HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

lunedì 7 dicembre 2009

LA MALA POLITICA E IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA', CIRCOLO DI GALLIPOLI, IERI HA MANIFESTATO IL SUO DISSENSO NEI CONFRONTI DEL SINDACO E DEL CONSIGLIO COMUNALE GALLIPOLINO, IN QUANTO INERMI NEI RIGUARDI DI UNA VICENDA VERAMENTE SPIGOLOSA E BRUTTA, CIOE' LE POSSIBILI CONNIVENZE TRA LA MALAVITA LOCALE E IL PALAZZO.
DI SEGUITO I DUE VOLANTINI DISTRIBUITI.


C’è il silenzio di Don Abbondio –vaso di coccio traballante in mezzo ai vasi di ferro-; c’è quello dell’ignorante e c’è quello compiacente; c’è quello di chi è colto in fallo e quello della vergogna; c’è quello della complicità. Il Sindaco tacito si attribuisce quello della prudenza e del rispetto.
E noi dobbiamo credere al candore della sua buona fede. Non vogliamo neppure considerare l’ipotesi di avere un Sindaco o un Consiglio Comunale omertosi o mafiosi: è persino consolante pensare che si tratti piuttosto di persone semplici che non vedano la realtà o di cittadini rispettosissimi del lavoro dei giudici.
Però l’astiosa ed isterica risposta del Sindaco –che dovrebbe guardare vicino a se quando parla di sciacalli- è puerile ed irresponsabile: non puoi giustificare questi silenzi facendoti schermo dell’ovvio, e persino un po’ scontato rispetto per il lavoro della Magistratura.
Pure noi tifiamo per la Giustizia, che ci restituisca la libertà civile e democratica!
Ma davvero la Città è stata lasciata sola, senza una guida nella tempesta, sbigottita dagli eventi e sconcertata dai silenzi, dalle azioni, dalle omissioni sia di chi doveva rappresentarla, sia di chi doveva difenderla per compito d’istituto.
Sono mancate, le Istituzioni.
Ed hanno mancato gravemente perché non hanno capito lo sconcerto della popolazione, il raccapriccio di fronte alla violenza; non hanno interpretato il suo desidero di giustizia.
E pure oggi continuano a rimanere impietrite come statue di sale, inspiegabilmente silenziose di fronte al ginepraio delle commistioni tra malavita e politica, tra colletti bianchi e criminalità: in città si sono consumati omicidi e sparatorie; si sono orditi altri omicidi per motivi politici; si ipotizzano corruzione e concussione nei vertici delle istituzioni cittadine, e la case di pubblici amministratori vengono perquisite da cima a fondo per malversazione; si parla di concorso esterno in associazione mafiosa a carico di personaggi pubblici; si paventa lo scioglimento del Consiglio da parte del Prefetto per voto di scambio e infiltrazioni criminali a Palazzo Balsamo.
E soltanto voi non sentite questo terremoto.
Soltanto voi avete l’impudenza di un silenzio ostinatamente silenzioso.
E invece non si può tacere a prescindere dai buoni propositi di chi lo pratica, il silenzio è oggettivamente servile alla gestione torbida del potere pubblico e oggettivamente complice del crimine e del malaffare.
In questo contesto difficilissimo, richiamiamo al senso di responsabilità di ciascuno: un passo indietro gioverà a restituire chiarezza, evitando il rischio dello scioglimento per mafia.
LE DIMISSIONI DEL SINDACO E DEL CONSIGLIO COMUNALE SONO UN DOVERE VERSO LA CITTA’
Gallipoli potrà reagire, trovando in sé l’energia necessaria ad una rinascita civile.
Oggi grazie all’opera di Inquirenti avulsi da indebite e pericolose commistioni, si recuperano faticosamente dopo tanti anni le condizioni di minima agibilità democratica e c’e’ la possibilità di ristabilire la correttezza nella competizione politica, ,liberi da metodi elettorali dispendiosissimi ed inquinanti.
Parlare è oggi il primo imperativo categorico dei cittadini democratici di Gallipoli, che noi chiamiamo a raccolta.
Dobbiamo avviare nella società, ad incominciare dalle scuole, incontri, conferenze, dibattiti, assemblee, manifestazioni pubbliche.
Dobbiamo alimentare un movimento di rinascita democratica nell’interesse di tutti, oltre i colori politici, per ridare il colore della speranza alla vita pubblica: è una precondizione della vita democratica e sarà un segno di vitalità civile.
Gallipoli 6 dicembre 2009

Sinistra Ecologia Libertà
Circolo di Gallipoli – via acquedotto, 40



NON VEDO, NON SENTO. . .

… e non parla!
No, non dice nulla: impermeabile a quello che gli accade attorno, il Sindaco di Gallipoli è come se vivesse beato altrove, in un mondo tutto suo.
La città travolta da un colosso morale senza precedenti e lui…lui non c’è: il dottore è fuori stanza.
Devono sembrargli normali gli omicidi fatti per strada da mano mafiosa; infatti il poveretto va al funerale, poi………si dichiara pentito.
E’ irrilevante il vertice con i massimi esponenti della sicurezza nazionale; come pure che quest’incontro si tenga in luogo distante –fisicamente e significativamente- dalla Casa comunale.
E che sarà mai se il Viceministro agli Interni parla apertamente di scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose? quisquilie!
E gli accertamenti giudiziari sulle relazioni pericolose tra politici e criminalità organizzata? bazzecole! del resto uno è libero di frequentare chi vuole!
E i disegni per l’omicidio degli avversari politici?....Piccinerie!
E le indagini sull’affaire dell’unico Istituto nautico mai trasferito dal mare alla campagna?
E quelle su amministratori e dirigenti comunali per la gestione della nettezza urbana? suvvia, sono chiaramente fantasie giornalistiche le tangenti dei pubblici amministratori che esigono dividendi come se fossero soci occulti: al più si tratta di mere ipotesi investigative.
E poi se il nostro servizio è il più caro e il meno efficiente perché farsi domande?
E che saranno mai le pallottole che volano negli agguati ripetuti della faida cruenta fra clan rivali? … che siano le prove del tipico folklore locale da offrire ai turisti della prossima stagione?
E se il mercato ittico all’ingrosso viene sistematicamente devastato per renderlo inefficiente, non è forse colpa dei vandali, ragazzotti esuberanti?
Se poi viene lasciato abbandonato nonostante i fondi pubblici pronti al recupero? Sarà senz’altro noncuranza; e mica è fatto apposta!
Ma via, non è eccessivo parlare di criminalità economica?
E poi perché mai andare a sofisticare sul mercato del voto, e perché domandarsi su quali candidati confluiscono i voti dei caporali prezzolati e quelli della criminalità organizzata?
Non è forse vero che i voti non hanno odore, proprio come il denaro che li compra?
Ma via, di quali argomenti dovremmo parlare per rompere questo silenzio così opportunamente garbato, così rassicurante?! E poi perché vuoi chiamarlo omertà?
Perché ti ostini a fantasticare collusioni tra criminalità e colletti bianchi?
Perché mai i cittadini onesti dovrebbero attendersi un richiamo minimo alla forza della legge?
Perché dovremmo preferire un’amministrazione pulita ad una ammiccante e corrotta?
Tu dici che vorrebbero urlare il loro sdegno contro la corruzione, contro l’orrore, la violenza cieca che li circonda? Ma davvero?!
E chi l’ha detto che si sentano finalmente liberati dall’intervento dei Nostri, dei Carabinieri del ROS, della Questura di Lecce, della Magistratura?
Dici che dovremmo dimetterci per evitare un nuovo scioglimento del consiglio comunale per mafia e che saremmo l’unica Città al mondo ad avere l’onore del bis?
E chissenefrega!?
Tace il Sindaco.
E tace pure il Consiglio comunale della Città di Gallipoli.
La mafia, caromio, non esiste, com’è noto a tutti; non esiste il voto di scambio, come sanno anche i bambini. E se qualcuno ha sentito degli scoppi, erano certamente petardi.
De resto siamo sotto Natale.
Auguri.
Gallipoli 2 dicembre 2009

Sinistra Ecologia Libertà
Circolo di Gallipoli – via acquedotto 40


Perché Nichi Vendola è il nostro presidente

“Il pane di ieri è buono domani” è una frase antica ritrovata leggendo un bel libro di Enzo Bianchi, ma è soprattutto la frase che mi è tornata in mente pensando ..alla bella politica.. espressa nella lacerante questione sul candidato Presidente delle prossime elezioni regionali.

Desidero anch’io fare una riflessione a voce alta su tale questione e, soprattutto, mi auguro di ricevere delle risposte agli interrogativi che mi sono posta.

Da laica e da osservatrice rispettosa del pensiero di coloro i quali hanno opinioni diverse dalle mie, mi sono chiesta:

• Perché qualcuno chiede “discontinuità” nella guida della Regione?

• Cosa non ha funzionato? Cosa è necessario modificare?

• Quali diversi programmi proporre?

• E, se esistono altri programmi, perché e in che modo Nichi Vendola potrebbe-dovrebbe opporsi?

• Perché sostituire il Presidente che ha raccolto un consenso popolare così ampio, interclassista e trasversale?

JPG - 31.3 Kb
Nichi Vendola Presidente della Regione Puglia

Attendo che qualcuno mi fornisca delle risposte convincenti sulle quali, volentieri, sono disposta a dialogare.

Per ora mi piace ritornare con la mente a cinque anni fa, alla campagna elettorale del 2005 e ciò che rappresentò in termini di speranze ed aspettative.

E mi piace ripercorrere questi anni e valutare ciò che si è fatto. Bene ricordo la fantastica energia della scorsa campagna elettorale quando il nome di Vendola arrivò e ruppe tutti gli argini. Nessuno ci avrebbe scommesso, molti dei successivi compagni di viaggio ipotizzarono una sconfitta e dal centro destra si arrivò a brindare certi di una facile vittoria .

Ma tutti noi sappiamo che l’esito fu totalmente diverso.

Ricordo bene, durante una presentazione dei candidati, da donna ed ecologista non ancora presidente regionale dei Verdi, la certezza che se una candidatura doveva essere sostenuta doveva essere quella di Nichi Vendola. Ebbe infatti la capacità di offrirci una prospettiva di ampio respiro che non poteva essere confinata nei recinti dei numeri politici, delle convenienze e delle opportunità.

Vincemmo con l’entusiasmo vero che solo i sognatori ed i velleitari posseggono e, tra enormi difficoltà, in cinque anni abbiamo profondamente modificato modelli e comportamenti che sembravano immodificabili. Vado a memoria e penso a:

• La legge anti-diossina

• l’ impegno contro la privatizzazione dell’acqua

• il piano paesaggistico

• la legge sull’emersione del lavoro nero,

• la legge per l’inclusione sociale

• la nuova legge sulle pari opportunità

• i mille progetti per i giovani, da bollenti spiriti al ritorno al futuro

• il sostegno finanziario alla scuola per sopperire ai tagli nazionali Iniziative premiate in Europa ma dimenticate in Puglia !

e chissà quante altre ne dimentico io!

Tutto è, naturalmente, migliorabile.

Tanto è possibile fare e necessario fare.

Ed allora un’ultima domanda. Perché non dare continuità ad una storia positiva?

Perché non provare, con l’energia e le risorse di tutti coloro che fino ad ora hanno sostenuto il Governo regionale, a far meglio ciò che è già stato fatto bene?

*Presidente Verdi- Regione Puglia

Assessore Turismo e industria alberghiera Regione Puglia

No D'Alema Day


Massimo D’Alema è il simbolo di quindici anni di opposizione imbelle, compromessa, inciucista ...

La manifestazione dell'altro giorno è andata alla grande, con una partecipazione al di sopra delle attese.
L’altra Italia si è resa visibile e ha affermato di meritare qualcosa di diverso.
Cittadini, non sudditi, che esigono di essere governati, non dominati. Il giorno dopo è ancora più importante. Convocarsi sul web per andare in piazza (quel che predichiamo da tempo) è il valore aggiunto di ieri (anche se il successo è dovuto in parte all’amplificazione del tam tam sui media tradizionali).
Non disperdere l’energia di quella piazza è fondamentale. Ogni persona, ogni gruppo deve esprimere continuità nell’impegno sul proprio territorio: alle tantissime persone che ho incontrato lungo il corteo (grazie a tutti per l’incredibile testimonianza di stima e di affetto!) ho ripetuto questo semplice messaggio. La pur indispensabile vitalità della società civile, tuttavia, non sarà mai sufficiente a cambiare le cose se non si trasforma in opposizione politica intransigente, unita e organizzata in un progetto politico alternativo: il problema di sempre in questi ultimi quindici anni.

Le ultime performance del PD, per esempio la disponibilità a “dialogare” sulle “riforme condivise” e l’assenza stessa dalla piazza di Pierluigi Bersani, non lasciano sperare nulla di buono. Occorre ancora ribadirlo?
Non si volterà mai pagina, e anche il dopo Berlusconi sarà di stampo oligarchico, se non si rinnoverà il modo di fare opposizione da oggi in avanti.

Ieri ho proposto in piazza un prossimo NO D’ALEMA DAY e molti si sono dichiarati entusiasti.
Lo faremo, probabilmente sabato 6 febbraio. Un attacco all’augusta persona del Baffino? No.
Una critica documentata e senza sconti diplomatici a quindici anni di opposizione imbelle, compromessa, inciucista che ha il suo simbolo in Massimo D’Alema, il leader politico che sognava di farsi una banca e definì Mediaset “patrimonio del Paese”.

Il personaggio che, a quanto è dato capire, ancora controlla il maggior partito di “opposizione” parlamentare. Lo detesto quanto Berlusconi, perché gli ha retto il sacco. Restate in contatto per i dettagli.

da Indymedia

Grecia: scontri e fermi ricordando Alexis


A Exarchia manifestazioni e repressione per l'anniversario dell'omicidio del giovane Alexis.

Un anno fa prese il via la rivolta greca seguita all'omicidio ad Atene di Alexandros Grigoropoulos, 15enne colpito a morte dalla pallottola di un poliziotto. In occasione del primo anniversario dalla sua uccisione il movimento greco ha annunciato manifestazioni in tutto il paese e constestualmente è partita la macchina repressiva del governo greco.
Da ieri oltre diecimila agenti di polizia sono schierati ad Atene, e ieri sera 163 persone sono state fermate in una serie di retate al centro e alla periferia di Atene alla vigilia delle grandi manifestazioni previste per oggi. 75 persone, tra le quali cinque italiani, sono state poste in stato di arresto. La retate sono avvenute dopo scontri con la polizia avvenuti nel quartiere di Exarchia, al centro di Atene, al termine di un presidio e dopo una irruzione in uno spazio occupato. Tre auto della polizia sono state date alle fiamme. Il movimento studentesco si è mobilitato da alcuni giorni all'insegna dello slogan "Un anno dopo non dimentichiamo". Da venerdì sono occupate centinaia di scuole e facoltà universitarie nella capitale, a Salonicco e in tutto il paese.

Il servizio di Radiondadurto da Atene con Achille, compagno del movimento anticapitalista greco e nostro collaboratore.
• Ascolta l'intervista


Ultimi aggiornamenti
da Il Corriere.it : Nella capitale e in altre città greche molte persone sono scese in piazza per partecipare a manifestazioni, presto sfociate in nuovi scontri. Nel centro di Atene gli agenti (ne sono stati schierati 12mila) hanno usato gas lacrimogeni contro gruppi di giovani che lanciavano sassi e petardi al loro indirizzo. Il corteo ha raggiunto le sedi del Parlamento e dell'Università: qui, nel tentativo di entrare, alcuni dimostranti hanno picchiato e ferito alla testa il rettore. Il ministro dell'ordine pubblico Michalis Chrisochoidis ha ribadito che «la polizia continuerà a compiere il suo dovere di proteggere i cittadini e non consentirà che i vandali mettano di nuovo a sacco Atene».

Episodi violenti sono avvenuti anche a Salonicco, seconda città del Paese, dove alcuni manifestanti hanno lanciato bombe molotov contro la polizia e danneggiato la vetrina di uno Starbucks cafè. Poco dopo la polizia ha fatto irruzione, con l'accordo del rettore, nel Politecnico per arrestare otto ragazzi.

da Repubblica.it : La situazione si è fatta esplosiva ad Atene, blindata da 12.000 agenti, per i violenti scontri fra gruppi anarchici e dell'estrema sinistra con le forze di polizia. Strede bloccate, lanci di bottiglie molotov, auto date alle fiamme. Dopo una mattinata tutto sommato tranquilla, nel cimitero Paleo Faliro alla periferia della capitale greca, dove si è svolta la cerimonia di comemorazione per la morte (un anno fa) del quindicenne Alexandros Grigoropoulos ucciso dalla polizia, sono ricominciati i disordini in tutta la città.

da Infoaut

"Quell'indio di merda" più forte di 4 anni fa


Bolivia al voto. Sui muri di La Paz: "La Bolivia avanza, Evo no se cansa"

Non poteva essere più esplicativo il titolo dell'articolo di Emir Sader, sociologo brasiliano, direttore del Laboratorio de politicas publicas dell'Università dello stato di Rio de Janiero, uscito su Il Manifesto venerdi scorso: "Quell'indio di merda più forte di 4 anni fa". Richiamando l'etichettatura abituale e razzista di una destra bianca frustrata dinnanzi alla potenza di un governo che ha cominciato a cambiare il volto della Bolivia e che si candida a farlo anche per i prossimi 4 anni attraverso le elezioni presidenziali e parlamentari che si terranno oggi nel paese andino. Elezioni alle quali il primo presidente indio della Bolivia arriva con il sostegno fortissimo dei movimenti sociali, delle componenti indigene (aymara, quechuas, guaraníes e altre etnie), con enormi sacche di consenso nei settori popolari così come nei ceti medi. L'opposizione delle destre, della stampa e dei governi dei dipartimenti orientali si presenta, oggi, con altra caratura rispetto al passato: frammentata nelle alleanze politiche non andate a compimento, spolpata dalle battaglie perse contro Evo Morales.

I sondaggi dicono: "Morales". I sondaggi che dall'inizio della campagna elettorale sono cominciati confermano la tendenza emersa già nelle ultime tornate elettorali. Evo Morales e il suo governo godono di un'ampia maggioranza nel paese, sembrano esserci le condizioni perchè Morales possa ottenere un risultato ancora migliore del trionfo del 2005 (60% dicono i sondaggi, contro il 54% del 2005), agguantando la rielezione presidenziale al primo turno e conquistando larghe maggioranze alla Camera come al Senato.

"La Bolivia avanza, Evo no se cansa". Questo lo slogan scelto dal Movimento al socialismo per la candidatura di Evo Morales, il quale nei comizi tenuti in ogni parte del paese ha sempre sottolineato: "I movimenti sociali non sono al potere solo di passaggio", evidenziando le origini dalle quali è nato il primo governo indio, quindi la composizione e l'indirizzo di parte che hanno contraddistinto e contraddistingueranno la presidenza Morales. Un governo, quello boliviano, forte di un consenso ottenuto e consolidato non solamente grazie alla buona gestione economica dello Stato o alle promesse di "grande balzo industriale", ma coadiuvato dalle politiche sociali reali e concrete, finanziate dall'altro corso dei profitti ricavati dalle ricchezze naturali della Bolivia, volte a migliorare le condizioni di vita e a restituire dignità ai "dimenticati di sempre" (bonus per studenti e anziani, assistenza sanitaria e alfabetizzazione per tutti, attribuzione a campesinos e indigeni di terre, etc).

L'opposizione crucena. Dopo aver fallito i suoi piani di attacco, di delegittimazione del presidente Evo Morales, l'opposizione della destra bianca e razzista, espressione delle oligarchie politiche ed economiche dell'oriente boliviano, arriva al voto sulla difensiva, nell'esplodere dei contrasti interni, nell'incapacità di indicare un candidato comune per far fronte contro Morales, pensando più al voto per sindaci e governatori dell'aprile 2010 che ad elezioni presidenziali percepite già come perse. Nonostante tutto, colui che ha qualche carta in più per presentarsi come il candidato alternativo a Morales è l'ex-militare Manfred Reyes Villa, aggregato militare del dittatore Luis Garcia Meza negli anni '80, con un candidato vice-presidente, Leopoldo Fernandez, attualmente in carcere perchè accusato per il massacro di campesinos nel Pando.

da Infoaut

Parma, ritrovati i quadri di Tanzi

Le Fiamme Gialle hanno sequestrato 19 tele per un valore di 100 milioni di euro
Opere di Van Gogh, Picasso, Modiglioni, Cezanne, Monet, De Nittis e Ligabue


di STEFANIA PARMEGGIANI

PARMA - I capolavori d'arte che Calisto Tanzi, ex patron della Parmalat, ha sempre negato di possedere, sono stati ritrovati dalla Guardia di Finanza. I militari del nucleo tributario di Bologna hanno sequestrato a Parma, in tre cantine e soffitte, 19quadri per un valore superiore a 100 milioni di euro. Tra le diciannove tele rinvenute vi sono opere di Van Gogh, Picasso, Modiglioni, Cezanne, Monet, De Nittis e anche il celebre autoritratto di Ligabue.

Le indagini. Le indagini hanno subito un'accelerata dopo il servizio di Report (Rai Tre) che aveva mandato in onda l'intervista a una ex guardia del corpo del cavaliere. L'uomo aveva assistito ai preparativi per la partenza dei quadri nel 2003. "Abbiamo pensato - afferma il procuratore di Parma Gerardo Laguardia - che qualcuno si fosse messo in agitazione. Abbiamo monitorato le persone e messo sotto controllo i telefoni. Abbiamo così scoperto in breve che la trattativa per la vendita era in fase avanzata e siamo arrivati al genero di Calisto Tanzi". Messo davanti ai fatti Stefano Strini, sposato con la figlia Laura, ha confessato e ha fatto ritrovare i quadri.

Gli indagati. Al momento risultano iscritti nel registro degli indagati con l'accusa di ricettazione solo Stefano Strini e una seconda persona della quale non sono state rese note le generalità. Nulla da contestare, almeno per il momento, alle persone che custodivano, forse ignare del loro valore, in cantina o in soffitta le opere d'arte.

La vendita. Il genero di Calisto Tanzi, secondo la ricostruzione degli inquirenti, era in contatto con un uomo d'affari russo che frequenta Forte dei Marmi. Il magnate doveva acquistare "La scogliera di Pourville" di Monet per 10 milioni di euro, ma quando Rai Tre ha trasmesso l'intervista alla ex guardia del corpo, si è sentito il fiato sul collo. I telefoni hanno cominciato a squillare e grazie alle intercettazioni il capolavoro è stato ritrovato. Insieme al Monet, tra la polvere delle cantine, sono state ritrovate anche le altre tele.

da LaRepubblica

Razzisti senza vergogna


di Fabrizio Gatti
In tutto il Nord le nuove regole volute dalla Lega creano un clima di apartheid. Che testimonia come ormai anche l'intolleranza sia accettata da intere comunità.

Ecco come Bregnano è un piovoso paesino della provincia di Como, se si vuole consultare la cartografia ufficiale. Ma è anche un Comune della "locale" di Cermenate, secondo i territori con cui la 'ndrangheta ha suddiviso la Lombardia. Ed è stato perfino un avamposto segreto dei mafiosi di Totò Riina nel traffico di armi e soldi con la Svizzera. Però se leggi il programma della nuova giunta di centrodestra eletta sei mesi fa, il pericolo da combattere va sotto il titolo di "Immigrazione, sicurezza e ordine pubblico". Non un solo accenno alla piaga criminale che ha reso gli italiani famosi nel mondo. Anche perché il piano sicurezza di Bregnano non è stato pensato e scritto a Bregnano: è un banalissimo copia-incolla, paro paro, del "Programma elettorale per i Comuni 2009" sotto il simbolo "Lega Nord - Bossi", stampato e distribuito dal comitato centrale del senatur. Lui le pensa e i suoi amministratori in camicia verde le devono mettere in pratica. Sarà per questo che il neo sindaco di Bregnano, Evelina Arabella Grassi, bionda leghista di 35 anni, professione contabile, alla domanda de "L'espresso" «Qual è la chiave del suo successo elettorale? », candidamente risponde: «Sinceramente non lo so».

Ci sarebbe da ridere se non stessimo precipitando dalla xenofobia al vero razzismo. L'importante è sfruttare ogni occasione per dividere, aprire ghetti mentali e alimentare il sacro fuoco del consenso. La Svizzera boccia i minareti? Facciamolo pure noi. Anche se nessuno si è mai lamentato dell'unico, piccolo, minareto costruito al Nord, all'ingresso di Milano 2, il quartiere che rese famoso l'impresario edile Silvio Berlusconi. Il Tricolore? Mettiamoci in mezzo una croce, come vorrebbe il sottosegretario leghista, Roberto Castelli. Anche se a Venezia il suo principale, Umberto Bossi, aveva annunciato pubblicamente che con la bandiera degli italiani ci si sarebbe pulito il culo. Il risultato è un'Italia sempre più spinta verso l'apartheid e sempre meno disposta a investire sui suoi nuovi cittadini.


Grazie soprattutto a questa generazione di sindaci e assessori che con la superbenedizione del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e l'approvazione di milioni di elettori, stanno smascherando il volto della tolleranza zero. Contro le infiltrazioni di mafia e camorra? Ma no, il programma clone dei leghisti non ne parla. Altrimenti Bossi e Maroni dovrebbero spiegare ai loro elettori che ci fanno al governo dalla parte di un viceministro sotto inchiesta per camorra, come Nicola Cosentino, e nella stessa coalizione di un senatore condannato in primo grado per reati di mafia, come Marcello Dell'Utri. Più facile prendersela con gli immigrati. Non votano, non hanno partiti, non hanno sindacati, nemmeno controllano i programmi tv e al massimo possono essere espulsi.

Così perfino il mansueto Comune di Bregnano sta dando filo da torcere a una residente che dopo essere stata convocata in municipio per l'assegnazione di un monolocale, se l'è visto sfilare legalmente sotto il naso. L'interessata, 47 anni, vedova, operaia in un'impresa di pulizie a meno di 500 euro al mese, è cittadina italiana. Ma è nata in Marocco, ha un nome arabo e il suo accento non apre le vocali come fanno gli abitanti nati in questi paesi al confine tra la Brianza milanese e comasca. Per non parlare di Coccaglio, provincia di Brescia, dove la prima uscita pubblica del neo assessore alla sicurezza, Claudio Abiendi, avrebbe dovuto coprire di vergogna l'Italia intera. Perché chiamare "White Christmas" un'operazione di polizia municipale significa attribuire connotati religiosi e di colore all'applicazione della legge. E la legge, in uno Stato laico, non ha colore né religione. Invece? Invece il ministro Maroni ha approvato di persona.

Del resto i controlli casa per casa alla ricerca di lavoratori irregolari fanno parte del programma clone leghista, adottato a Bregnano, a Coccaglio e da tutte le piccole giunte locali del Nord. Punto due, pagina 12: "Potenziamento della vigilanza municipale in modo tale che, nel corso delle attività di verifica, si richieda l'esibizione del permesso di soggiorno". Se l'avessero chiamato "aggiornamento dell'anagrafe" l'assessore Abiendi e il sindaco di Coccaglio, Franco Claretti, 38 anni, architetto, avrebbero avuto il loro minuto di popolarità? Proprio Maroni, dopo aver dato più potere ai sindaci con il pacchetto sicurezza, aveva chiesto loro di amministrare con fantasia. Ed eccolo servito. A San Martino dall'Argine, 1.800 abitanti a 45 chilometri da Mantova, il sindaco invita a denunciare tutti i clandestini.
Agli abitanti, se si rileggono i risultati in zona delle elezioni amministrative 2009, piace così. Perché con gli slogan xenofobi i primi amministratori leghisti hanno fatto pubblicità alle loro città. Prendete Treviso con le proposte razziste e i vagoni piombati dell'ex sindaco Giancarlo Gentilini. Treviso ha più o meno gli stessi abitanti di Caserta, 82 mila contro 78 mila. Ma Treviso in questi ultimi anni è stata completamente restaurata. Ed è una delle province con il più alto tasso di integrazione. Mentre a Caserta i caporali e la camorra continuano a controllare la manodopera straniera della ricca agricoltura.

E a Napoli un giudice considera una minorenne nomade a rischio di recidiva criminale solo perché "pienamente inserita nella cultura rom" e la tiene agli arresti.

«Se il prezzo da pagare è una maggiore severità contro gli immigrati, viva la severità », dice un commerciante del centro di Coccaglio che aggiunge di non sentirsi affatto razzista. E chiede l'anonimato perché, rivela, ha paura. Ma alla domanda su cosa lo spaventi di più, non sa dare risposta.

Coccaglio e Bregnano sono due esempi dell'attuale espansione leghista, nella testa e nel voto della gente. Per anni gli elettori di questi due paesi, 8 mila e 6 mila abitanti, hanno scelto il centrosinistra. In giugno hanno fatto il ribaltone. Il perché va cercato anche nei dati demografici. Soprattutto a Coccaglio. In dieci anni, dal '98 al 2008, gli stranieri residenti sono passati da 177 a 1.562. Cioè dal 2 al 18,5 per cento. Un incremento che nell'Inghilterra degli anni Settanta ha portato a sanguinosi scontri razziali. E che qui è stato finora governato.

Da questo punto di vista la storia recente può essere riletta chiamando in causa Confindustria, che nelle imprese del bresciano ha una grande base. È una storia identica a tutto il Nord Italia. La massiccia immigrazione ha compensato il calo demografico nelle fabbriche. E in molti settori ha permesso di ridurre il costo del lavoro. Ma girando in queste zone è impossibile trovare cosa abbiano fatto gli industriali dell'ultima generazione per sostenere l'integrazione nelle scuole e nei paesi. Non si trova perché non hanno fatto nulla. Se non scaricare sulle amministrazioni locali, quindi sulla gente, i problemi che hanno accompagnato l'arrivo di nuova manodopera. E nello stesso tempo sostenere le scelte estreme del governo.

A cominciare da Berlusconi che a giugno a Milano aveva liquidato così il futuro del Paese: «C'è chi vuole una società multietnica e multiculturale, ma noi non siamo di questa opinione».

La crisi economica ora rende tutto maledettamente più difficile. Perché chi perde il lavoro può rinnovare il permesso soltanto per sei mesi. Poi, senza un'altra assunzione regolare, è fuori: diventa clandestino. Quanti immigrati irregolari avete trovato durante i controlli casa per casa? «Nessuno», risponde Donato Nardelli, comandante dei vigili di Coccaglio. Nessuno? «L'ultimo clandestino l'abbiamo fermato e accompagnato in questura a inizio aprile. Aveva fatto un incidente stradale ed era senza permesso di soggiorno». Tanto clamore, l'operazione White Christmas e nessun clandestino? «È così», risponde il comandante: «I nostri controlli sono nei confronti degli stranieri residenti, per aggiornare l'anagrafe. E cancellare chi non abita più qui. Ma noi, intendo noi della polizia locale, in nessun atto l'abbiamo mai chiamata White Christmas». L'operazione viene definita così la prima volta il 6 novembre su un giornale locale. Al quale l'assessore Abiendi dichiara: «Ora la musica è cambiata, gli extracomunitari non fanno più quello che vogliono».

È la forza della Lega. Inventano minacce e problemi. Adattano la legge ai propri slogan. E si propongono come soluzione. Poco importa che a Coccaglio l'ultimo clandestino sia stato fermato in aprile. Se proprio non fanno paura le notizie in paese, si cercano nella cronaca del circondario. E spesso a ragione. Come nella vicina Rovato. Pochi giorni fa un marocchino, pieno di cocaina, accoltella un ragazzo e violenta per ore la sua fidanzata, 19 anni. Qualche sera dopo durante una manifestazione degli abitanti, un gruppo di estremisti di destra ferisce a bastonate due stranieri scelti a caso. Ma c'è notizia e notizia. Sempre a Rovato l'inverno scorso viene condannato a 6 anni in primo grado Roberto Manenti, l'ex sindaco leghista. Ha promosso retate contro le prostitute, firmato ordinanze contro i musulmani che si avvicinavano alle chiese e intitolato una piazza ai fascisti di Salò. Il reato dell'ex sindaco? Stupro di gruppo di una prostituta. Ma in questa Italia dalla memoria corta nessuno, nemmeno i leghisti di Rovato si ricordano più.
Il riferimento all'apartheid non è un'esagerazione. È la legge. «Un immigrato ha solo sei mesi di tempo per trovare un nuovo lavoro, pena la perdita del permesso di soggiorno», spiega l'avvocato Domenico Tambasco: «Un immigrato deve necessariamente avere un alloggio idoneo secondo la normativa regionale per poter stipulare un contratto di lavoro e mi chiedo cosa c'entra. Un impiego pubblico o che comporti un incarico di pubblico servizio può essere attribuito solo ad un cittadino italiano. Se hai un grave infortunio che ti compromette irrimediabilmente le capacità lavorative e non hai la carta di soggiorno, non puoi percepire la pensione di invalidità. Risultato: non hai più redditi, perdi il permesso, vieni espulso ».

La discriminazione riguarda anche la burocrazia. Se uno straniero in regola chiede la casella di posta elettronica certificata all'Inps, gli rispondono che solo i cittadini italiani possono averla. Per provare una parentela e ottenere il ricongiungimento familiare, un immigrato deve sottoporsi al test del Dna. E, a differenza di un italiano, non deve dimenticare i documenti a casa. Anche se lavora sotto la pioggia, deve avere sempre con sé l'originale, mai la fotocopia. In caso contrario è punito con l'arresto e una multa fino a 2 mila euro.

Sempre grazie al pacchetto sicurezza voluto da Berlusconi e Maroni. «I vigili nei paesi, ma anche i poliziotti, non fanno sconti», rivela Alessandra Ballerini, avvocato a Genova: «Arrivano casi di lavoratori, madri e padri di famiglia che rischiano il carcere e faranno fatica a pagare la multa».

Per Najat B., l'operaia di Bregnano, dimenticare i documenti non è più un pericolo. È cittadina italiana. Il suo caso è ugualmente finito davanti all'associazione Tribunale per i diritti dell'immigrato di Milano e all'Ufficio antidiscriminazioni razziali del ministero per le Pari opportunità. In ottobre il Comune di Bregnano convoca Najat e un'impiegata dell'ufficio tecnico le mostra la piantina dell'alloggio assegnato, in via Rampoldi. «Mi ha anche abbracciato per congratularsi», racconta Najat nella denuncia. In quei giorni gli alloggi disponibili sono tre. Poi si riducono a uno, assegnato a una famiglia italiana. Najat è subito dietro. Sempre secondo la denuncia, il sindaco Evelina Arabella Grossi, alla presenza di un avvocato del Tribunale per i diritti dell'immigrato, «ha detto che dovevamo capirla perché avevano la cittadinanza che faceva pressioni su questo caso». A "L'espresso" il sindaco spiega invece che le decisioni le prende l'Aler, l'azienda case popolari, e che gli appartamenti vuoti devono essere ristrutturati.

La prima domenica di Avvento a Bregnano, nella chiesa di San Michele Arcangelo, ci sono soprattutto pensionati. Il parroco, don Aldo Milani, predica dal pulpito: «Quando qualcuno dice: vogliamo togliere il crocifisso dalle scuole, dagli ambienti pubblici, io dico: vai a casa tua, no, come io rispetto te, tu rispetti le mie usanze. Quando io sono andato in Turchia, il collarino da prete non l'ho messo... Per cui ho rispettato la sua identità, la sua usanza. Quando vieni qui tu, rispetti le mie. Non sono io che devo adeguarmi».

Messa così, sembra siano gli immigrati musulmani in Italia a voler far togliere il crocefisso dai luoghi pubblici. Eppure chi ha sollevato la questione davanti alla Corte di Strasburgo è una cittadina italiana, di origine finlandese. Ma se lo dice il parroco, sarà pur vero. E tutti ascoltano impassibili. Secondo una ricerca della Cooperazione per lo sviluppo dei Paesi emergenti, il 23 per cento delle violenze sugli stranieri è commesso da rappresentanti delle istituzioni. Dopo anni di propaganda leghista, siamo un Paese senza più anticorpi. Lo dimostrano le fredde reazioni agli insulti razzisti al calciatore dell'Inter Mario Balotelli. Per chi può l'alternativa è scappare all'estero. Oppure unirsi alla supplica che qualcuno ha scritto sui muri del centro di Genova: "Immigrati, non lasciateci soli con gli italiani".

da L'Espresso