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mercoledì 28 ottobre 2009

LA VOCE STRATOS



Documentario "LA VOCE STRATOS" di Luciano d'Onofrio e Monica Affatato prodotto da Pier Milanese e Maurizio Perrone per ROUTE 1 scarl. Fotografia di Angelo Santovito. Il film è stato realizzato con il contributo dell'ASSESSORATO ALLA CULTURA REGIONE EMILIA e il PIEMONTE DOC FILM FUND.

DEMETRIO STRATOS è stato l'uomo - il cantante - che più ha investigato la voce umana, dalle sue radici alle sue potenzialità oltre il linguaggio.

Stratos non è un mito.
Fare di Demetrio
Stratos articolo da collezionisti?
Correggere qualche aberrazione. È ora di e-leborare.
L’importanza della voce nell’essere umano, lo sviluppo del linguaggio parlato che ci rende uomini e donne. La voce-prima del linguaggio e la voce-dopo del linguaggio per aver lavorato là agli estremi della comunicazione con precisione e potenza abilità e naturalezza rivoluzionarie là dove occorreva cambiare la voce per cambiare il mondo, LA VOCE STRATOS è un film- documentario sulla voce di Demetrio Stratos, cantante e organista greco-egiziano-cipriota, prima dei Ribelli, poi fondatore degli Area e soprattutto insuperato ricercatore e sperimentatore vocale. Gli autori del documentario sono Luciano D’Onofrio e Monica Affatato. Entrambe lavorano da anni alla realizzazione di filmati e documentari e sono soci della società che produce il documentario, ROUTE1 film&video di Torino. Direttore della fotografia è Angelo Santovito. Il progetto LA VOCE STRATOS nasce nel 2005. Dopo una lunga fase di ricerche e di scrittura, nell'autunno del 2006 inizia una prima parte di riprese, in Emilia Romagna.

LE RICERCHE VOCALI

Osservando la fase vocale di lallazione della neonata figlia Anastassia, Stratos si rende conto delle possibilità vocali inespresse dell’uomo, capacità che possediamo spontaneamente ma che l’apprendimento del linguaggio incanala verso sonorità selezionate. È l’inizio della consapevolezza vocale di Stratos, il punto di partenza della sua ricerca.

Ad una delle prime esibizioni degli Area è presente Gianni Sassi, che rimane impressionato dalla potenza e dall’originalità dell’ensemble e di lì a poco decide di fondare l’etichetta Cramps per produrre il loro primo disco. Con lo pseudonimo di Frankenstein, Gianni Sassi diventa il sesto membro “nascosto” del gruppo, ispiratore e ricercatore di molti progetti di Demetrio e degli Area, disegnatore delle copertine e scrittore della maggior parte dei testi oltre che loro produttore.

Gianni Sassi e Gianni Emilio Simonetti,lo scrittore-musicista-editore, hanno legami con il movimento Fluxus che dai primi anni ‘60 rappresenta una delle espressioni più evolute e coerenti di avanguardia artistica concettuale, nonché il primo movimento d’avanguardia ad essere coinvolto nella musica in maniera strutturale.
Juan Hidalgo e Walter Marchetti collaborano con John Cage nel‘59 e insieme ad Esther Ferrer sono i fondatori del gruppo Zaj, gruppo di avanguardia musicale nato in Spagna nel 1964.
È un intero ambito culturale d’avanguardia della Milano anni ‘70 con cui i giovani musicisti del gruppo vengono a contatto scambiandosi idee e collaborazioni.
Per gli Area Hidalgo e Marchetti comporranno Area 5 e, grazie a loro, Demetrio si accosterà all’esperienza musicale di John Cage di cui registra, nel 1974, i Mesostics in una versione per sola voce, riproposta in seguito in diversi festival di fronte a migliaia di giovani.

Stratos inizia a portare avanti una ricerca sulla pura vocalità, ai limiti della musica. Effettua ricerche e misurazioni a Parigi e al CNR di Padova, dove sotto la supervisione del fisico e fonologo professor Franco Ferrero, le misurazioni evidenziano diverse particolarità fonologiche della sua voce. Innanzitutto una gamma impressionante che supera i 7000 Hz di escursione, poi la capacità di emettere più suoni in contemporanea e di modularli separatamente.
Stratos sostiene che la voce vada liberata dai condizionamenti del linguaggio e del bel canto e che debba riappropriarsi della sua natura sonora, creatrice di un’infinità di suoni che vengono esclusi dal linguaggio e negati da una concezione musicale ristretta, dogmatica e funzionale alla musica-merce e al capitale.

Inoltrandosi in questa sua ricerca, scopre le possibilità vocali primordiali delle popolazioni tribali, come i pastori mongoli che emettono diplofonie e triplofonie, ed inizia ad interessarsi a questo tipo di sonorità e alla loro emissione, diventandone in brevissimo tempo maestro e sperimentatore indiscusso.
Il risultato è verificabile nei due dischi solistici Metrodora e Cantare la voce, in cui ciò che appare strumento è in realtà la forma voce.
“I vocalizzi diventano microorchestrazioni (voce/strumento) senza amplificazioni tecnologiche,” scriverà Daniel Charles.

A Cuba riceve l'invito dal Ministero della Cultura ad incontrarsi con la delegazione di musicisti della Mongolia, per partecipare ad un dibattito sulla vocalità dell'Estremo Oriente, riprendendo ed ampliando un vasto discorso sul significato della voce nelle civiltà orientali e mediorientali.
Si dedica anche all’insegnamento delle sue teorie in seminari sulla psicologia della voce che tiene in varie università.

LA VOCE DI DEMETRIO E IL MOVIMENTO DEL '77

Uno degli eventi che porta gli Area alla notorietà è il concerto di spalla a Joan Baez al Vigorelli contro la guerra in Vietnam.
Il pubblico, molto numeroso, è altamente politicizzato e molti forse non li trovano consoni come gruppo d’apertura per la cantautrice pacifista americana. La tensione prima e durante il loro concerto è altissima. Gli Area, quasi indecisi se suonare, riescono ad usare questa tensione come catalizzatore del loro muro di note e di suoni che culmina nel pezzo finale, Lobotomia. Puri, fastidiosi sibili elettronici sparati a tutto volume dalle casse, onde cacofoniche e robotiche da cui faticosamente emerge a tratti una versione dissacrata della sigla musicale di Carosello mentre sul palco si spengono le luci e i musicisti imbracciano delle torce con le quali abbagliano il pubblico. E nell’altra mano impugnano l’asta del microfono, pronti eventualmente a difendersi. Alla fine non ci sono incidenti. La provocazione ha funzionato e il giorno dopo tutti sanno esattamente chi sono gli Area e da che parte stanno.
Da quel giorno gli Area sono presenti con la loro musica in numerose iniziative organizzate dal movimento milanese, italiano ed internazionale, di cui diventano gruppo musicale di riferimento.

Sono anni di forte politicizzazione; in tutta Europa, ma soprattutto in Italia, la società preme per forti cambiamenti per i quali il potere politico ufficiale è per lo meno impreparato.
“In due anni abbiamo fatto tante situazioni… anche in manicomio da Basaglia a Trieste… Loro mettono i matti… cioè! In mezzo agli studenti e ai compagni e vedono le reazioni. Abbiamo occupato Piazza Navona con Pannella… tutto gratuitamente.” (da un’intervista a Demetrio Stratos a Saluzzo nell’estate del ’74).
Sovente i loro concerti sono pensati in funzione dell’evento che vogliono creare. La provocazione e il coinvolgimento nei confronti del pubblico sono la regola ferrea per non stare rinchiusi sul palco come in gabbia ma per abbattere i ruoli che separano spettatori e artisti.
Il disco successivo del ‘75, Crac!, sarà uno dei più conosciuti del gruppo, anche perché contiene Gioia e Rivoluzione, pezzo emblematico dello spirito di quegli anni.

Gli Area partecipano a tutte le edizioni del Parco Lambro, compresa l'ultima, disastrosa nella quale segnano forse uno dei momenti più positivi coinvolgendo gli spettatori in una catena umana sonora: tenendosi per mano, il pubblico, che ha ai capi della catena due cavi collegati ad un sinth, emette delle fequenze che variano al variare dei partecipanti.

Dalle manifestazioni per la legge sul divorzio e l'aborto a Roma a quelle in solidarietà con la Palestina a Milano o con Radio Alice, la prima radio libera di Bologna, gli Area si impegnano personalmente e artisticamente nella creazione di eventi che irrompono nella realtà e che dalla realtà prendono constinuamente spunto per la sperimentazione non solo musicale.

LA NASCITA DELLA VOCE AREA

L’unione musicale di Stratos con Capiozzo dà vita al nucleo iniziale degli Area. Le origini mediterranee dei componenti del gruppo risultano determinanti nella miscela di jazz-rock e musica sperimentale a cui danno vita.
Stratos deve intraprendere una ricerca severa e a tratti tormentata per adattare la sua voce a quelle sonorità per lui totalmente nuove.
Nel 1972 il gruppo prende il nome di Area-International POPular Group, ed è formato da Victor Edouard Busnello (sax), Giulio Capiozzo (batteria), Yan Patrick Erard Djivas (basso), Patrizio Fariselli (tastiere), Demetrio Stratos (organo e voce), Paolo Tofani (chitarra e sintetizzatore).

Nel ’73 è pronto il primo disco per la neonata etichetta Cramps di Gianni Sassi, che sarà un personaggio chiave per l’intera storia degli Area e di Demerio Stratos. Il disco si intitola Arbeit Macht Frei (Il lavoro rende liberi), dall’insegna del campo di concentramento di Auschwitz. Il titolo come la musica, i testi, la grafica, i gadget (una calibro 38 in formato 1:1 di cartone), tutto nel disco è all’insegna della provocazione sperimentale.
Con queste credenziali la vita del gruppo non è certo delle più facili, soprattutto nell’angusto panorama musicale italiano dell’epoca.
Busnello lascerà il gruppo, sostituito per un breve periodo dal giovane talentuoso saxofonista Massimo Urbani, Djivas entrerà a far parte della Premiata Forneria Marconi: dopo varie audizioni, al basso entrerà il giovane Ares Tavolazzi.
Demetrio, Fariselli, Capiozzo, Tavolazzi e Tofani formeranno così il quintetto che negli anni successivi diventerà punto di riferimento non solo musicale per un’intera area generazionale.

Musicalmente, anche sulla loro scia, nascono in tutta Italia una serie di gruppi che seguono un percorso musicale analogo, fatto di contaminazioni tra jazz-rock e musica mediterranea: Baricentro, Napoli Centrale, Perigeo, Arti e Mestieri.

Con la nuova formazione il gruppo incide Caution Radiation Area in cui il lato sperimentale della musica viene ancora più accentuato.

Con gli Area Demetrio prende parte a tournée e festival in Francia, Portogallo, Svizzera e Cuba. Da questi prenderà forma il live Area(zione). La creatività e la musica portata nelle situazioni reali sono una delle loro bandiere.

Gli Area si inseriscono a pieno titolo in quel percorso di movimenti artistici che dai dadaisti ai surrealisti fino ai lettristi, al gruppo Fluxus, ai situazionisti ha percorso tutto il ‘900, vivendo l’arte come una ricerca che vede nell’abbattimento delle strutture formali precostituite il principio creatore rivoluzionario.
Sperimentazione, gioco, casualità, caos diventano gli elementi chiave di una ricerca formale in cui i confini tra vita, arte e rivoluzione vengono continuamente sovvertiti e ridefiniti.

MILANOBEAT E GLI ANNI "RIBELLI"

A Milano Efstratious si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico dove conosce Daniela Ronconi che sarà la compagna della sua vita. Perfeziona l’italiano anche attraverso un’assidua frequentazione dei cinema.
Il nome si italianizza in Demetrio Stratos.
Nel ’63, insieme ad alcuni coetanei, forma un gruppo musicale studentesco in cui suona le tastiere. Il gruppo inizia presto ad esibirsi nelle sale da ballo. Una sera, in seguito ad un incidente automobilistico senza ulteriori conseguenze, il cantante del gruppo rimane bloccato e non può raggiungere il resto della band. Per salvare la situazione Stratos s’improvvisa cantante e al pubblico piace, inaugurando così casualmente la sua carriera vocale.

Nel frattempo Stratos suona l’organo come turnista negli studi di registrazione milanesi. Conosce in breve tempo tutti gli esponenti del milieu musicale che in quegli anni hanno dato vita al beat italiano e in questo ambiente il suo nome viene italianizzato in Demetrio Stratos, con l’inversione di nome e cognome. Vive di musica e manda indietro i soldi che il padre gli invia per proseguire gli studi. L’università non rientra praticamente più nei suoi interessi.

Nel 1966 entra a far parte dei Ribelli come organista e voce del gruppo.
Nati nel ’59 come gruppo d’accompagnamento di Adriano Celentano, i Ribelli hanno partecipato alcuni mesi prima al Festival di Sanremo, hanno all’attivo diversi singoli e sono tra i primissimi gruppi rock italiani.
I Ribelli sono uno dei gruppi di punta di quel genere in voga in quegli anni che è un misto di rhythm’n’blues e soul, basato principalmente su pezzi inglesi o americani, tradotti e cantati in italiano, che i critici musicali dell’epoca hanno chiamato beat italiano, prendendo a prestito il titolo dalla beat generation americana, dal beat/battito della terminologia musicale anglofona e da un ammiccamento ai Beatles, di cui la parola beat è una contrazione.

Pur essendo un gruppo già lanciato, è con Stratos che i Ribelli maturano una certa solidità. Passano alla casa discografica Ricordi per la quale incidono diversi 45 giri e alcuni LP che raccolgono le varie registrazioni. Con Stratos la formazione raggiunge l’apice del suo successo: il singolo Pugni Chiusi li porta al Cantagiro del 1967 ma non entra nelle classifiche,

Nel 1969 Demetrio Stratos si sposa con Daniela Ronconi e l’anno successivo nasce la figlia Anastassia.

I Ribelli suonano molto dal vivo, prodigandosi in un repertorio essenzialmente rock, soul e rhythm’n’blues, molto più corposo delle melodie commerciali che solitamente incidono su vinile. Ma gli anni del beat italiano stanno terminando e nel ’70 il gruppo si scioglie.

Nel frattempo suona con un gruppo di inglesi che alloggiano saltuariamente nel suo appartamento milanese. Oltre alle esibizioni live, anche qui incentrate prevalentemente sul rhythm’n’blues, Stratos incide un 45 giri per la neonata Formula Uno di Battisti-Mogol, Daddy’s Dream, sulla cui copertina sono ritratti in foto Demetrio e la figlia neonata.
Il disco passa praticamente inosservato e sarà l’ultimo tentativo commerciale di Stratos.

Demetrio telefona al batterista Giulio Capiozzo e i due decidono di iniziare a suonare insieme.
Il ‘68 è passato da poco e la musica sta cambiando radicalmente.

MIGRAZIONI MEDITERRANEE ALEXANDRIA E NICOSIA

Nella prima metà del secolo scorso l’Egitto era sotto protettorato inglese. Alessandria era un importante centro di irradiazione culturale ed una città cosmopolita che ospitava varie comunità ed etnie. Tra queste una delle più radicate era quella greca. Il 22 aprile del 1945, in questa comunità che conta migliaia di persone nasce Efstratios Demetriou, figlio di Janis Demetriou e Athanassia Archondoyorghi, proprietari di un negozio in cui producono e vendono cappelli.
Efstratios vive qui fino a dodici anni, frequentando il Conservatoire National d’Athènes, dove studia fisarmonica e pianoforte, e la British Boys’ School, scuola di lingua inglese. A dodici anni suona già in giovani formazioni musicali.

Musicalmente e culturalmente il piccolo Efstratios si forgia quindi in un ambiente mediterraneo nel quale le grandi influenze sono la tradizione greco-bizantina della famiglia e della comunità greca, la musica tradizionale araba e la produzione musicale radiofonica e discografica di origine anglosassone che in quegli anni vede nascere il primo rock’n’roll.

Negli anni ’50 l’Egitto si autoproclama Repubblica e gli inglesi vengono cacciati. In seguito a tali turbolenze, nel 1957 il giovane Efstratios viene mandato a studiare nel collegio cattolico di Terrasanta a Nicosia, sull’isola di Cipro, dove impara l’italiano.
Dopo un paio d’anni Efstratios viene raggiunto a Nicosia dalla famiglia che, in seguito alla nazionalizzazione delle imprese attuata in Egitto dal Presidente Nasser, ha perso ogni avere.
A diciassette anni Efstratios termina il suo corso di studi è il ’62 quado decide di trasferirsi a Milano dove può iscriversi all’università.

da http://lavocestratos.blogspot.com/search/label/storia%20e%20biografia

Enel ed Istituzioni pugliesi si accordano sulla riduzione del 10% di emissioni di CO2

Nuovo accordo tra gli enti locali pugliesi e l'Enel sulla riduzione delle emissioni di CO2 degli impianti termoelettrici in Puglia, in particolare l'accordo si riferisce alla centrale termoelettrica di Brindisi in località Cerano. Ridurre subito il carbone del 10%: p questa la richiesta avanzata dalle istituzioni per la centrale Enel di Cerano. Ieri sera a Palazzo Nervegna ci sono state oltre due ore di confronto, infine il rappresentate Enel, Gian Filippo Mancini, ha annunciato l’aggiornamento tecnico dell’incontro, pur sottolineando il clima di collaborazione in cui l’intero confronto si è svolto.

«Abbiamo posto, come prioritaria, la riduzione dell’anidride carbonica del 15% in tre periodi tra il 2010 ed il 2012 e subito la riduzione del 10% del carbone che porta ad un considerevole abbattimento delle emissioni massiche - ha riferito il sindaco Domenico Mennitti -. Abbiamo anche posto il problema della revisione degli investimenti, che abbiano concreti riscontri nelle politiche portuali - ha aggiunto -, nonchè la questione del Cdr come combustibile e ci siamo riservati di scendere nei dettagli sul sostegno all’economia locale con interventi adeguati».
Il presidente della Provincia di Brindisi, Massimo Ferrarese, oltre ad insistere sulla riduzione dell’anidride carbonica e delle emissioni massiche, ha ribadito la necessità della «copertura del carbonile entro 18 mesi dalle autorizzazioni, sul sistema di monitoraggio da realizzarsi con fondi dell’Enel». «Ovvio che il discorso dell’agritermìa sarà questione da affrontare - ha aggiunto Ferrarese -, come considerevole è la questione dei ritorni economici per il territorio che andrà ancora discussa. È certo però che le istituzioni vanno nella stessa direzione».

«È un negoziato duro - ha continuato il presidente della Regione, Nichi Vendola - ma la sintonia istituzionale è un punto visibile per la tutela dei cittadini», anche perchè la richiesta di «negoziare l’abbattimento dell’anidride carbonica e del carbone offre alla città la percezione di un disagio alleviato ». E Vendola non ha nascosto che il negozia sia «complesso», anche perchè ad esso sono legati «i problemi del modello di sviluppo di Brindisi» ma - ha aggiunto - «la riduzione del 10% del carbone nell’immediato va percepita come il momento della verità»

da GrandeSalento

Pisa: Piazza delle Vettovaglie liberata



“Qui incontri, lotte, passi sincronizzati, colori, capannelli non autorizzati, uccelli migratori, reti, informazioni, piazze di tutti i like pazze di passioni”
Sabato notte più di un centinaio tra studenti, precari e frequentatori di Piazza delle Vettovaglie hannoespresso il loro rifiuto alla politica dinormalizzazione e militarizzazione della piazze venduta sempre con più retorica dal sindaco e dai vari “comitati per la vivibilità”.
Piazza delle Vettovaglie è sempre di più la piazza degli studenti e dei precari di Pisa; una piazza piena di contraddizioni ma che sicuramente non possono venire risolte con la presenza demagogica delle forze dell’ordine.
Dopo le dichiariazioni del sindaco Filippeschi dei giorni scorsi, che ribadivano soddisfazione per la presenza permanente delle forze dell’ordine in piazza, il “comitato per piazza delle vettovaglie libera e ingovernabile” ha deciso di mettere in sicurezza la piazza dalla presenza delle forze dell’ordine, delimitando lo spazio a loro concesso.
"Perché la tranquillità è importante ma la libertà è tutto…"
Comitato Piazza delle Vettovaglie libera e ingovernabile

C'è una logica nella crisi Vale la pena rileggere Marx

«Come sempre, con la prosperità si sviluppò molto rapidamente la speculazione. La speculazione di regola si presenta nei periodi in cui la sovrapproduzione è in pieno corso. Essa offre alla sovrapproduzione momentanei canali di sbocco, e proprio per questo accelera lo scoppio della crisi e ne aumenta la virulenza. La crisi stessa scoppia dapprima nel campo della speculazione e solo successivamente passa a quello della produzione. Non la sovrapproduzione, ma la sovraspeculazione, che a sua volta è solo un sintomo della sovrapproduzione, appare perciò agli occhi dell'osservatore superficiale come causa della crisi».
«Il fatto che, laddove l'intero processo poggia sul credito, non appena il credito viene improvvisamente a mancare e ogni pagamento può essere effettuato solo in contanti debbano subentrare una crisi creditizia e la mancanza di mezzi di pagamento - è ovvio, come lo è il fatto che la crisi nel suo complesso debba presentarsi prima facie come crisi creditizia e monetaria. Ma in realtà non si tratta unicamente della "convertibilità" delle cambiali in denaro. Un'enorme massa di queste cambiali non rappresenta nulla più che transazioni truffaldine, che ora sono scoppiate e vengono alla luce del sole; esse rappresentano speculazioni andate male e fatte con il denaro altrui. È proprio bello che i capitalisti, che gridano tanto contro il "diritto al lavoro", ora pretendano dappertutto "pubblico appoggio" dai governi e facciano insomma valere il "diritto al profitto" a spese della comunità».
«Non c'è stato periodo di prosperità in cui gli stregoni ufficiali dell'economia non abbiano approfittato dell'occasione per dimostrare che questa volta la medaglia non aveva rovescio, che questa volta il fato era vinto. E il giorno in cui la crisi scoppiava, si atteggiavano a innocenti e si sfogavano contro il mondo commerciale e industriale con banalità moralistiche, accusandolo di mancanza di previdenza e di prudenza».
«Proprio il ripetuto insorgere di crisi a intervalli regolari nonostante tutti i moniti del passato smentisce l'idea che le loro ragioni ultime debbano essere ricercate nella mancanza di scrupoli di singoli individui. Gli economisti che pretendono di spiegare le periodiche contrazioni di industria e commercio con la speculazione assomigliano a quella scuola ormai scomparsa di filosofi della natura che considerava la febbre come la vera causa di tutte le malattie».
Chi scrive queste parole non è propriamente un nostro contemporaneo e non parla della recessione globale esplosa due anni fa e ancora in vorticoso sviluppo. È un attempato 35-45enne che risponde al nome di Karl Marx, e si occupa delle crisi economiche esplose tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Sessanta dell'Ottocento. Una prima sconfortante osservazione viene quindi spontanea. L'umanità non impara nulla dall'esperienza, continua a commettere gli stessi errori come la più stupida delle specie viventi. Poi subentra una seconda considerazione, meno ingenua. Se le crisi economiche si susseguono secondo un copione già analizzato con assoluta lucidità, e se, ciò nonostante, non si riesce a prevenirle, il problema non è tanto l'idiozia umana, quanto il fatto che per evitarle occorrerebbe guardare in faccia la distruttività sociale del capitalismo - la sua totale illegittimità storica - e agire di conseguenza, spedendolo in archivio una volta per sempre. Il che non è precisamente ciò che i capitalisti e i loro emissari politici auspicano.
Ma torniamo a Marx e alle sue folgoranti analisi. I fondamentali scritti marxiani sulla crisi sono oggi a nostra disposizione, riuniti in una bellissima antologia curata da Vladimiro Giacché (Karl Marx, Il capitalismo e la crisi , DeriveApprodi 2009, pp. 176, euro 15). Giacché è uno strano animale. È un economista marxista munito di una solida formazione filosofica (la cosa dovrebbe essere implicita ma da tempo non lo è, e lo si vede). Ed è altresì un esperto operatore finanziario, abituato a trascorrere buona parte del tempo studiando l'andamento dei mercati, i bilanci delle imprese e i flussi di investimento.
Questo invidiabile bagaglio di competenze gli ha permesso di orientarsi con mano sicura nel gigantesco lascito marxiano (in buona parte tuttora inedito) e di scrivere un saggio introduttivo di impareggiabile utilità. Nel quale da una parte fornisce al lettore informazioni necessarie per venire a capo di pagine a tratti impervie, dall'altra mostra la sconcertante attualità dell'impianto analitico marxiano, ancora insuperato per intelligenza e acume critico. Non bastasse, Giacché traduce (in modo impeccabile) alcuni testi (cinque articoli apparsi sulla New York Daily Tribune tra il 1852 e il '58 e il manoscritto sulla caduta tendenziale del saggio di profitto destinato al terzo Libro del Capitale , utilizzato da Engels ma rimasto inedito sino al 1992), testi che vengono quindi messi per la prima volta a disposizione del lettore italiano e che fanno di questo volume uno strumento irrinunciabile per chi voglia studiare seriamente la crisi senza ignorare il punto di vista di Marx.
Al centro dell'analisi è naturalmente il tema della sovrapproduzione, quindi la struttura contraddittoria del capitale (il che conferma che senza Hegel Marx non sarebbe Marx, e che, senza aver capito Hegel, di Marx si comprende ben poco). L'idea è che la pulsione naturale del capitale all'accumulazione lo spinga ad accrescere la propria componente fissa (macchine e tecnologia) e a diminuire la massa di valore destinata al lavoro, e che proprio queste misure, riducendo la componente creatrice di plusvalore e deprimendo la domanda effettiva, impediscono a una crescente quota del capitale di valorizzarsi adeguatamente.
Il filo del ragionamento tiene tuttavia sempre insieme due corni, in reciproca tensione: la necessità della crisi (effetto ciclico naturale dell'accumulazione) e la possibilità di farvi fronte, da parte del capitale, mobilitando «fattori di controtendenza», tra i quali spicca la lotta di classe (supersfruttamento e bassi salari) del capitale contro il lavoro vivo. Senza tenere conto di entrambi questi elementi la lettura marxiana delle crisi si blocca, deviando fatalmente verso gli esiti deterministici tipici dell'approccio economicistico.
Nella società moderna l'economia è troppo importante perché la si lasci agli economisti e la si interpreti in chiave puramente economica: anche questo insegnano il lavoro teorico di Marx e la sua concreta pratica di lotta, e di tale prezioso insegnamento questo libro aiuta a cogliere la fondamentale rilevanza.

da Indymedia

Prego signora si accomodi, all'Hotel Italia


di Doriana Goracci
Storia di una donna migrante, dalla Costa D’avorio al Cie di via Mattei
L’articolo che segue è stato scritto da Vincenza Perilli sul suo blog
Marginalia: Storia di una donna migrante, dalla Costa D’avorio al Cie di
via Mattei.

Non aggiungo nulla, invito solo a leggere il testo , è breve, ti strozza
la gola: non a chi respinge, come uno sputo, un esubero umano dalla
Famiglia. Invio anche un video, da vedere o rivedere Living Darfur,
questo segnalatomi da Maddalena Celano: musica dall’Africa , donne che
giocano a palla, attese degli aiuti umanitari…Tra sacro e profano, il
panorama di un deserto.
Era il 2007, continuano a palleggiare, con l’esistenza di chi rimane su
questa Terra.

Doriana Goracci

Storia di una donna migrante, dalla Costa D’avorio al Cie di via Mattei
Si chiama Salmata Bamba ed è arrivata dalla Costa D’Avorio in Italia
chiedendo lo statuto di rifugiata. Al suo posto in agosto le viene
notificato un mandato di espulsione. Parla poco l’italiano, non riesce o
non può far valere i suo diritti. Continua a cercare lavoro. Finalmente
lo trova, un posto come badante presso una famiglia di Napoli. Qualche
settimana fa si reca in questura per ultimare le pratiche di
regolarizzazione ma qui “succede l’impossibile, ciò che non avrebbe mai
creduto potesse succedere in un paese democratico”: viene arrestata e
portata nel Cie di via Mattei a Bologna. Così, su due piedi. Non le
viene neanche permesso di poter portare con sé qualche oggetto
personale. Tramite la figlia di coloro che sarebbero dovuti diventare i
suoi datori di lavoro, apprendiamo che non ha neanche il sapone per
lavarsi e che porta ancora addosso gli abiti che indossava al momento
dell’arresto. Un po’ poco per quello che è stato definito “hotel di
lusso per migranti”. Nell’unico articolo che ho trovato su di lei (una
storia così non fa notizia) – nel sito di Peacelink.
– si dice che Salmata è una donna “semplice, umile e troppo vulnerabile
per affrontare la crudele realtà di questo Paese”. Ma chi può
affrontarla tutta sola? Ci auguriamo che Salmata abbia trovato
all’interno la solidarietà e l’appoggio delle sue compagne di prigionia.
E che fuori trovi presto la nostra.



da Indymedia

Silvio ballarò: L'anomalia italiana e il Padrone



Ci sarebbe molto da dire, ma i fatti parlano fino a diventare logorroici, mentre gli italiani stanno a guardare.


L’Italia prende di mira le banche svizzere

“Più di 150 agenti mobilitati, 22 città interessate e 76 agenzie bancarie nel mirino. La guardia di finanza italiana ieri ha condotto un blitz contro le filiali delle banche svizzere presenti nella penisola”, scrive Le Temps. Da alcune settimane gli agenti del fisco italiano sono partiti all’assalto dei capitali trasferiti illegalmente all’estero. “Dopo il radar fiscale (installato alla frontiera tra Svizzera e Italia per controllare i movimenti delle auto italiane), i controlli nelle filiali delle banche svizzere sono una logica conseguenza”, commenta un comandante della guardia di finanza.

Il New York Times, invece, torna a parlare del caso Mills. “Sferrando un ulteriore colpo a Silvio Berlusconi, la corte di appello di Milano ieri ha confermato la sentenza contro David Mills, l’avvocato britannico condannato in primo grado per aver accettato una tangente di 600mila dollari per testimoniare il falso a favore del presidente del consiglio italiano”, scrive il giornale di New York. La decisione dei giudici milanesi chiama in causa ancora una volta Berlusconi, che sarà giudicato in un processo a parte (che dovrà partire da zero, con nuovi giudici) sullo stesso caso.

da Internazionale

ANTIRAZZISMO

Casa Pound a Bergamo - Le vecchie conoscenze di sempre

L'appuntamento lanciato da Casa Pound Italia di Bergamo per venerdì 30 ottobre presso la biblioteca comunale Caversazzi, alla presenza del noto intellettuale d'area Gabriele Adinolfi, rappresenta un deciso salto di qualità per la destra radicale locale, non solo in relazione agli ospiti invitati a presenziare all'iniziativa, ma anche e soprattutto per il luogo simbolico scelto: uno spazio pubblico del Comune in pieno centro, già sede dell'Istituto Storico della Resistenza. Scorrendo la lista delle realtà aderenti si ha poi la netta impressione che l'appuntamento suggelli una preoccupante ricomposizione d'area e per questo merita un approfondimento, a cominciare da qualche cenno storico sulla figura di primissimo piano del relatore dell'iniziativa.
Gabriele Adinolfi figura oggi come intellettuale di riferimento dell'area cresciuta attorno a Casa Pound, sigla guidata da Gianluca Iannone che raccoglie il circuito delle occupazioni non conformi (i cosiddetti centri sociali di destra), salita agli onori della cronaca lo scorso anno per gli scontri di piazza Navona a Roma, quando un gruppo di una ventina di militanti dell'organizzazione, con caschi e bastoni, aggrediva la manifestazione studentesca contro la riforma della pubblica istruzione. Negli anni '70 Adinolfi, insieme a Roberto Fiore, l'attuale leader di Forza Nuova, era alla guida di Terza Posizione, organizzazione della destra radicale aggregatasi nella capitale e votata a una strategia di programmata ricerca dello scontro con la sinistra. A questo proposito nelle memorie redatte da Fiore e Adinolfi si legge: «Alla conquista delle zone rosse poco più di un centinaio di militanti romani [...] diventano l'incubo dei partiti, dei collettivi (così si chiamavano allora i coordinamenti dell'estrema sinistra), delle diverse organizzazioni comuniste.
A permettere quell'impatto formidabile sono la disciplina e la preparazione dei giovanissimi militanti [...]. Politicamente si prendono a esempio i Cuib di Codreanu [il modello organizzativo della Guardia di Ferro, formazione operante in Romania nella prima metà del '900 e affermatasi in senso violentemente antisemita, nda] e i modelli forniti da “La conquista di Berlino di Goebbels». Terza Posizione affiancherà alla strutture visibili un livello clandestino, il cosiddetto Nucleo Operativo, a cui fu demandato il compito di procacciare armi e denaro (attraverso furti e rapine) e il cui arsenale fu smantellato nel dicembre del 1979, quando alcuni militanti furono sorpresi dalle forze dell'ordine mentre scaricavano una cassa di bombe a mano (nel covo saranno rinvenuti anche divise dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, 15 fucili automatici, venti chili di esplosivo e documenti d'identità rubati). Successivamente il Nucleo Operativo andrà sempre più confondendosi con i Nuclei Armati Rivoluzionari (l'organizzazione a cui viene addebitata anche la terribile strage della stazione di Bologna) e diversi suoi esponenti finiranno per aderire a quest'ultima sigla (uno di loro, Giorgio Vale, sarà responsabile di diversi omicidi di agenti delle forze dell'ordine). Adinolfi e Fiore, nel frattempo riparati in Inghilterra, saranno condannati nel 1987 dalla Prima Sezione Penale della Cassazione a 5 anni e 6 mesi per associazione sovversiva e banda armata.
Non è la prima volta che Adinolfi si presenta a Bergamo. Stando a quanto riportato sul suo stesso sito web, già il 5 novembre del 2004 l'ex leader di Terza Posizione aveva tenuto un incontro seminario, con la presentazione del suo corso di formazione quadri “Polaris”, presso il pub “La Galera” di Ciserano, luogo di ritrovo abituale del gruppo Skinheads Berghèm. Il gruppo di naziskins raccolti sotto questa sigla salirà tristemente agli onori della cronaca per una serie di gravissimi episodi di aggressione perpetrati tra Bergamo e Milano ai danni di militanti e simpatizzanti della sinistra (con una dozzina di accoltellamenti accertati), proprio nel periodo tra il 2004 e il 2005, e sarà al centro di un inchiesta della Magistratura di Milano che, nell'estate del 2005, condurrà anche all'arresto di alcuni esponenti di Skinheads Berghèm. Secondo i riscontri degli inquirenti il gruppo gravitava attorno all'area della Skinhouse di Milano, una sorta di centro sociale della destra radicale, punto di rifermento nel nord Italia del network nazista Blood and Honour e di cui il progetto “Cuore Nero” (referente milanese di Casa Pound) è oggi diretta emanazione.
In un breve documento video diffuso alcuni anni a dietro dal centro sociale Pacì Paciana in risposta ad una serie di episodi di squadrismo registrati in provincia, sono raccolte alcune sequenze relative al gazebo elettorale allestito da Forza Nuova sabato 17 aprile 2004 a Bergamo, dove si riconoscono alcuni appartenenti a Skinheads Berghèm (tra cui uno degli arrestati dell'estate 2005), insieme ad altri personaggi di primo piano della destra radicale bergamasca. In particolare insieme al gruppo di naziskins compare Paolo Albani, relatore insieme ad Adinolfi dell'incontro del 5 novembre 2004 presso La Galera e attuale responsabile di “Altro Stile”, e Alessandro Vailati, all'epoca dirigente di Forza Nuova, divenuto in seguito federale provinciale di Fiamma Tricolore (nel corso della breve stagione in cui il partito fu referente del circuito naziskins) e animatore della sezione bergamasca di Radio Bandiera Nera (la radio web di Casa Pound). Il fatto che sia l'associazione Altro Stile che Radio Bandiera Nera abbiano dato la loro adesione all'incontro fissato per venerdì 30 ottobre presso la biblioteca Caversazzi di Bergamo segnala la concretezza e la sostanza della ricomposizione in corso. Immancabile a questo punto la presenza dei naziskins, confermata dalla comparsa tra le adesioni anche di “Skinheads Bergamo” (sigla a cui fanno riferimento anche alcuni naziskins della Bassa bergamasca già aderenti a Skinheads Berghèm) e il Comitato Onoranze Caduti di Rovetta, un esperimento trasversale a tutte le diverse sigle della destra radicale locale (costruito sulla vicenda dei volontari della divisione repubblichina “Tagliamento”, fucilati nel 1945 a Rovetta) animato dal nucleo di naziskins della Valle Seriana e che ogni anno porta nella località montana alcune centinaia di fascisti provenienti da tutta la provincia.
Corsi e ricorsi storici, verrebbe da dire. La sigla Casa Pound per Bergamo appare relativamente nuova, ma i suoi animatori restano le vecchie conoscenze di sempre. Il riaffermarsi sulla scena locale di quest'ambiente comincia a diventare un motivo ciclico e quasi inevitabile e, visti gli esiti delle precedenti puntate, non può che destare preoccupazione. L'impressione insomma è quella di trovarsi di fronte a un film già visto; un film di cui Bergamo farebbe volentieri a meno.

Fonte: Osservatorio democratico
da Antifa

Cosa sta accadendo in Iraq?

Perché questo martoriato paese è balzato di nuovo alle prime pagine dei News e dei media? La deflagrazione e il rimbombo delle due esplosioni avvenute la mattina di domenica 25 ottobre segnano una nuova fase di terrore che porterà una lunga scia di dolori e acuirà lo scontro tra le fazioni irachene in lotta per la suddivisione del potere in vista delle elezioni politiche fissate per il 16 gennaio 2010. Gli attentati di domenica scorsa non sono nuovi né sono gli unici accaduti in questi ultimi mesi ma sono, senz'altro, quelli con il più alto numero di vittime e i più pericolosi e preoccupanti perché sono avvenuti in rapida successione l'uno dopo l'altro; e anche perché sono esplosi in una zona che veniva considerata fino a quel momento sicura o, perlomeno meno vulnerabile da altre. Sono avvenuti davanti alla sede del ministero della giustizia e il palazzo provinciale di Baghdad, due luoghi simboli della legalità.

Gli obbiettivi scelti preludono ad un messaggio politico chiaro: coloro che hanno armato e azionato l'ingente quantità di tritolo hanno voluto inviare un chiaro messaggio di sfida al governo, al suo capo Nouri Al Maliki e alle forze politiche dominanti che si azzuffano in questi momenti sugli emendamenti che debbano apportare alla leggi con cui gli iracheni dovranno ritornare alle urne. Non è casuale neanche il momento dei due attentati perchè sono avvenuti nel momento più colmo e più frenetico del movimento della gente in quella zona popolosa di Baghdad e nel giorno in cui il Consiglio Politico e di Sicurezza si riuniva per discutere gli emendamenti da apportare alla legge elettorale. Ed è arrivata, puntuale, la rivendicazione di Al Qaeda annunciando una seria di attentati e terrore che farà centinaia di vittime e metterà in serio imbarazzo e pericolo il governo di Al Maliki che ha fatto della questione della sicurezza e de " Lo Stato di Diritto" la sua bandiera annunciando di scendere in campo per le prossime elezioni con una lista che porta proprio questo nome. La cosa preoccupante è che Al Qaeda e le fazioni religiose che lottano per il dominio del paese hanno dato inizio alla loro "campagna elettorale" a suon di tritolo e molto in anticipo, e prevedendo un lungo periodo di vuoto di potere dopo le prossime elezioni si potrebbero immaginare lunghi mesi di terrore e sangue, esattamente come è accaduto dopo la passate tornata elettorale del 2005 e dopo il fallimento delle forze politiche di indicare subito una coalizione governativa, le varie milizie ( Sunnite e Sciite) hanno approfittato della situazione e hanno esteso il loro dominio su intere province del paese. Alla fine quando le lunghe trattative tra sciiti, Kurdi e sunniti portarono al compromesso Nouri Maliki, il paese era intriso di sangue con un lunghissimo elenco di morti, sfollati ed esiliati ai paesi confinanti.

Sarebbe molto facile addossare la colpa dell'accaduto ai gruppi fondamentalisti (Iracheni e esteri come Al Qaeda) o ai cosiddetti "Rimasugli del vecchio partito Baath", come si sono affrettati a condannare i vari portavoce del governo e come lo stesso Al Maliki ha detto visitando i luoghi colpiti dagli attentati. Ma la questione è molto più profonda e lo spettro verso il quale bisognerebbe indicare il dito accusatorio è molto vasto e, non è assolutamente escluso, che siano nati "Matrimoni di convenienze" dei nemici del passato per imporre una nuova strategia del terrore. E per impedire il varo della nuova legge elettorale che toglie ai gruppi ( Sciiti e Sunniti) dominanti oggi lo strapotere che hanno acquistato con la vecchia legge che dava ai capi delle liste, cosiddette chiuse, di decidere la formazione del parlamento. Gli stessi che hanno impedito al parlamento uscente nelle settimane passate, persino, di iniziare la discussione sulla nuova legge elettorale. Era nella previsione che la situazione di sicurezza precipitasse con l'avvicinarsi della tornata elettorale. E dal momento in cui la politica dominante aveva fallito nell’intento di riportare la sicurezza alla gente, nessuno escludeva l'eventualità del ritorno del terrore.

I due attentati di domenica avvengono dopo pochi giorni dal provvedimento giudiziario nei confronti del deputato sunnita Mohammad Al Daini indicato come mandante e organizzatore dell'attentato dentro il palazzo del parlamento che causò 3 morti, di cui un deputato, e 20 feriti e molti danni materiali, e dopo alcune ore della richiesta della magistratura irachena di rievoca dell'immunità parlamentare della deputata Taysir Mashadani "Partito Islamico" della quale leadership la Mashadin fa parte, ed è il partito che esprime il presidente del parlamento. La Mashadani e suo marito, membro del consiglio provinciale di Diyala sono accusati di avere organizzato e dato l'appoggio a gruppi terroristici nella martoriata provincia di Diyala ( 60 Km a nord Est di Baghdad), e a pochi giorni il nesso tra i mandati giudiziari e gli attentati non è automatico, e pur non essendo del tutto escluso, attentati di tale portata e organizzazione non possono essere messi in atto in così poco tempo.
Fatto sta che né la deputata Mashadani né il suo collega Daini sono stati privati, ancora, dell'immunità parlamentare. E subito dopo l'annuncio del nuovo provvedimento della magistratura c'è stata la levata degli scudi da parte del "Partito Islamico" della quale leadership la Mashadin fa parte, ed è il partito che esprime il presidente del parlamento. I suoi commilitoni del partito di Mashadani hanno considerato tale provvedimento "Un ricatto e un tentativo di bruciare l'immagine di una parlamentare attiva che è stata essa stessa oggetto di attacchi terroristici e rapimenti". Una difesa molto simile a quella alzata in favore del Ex ministro della cultura Asaad Al Hashimi, indicato dalla magistratura come mandante dell'attentato nei confronti del deputato liberale Mithal Al Alousi in cui morirono due dei suoi figli.

Da non trascurare assolutamente la chiamata della guida suprema degli sciiti Ayatollah Ali Al Sistani dalla sua residenza nella città santa di Najaf, al sostegno delle Liste Aperte che offrono al cittadino la possibilità di scegliere i suoi rappresentanti al nuovo parlamento e tolgono ai gruppi etnici e confessionali il dominio sulle sorte del parlamento. La chiamata di Sistani ha avuto subito un forte applauso da molti settori della società irachena. Da un lato, l'idea di Sistani ha coinciso con la richiesta in questa direzione sostenuta da molti partiti e personalità laiche. Sistani ha creato non pochi scompigli tra partiti e gruppi di estrazione sciita che hanno dovuto rinnegare le loro scelte schierandosi in favore della chiamata della suprema guida religiosa. Non di meno è stato l'imbarazzo dei gruppi sunniti di fronte a una scelta di questo tipo e non sarà di minore importanza per i governi dei paesi confinanti cm l'Iraq, in modo particolare L'Iran e La Siria, che dovranno riconsiderare i loro appoggi ai gruppi adeguandoli alla nuova situazione.
Le Liste Aperte riportano tutto alla luce del sole e impongono a tutti i partiti il dovere di presentarsi con programmi credibili e facce fresche e, soprattutto, con mani pulite dal sangue e dalla corruzione. Compito arduo per i settori religiosi che hanno raccolto il consenso con l'ausilio dei simboli religiosi rispettati da gran parte della popolazione. L'utilizzo abusato della religione da parte di molti partiti e milizie ha creato un solco molto profondo tra questi gruppi e gran parte delle popolazioni. Le elezioni dei consigli regionali hanno dato una chiara indicazione in questa direzione. Dure sconfitte sono state rifilate ai rappresentati dei partiti religiosi e non è escluso che lo scenario si ripeta al livello del parlamento nazionale e da qui nasce la preoccupazione che i probabili sconfitti utilizzino il terrore delle autobombe per imporsi.


http://www.articolo21.info/

LO SMANTELLAMENTO DELLA CULTURA ITALIANA

“Cosa ti credi di essere? Uno di Brera?” Si diceva così ai miei tempi, noi allievi dell’Accademia, a qualche studente un po’ borioso che si voleva metter in riga. Perchè “quelli di Brera” erano comunque una spanna in su di tutti gli altri. Uscire diplomati da quella scuola antica, nata a metà Settecento per volere dell’imperatrice Maria Teresa “per sottrarre l'insegnamento delle Belle Arti ad artigiani e artisti privati e sottoporlo alla pubblica sorveglianza e al pubblico giudizio”, era già di per sè una medaglia da appuntarsi al petto. Una fucina di artisti destinata non solo ai talenti nostrani. Nel palazzo di via Brera 28 sono arrivati studenti e maestri del mondo intero. Attirati dall’eccellenza dell’insegnamento ma anche dalla contiguità della sua Pinacoteca, raccolta di opere straordinarie, nata proprio come occasione didattica: con pochi passi gli allievi potevano accedere a quel patrimonio, studiarlo nei dettagli, copiare dipinti, modellare calchi “dal vero”.

Un “unicum” magnifico, un punto di riferimento per l’arte e la cultura internazionali, che adesso qualcuno ha deciso di voler smembrare. I quadri non ci stanno più, tesori sono pigiati nelle cantine, tiriamoli fuori, allarghiamo la Pinacoteca, facciamola diventare il nostro Louvre. E sbattiamo fuori i giovani, gli studenti e i professori, mandiamoli in periferia, in qualche spazio galleggiante nel nulla. E perché no, magari in una caserma, certo con uno spazio ridotto e poco armonico, ma siamo in un momento di crisi! Che ci vuoi fare… Il risultato sarà di rendere la formazione artistica, l’arte di domani, da viva e vitale com’è stata fino a oggi, a cupamente museale, nel senso stretto del termine.

Ma questo attacco alle Belle Arti, patrimonio principe del nostro Paese, non è solo circoscritto a Milano. L’elenco delle Accademie nazionali in grave crisi o addirittura in predicato per chiudere, cresce paurosamente di giorno in giorno. Grida di allarme arrivano dagli enti di Bologna e di Firenze, di Roma, di Napoli, di Urbino, di Genova, Venezia, Palermo, Carrara… e l’elenco è ancora lungo e coinvolge quasi tutte le scuole d’arte d’Italia. Tutte accademie storiche lasciate agonizzare per mancanza di fondi, sempre meno appetiti dai docenti più prestigiosi. Una lenta agonia, direi meglio, un’eutanasia concertata dai responsabili dei nostri Beni Culturali, senza che nessuno, neanche il Papa, stavolta abbia qualcosa da ridire… eppure la Brera più antica (1100) era stata fondata dagli Umiliati e più tardi ristrutturata dai Gesuiti.
Non basta. Questo folle progetto di annientamento di talenti di domani sta strabordando già oltre le arti figurative. Anche i Conservatori, anche le Scuole di Arte Drammatica, si stanno spegnendo a velocità impressionante. Di nuovo Milano, fino a qualche decennio fa faro di cultura europea, sembra sgomitare per arrivare prima. Sta franando la Scuola d’arte drammatica che porta il nome di uno dei più insigni operatori culturali del dopoguerra, la “Paolo Grassi”, un tempo vivaio di attori e registi insigni. In pessima salute la Scuola di Musica del Conservatorio, anch’essa considerata fino a pochi anni fa prestigiosissima. Insomma è come se questa città, se questo Paese, facessero a gara per far fuori il futuro della nostra cultura. Una follia masochistica, o forse il cinico progetto di estirpare quella mala erba, pericolosa perchè mai addomesticabile, che sono sempre stati e sempre saranno gli artisti.

Dario Fo


http://www.dariofo.it/node/370

Emergenza rifiuti risolta in 58 giorni, diceva lui...

Attivisti ed esperti dei comitati sui rifiuti in Campania hanno invitato una delegazione della stampa estera a verificare di persona…






La cronaca sui giornali

Appello conferma condanna, Mills "corrotto da Berlusconi"

L'impianto accusatorio, Mills corrotto da Silvio Berlusconi con almeno 600 mila dollari affinché dicesse il falso o fosse reticente in due processi a carico del fondatore della Fininvest, regge anche in Appello. In 15 giorni le motivazioni, inizia la corsa contro la prescrizione. Con Mills era accusato Silvio Berlusconi, ma la posizione del premier era stata stralciata in virtu' del lodo Alfano, poi bocciato dalla Corte costituzionale

Dopo 4 ore di riunione in camera di consiglio i giudici della seconda sezione della corte d'Appello di Milano, presidente Flavio La Pertosa, a latere Rosario Spina (relatore) e Marco Maiga, confermano la condanna decisa il 17 febbraio scorso dal Tribunale a carico di David Mills: 4 anni e 6 mesi per corruzione in atti giudiziari e 250 mila euro da risarcire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, parte civile, rappresentata in aula dall'Avvocatura dello Stato.

Dunque l'impianto accusatorio, Mills corrotto da Silvio Berlusconi con almeno 600 mila dollari affinché dicesse il falso o fosse reticente in due processi a carico del fondatore della Fininvest, regge anche in Appello. Il collegio non indica termini per il deposito delle motivazioni e questo significa che lo farà entro 15 giorni e che in sostanza è cominciata la corsa contro la prescrizione. I fatti al centro del processo per Mills scadranno nei primi giorni di aprile del prossimo anno, mentre la data che interessa Berlusconi, il cui processo dopo l'annullamento del Lodo Alfano, riprenderà con ogni probabilità tra la fine di novembre e gli inizi di dicembre, è fissata al 2011, a meno di modifiche legislative di cui si parla sui mezzi di informazione da qualche settimana.

I difensori di Mills avranno 30 giorni di tempo per ricorrere in Cassazione e hanno già detto che lo faranno. Spiega Federico Cecconi: "Non è finita qui, abbiamo elementi forti per ribaltare la sentenza". Il collega Alessio Lanzi si dice "profondamente amareggiato e a disagio", e precisa: "la sentenza mette a dura prova la buona fede nello Stato di diritto".
Più duro ancora è Nicolò Ghedini, legale di Silvio Berlusconi, "l'imputato di pietra" nel processo, com'è stato definito in aula a Milano. "La decisione della Corte d'Appello di Milano nel processo Mills -dice- è del tutto illogica e nega in radice ogni risultanza in fatto e in diritto. Un processo svolto in tempi record negando qualsiasi prova e rifiutando qualsiasi possibilità di difesa.
Tale decisione non potrà che essere annullata dalla Corte di Cassazione. Comunque, ancora una volta, si conferma che a Milano non si possono celebrare processi quando, ancorché indirettamente, vi sia un collegamento con il Presidente Berlusconi". Nei motivi d'appello, così come in discussione, i difensori di Mills avevano chiesto più volte di riaprire parzialmente il dibattimento per ascoltare alcuni testi, primo tra tutti Silvio Berlusconi, il coimputato, per il quale però il processo di primo grado era stato 'congelato' nell'ottobre dello scorso anno in attesa che la Consulta si esprimesse sulla legittimità del Lodo Alfano. A giudizio, da allora, in una condizione processuale quantomeno 'anomala' nel caso di un reato (la corruzione in atti giudiziari, ndr) a concorso necessario, è rimasto il solo Mills. Ma la Corte presieduta da Flavio La Pertosa, evidentemente, ha deciso diversamente, chiudendo il giudizio in quattro udienze e rinviando una spiegazione sul punto in sentenza.

La Suprema Corte, com'è ormai prassi da alcuni anni, darà una corsia preferenziale a questo come ad altri processi a rischio di prescrizione. E la Cassazione dirà l'ultima parola nel merito della vicenda anche sulla stessa prescrizione, sulla quale ci sono come spesso accade interpretazioni diverse e che è stato oggi il terreno di scontro tra le parti prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio per la sentenza.
In sede di replica, infatti, ha preso la parola il sostituto procuratore Laura Bertolè Viale per ribadire la sua versione: il momento consumativo del reato c'è nel 2000 e non nel 1998, ci sono tre lettere sui flussi di denaro che inchiodano Mills alle sue responsabilità. Situazione opposta per la difesa Mills: quei flussi di denaro indicati nelle lettere citate dal pg nulla hanno a che vedere con l'oggetto del processo.

L'ultima battaglia legale ha riguardato anche una polemica che dura da 13 anni, da quando i legali di Berlusconi lamentarono che Mills non fosse stato iscritto al registro degli indagati già nel 1996 come "creatore gestore di società off-shore".
"Anche se fosse stato sentito come testimone imputato di reato connesso avrebbe avuto l'obbligo di dire la verità" afferma il pg, introducendo una novità rispetto ala sua requisitoria. E Lanzi controreplica seccamente: "Sì, ma mai sarebbe stato pubblico ufficiale e quindi accusabile di corruzione".
Se ne riparlerà in Cassazione. Piero Longo, uno dei legali del premier rifiuta di commentare in attesa del deposito delle motivazioni: "Non era il processo a Berlusconi ma a Mills".

Ora, se per il premier ancora non si conosce la data nella quale il collegio presieduto da Nicoletta Gandus fisserà un'udienza per smistare il caso ad un altro collegio (il suo è ormai incompatibile, ndr) e far ripartire così la causa di primo grado, per Mills si tratta di attendere un paio di settimane per leggere i motivi per i quali la Corte ha accolto la tesi dell'accusa e ha confermato la condanna all'imputato.
"Corrotto per garantire, mentendo, l'impunità a Silvio Berlusconi. Non con una "banale" bustarella ma attraverso una "artificiosa, tanto opaca quanto raffinata, modalità di trasferimento di 600.000 dollari". Somma che comprendeva anche il ‘disturbo' per ‘tutte le operazioni di riciclaggio' messe in atto per ‘nascondere, mascherare, trasformare, schermare' la mazzetta". Questo affermavano, a maggio, i giudici di primo grado nelle motivazioni della sentenza di condanna di David Mills, potente e famoso legale inglese, marito del ministro inglese Tessa Jowell, colpevole del reato di corruzione giudiziaria.