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giovedì 10 giugno 2010

Tortura, no dell'Italia all'Onu per definizione nel codice penale

Le raccomandazioni formulate dal Consiglio per i diritti umani accolte parzialmente da Roma. Fra i temi oggetto di preoccupazione, l'indipendenza della magistratura e il "razzismo tra i politici"

Tortura, no dell'Italia all'Onu per definizione nel codice penale

NEW YORK - L'Italia non ha accettato di introdurre una definizione esplicita di "tortura" nel Codice penale così come raccomandato dal Consiglio diritti umani dell'Onu che a febbraio ha esaminato la situazione italiana formulando una serie di raccomandazioni (Roma ne ha accettate 80 respingendone 12).
Lo ha riferito l'ambasciatore d'Italia presso le Nazioni Unite Laura Mirachian presentando stamani a Ginevra le risposte dell'Italia al Consiglio Onu. L'Italia si è invece detta determinata a ratificare il protocollo facoltativo relativo alla Convenzione contro la tortura "quando si sarà dotata di un meccanismo nazionale di prevenzione indipendente".

Tra gli altri temi oggetto di preoccupazione da parte dell'organismo Onu per quanto riguarda il nostro Paese, l'efficienza e l'indipendenza della magistratura; le dichiarazioni e atteggiamenti "xenofobi e intolleranti" da parte di alcuni politici; la discriminazione razziale, particolarmente ai danni dei nomadi; la politica dei respingimenti dei migranti; il sovraffollamento delle prigioni; la rappresentanza femminile in Parlamento e nei posti decisionali e, non ultima, l'indipendenza dei media.

da Indymedia

Patti Smith: un concerto speciale per Emergency


La sacerdotessa del rock a Venezia il primo agosto
E' la sacerdotessa del rock. La poetessa dell'impegno. Patti Smith sarà a Venezia il 1° agosto per un concerto speciale dedicato ad Emergency, durante il suo tour We Shall Live Again.

Patti Smith ha conosciuto Emergency lo scorso anno a Firenze, durante l'ottavo incontro nazionale con i volontari, e le ha dedicato la sua indimenticabile People Have The Power. È dalla sintonia con gli ideali su cui si fonda l'impegno di Emergency a favore delle vittime della guerra e della povertà che nasce il concerto di Piazza San Marco, organizzato in collaborazione con il Centro Pace di Venezia e International Music.
Attivista per i diritti sociali e ideale ponte tra la Beat Generation e gli artisti contemporanei, Patti Smith è reduce dall'enorme successo del suo libro-biografia "Just Kids", di recente pubblicazione in Italia, e torna con il nuovo tour a proporre i suoi successi e a offrirci un'anticipazione del suo prossimo progetto musicale. We Shall Live Again sarà un tour totalmente acustico, con gli storici Lenny Kaye alla chitarra e Jay Dee Daugherty alle percussioni, Tony Shanahan, suo collaboratore da quasi quindici anni, al basso, la figlia Jesse Smith al pianoforte e Mike Campbell alla chitarra.

da PeaceReporter

INTERVISTA DI PEACE REPORTER A PATTI SMITH RISALENTE AL FEBBRAIO SCORSO

La cantante a Milano presenta il film sulla sua vita e spiega perchè crede in Obama

Anche durante i 16 anni di esilio dalla scena pubblica, Patti Smith non ha dimenticato il mondo, la politica, le sofferenze dell'umanità.

Una 'doppia' vita. E' lei stessa a dirlo, durante una fugace visita milanese alla Feltrinelli di via Manzoni per la presentazione di 'Dream of life', film documentario sugli ultimi 12 anni della sua vita girato dall'amico Steven Sebring. La Smith, 62 anni e un'intatta carica energetica, ammalia per voce e intensità. Non si legge, sul suo volto, la fatica di essere poetessa, rock-star (quasi suo malgrado, a sentirla) e madre di due ragazzi. Perchè Patti sa come dividere la realtà in due parti: la prima è la vita pubblica, fatta di incontri con la gente, comunicazione, rock and roll e attivismo. La seconda è fatta di solitudine, contemplazione, poesia. "Eppure, per me, è più stancante scrivere e lavorare sulla solitudine, che non cantare in un gruppo rock", spiega la cantante. Le sue assenze dalla scena (a seguito del primo ritiro, altre volte è 'scomparsa' per lunghi periodi), sono servite "per occuparmi della famiglia, per studiare, per apprendere ciò che non sapevo, riguardo al mondo, alla politica e alle sofferenze umane. Il ritiro è stato un'occasione per lavorare, per studiare, per scrivere, per evolvermi. Il ritorno alla vita pubblica è stato difficile, anche perchè è avvenuto poco dopo che mio marito (Fred 'Sonic' Smith) era morto. Ma la gente mi ha accettato, mi accolto con calore, subito dopo i primi concerti. Mi sono sentita a casa".

Eroi di tutti i giorni. A chi le chiede chi sono gli eroi al giorno d'oggi, Patti Smith risponde: "Chiunque. Che significa essere eroe? E' un concetto ovviamente relativo. Per me, mia madre potrebbe essere un'eroina, perchè ha dovuto tirar su quattro figlioli e non aveva soldi. Stirava camicie, faceva la cameriera... Ma non ha rinunciato a crescere intellettualmente. Tutti noi possiamo contribuire, soprattutto nella nostra semplicità. Io ho cercato di essere una buona madre, ma ho anche cercato di essere sempre 'impegnata', nelle vicende di questo mondo, nell'arte e via dicendo. Madre Teresa era un'eroina. Per me essere eroe significa dare qualcosa all'umanità. Gli artisti spesso non sono eroi. Gli artisti sono auto-referenziali. Gli eroi, sono molto più attenti alle altre persone che non a loro stessi. La semplicità, per esempio, è una cosa eroica. La mancanza di materialismo. Chi spazza le strade, chi ricicla, chi fa qualcosa per far star meglio gli altri. Non so... anche lei che mi ha fatto la domanda, con quel suo maglione verde che spicca tra tutti per vivacità, è a suo modo 'eroico'. E così chi ha fatto quel maglione, regalando a me e a quelli che sono qui oggi un tocco di colore e di gioia. Così chi lavora per migliorare il mondo".

Come vede Patti Smith le tematiche da lei citate, ovvero il mondo, la politica e le 'sofferenze umane', attraverso la lente del nuovo presidente Obama?
Credo che l'elezione di Obama sia un evento meraviglioso, e credo che farà del suo meglio. Tuttavia, Obama deve lavorare entro i vincoli di un sistema, deve confrontarsi con individui che hanno una loro idea del mondo, combattere contro i repubblicani e contro le lobby. Farà del suo meglio, ne sono certa. A livello globale, è ciò che si dovrebbe chiedere a tutti, di fare del proprio meglio. Bisognerebbe che ciascuno guardasse e vedesse ciò che sta facendo, chiedendosi 'perchè sto lanciando dei missili, perchè voglio questa piccola striscia di terra che è Gaza', esprimendo invece il desiderio e la necessità di vivere in modo pacifico ed elementare. Credo in Obama perchè è un uomo intelligente, ed è un uomo di buon senso. Sarà però molto difficile per lui, in questo mondo stupido, dove la gente ha perso la semplicità e il buon senso. Tutti siamo esseri umani, abbiamo bisogno di mangiare, di bere acqua pulita, di respirare aria pulita. E' talmente semplice. Dobbiamo tornare alle cose semplici. Perchè il mondo oggi è terribilmente complicato, e se si vive a un livello così elevato da smarrire il contatto con le cose piccole, questa distanza, quest'area di 'disconnessione' diventa semplicemente inquinamento. Un inquinamento fatto di pregiudizi, gerarchie, materialismo. Sto saltando di palo in frasca, ma solo per dire che Obama ha un duro lavoro davanti a se', un lavoro che non può fare da solo. Ha bisogno del sostegno e della pazienza degli americani. Negli ultimi otto anni l'America ha avuto un cattivo esempio, che è davanti a tutti, e che ha fatto cose immorali oltre che illegali. Dopo l'11 settembre avremmo dovuto tornare indietro e pensare come tornare a comunicare, chiedersi perchè le persone sono così frustrate, emarginate. Come possiamo tornare a privilegiare l'inclusione rispetto all'esclusione? Abbiamo spinto tutte queste persone ai margini, anzichè cercare di capire il senso della loro frustrazione. Tutti dobbiamo fare del nostro meglio. Obama, come tutti noi, sta navigando in acque molto difficili. Ma talvolta, è nei tempi difficili che emergono le cose migliori.

Le domande sarebbero ancora molte, per la platea affamata dei giornalisti, ma la Smith chiede se è possibile sacrificarne qualcuna per cantare una canzone. Domanda retorica: imbracciata la chitarra, intona 'My blakean year', cantando come se fosse tra amici. E anche gli applausi non sono quelli destinati a una rock-star. Sono applausi per un'amica.

di Luca Galassi da PeaceReporter

"Bella ciao", un pericolo per l'ordine costituito


di Mario Pirani
Vorrei esprimere qualche riflessione scevra da indignazione o acredine di parte sull'episodio incorso al ministero della Pubblica Istruzione in seguito al canto di "Bella ciao", intonato da ragazzini e ragazzine, età media 12 anni, appartenenti ad un gruppo interclasse ad indirizzo musicale della scuola media inferiore "G. G. Belli" di Roma, invitati a prodursi con orchestrina e relativo accompagnamento corale, a viale Trastevere.
Era presente il sottosegretario Pizza e si è anche affacciata la ministra Gelmini. Al termine alcuni alunni, presto seguiti dagli altri, hanno intonato e suonato "Bella ciao". La canzone, pur non figurando nell'elenco di quel giorno, fa tuttavia parte del repertorio "musicale" del Belli ed era stata eseguita in molte altre occasioni. Si è trattato, comunque, di un fuori programma, difficile da confondere con un bis, in genere concesso altre volte ma con l'innocuo "tanto pè cantà". È lecito arguire che quegli adolescenti abbiano voluto in un certo senso mimare una forma di protesta mutuata dai cortei studenteschi, già visti tante volte direttamente o alla televisione. Nella forma e nella sostanza si è trattato di una manifestazione corretta, direi gentile, senza slogan e tanto meno espressioni di aggressività. Ciò detto la preside era nel suo diritto nel fare osservare ai ragazzi che quando si è chiamati a partecipare a una performance istituzionale è d'uopo attenersi al copione concordato, senza abbandonarsi a dissonanze che non sempre si concludono, come invece questa volta, in ordine e in allegria.

Quel che, invece, preoccupa è l'irato risvolto politico, fortemente polemico della lettera della preside a docenti, alunni e famiglie in cui stigmatizza lo "sconcertante episodio" che getterebbe "un'ombra di discredito difficile da dissipare, che ha messo in difficoltà la scuola Belli nel suo complesso", invita i genitori a scusarsi e a far capire che "se è giusto esprimere le proprie convinzioni anche se divergenti, è altrettanto giusto non assumere iniziative che travalicano i limiti dell'opportunità, del rispetto delle persone, della correttezza e del buon gusto". Frasi che si attaglierebbero ad un coro di sconcezze goliardiche e non a una spontanea, innocua disobbidienza adolescenziale. È seguito un fitto scambio di e-mail tra genitori, in grande maggioranza critici nei confronti della lettera. Alcuni hanno ricordato che fino a poco tempo fa "Bella Ciao" era quasi una canzone istituzionale, un canto di partigiani senza colore politico, in cui si possono riconoscere i democratici di ogni colore politico e le Istituzioni nate dalla Resistenza e dalla Costituzione.

Tutto vero, anche se non voglio pensare che la preside nutra sentimenti antidemocratici, ma piuttosto risenta, ed è forse più grave, di un clima generale di misconoscimento e snaturamento della storia d'Italia, con un ricasco polemico che svia il senso degli eventi. Questo può riguardare la Resistenza o, se visto in chiave leghista, il Risorgimento, il Tricolore, l'Unità d'Italia o, infine, per non pochi esponenti del Pdl, la stessa Costituzione. Le conseguenze, soprattutto, sul piano formativo possono essere devastanti. Credo che per evitare le asperità di un libero dibattito, molti insegnanti optino per una specie di agnosticismo che porta a considerare una turbativa della normalità scolastica l'intrusione di certe tematiche, gestibili al massimo nell'alveo dei corsi di studio stabiliti. Una pedagogia riduttiva, senza passione, impossibilitata a formare giovani cittadini. È un fenomeno che riguarda anche il mondo adulto, dove si può dissacrare ogni cosa senza imbarazzo. Mi vien da pensare quando a "Porta a porta", parlando della Resistenza dei militari deportati in Germania che avevano rifiutato di essere liberati a condizione di giurare per Salò, il ministro della Difesa, La Russa, spiegò il loro gesto come un atto di comoda prudenza: meglio nel lager che di nuovo in guerra. Nessuno gli ha ricordato le diecine di migliaia di soldati, tra cui 18 generali, morti in quei "comodi" lager.

(07 giugno 2010) © Riproduzione riservata

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