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domenica 20 giugno 2010

Documento del circolo SEL – Nardò


Perché vogliamo un partito

Lo spiega la legge elettorale, perché vogliamo un partito
Lo spiega il ‘pacchetto sicurezza’, perché vogliamo un partito
Lo spiega l’opzione nucleare del governo perché vogliamo un partito
Lo spiega il perdurante impegni italiano nelle zone di guerra, perché vogliamo un partito
Lo spiega la ‘legge bavaglio’, perché vogliamo un partito
Lo spiega lo ‘scudo fiscale’, perché vogliamo un partito
Lo spiega Pomigliano, perché vogliamo un partito

Vogliamo un partito perché a fronte di un’azione di governo sempre più autoritaria, reazionaria e razzista non esiste un’opposizione, non esiste un soggetto politico in grado di proporre un’alternativa strutturata e convincente, non esiste una leadership che sia credibile affidabile autorevole riconosciuta.

L’attuale governo di centro-destra sta scrivendo pagine amare e tristi per la storia italiana. Non basta un movimento di opinione, serve un partito che possa (ne abbia la forza e il potere) riportare nelle istituzioni a tutti i livelli le istanze che vengono dal basso, le voci degli ‘invisibili’, i bisogni e i sogni degli uomini e delle donne che combattono la guerra quotidiana della sopravvivenza; un partito che possa incidere nei processi decisionali; serve un partito che non si limiti a proporsi per la gestione dell’esistente e non sia subalterno rispetto al modello e agli interessi dominanti.


Il partito che vogliamo

Il partito che volgiamo non è un collage, non è un insieme di mattonelle giustapposte in stile patchwork. Né ci interessa una sigla a cui ricorrere in periodo elettorale, ampia e generica quanto basta a nascondere i difetti nelle cuciture. Non vogliamo più sentire riferimenti a sigle e organismi strutturati precedenti. Vogliamo un partito che sappia amalgamare le diverse sensibilità che ci sono al suo interno, le valorizzi, le esalti, attraverso meccanismi partecipativi democratici e regole condivise, che garantiscano l’effettiva corrispondenza fra leadership, linea politica e volontà della base.

Consultazioni a scrutinio segreto per la proposta dei nominativi per la costituzione degli organismi interni, primarie per la designazione dei candidati a qualsiasi livello, ampia rappresentatività territoriale nella struttura organizzativa possono garantire quella libera e responsabile partecipazione dei militanti auspicata dalle regole temporanee espresse dall’assemblea nazionale.

Il partito che vogliamo richiede tempo e pazienza: la sintesi delle diverse sensibilità non si consegue a colpi di votazioni nelle quali ‘la maggioranza vince’, né con il contentino del compromesso; il partito che vogliamo deve saper risolvere le contraddizioni, non cristallizzarle.

Sfruttiamo ogni occasione per conoscerci, diamoci tutti la possibilità di esprimere compiutamente pensieri e punti di vista, disponiamoci all’ascolto : le posizioni non possono essere così distanti dal momento che ci muoviamo tutti verso un unico obiettivo, che è SEL.
Ben vengano tutte le iniziative, tutti gli incontri che possano contribuire ad arricchire il dibattito e a far maturare una linea d’azione comune.

E poi usciamo di qua e portiamola nei quartieri quest’idea di politica, verifichiamola, definiamola con i contributi che vengono dalle strade e dalle piazze.
Siamo consapevoli della diffidenza e del fastidio diffusi verso il modello tradizionale di partito. Per molti il termine allude a accordi sottobanco e intrallazzi, trasformismo, favori e privilegi.

Il partito che vogliamo è ‘diverso’ : è fatto di donne e uomini coerenti e perciò credibili, dichiaratamente e apertamente schierati e di parte, non chiede poltrone, ma garanzie di diritti uguali per tutti nel rispetto di regole uguali per tutti; il partito che vogliamo non controlla pacchetti di voti, ma chiede consensi su un programma; per il partito che vogliamo la ‘questione morale’ non significa solo legalità, ma piuttosto pratica etica e giustizia sociale.

Nardò, 17 giugno 2010