è arrivato il momento di fare piena luce. È stato lo stesso presidente ad annunciarlo, durante un'intervista alla Cnn registrata in Ghana e andata in onda ieri sera: "Sono stato informato che non si è investigato a dovere, per questo ho chiesto al mio team della sicurezza nazionale di mettere insieme tutti i fatti. Quando li conosceremo, prenderemo una decisione su come affrontare la vicenda".

Il numero esatto dei morti non si sa, sicuramente più di mille, ma potrebbero anche essere millecinquecento o duemila. Si erano arresi. Erano stati chiusi in aerei militari sigillati per due giorni, molti di loro morirono soffocati, centinaia vennero uccisi a colpi d'arma da fuoco, qualcuno all'arma bianca. Dostum diede l'ordine di seppellirli in fosse comuni, i corpi ammucchiati usando bulldozer. Nel 2002 funzionari delle Nazioni Unite avevano scoperto alcune di queste fosse nel nord del Paese vicino Shibergan, città natale e quartier generale di Dostum. L'Onu aveva aperto un'inchiesta e anche gli americani avevano iniziato a indagare. Erano arrivati agenti specializzati dell'Fbi, uomini del Dipartimento di Stato, medici della Croce Rossa. Ma la Casa Bianca di Bush scoraggiò apertamente queste indagini, l'immagine del nuovo Afghanistan "libero e democratico" ne avrebbe risentito troppo. E le indagini, dice oggi la Casa Bianca, "furono insufficienti".

"Penso che le nazioni abbiano delle responsabilità, anche in tempo di guerra. Se con la nostra condotta abbiamo avvallato violazioni delle leggi di guerra, penso che dovremmo saperlo". I soldati Usa sono impegnati in una grande offensiva contro i Taliban e Obama, che questa offensiva l'ha voluta, vuole chiarire che questa volta i marines e gli altri reparti americani combatteranno una guerra corretta. Non sono stati loro a compiere il massacro del 2001, ma Dostum era "a libro paga della Cia" (lo scrive il New York Times) e gli americani non potevano non essere al corrente di quanto successo. Anche l'allora comandante delle truppe Usa, generale Tommy Franks, era a favore di un'inchiesta ma trovò un muro nei politici dell'amministrazione Bush.

Obama in realtà avrebbe voluto "guardare avanti", evitare processi alla passata amministrazione, ma adesso diventa più difficile. Sui media americani continuano le rivelazioni sul piano top secret della Cia di cui il Congresso venne tenuto all'oscuro per "ordine" dell'ex vicepresidente Dick Cheney, piano che il nuovo direttore della Central Intelligence Agency, Leon Panetta, ha annullato il 23 giugno scorso. Secondo il Wall Street Journal il programma avrebbe autorizzato gli agenti della Cia ad assassinare i leader di Al Qaeda con operazioni mirate, l'uso di commando, di un solo agente infiltrato, di un sicario prezzolato. La legge americana proibisce l'uso dell'assassinio politico, ma nell'interpretazione della Casa Bianca di Bush - che ai terroristi di Al Qaeda aveva dichiarato guerra - l'uccisione di Bin Laden o dei suoi luogotenenti non avrebbe fatto parte di questa casistica, e del resto lo stesso Bush aveva detto "prenderemo Osama vivo o morto".

Anche Bush e i suoi si rendevano però conto che se tale progetto fosse stato reso pubblico avrebbe creato molti problemi legali alla Casa Bianca e alla Cia, di qui l'ordine ai capi della Central Intelligence Agency di non informare il Congresso. In realtà il programma non sarebbe mai stato esecutivo, rimanendo allo stadio di progetto. Il solo fatto che ci sia stato ha scatenato però una battaglia politica, con i liberal democratici in prima linea alla ricerca della resa dei conti con la passata amministrazione e i moderati che vorrebbero evitare lo scontro frontale con i repubblicani.

Dal quartier generale di Langley gli uomini della Cia tengono le bocche cucite. "No comment", è la risposta secca del portavoce George Little. Gli unici che hanno parlato sono gli agenti "anonimi" che hanno parlato con il Wall Street Journal: "Sembrava un piano da film, era tipo: uccidiamoli tutti".

da La Repubblica di Alberto Flores D'Arcais

Brutale aggressione neonazista a Berlino

Nelle prime ore di domenica 12 luglio, quattro neonazi hanno messo in pericolo la vita di un compagno di 22 anni di Neukölln, quartiere berlinese, alla fermata della S-Bahn di Frankfurter Allee, nel quartiere di Friedrichshain a Berlino.I nazi hanno prima molestato con calci e spintoni delle passanti nel corridoio che collega la linea S-Bahn a quella metropolitana, poi hanno individuato nel giovane ventiduenne di sinistra la loro vittima. Lo hanno bastonato fino a fargli perdere conoscenza, riducendolo in coma e tentando di fracassargli cranio e mascella. Solo la grossa stazza del compagno lo ha salvato da conseguenze ancor più gravi e definitive. I quattro hanno filmato tutto con il cellulare e uno di loro ha continuato a pestarlo anche all'arrivo della polizia, che ha poi arrestato il gruppetto. Il compagno è in questo momento in ospedale con delle ferite gravi quali la frattura dello zigomo e un emorragia cerebrale.

I quattro nazi erano stati precedentemente aggrediti da un gruppo di compagni che li aveva messi in fuga.
L'attacco di questa domenica non è un caso isolato. Appena il mese scorso (14 Giugno 2009) due militanti della sinistra berlinese venivano attaccati da camerati armati di coltello. Alla richiesta di spiegazioni sul perché i due vestissero Thor Steiner (nota marca neonazi), uno dei due reagiva colpendo uno degli antifascisti ed infliggendogli una profonda ferita al braccio. Anche questo attacco è avvenuto sulla Frankfurter Allee.

Fra i responsabili di queste aggressioni troviamo spesso i destroidi frequentatori del vicino locale Jeton. Solo un anno fa, ad agosto, un commerciante di sigarette vietnamita di 19 anni Chan Dong N., veniva ammazzato a Marzahn da un Tedesco volontario per la sicurezza. Diversi gruppi berlinesi hanno convocato per sabato prossimo una grande manifestazione contro l'infamia nazista.

Sabato 18 Luglio 2009 - ore 18.00 - Bersarin Platz - Berlino
Cacciamo i nazi dal quartiere!
Il vostro terrore non resterà impunito!

per info: www.antifa.de

SUDAN - FRUSTATE PERCHE' INDOSSAVANO I PANTALONI

Una nota giornalista sudanese è stata arrestata con l'accusa di essersi vestita in modo «indecente» perchè portava i pantaloni e potrebbe essere condannata a 40 colpi di frusta se fosse ritenuta responsabile di questo reato. Lubna Ahmed al-Hussein, che pubblica regolarmente dei corsivi sul giornale di sinistra al-Sahafa e lavora anche per la Missione delle Nazioni Unite in Sudan, è stata arrestata la scorsa settimana a Khartoum. È accusata di essersi vestita in modo contrario all'ordine pubblico. «Il 3 luglio, ero al ristorante - ha raccontato la giornalista alla France Presse -. Poliziotti sono entrati e hanno chiesto alle ragazze che portavano i pantaloni di seguirli in commissariato. Mi hanno portata via insieme ad altre 12 ragazze, alcune delle quali del sud. Due giorni più tardi, dieci di loro sono state convocate in un commissariato nel centro di Kartoum e hanno ricevuto dieci colpi di frusta ciascuna». Le altre tre donne, fra le quali la giornalista, sono state rinviate a giudizio in forza dell'articolo 152 del codice penale sudanese. L'articolo prevede una pena di 40 colpi di frusta per chiunque «commetta un atto indecente o un atto che violi la moralità pubblica o porti dei vestiti indecenti». La data dell'udienza non è ancora stata fissata. Contrariamente ad altri paesi della regione, le donne sono molto presenti nella vita pubblica in Sudan, paese a maggioranza musulmano. Alcune leggi tuttavia rimangono discriminatorie nei loro confronti, secondo le organizzazioni di difesa dei diritti dell'uomo.

''Indossavo pantaloni e camicia e le dieci ragazze che sono state frustate vestivano come me'' ha detto la donna, aggiungendo che alcune ragazze avrebbero ammesso la loro 'colpa', mentre alcune si sono rivolte ai rispettivi legali. La maggir parte delle ragazze punite sono cristiane o animiste del sud, ha riferito la signora Hussein.
A Khartum vige la Sharia e la pena per chi veste in modo 'indecente' è di 40 frustate. Lubna al-Hussein è una reporter ben conosciuta nel paese e scrive settimanalmente una rubrica per un giornale chiamata Men Talk; lavora anche per la missione delle Nazioni Unite in Sudan, Unmis.

Aborti italiani

ABORTO: DELEGATA SINDACO ROMA PER TUTELA VITA, BENE BUTTIGLIONE-BINETTI = Roma, 14 lug. - (Adnkronos) - «Sono grata alla coraggiosa iniziativa bipartisan Buttiglione - Binetti, che impegna il governo a promuovere la stesura e l'approvazione di una risoluzione Onu che condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico ed eugenetico. La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento». Lo ha dichiarato Novella Luciani, delegata del sindaco di Roma alle politiche di promozione e tutela della vita umana. «La richiesta di una grande moratoria - continua Luciani - denuncia il fallimento delle politiche di controllo demografico portate avanti da decenni dalle grandi organizzazioni internazionali e la fine della congiura del silenzio. L'aborto non può essere uno strumento di regolazione delle nascite o peggio di selezione del sesso». «Benedetto XVI con la Caritas in veritate ha dimostrato invece esattamente il contrario - conclude - È promuovendo la vita che si ha vero sviluppo umano. La vita è dunque sinonimo di vero sviluppo per l'umanità intera e non uccide nessuno». (Rre/Zn/Adnkronos)

da Indymedia