HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

venerdì 22 gennaio 2010

Il Massimo del minimo

di Marco Travaglio

Due anni fa, in pieno scandalo Unipol, il Signornò domandò cosa dovesse ancora fare Massimo D'Alema contro il centrosinistra per essere accompagnato alla porta. D'Alema ha risposto con i fatti. Nel giro di un mese ha riabilitato l'inciucio con Berlusconi, ha riabilitato per l'ennesima volta quel Craxi a cui 10 anni fa offrì i funerali di Stato e soprattutto ha devastato alla velocità della luce il centrosinistra nella sua Puglia, una delle poche regioni in cui il Pd conservava una vocazione maggioritaria. Ha sacrificato il governatore Nichi Vendola sull'altare dell'Udc, ha lanciato al suo posto il sindaco appena rieletto di Bari Michele Emiliano senza passare per le primarie, poi l'ha cambiato in corsa con Francesco Boccia irridendo alle primarie, poi le ha riesumate ("Le ho sempre volute") ma a patto che le vinca Boccia, poi si è meravigliato del fatto che Vendola non si ritiri tutto giulivo dalla corsa. Infine, con l'aria di chi passa di lì per caso e vola alto su una distesa di cadaveri e macerie, ha commentato schifato: "Non ci capisco più niente".


Il tutto in una regione dove non muove foglia che lui non voglia. La Volpe del Tavoliere, come lo chiama 'il manifesto', aveva già tentato di imporre Boccia quattro anni fa: purtroppo però le primarie le vinse Vendola. D'Alema, furibondo con gli elettori che non lo capivano, commentò: "La mia pazienza ha un limite" e scaricò il suo sarcasmo su Nichi: "Vincere le primarie è facile, battere Fitto è un'altra cosa". Naturalmente Vendola batté Fitto. Allora Max gli diede una mano delle sue, regalandogli due assessori coi fiocchi: il vicepresidente Sandro Frisullo e il responsabile della Sanità, l'ex socialista Alberto Tedesco. Sarà un caso, ma il primo s'è scoperto cliente di Giampi Tarantini, ras delle protesi sanitarie e fornitore privilegiato delle Asl pugliesi, esattamente come la famiglia di Tedesco, assessore in pieno conflitto d'interessi. Sia Frisullo sia Tedesco sono stati indagati dalla Procura e dimissionati da Vendola, che ha azzerato l'intera giunta. Tedesco è passato al Senato col Pd, cioè al sicuro, grazie al dalemiano
Paolo De Castro, spedito a Strasburgo per liberargli il seggio.

Ora, dopo l'ennesimo passaggio dell'Attila di Gallipoli, si contano i morti e i feriti: Emiliano, uno dei sindaci più popolari d'Italia, deve far dimenticare l'autocandidatura e la richiesta di una legge ad personam per correre alla Regione senza lasciare il Comune; Boccia, dopo aver detto "primarie mai", deve tentare di vincerle contro Vendola, il quale è riuscito a far dimenticare gli errori politici degli ultimi mesi (come la lettera aperta contro il pm Desirée Di Geronimo che indaga sulla sua ex giunta), ma ormai ha col Pd rapporti talmente conflittuali da rendere impossibile qualunque ricucitura. Sabato scorso, Max pareva avere finalmente capito: "In certi momenti", ha detto, "un leader deve fare un passo indietro". Ma l'illusione è durata poco: parlava di Vendola.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-massimo-del-minimo/2119767/18

Per Vendola si mobilitano artisti, scienziati, premi Nobel

Dario Fo: è da matti non votare Vendola

Ieri Vendola ha incassato importanti sostegni: un gruppo di scienziati italiani di fama internazionale, ha sottoscritto un documento di sostegno alla sua candidatura. Umberto Guidoni, Margherita Hack, Giorgio Parisi, Carlo Flamigni, Gianni Mattioli, Marcello Buiatti, Marcello Cini e Pietro Greco si sono mobilitati per sponsorizzare il presidente: «In questi cinque anni - si legge nell´appello diffuso ieri - in Puglia ci sono stati impegni concreti a favore della ricerca pubblica, attraverso politiche di valorizzazione dell´innovazione, soprattutto nei confronti dei giovani. Riteniamo che investire sulla formazione e sulla ricerca sia il modo di garantire il nostro futuro: per questo pensiamo che la migliore scommessa per il futuro della Puglia sia impegnarsi per la vittoria di Vendola»

Un appello al voto per il presidente è arrivato anche da Dario Fo e Franca Rame:

Siamo proprio nel paese dei matti o meglio degli sragionanti autolesionisti scellerati. Stiamo parlando naturalmente a proposito di ciò che sta accadendo in Puglia alla vigilia delle elezioni per il massimo rappresentante della Regione. E mi rivolgo al cosiddetto popolo della sinistra dove ci si scontra ancora a ridosso della andata alle urne per decidere a chi dare la propria fiducia. Ma come? Nelle ultime elezioni che hanno visto Nichi Vendola vincere alla grande, l’Italia è rimasta con espressione ebete davanti al suo enorme successo ritenuto dai soliti preveggenti ciechi e rintronati un outsider senza alcuna chance di piazzamento… e ancora vogliamo ripetere lo stesso smacco a sorpresa, anzi rischiare che a forza di bollire la pentola del minestrone non ci rimanga che un pastone bruciato! Di ciò che deciderà la direzione del Pd con D’Alema abbiamo ormai pochi dubbi, quindi è ora che la base che esiste ancora decida col proprio cervello e soprattutto non accetti il gioco degli inciuci e convenienze di casta. É Vendola, perdio, che ha le massime possibilità di vittoria e una credibilità morale e tecnica decisamente di grande valore! Quindi tocca a noi dimostrare di possedere una chiarezza politica e civile nel nostro cranio.
Forza e decisione, dunque!

Franca Rame e Dario Fo

Anche Beppe Grillo sul suo blog pubblica una intervista ed un post di sostegno a Nichi per la battaglia intrapresa dal Presidente della Regione Puglia in difesa dell’acqua come bene comune e contro il nucleare:

“Ho parlato al telefono con Nicki Vendola. Mi ha dato la sua parola che l’acquedotto pugliese, il più grande d’Europa, sarà pubblico nella proprietà e nella gestione (quindi dei cittadini) se lui verrà eletto presidente di Regione. E che, con una sua Giunta, per costruire centrali nucleari in Puglia sarà necessario l’uso dei carri armati da parte del Governo. Vendola ha rilasciato un’intervista per il blog. Il MoVimento a 5 Stelle non si presenta alle elezioni pugliesi e, quindi, mi sento di sostenere Vendola contro il Pdl di Berlusconi e l’alleanza del Pdmenoelle di D’Alema con Casini-Caltagirone che candida Boccia. Vendola sa che in Rete non si può mentire e che le sue parole dovranno trasformarsi in fatti. Domenica 24 gennaio si terranno le Primarie tra Vendola e Boccia, l’”Uomo per me di D’Alema”. Con Vendola i pugliesi hanno una possibilità, con Boccia la certezza della distruzione del territorio e dell’esproprio dell’acqua pubblica. D’Alema si è presentato in Puglia per esercitare la sua nefasta influenza come “fratello maggiore”, lui è come Caino, fratello maggiore di Abele, che ha schierato il Pdmenoelle contro Vendola. Il giudizio negativo di D’Alema per Vendola è il miglior riconoscimento possibile. Una medaglia da appuntare al petto. La battaglia dell’acqua è solo al suo inizio. La vinceranno i cittadini con l’elmetto. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure”.

Beppe Grillo
http://www.beppegrillo.it

Port au Prince L’arrivo da RadicalShock


di Doriana Goracci
Siamo all’arrivo. A me fa impressione perchè sembra che “l’autore”, Fedemast,non sia mai partito dall’Italia e invece ci sta a Port-au Prince con tutte le scarpe il cervello e il cuore. Rimaniamo seri: cosa ci importa di che di cosa e di chi, qui noi italiani brava gente, alle prese con gli accordi elettorali?

Infanzia negata? Si, viene da Skopje la notizia che ” un bimbo di 9 anni è diventato il più giovane ingegnere di Microsoft System.
Marko, macedone, ha superato tutti gli esami richiesti in Slovenia, dove sta trattando per un progetto di lezioni in formato Full HD che prevede una produzione in inglese ad uso degli studenti interessati in tutto il mondo”. Sono certa che questa notizia volerà sul mondo web, è già volata.A margine una risposta-richiesta di Medici Senza Frontiere.

Io continuo a fare ” questo” Ponte.Ho messo RadicalShock nel titolo, così chi si schifa, salta: Quelli che benpensano…



Diario da Port au Prince. l’arrivo.

Ed eccoci qui nell’epicentro della tragedia planetaria. La verità è che di Haiti non glie ne frega proprio un cazzo a nessuno. Proprio, la gente al mondo pensa che sia un’isola. Invece poi vedi ed è un pezzo di un’isola. Manco è intera. Quella intera, dove poi ci sta Haiti dentro, si chiama Hispaniola. Un pezzo sfigato di un’isola. Un posto povero come pochi, pieno di negri terremotati, uraganati, massacrati più o meno sempre, che manco è l’Africa!! Che sull’Africa sono tutti d’accordo nel cordoglio, negli sguardi contriti, dici Africa e tutti pensano alla faccia un po’ dispiaciuta, all’espressione da salotto, preparata da anni. Dici Haiti e tutti pensano alla Polinesia. Quella è Tahiti. C’ha pure l’acca da un’altra parte. Allora gli fai, no Haiti è quella dei negri però latinoamericani che parlano quel francese strano. Quella che per prima si è resa indipendente, un paese di schiavi. Ah. E ‘ndo rimane?

Ora il terremoto. Sbragate migliaia di vite. In un secondo. Schiacciati sotto le macerie. Invasi i mezzi di comunicazione mondiali da immagini commoventi, strappacòre. Cordoglio a breve termine. Per l’Africa è diverso. Quello è a lungo termine. Rimane. Light, ma rimane. Questo vedi quanto ce metti a scortattelo. Chi se ricorda mo, sull’unghia, do rimane l’Indonesia? Ecco. Appunto. In più questi so pure negri.

Ora. L’armata Brancaleone catapultata nelle strade. Ho bisogno di raccontare le strade perché è qui che succedono le cose. L’azione, catturata dalle immagini dei miei compari, si manifesta e si spiega da sé nella strada. Io qui non parlo solo dei miei occhi. Qui abbiamo moltiplicato i nostri occhi, i nostri nasi, perché uno dei sensi più stimolati è l’olfatto da queste parti in questi giorni. Io ho il compito di raccontare con le parole quello che i nostri quattro corpi hanno registrato in questa settimana.

Alla partenza da Santo Domingo eravamo eccitati. Ma che sarà mai sta famosa Haiti? Ma che se dovemo aspettà? Ma come se dovemo comportà di fronte alle tragedie epocali? Se ponno fa le battute? Non saremo troppo cazzoni per essere testimoni di un evento del genere? Questa è robba che scotta. È robba dell’umanità.

Juan ce guardava appoggiato col braccio sullo sportello aperto della sua Honda bianca. Non sapeva. Salendo a bordo la macchina si abbassava quasi a toccare terra. “A regà, ma secondo voi non è bassina? Me sa che co sta cosa nun arivamo manco ar casello. E ancora non è salito Juan, guarda che panza, pare che s’è magnato er fijo!” E su queste parole del Principe, che rappresentavano i sentimenti dei quattro moschettieri, ci preparavamo non solo a guardare in faccia la STORIA (tutta maiuscola), ma addirittura a raccontarla. Vabbè, un pezzetto, però comunque sempre STORIA. Se solo la STORIA sapesse…

Il primo giro panoramico, il pomeriggio del primo giorno, ci fa stare tutti zitti. La Cité du Soleil. Di passaggio. Un assaggio. Il disastro è nelle loro vite. Sentivo qualcuno che ha detto “vabbè quelli già erano poracci, che je fa il terremoto?”. Il terremoto je fa. Se te c’hai un palazzo, milioni, 10 macchine e ti crolla tutto ti cambia la vita. Se te non c’hai un cazzo e te crolla tutto te bevi er piscio. Ed è proprio quello che usano fare qui.

Tutto intorno gente che cerca di raccattare pezzi di qualcosa per coprirsi, per vestirsi, per mangiare. E magari tua madre che prima della scossa ti mandava a comprare il riso ora è un mucchio di carne informe, gonfia che puzza che fa schifo. E non solo la tua. Pure quella del tuo vicino, la tua ragazza, il ferramenta, il pappone, la mignotta, il gatto, il rapinatore, l’ebanista, lo scultore. E tutto er condominio loro. E i parenti. E te siccome sei sfigato che sei rimasto vivo manco magni e te bevi l’acqua della fogna. Peccato che la fogna non ci sta. Infatti in questo paradiso tropicale si so dimenticati di fare le fogne. Le stavano a fa eh. Poi però all’ultimo zac! Scordati. Quindi quando tu caghi l’acqua va in certi canali di scolo un po’ così. Si mischia alla monnezza di passaggio. E visto che la città è in discesa, quando piove l’acqua se porta tutto a valle. A fa quello che gli esperti chiamano “er Mischione”. Vicino al quale è stata scattata la foto che sta qua sopra.

Allora ce le immaginiamo le signore haitiane, tesoro, mi raccomando, a mamma, lavati bene le mani quando torni a casa da fuori, che c’è la sporcizia. A mà, le mani me le lavo nel mischione, che cazzo dici?? L’acqua questa è. E poi, quale casa, mà? Ma tanto a noi ce dura un mese la tragedia. Je mannamo l’aiutiumanitari, spediamo lessemmesse da du euri, si attiva l’unità di crisi del MAE e passa la paura.

Questo passa nella mente al vostro reporter preferito e ai suoi compari silenziosi. Si sente il clic delle macchine fotografiche che devono testimoniare l’orrore.

Intorno baraccopoli improvvisate. Teloni. Noi in giro. E giunge la sera ed il buio. Si entra nel girone dantesco. Non so bene quale. Ma uno brutto. La macchina viaggia a velocità smodata con Jean Philippe che suona come un pazzo. Qua non è che non fai le infrazioni con la macchina. Qua fai le peggio cose con la macchina e mentre le fai suoni il clacson a palla. Sfrecciamo nella notte. Luci senza senso squarciano il buio. Non lo squarciano. lo ovattano. E nella penombra anime in pena vaganti sole insieme. Ombre che camminano. Ombre che occupano la strada. Ci mettono dei sassi a delimitare le carreggiate, o ci mettono i loro corpi sdraiati. Perché dopo sta schicchera de terremoto cor cazzo che dormimo dentro casa. Ah, quale casa?

Ombre che si mettono in gruppo e cantano canzoni a dio e a gesù, che se nun j’è fregato un cazzo de salvarli dal terremoto non si capisce perché mo li dovrebbe aiutare dopo. Arrangiatevi, stronzi!

Si canta insieme inni a gesù per paura degli spiriti. Per sconfiggere la paura. Per sentire calore. Per non sentirsi soli. Ancora più abbandonati. E sta per iniziare un circo, ragazzi, che vi lascerà ancora più soli, anche se dice di aiutarvi.

E noi si continua a sfrecciare. Ora davvero basiti per quest’atmosfera irreale, opaca ma che parla e si fa capire. Ci vorrebbe una foto di Cuttica per capire in un solo istante. E a me invece servono lunghe frasi.

Nel buio intravediamo palazzi crollati schiacciati sformati esplosi in quello che sembra un ghigno sgraziati case di disgraziati.

E noi sfrecciamo.

L’arrivo nella casa della nostra ospite. Una pastasciutta. Dormire sul cemento in giardino su un materasso fatto di asciugamanini che l’Ikea ha mandato come aiuto umanitario. Rossi. Blu. Con scritto Ikea. Grazie Ikea. Ora ti dormo sopra. Sopra la terra che ha tremato. Pronto a quello che deve arrivare.

Il sonno duro alla fine arriva.



*A una settimana dal terremoto che ha devastato l’isola*, le équipes di Medici senza Frontiere a Port-au-Prince sono ancora sotto grande pressione, *continuano a fornire cure d’emergenza al maggior numero di persone possibile* e a cercare altre strutture che possano essere utilizzate come sale operatorie.
*Ecco cosa abbiamo potuto fare* nei primi 6 giorni dal terremoto *grazie alla generosità di migliaia di persone*.
abbiamo *curato oltre 3.000* feriti ed *effettuato oltre 400 interventi chirurgici* siamo presenti con *oltre 650 operatori umanitari* abbiamo inviato *135 tonnellate di materiale medico e generi di primo soccorso* al
più presto sarà operativo un *ospedale gonfiabile con 2 sale operatorie e 100 posti letto*. Il nostro personale medico afferma di non avere mai visto un numero così elevato di ferite gravi. *Dobbiamo continuare a lavorare, ad inviare personale medico specializzato, fornire cibo, acqua potabile, materiale igienico-sanitario e rifugi da campo*.
*Per tutto questo abbiamo bisogno del Suo aiuto. Dona ora al ‘Fondo Emergenze’ di Medici Senza Frontiere. *Grazie per il suo sostegno concreto.
Valentina Rosa
Direttore Raccolta Fondi
Medici senza Frontiere

Lo sciopero degli immigrati non piace alla Cgil


I sindacati italiani boicottano la manifestazione di solidarietà indetta il primo marzo, per sponsorizzarne un’altra in una data più congeniale. E il Giornale, a ragione, ci sguazza.

Questa volta ha ragione il Giornale, quando titola “Immigrati, il sindacato vieta lo sciopero ai negri“.
Da qualche tempo, prima dei fatti di Rosarno, un gruppo autoorganizzatosi su Facebook sta organizzando uno sciopero degli immigrati, ricalcando un’iniziativa francese: la proposta nasce dal blog Primo Marzo 2010, mentre al gruppo su Facebook, in meno di un mese, hanno aderito oltre 6 mila persone, stranieri e italiani.

Un’iniziativa che parte da Milano, capitale italiana dell’immigrazione, dove si trova il coordinamento nazionale, ma ci sono già diversi comitati locali. Il gruppo, che si fregia di un logo disegnato dall’artista Giuseppe Cassibba, si presenta così: “Questo gruppo si propone di organizzare una grande manifestazione di protesta per far capire all’opinione pubblica italiana quanto sia determinante l’apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società. Questo gruppo nasce meticcio ed è orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, G2, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli. Siamo collegati e ci ispiriamo a La journée sans immigrés : 24h sans nous, il movimento che da qualche mese, in Francia, sta camminando verso lo sciopero degli immigrati per il 1 marzo 2010“.

Ma c’è un problema, come dice Vittorio Macioce sul Giornale. Quando la proposta di una giornata senza migranti è arrivata nelle segreterie del sindacato più di qualcuno ha avuto una mezza sincope. Uno sciopero degli immigrati? Non scherziamo. La Cisl ha fatto sapere che il discorso è troppo vago, servono contenuti precisi, certe cose non s’improvvisano: «È inutile parlare alla pancia degli immigrati». La Uil ha risposto con un no secco: «Gli italiani non capirebbero questo tipo di sciopero». La Cgil ha preso atto, tergiversato, con generici vediamo. Cose del tipo: il primo marzo è troppo presto, meglio prima delle elezioni e poi non è che possono incrociare le braccia solo gli immigrati, qui serve una grande manifestazione nazionale, con italiani e stranieri in piazza, insieme. Hanno cominciato, insomma, a buttarla sulla politica. Proponendo una data precisa, il 20 marzo, diversa da quella del gruppo su Facebook.

Il perché di questo cambio di direzione ce lo spiega Francesco Costa, in un post sul suo blog pubblicato prima dell’articolo del Giornale: “Primo: il 20 marzo è sabato ed è più facile “scioperare” e riempire le piazze (di immigrati? boh): meglio una classica e inutile manifestazione “riuscita” che l’azzardo di uno sciopero che potrebbe essere utile ma potrebbe anche essere un flop.
La seconda ragione sta nel gioco di sponda che i sindacati stanno trovando con un comitato che si chiama Blacks out, dal titolo di un libro di Vladimiro Polchi, giornalista di Repubblica. Il libro di Polchi è uscito pochi giorni fa e racconta proprio di uno sciopero degli immigrati in Italia, uno sciopero che si tiene proprio… il 20 marzo“.
Non è un caso, infatti, Repubblica parla esclusivamente del 20 marzo e scrive anche che i promotori dei due comitati si stanno accordando per convergere sulla data cara a Polchi e alla Cgil, cosa smentita a stretto giro di posta da “quelli” del Primo marzo. E mentre qualcuno a via Po starà cercando un accordo, non si può non pensare con tristezza a un’organizzazione dei lavoratori che sceglie di manifestare per fare pubblicità a un libro.

Ed è difficile non concordare con Macioce quando scrive: “Il sindacato da troppo tempo vive come un club di pensionati, che conosce tutti i segreti della concertazione, ma fatica a fare i conti con la generazione senza posto fisso, con il tramonto di tute blu e colletti bianchi, con chi viene da lontano. Non li rappresenta. Non sono il suo popolo. Forse è per questo che lo sciopero degli invisibili li spaventa“.

di Dario Ferri da Indymedia

Palermo, sgomberato centro sociale che ospitava oltre 30 rifugiati


Ancora tensioni e polemiche riguardo lo sgombero del «Laboratorio Zeta», un centro sociale che svolge attività di volontariato in favore degli immigrati e che tra l'altro ospita 32 sudanesi richiedenti asilo. Martedì mattina la polizia aveva allontanato gli occupanti della struttura di via Arrigo Boito, di proprietà pubblica e assegnata a un'associazione che assiste bambini con disabilità. Nel pomeriggio poi la tensione è salita e alcuni manifestanti hanno lanciato bottiglie all'indirizzo delle forze dell'ordine. Poliziotti e carabinieri hanno respinto i dimostranti. Una persona è rimasta contusa.

Fabrizio Ferrandelli, capogruppo di Idv al Comune, Totò Calaveri, responsabile del centro, e l'attivista Angela Giardina avevano deciso allora protestare trascorrendo la notte sul tetto del Laboratorio Zeta. La polemica e la protesta non si è fermata nemmeno quando il giudice monocratico della terza sezione del Tribunale, Vittorio Alcamo, non ha convalidato gli arresti di due giovani e di un professore di religione, effettuati dalla polizia durante i tafferugli al «Laboratorio Zeta» di via Arrigo Boito, a Palermo. La decisione è stata adottata al termine dell'udienza celebrata per direttissima, dopo lo sgombero forzato del centro sociale. Il giudice ha ritenuto illegittimi gli arresti, e non provata la partecipazione dei fermati ai disordini. Già assolto il professore, Gandolfo Sausa, che ha chiesto il rito abbreviato e che era assistito dall'avvocato Odette D'Aquila. Stralciate le posizioni di Kevin Giacalone e Fabio Lauretta, difesi dagli avvocati Francesco Bertorotta, Luigi Carta e Elena Maiorca: gli atti sono stati trasmessi alla Procura perchè prosegua le indagini.

«Seguiamo quanto sta avvenendo a Palermo e siamo in contatto con la Prefettura. È importante che venga trovata una soluzione pacifica e condivisa con quanti sono ospitati all'interno della struttura e anche una alternativa abitativa per le persone beneficiarie di protezione internazionale». Lo afferma la portavoce in Italia dell'Alto commissariato dell'Onu, Laura Boldrini, commentando gli scontri avvenuti questa sera al Centro sociale Laboratorio Zeta. Boldrini sottolinea che «nella struttura vi sono 30 sudanesi, alcuni dei quali hanno chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno e dovrebbero quindi rimanere sul territorio per finalizzare le pratiche. L'alto commissariato - conclude - è a disposizione per individuare delle soluzioni»

Simile preoccupazione è espressa dall'Asgi, l'Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che ha espresso «profonda preoccupazione». L'ASGI ricorda che «il LabZ è una struttura autogestita che in nove anni di attività ha consentito di dare riparo ed assistenza a centinaia di stranieri che, pur godendo di una protezione internazionale in Italia, non hanno goduto di nessun aiuto ed accoglienza da parte delle istituzioni pubbliche. Il Lab Z è inoltre una struttura che ha operato in maniera meritoria quale luogo di aggregazione culturale e civile in un territorio spesso degradato e privo di adeguati interventi sociali. Anche se la struttura era stata recentemente destinata ad altro scopo, è del tutto evidente che una soluzione di prospettiva andava trovata insieme all'organizzazione che gestiva il centro. Dove saranno collocati i rifugiati, senza casa, che da anni vivevano al LabZ? E' stato fatto un piano idoneo prima di decidere l'azione di forza? Molti sono gli interrogativi che rimangono, ancora una volta senza alcuna risposta».

L'Unità

No Tav: la minoranza rumorosa?



A volte un'immagine ha la capacità di ricostruire quello che molte parole non riuscirebbero a fare. Stanotte, poco dopo la mezzanotte la trivella di Condove/Chiusa San Michele ha lasciato la stazione scortata da una trentina di mezzi delle forze dell'ordine e si è diretta, al centro della colonna, a Torino nei garage della stazione di polizia di Via Veglia.


Da qui si può ben capire cosa significhi la campagna di trivellazioni in Valle di Susa di questi giorni: le fantomatiche "prove tecniche di normalità" di Virano sono blitz organizzati in un territorio ostile, occupandone momentaneamente porzioni ben studiate e facilmente difendibili dalle truppe, tutto in 24 ore (anche se il sondaggio doveva durare dalle due alle tre settimane...). La prima trivella era a Susa, in un fortino al quale si accede solamente dall'autostrada e da due ponti con a fianco la caserma della polizia stradale. Il secondo era nella stessa area a cento metri dal primo. Il terzo è stato quello di cui sopra. Luoghi strategici e difendibili. Ma difendibili da quale minaccia? Il movimento no tav non è morto, e sono solo più 400 i malcontati che protestano?

Un'altra immagine da fermare è quella della venuta in Valle di Saitta, presidente della Provincia e alfiere si tav (Chiamparino per sua definizione è un ultras), che va a Susa sul camper che dovrebbe spiegare ai valsusini come sono giusti e belli i sondaggi, mentre l'autostrada A32 era bloccata dal movimento, con una claque organizzata degna di altri tempi. Nonostante tutto questo: apre la porta si fa fotografare, ringrazia gli il pubblico quantomeno assunto e scappa via.

L'ultima immagine che voglio fermare qui è quella di ieri sera, ore 19 più o meno, dal blocco della stazione lato Chiusa parte un corteo di un migliaio di no tav con fiaccole e pile, dice di andare verso il paese, invece svolta a sinistra, si addentra nei boschi, e illuminati dalle sole proprie luci, marcia verso la trivella. Sale su una collinetta e di fronte all'enorme spiegamento di forze dell'ordine, con lo striscione NO TAV NO SONDAGGI, costruisce e incendia una barricata promovendo, insieme ai due blocchi rimasti in piedi ai lati opposti della stazione, l'assedio alla trivella, ai trivellatori e ai difensori di tutte e due. Al momento dato, il corteo si ricompone e marcia sui binari della stazione occupata dalle truppe liberandone l'accesso da un lato.

In questi giorni abbiamo capito di avere davanti nemici con una strategia ben chiara che si sta rivelando man mano; basata sull'immagine, ma articolata nei tempi e nei modi della sua messa in atto. Tempi rapidi e martellanti, zone strategiche e obbiettivi chiari di logorare il movimento. Non c'entra la tecnica, il carotaggio nulla, conta solo mettere una bandierina.

Il movimento ha tenuto botta, rispondendo giorno per giorno con iniziative precise ed improntate a non far cantar vittoria la lobby del tav. Abbiamo sempre detto che avremmo tentato di fermare i sondaggi e lo stiamo facendo. Il ritmo non è chiaramente il nostro, quello di un movimento popolare fatto da gente che lavora, che ha famiglia e che ha deciso di coniugare i tempi della propria vita con quelli della difesa del proprio territorio. Alcune centinaia si sono mobilitati di notte all'sms di avvertimento, altri intorno alle migliaia all'appuntamento delle 17, quello di quando si finisce di lavorare. Troppo pochi? Dipende. Un movimento sociale come il nostro che ha una storia lunga e radicata negli anni ha vissuto tempi diversi fatti di alti e bassi, fatti di partecipazione dirompente o come in questo caso di partecipazione forte con un consenso dirompente. Non sono i numeri il problema, è il consenso, i numeri verranno quando serviranno. E' quello che si sente e sabato si vedrà anche nei numeri.

La nostra lotta si configura ormai come una lotta di lunga durata, per la quale occorre attrezzarsi senza fretta, studiando le mosse da contrapporre e quelle da fare autonomamente.

Il dato certo è che da qui non si passa, perché due buchi non rappresentano l'opera e se per farli devono muovere così "tanta roba" vien da ridere. In più per ora i sondaggi che hanno fatto sono favorevoli alla loro strategia, ma anche da questo punta di vista verranno tempi migliori, ci sono sondaggi nelle borgate e in montagna e lì le cose cambieranno.

Per ora teniamo duro e sabato vedremo l'inevitabile contrapposizione tra i numeri del corteo di Susa e della marchetta di Chiamparino al Lingotto, ma in ogni caso il confronto non reggerà perché in Valle ci saranno uomini e donne in lotta, al Lingotto burocrati, lobbisti e politici stipendiati per andare ad un'assemblea.

A sarà dura!

Lele Rizzo



da Infoaut

VILLA ADA POSSE - DI QUALUNQUE



VILLA ADA POSSE

Sopra sta tera ognuno de noi deve vive
deve riflette e deve pensà
che non cè altro spazio in cui abitare
la gente la terra deve rispettare
perchè un unico cuore.

(rit. X 2)
Di qualunque paese tu sia
di qualunque colore tu sia
se hai fede in dio
se hai fede in te stesso
non credi a nulla
in ogni caso
rispetta la terra su cui vivi
rispetta la natura che ti circonda
perchè è lei che ti da la vita (si)

Oggi ciò che vuole l'uomo
ciò che lo attira
quello a cui mira
che lo distoglie dalla natura.
il denararo, il successo, il potere
tutto ciò porta al sangue, alla guerra e alla distruzione (senti).
E la Terra soffre (intanto)
E la Terra piange
sfruttata e spogliata delle sue cose rimasta esangue.
Ma so che c'e' anche gente che è tranquilla e che non mente (sai)
perchè ama la Terra e la rispetta veramente.

Di qualunque paese tu sia
di qualunque colore tu sia
se hai fede in dio
se hai fede in te stesso
non credi a nulla
in ogni caso
rispetta la terra su cui vivi
rispetta la natura che ti circonda
perchè è lei che ti da la vita (si)

Noi siamo un unico cuore
un'unica anima
noi mille colori senza diviosne senza nazionalità.
Un unico cuore
(con la musica)un'unica anima
senza barriere (sai)
senza confini
rispettando la vita
amando gli esseri umani.
Un unico cuore (fermati ad ascoltare)
un'unica anoima (che ci porta tutti ad amare)

Pieno de vita me sento
quando in un bosco passeggio
in riva a un fiume mi fermo
nell'acqua mi vedo riflesso
(e penso)
che il sole sorge ovunque in ogni parte del mondo
che l'acqua cade ovunque in ogni parte del mondo (sai)
che il vento soffia ovunque in ogni parte del mondo
me ne rendo conto e penso
che non importa da dove vieni
che non importa che lingua parli
come me su questa terra tu cammini
di tutto il mondo siamo cittadini
te lo ripeto
che non importa da dove vieni
che non importa che lingua parli
come me su questa terra tu cammini
di tutto il mondo siamo cittadini

Noi siamo un unico cuore
un'unica anima
noi mille colori senza divisioni senza nazionalità.
Un unico cuore
un'unica anima
senza barriere (sai)
senza confini
rispettando la vita
questo è il sogno che si fa realtà
quando la musica è unione e libertà
no hai pregiudizi
no alla falsità
ognuno con la sua storia e le sue verità

Noi siamo un unico cuore
un'unica anima
e la pace dentro
e la pace fuori
è un arcobaleno con tutti i colori

Di qualunque paese tu sia
di qualunque colore tu sia



I Villa Ada posse (anche Villa Ada Crew), sono una crew di artisti reggae raggamuffin di Roma. Da oltre dieci anni di attività contribuiscono significativamente alla storia della scena musicale raggamuffin italiana. I Villa Ada Posse nascono nel 1991, prenderà il nome dal parco omonimo (Villa Ada) in cui fisicamente nacque il progetto. La crew nasce nel periodo di massima espansione delle posse, nonchè dell'attivismo dei centri sociali di tutta Italia. (Sempre in questo periodo, nascono I Sud Sound System e l'Onda Rossa Posse)I membri fondatori della crew sono: Aldan Ginko Giovanna il Drama Ricky Raina Daddy Tommy Lady Flavia Marzio Loza Sister Fefe Dopo diverse esperienze underground, la crew compose i primi storici brani come "Nessuno spazio per i fascisti" e nel 1993 i Villa Ada realizzarono il loro primo live, dal cui ne seguirono un numero via via crescente. Terminata l'esperienza dei Vatikan Posse, Papa G entrò a pieno titolo all'interno della Villa Ada posse.

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Villa Ada Posse