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giovedì 20 agosto 2009

L' orrore non è solo neretino!

L'emergenza umanitaria si sposta a Palazzo San Gervasio e non solo!

In questi giorni, noi ragazzi del Movimento per la sinistra di Nardò abbiamo continuato ad occuparci dell'emergenza umanitaria dei lavoratori stagionali nella nostra città; abbiamo potuto chiaccherare un po' con loro, e conoscere quali saranno le loro prossime tappe, che come si può immaginare non saranno degli alberghi a 5 stelle. Una di queste è Palazzo San Gervasio dove c'è un centro di accoglienza, che dovrebbe accogliere in modo adeguato queste persone, ma purtroppo ciò non avviene, poiché il centro è in totale abbandono, non ci sono strutture adeguate per accogliere in modo dignitoso questi lavoratori.
Per questo motivo Il giorno 13/08/2009 si è costituito a Palazzo San Gervasio, il “Comitato per la difesa dei Migranti“, con lo scopo di sensibilizzare i cittadini e le amministrazioni locali sul problema degli extra-comunitari presenti nel Vulture Alto-Bradano, ogni anno presenti sul nostro territorio per la raccolta dei pomodori.

DI SEGUITO IL COMUNICATO UFFICIALE

“La decisione di costituire un comitato-riferiscono alcuni membri del comitato- è stata presa in seguito ad una presa di coscienza di un problema reale che ormai da tanto tempo investe questi territori, e cioè la presenza massiccia di braccianti sia Africani,in larga misura, che provenienti dall'Est-Europa, che vivono in totale mancanza dei più basilari diritti umani, e nella totale carenza igienico-sanitaria e che vengono puntualmente sfruttati da caporali locali e non senza che gli vengano concessi i diritti basilari che chiunque vive su questa terra dovrebbe avere. Anzi, fino ad ora le amministrazioni locali hanno favorito questi meccanismi schiavisti, essendo così complici, e non hanno fatto nulla per gestire questa che è diventata una vera e propria emergenza umanitaria.
Questo tema, cioè lo sfruttamento privo di scrupoli che viene attuato nei confronti di migliaia di “stagionali” impiegati nei campi dei nostri territori, riteniamo sia un tema scottante e di fondamentale priorità, perchè ribadiamo che ora si tratta di una vera e propria emergenza umanitaria. Inoltre oltre agli aspetti tipici del caporalato, cioè l’insicurezza delle condizioni di lavoro, l’irregolarità e lo sfruttamento economico, la totale assenza di assistenza sindacale si aggiunge un ulteriore elemento: la vera e propria riduzione in schiavitù di cui sono vittime queste persone. Ogni contatto verso l’esterno è precluso. Nella generalità dei casi, le persone impiegate nella raccolta sono sottoposte a rigida sorveglianza da parte dei ‘caporali’ e non viene fornito loro un alloggio, ma anzi sono costretti a sopravvivere in casolari abbandonati presenti nelle nostre terre con totale assenza di acqua, e altri bisogni fondamentali per la vita di qualsiasi essere umano. Nessuna garanzia è dunque data alle vittime di questa forma moderna di schiavitù.Inoltre abbiamo la presenza a Palazzo San Gervasio di un centro di accoglienza, che dovrebbe accogliere in modo adeguato queste persone, ma purtroppo ciò non avviene, poiché il centro è in totale abbandono, non ci sono strutture adeguate per accogliere in modo dignitoso questi lavoratori. In pratica il centro non è gestito, un centro dove nel pieno della campagna di raccolta dei pomodori ospita oltre mille migranti che vivono nell'indifferenza totale dei locali, sono invisibili, o meglio si vuole che essi restano invisibili. Noi del Comitato per la difesa dei Migranti riteniamo che tutti questi siano dei problemi seri e non possiamo e non vogliamo rimanere indifferenti a questa totale mancanza di diritti per queste persone e a questa totale mancanza di doveri da parte delle amministrazioni. Quindi riteniamo importante e urgente che venga esercitata una pressione e una sensibilizzazione nei confronti delle forze politiche e delle popolazioni locali. Per questo, e per provare a dare una assistenza sindacale, e per informare i migranti stessi su quelli che sono i loro diritti, il comitato sarà presente all’interno del Centro di Accoglienza di Palazzo San Gervasio attivamente dal giorno 18 Agosto 2009. Tutto questo, perchè pensiamo che chiunque vive su questa Terra ha diritto ad una vita dignitosa senza tener conto della provenienza, della religione e soprattutto del colore della pelle e ha diritto ad essere integrato e non solamente sfruttato dalle comunità locali”.
Lorenzo Zolfo
18-08-2009
Questo articolo è tratto dalla rassegna stampa dele notizie della Basilicata, curata da Rocco Zotta

Perché mai alla Sicilia (e solo alla Sicilia) va un ottavo di tutti gli incassi delle giocate al Superenalotto fatte nell’isola?

Le altre regioni del Sud per bocca di vari amministratori, dal campano Antonio Basso­lino al pugliese Nichi Vendola, dal calabrese Agazio Loiero al lucano Vito De Filippo han­no già storto il naso su troppi «aiutini» fatti avere negli ultimi mesi dal governo di destra alla sua roccaforte isolana. Perché mai alla Sicilia (e solo alla Sicilia) va un ottavo di tutti gli incassi delle giocate al Superenalotto fatte nell’isola?

Perché mai lo Stato non è altrettanto generoso con Lombardia, Toscana o Molise e neppure con le altre regioni a statuto speciale? La domanda, venata di irritazione, ha dilagato ieri on-line non appena è comparsa la notizia: l’erario lascia alla Regione il 12,25% della raccolta locale.

Un privilegio che ha consentito all’ente go­vernato da Raffaele Lombardo di incassare soltanto in queste prime settimane d’agosto 2,7 milioni di euro. Quasi quanto il governo ha distribuito in tutto il 2008 alle organizza­zioni di assistenza umanitaria con l’8 per mil­le. La notizia, a dire il vero, è l'ennesima di­mostrazione di quanto sia stato geniale, a suo tempo, il lancio sulla Settimana enigmi­stica di una fortunatissima rubrica: «Forse non tutti sanno che...». Dove da decenni si diffondono alla rinfusa le cose più curiose: «Forse non tutti sanno che... il canguro può fare salti di nove metri!», «Forse non tutti sanno che... Antonio Gramsci era alto un me­tro e mezzo». «Forse non tutti sanno che... il tennista Rafael Nadal ha vinto su terra 60 par­tite consecutive». Cose così: note agli specia­listi ma ignorate dal grande pubblico, che se le beve come ovetti freschi di giornata.

Spiegano dunque le agenzie che lo Stato incassa il 49,5% delle somme gioca­te agli sportelli Sisal di tutta l’Italia tranne al di là dello Stretto di Mes­sina dove questa sua percentuale scende a poco più del 37% dato che in base all’articolo 6 della leg­ge 599 del 1993 e del successivo de­creto 11 giugno 2009 («Misure per la regolamentazione dei flussi fi­nanziari connessi all’Enalotto») de­ve lasciare il 12,25% delle somme giocate nell’isola alla Regione. La quale incas­sa i soldi in aggiunta alla quota di diritto fis­so (0,052 euro per ogni colonna giocata) e al­l’aggio delle ricevitorie (8% della raccolta). «Una somma non di poco conto, visto che dalla Sicilia arriva il 6,8% circa della raccolta nazionale», precisa l’Agi. Visto che da genna­io ad oggi i siciliani hanno giocato oltre 143 milioni, «a Palazzo d’Orléans sono arrivati circa 15,6 milioni nel 2009, e già 2,7 milioni nel solo mese di agosto». Eppure forse non tutti sanno che l’articolo 6 di quella legge del 1993, in realtà, non riguarda solo l’Enalotto ma tutte «le riscossioni dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato a norma dell’articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496». Vale a dire che le pub­bliche casse girano alla Regione, stando alle norme, un ottavo di tutti gli incassi siciliani di tutti i giochi di questo genere.

C’è chi dirà che è giusto. Che si tratta di una cosa che alla Sicilia spetta perché il parla­mento isolano «è il più antico d’Europa», per­ché lo Statuto di Autonomia è nato prima del­la Costituzione italiana e magari perché la Si­cilia «avrebbe potuto diventare la 49 a stella della bandiera americana» come voleva il Partito per la Ricostruzione, che verso la fine della Seconda Guerra mondiale era arrivato ad avere oltre 40.000 iscritti dando battaglia per l’annessione della Sicilia agli Stati Uniti. Per non dire del «risarcimento» storico che sarebbe dovuto all’isola per lo sbarco di Garibaldi e dei Savoia, che qualche siciliani­sta fanatico ha ribattezzato sul web «na­zi- piemontesi».

Che la Sicilia sia economicamente nei guai è difficile da contestare. Il tasso di disoccupa­zione è doppio rispetto a quello nazionale, il 39, 3% dei giovani sotto i 24 anni non riesce a trovare lavoro, il tasso di attività (51,2%) è il più basso in Italia, le famiglie che secondo l’Istat sono ai limiti dell’indigenza sono qua­si una su tre e perfino il turismo, che secon­do prima Prodi e poi Berlusconi avrebbe do­vuto fare della Trinacria «la Florida d’Euro­pa », riusciva ad offrire nel 2007, ha scritto Maria Marchese, «appena 36,1 posti letto su 1.000 abitanti contro i 75,2 posti offerti dal­­l’Italia, e ad attrarre appena 2,9 giornate di presenze annue per abitante, contro una me­dia nazionale di 6,2». La scoperta di quella «quota superEnalotto» unica ed esclusiva, tuttavia, per quanto fosse già nota alla cer­chia ristretta degli addetti ai lavori, rischia di rilanciare una polemica che in questi mesi si è fatta via via più accesa non solo con il Nord (dove gli anti-meridionalisti hanno ora un nuovo spunto di polemica) ma con le altre regioni del Sud. Regioni che per bocca di vari amministratori, dal campano Antonio Basso­lino al pugliese Nichi Vendola, dal calabrese Agazio Loiero al lucano Vito De Filippo han­no già storto il naso su troppi «aiutini» fatti avere negli ultimi mesi dal governo di destra alla sua roccaforte isolana capace di regalarle anni fa il famoso «cappotto» di 61 parlamen­tari su 61.

Prima il regalo di 140 milioni a Catania per tamponare la catastrofe finanziaria comu­nale... Poi i 180 milioni a fondo perduto per ripianare i debiti di Palermo... Poi il via libe­ra di Roberto Calderoli alla pretesa della Re­gione («o passa la norma, o facciamo saltare il tavolo», chiarì l’allora assessore al bilan­cio) di trattenere sull’isola il gettito delle acci­se sui prodotti petroliferi, cosa che per ora è sospesa ma garantirebbe alla Sicilia nuovi in­troiti per circa 8 miliardi l’anno... Poi lo sbloc­co dei famosi 4 miliardi di fondi Fas, sblocco deciso per arginare l’offensiva sul Partito del Sud ma non concesso alle altre regioni che reclamano lo stesso trattamento... Non sarà facile, per Raffaele Lombardo, spiegare ai suoi stessi colleghi perché la sua regione deve avere questo trattamento «spe­ciale ».

Trivelle in mare, parte la protesta

Un impianto di trivellamento nel mar Jonio. A 70 metri metri dalla battigia. Per l’estrazione del petrolio. Un progetto, in dirittura d’arrivo, che vede la ferma opposizione dei comitati, ambientalisti e enti locali del Metapontino, in Lucania.
Il «mostro», infatti, dovrebbe sorgere nel golfo di Taranto con le proteste che interessano entrambe le sponde regionali: sia la Puglia che (soprattutto) la Basilicata. Le multinazionali che hanno ottenuto le concessioni per il trivellamento dei fondali marini sono l’Eni (per la parte pugliese) e la Consul Service (per il tratto lucano). A quest’ultima nello scorso autunno succede l’Apennine Energy srl. E’ qui che le associazioni scoprono il piano e iniziano la loro battaglia. Subito dopo si accodano alcuni consigli comunali del Metapontino, le amministrazioni locali votano delibere contrarie al trivellamento del mare. Per vari motivi. «La distruzione del paesaggio oltre alle albe joniche raderà al suolo, tutta l’economia turistica, posti di lavoro e gli investimenti turistici nella zona», afferma Felice Santarcangelo, del comitato No-Scorie Trisaia, ricordando come il disegno delle multinazionali potrebbe portare a pericolosi fenomeni di «subsidenza» (abbassamento del suolo a seguito delle estrazioni di gas fino ad oltre 5 metri che possono generare allagamenti). Motivo per cui il presidente del Veneto, il pidiellino Giancarlo Galan (sotto la spinta della Lega) ha vietato progetti simili nel golfo di Venezia.
«Aumenterebbe l’erosione delle coste mettendo in crisi le spiagge, i campi agricoli e i villaggi turistici per tutto il lido lucano - continua Santarcangelo - Oltre a perdere le nostre attività economiche ci ritroveremo un territorio inquinato senza risorse necessarie per sostenere tutti i servizi di cui la regione ha bisogno per le misure federaliste messe in atto dallo stesso governo». Lo stesso che, con l’ultimo disegno di legge «Energia» voluto dal ministro Scajola, espropria le regioni dalla Via (valutazione di impatto ambientale) sulle trivellazioni. Scavalcando quindi i pareri dei governatori di Puglia (Niki Vendola) e Basilicata (Vito De Filippo). Non intenzionati, al momento, a dare il loro consenso al progetto.
I comitati locali non tralasciano nemmeno l’impatto distruttivo dell’estrazione petrolifera nei confronti degli ecosistemi, dei fondali marini, della flora e della fauna: «Nei fondali nello Jonio esistono ancora vulcani attivi - denunciano ancora - E il terreno è geologicamente giovane». Non hanno intenzione di accettare un altro «scempio» nella propria zona. Soprattutto dopo l’arrivo delle scorie nucleari (battaglia poi vinta nel 2003 dal movimento no-nuke di Scanzano), e l’emergenza rifiuti con discariche malfunzionanti (con tanto di infiltrazione della mafia nella gestione delle ecoballe). Il territorio è già saturo.

ADDIO A FERNANDA PIVANO, A MILANO LA CAMERA ARDENTE


Aperta la camera ardente per Fernanda Pivano, allestita presso la casa di cura Don Leone Porta di Milano, dove la scrittrice è morta due giorni fa. All'entrata, sono stati collocati un gonfalone del Comune di Milano, in segno di omaggio da parte della città, e un registro dove già stamani sono stati lasciati dei messaggi di


affetto e ricordo di ammiratori e amici, tra cui l'architetto Arnaldo Pomodoro. Sul corpo della scrittrice è stata adagiata la traduzione da lei curata dell'Antologia di Spoon River. La camera ardente resterà aperta fino a stasera. Per espressa volontà degli amici non sono state autorizzate riprese e fotografie all'interno.

Fernanda Pivano è stata giornalista, scrittrice, traduttrice e critica musicale al tempo stesso: un'attività poliedrica che l'ha portata ad essere testimone di avvenimenti e personaggi letterari profondamente radicati nella cultura del secolo passato. Era nata a Genova il 18 luglio 1917 ed aveva quindi 92 anni appena compiuti. La Pivano è stata una figura di rilievo nella scena culturale italiana, protagonista e testimone dei più interessanti fermenti letterari del secondo novecento, amica, ambasciatrice e complice di autori leggendari, a lei si deve la pubblicazione e la diffusione in Italia degli autori della cosiddetta Beat Generation.

Da Genova si trasferì adolescente con la famiglia a Torino dove frequentò il liceo classico Massimo D'Azeglio. Nel 1941 si laurea in lettere con una tesi in letteratura americana sul capolavoro di Herman Melville, Moby Dick, che viene premiata dal Centro di Studi Americani di Roma. Nella sua lunga attività la Pivano Nel 1943 pubblica per Einaudi la sua prima traduzione, parziale, della Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters, lavoro che segna l'inizio della carriera letteraria sotto la guida di Cesare Pavese, già suo professore al liceo. Nello stesso anno si laurea in filosofia con Nicola Abbagnano, di cui sarà assistente per diversi anni. Nel 1948 a Cortina Fernanda Pivano incontra Ernest Hemingway con il quale instaura un intenso rapporto professionale e di amicizia. L'anno successivo la Mondadori pubblica la sua traduzione di 'Addio alle armi'. Negli anni seguenti curerà la traduzione dell'intera opera di Hemingway, intensificando l'amicizia con lo scrittore americano, del quale sarà più volte ospite in Italia, a Cuba e negli Usa. Dal 1949 al '54 cura per la Mondadori la traduzione dei principali libri di Francis Scott Fitzgerald: ''Tenera è la notte" (dapprima pubblicata da Einaudi), "Il grande Gatsby", "Di qua dal paradiso" e "Belli e dannati". Nel 1956 compie il primo viaggio negli Stati Uniti, che sarà seguito da numerosi altri in America e in vari Paesi (India, Nuova Guinea, Mari del Sud, diversi Paesi orientali e africani). Nel 1959 appare la sua prefazione a "Sulla strada" di Jack Kerouac, per la Mondadori. Nel 1964 scrive l'introduzione a Poesie degli ultimi americani Feltrinelli e nello stesso anno si dedica alla traduzione e cura di Jukebox all'idrogeno di Allen Ginsberg - Mondadori. Nel 1972 cura l'introduzione alla prima raccolta di testi e traduzioni italiane di Bob Dylan "Blues ballate e canzoni" - Newton Compton. Nel 1985 pubblica la biografia di Hemingway, Milano, Rusconi, 1985, che riceve il Premio Comisso nello stesso anno. Nel 1995 pubblica "Amici scrittori" - Mondadori, Raccolta di saggi Nel 2000 pubblica "I miei quadrifogli" - Frassinelli Nel 2002 pubblica uno scritto su Fabrizio De André all'interno del volume "De André il corsaro" assieme a Michele Serra e a Cesare G. Romana. Nel 2005 è la volta di "I miei amici cantautori" - Mondadori, raccolta di saggi e interviste sui poeti della canzone d'autore e del rock, a cura di Sergio Sacchi e Stefano Senardi e "Pagine Americane" - Frassinelli, raccolta di scritti su narrativa e poesia dal 1943 al 2005. Nel 2006 pubblica "Spoon River, ciao" con fotografie di William Willinghton scattate nei luoghi dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters in Illinois - Dreams Creek e "Ho fatto una pace separata", - Dreams Creek. L'anno scorso ha pubblicato "Diari (1917.1973)" a cura di Enrico Rotelli con Mariarosa Bricchi e contributi di Erica Jong, Bret Easton Ellis, Jay McInerney, Gary Fisketjon - Bompiani e "Complice la musica" .


Nardò, caos nel PD: richiesta di commissariamento del circolo locale

Nel caos politico neretino, si aggiunge l’ammutinamento del direttivo del Pd locale, in cui ben otto membri hanno ravvisato ed espresso la propria estraneità rispetto alle scelte e alle posizioni del partito, assunte nella crisi della giunta Vaglio. Il direttivo, infatti, non sarebbe stato convocato e chiunque ha espresso una posizione nella vicenda, lo avrebbe fatto solo a titolo personale, scavalcando la segreteria. Patata bollente doppia, dunque, quella che passa nelle mani del segretario provinciale, Salvatore Capone, che potrebbe anche commissariare il coordinamento cittadino.
DI SEGUITO LA LETTERA

A chi ci chiede, sapendo che siamo nell’organismo direttivo del PD, quale sia stata la posizione ufficiale del nostro partito nella recente crisi amministrativa rispondiamo, tra l’incredulità dell’interlocutore: non lo sappiamo!
E in effetti non sappiamo nulla che ognuno di noi non abbia appreso dalla stampa né riusciamo a capire, come tantissimi altri cittadini, le ragioni “politiche” di quanto avvenuto. La posizione ufficiale del Pd di Nardò non c’è perché l’organismo deputato a formularla non è stato mai convocato.
Chi parla lo fa a titolo personale e anche la segreteria cittadina non rappresenta più nessuno. Nella disastrosa conclusione della crisi amministrativa il PD ha sicuramente la grave responsabilità di non aver parlato con una voce unitaria e trasparente, al sindaco e alla cittadinanza. Per parlare pubblicamente bisogna avere qualcosa da dire, senza provarne imbarazzo.
Gli spostamenti di “pedine” e i rimpasti si suggeriscono, invece, bisbigliando nelle orecchie. Abbiamo ripetutamente chiesto al Presidente e alla Segretaria la convocazione del coordinamento cittadino, ricevendo risposte sconfessate dai fatti, talvolta nessuna. Lo stesso trattamento è stato riservato ai Giovani Democratici che hanno chiesto di discutere una loro proposta. Conserviamo tutto il carteggio e possiamo provare facilmente quanto affermato. Tutto ciò non accade per la prima volta. Durante la crisi amministrativa dell’anno scorso, i “capi locali” del partito hanno evitato di convocare il direttivo durante la crisi, limitandosi a chiamarlo per ratificare decisioni già prese.
Eppure, per evitare il ripetersi di una simile assurda situazione, abbiamo approvato un regolamento interno al circolo che prevede che

(il coordinamento) nomina, su proposta del segretario, le delegazioni per le trattative con le altre forze politiche di maggioranza e opposizione e con il sindaco, fissando i termini del mandato.
Le delegazioni sono composte, di norma, dal segretario, dal capogruppo consiliare, da un consigliere nominato dal gruppo consiliare stesso e da un membro espresso dal coordinamento.
Chi disattende le proprie regole delegittima il ruolo che ricopre. Non siamo sorpresi dal comportamento di chi “capeggia” il PD locale. I due gruppi che si contendono il potere litigano decimando la segreteria, presentano liste elettorali separate (con l’unico risultato di frazionare gli stessi voti e non far eleggere nessuno) ma evidentemente né a l’uno né a l’altro conviene riportare la discussione dove si rischierebbe di dover rispondere a domande scomode. Adesso è momento dello scontro aperto, scontro privato, che è rimasto nel silenzio finché la parte soccombente non ha capito di essere tale. A tutto si è pensato fuorché convocare il proprio direttivo.
Visto il comportamento di Presidente e Segretaria, avevamo rivolto un appello ai componenti il coordinamento, per chiedere di convocarci e discutere le ragioni (per noi incomprensibili) della crisi e la linea politica da tenere. Siamo più di 40 ma abbiamo ricevuto due risposte, una sola di appoggio alla proposta. Solo un forte intervento della Segreteria Provinciale, peraltro messa al corrente da noi stessi in tempi non sospetti della situazione di intollerabile degrado del Pd neritino, può riportare il circolo di Nardò al suo normale funzionamento.
Commissariare il circolo può essere solo un bene per la sua democrazia interna. In questo momento ci è permesso solo comunicare a mezzo stampa e non abbiamo modo di far sentire la nostra voce all’interno del partito. A chi ci chiede, giustamente, che ci stiamo a fare possiamo solo rispondere che riponiamo l’ultima speranza nel congresso del prossimo autunno e nel rinnovamento della classe dirigente locale del PD. Le illustri defenestrazioni regionali possono dare anche una mano. Se questo non avverrà non ci resterà che restituire la tessera.

Giorgio Metafune, Rina Calignano, Genoveffa Giuri, Rocco Luci, Grazia D’Adamo, Cosimo Sasso, Giuliana Schirosi, Rino Giuri

Baghdad sotto attacco, è strage

Almeno 95 morti e 550 feriti

Alla vigilia delle elezioni in Afghanistan, il terrorismo a Baghdad 'ruba la scena' a quello di Kabul. E lo fa con in grande stile: almeno 95 morti e oltre 550 feriti, con due camion bomba, lo stesso micidiale strumento di morte utilizzato nell'attentato alla sede delle Nazioni Unite che esattamente sei anni fa causo' la morte di 22 persone, tra cui l'inviatopeciale dell'Onu Sergio Vieria de Mello. Difficile dire se l'anniversario e l'appuntamento elettorale afghano siano una semplice coincidenza, ma di certo si tratta della peggiore strage in Iraq da diversi mesi, che solleva nuovi, ulteriori dubbi sulla capacita' delle autorita' irachene di gestire la sicurezza dopo il ritiro delle forze Usa dai centri abitati, lo scorso giugno.

Obiettivo degli attentati di oggi sono stati due ministeri, quello delle finanze e quello degli esteri, nel cuore della capitale irachena. Una dimostrazione che, oltre ad avere ancore una imponente capacita' di fuoco, i terroristi sono in grado di colpire ovunque, comprese le zone piu' "blindate" di Baghdad. Nel primo caso, l'esplosione, poco dopo le 10.45, e' stata cosi' potente da provocare il crollo di un tratto di decine di metri del viadotto che costeggia l'edificio. Il bilancio delle vittime e' stato piu' volte aggiornato, verso l'alto, ed e' ancora incerto. Molte di esse erano a bordo di auto cadute nel vuoto, mentre altre erano all'interno del ministero, pesantemente devastato dall'onda d'urto.

Quasi allo stesso tempo, e' esploso il camion davanti al ministero degli esteri, nei pressi della superfortificata zona Verde, dove hanno sede il parlamento e il governo iracheni, nonche' numerose ambasciate di Paesi occidentali. Il risultato e' stato tremendo: la facciata e gran parte dell'interno dell' edificio sono stati investiti in pieno. Anche qui il bilancio, ancora piu' grave, e' difficile da stilare. Di certo, il numero dei morti si conta a decine e quello dei feriti a centinaia. E sono la maggior parte del totale dei due attentati, che le autorita' irachene hanno fissato a 95 morti e 550 feriti. A poca distanza c'e' anche l'hotel Rashid, che abitualmente ospita funzionari goverantivi, giornalisti e uomini d'affari stranieri, e che, come numerosi altri edifici vicini, e' stato notevolmente dannegiato.

E non e' tutto, perche' in un breve arco di tempo, esplosioni sono state registrate anche in altre quattro zone della citta'. Secondo fonti di stampa, un'autobomba e' esplosa nel quartiere Baija, e altri ordigni o colpi di mortaio in altre aree. Un funzionario del ministero degli interni, generale Jihad al Jaberi, ha pero' ridimensionato tali informazioni, affermando che si e' trattato di esplosioni causate da "residuati bellici" che erano sui camion-bomba e che sono stati proiettati lontano quando questi sono esplosi, e che sono poi a loro volta deflagrati. In un comunicato, il portavoce del comando delle operazioni di sicurezza a Baghdad, generale Qassim Atta, ha attribuito la responsabilita' degli attacchi "all'alleanza" tra al Qaida e nostalgici del partito Baath, del regime di Saddam Hussein. Atta ha inoltre riferito dell'arresto di due persone, "terroristi emiri di al Qaida", che erano su un'autobomba che intendevano far esplodere nel quartiere al Mansour.

Un altro camion bomba nella zona del ministero degli esteri, ha aggiunto, e' stato disinnescato dalle forze di sicurezza. Dall'inizio dell'anno, in Iraq c'e' stata una notevole recrudescenza del terrore. Era previsto, secondo quanto ha affermato il premier, Nuri al Maliki, che peraltro si aspetta una ulteriore impennata degli attacchi anche in vista delle cruciali elezioni parlamentari di gennaio.

PUGLIA: A ELEZIONI REGIONALI 2010 PARTECIPERA' LISTA EMILIANO

Scontato il sostegno a Nichi Vendola

(Adnkronos) - La lista Emiliano chiedera' al sindaco del capoluogo di regione ''di essere uno dei garanti del prossimo Presidente della Regione. Perche' quest'ultimo si impegni a costruire un programma che rappresenti davvero la sintesi delle esigenze dei pugliesi e non un semplice elenco dei dettami di leader nazionali, spesso distanti, non solo geograficamente, dalla realta' della nostra terra Ma il momento del programma e delle elezioni - sottolinea il comunicato - sara' solo il primo passo. Il nostro movimento, questa volta, insieme a tutti quelli che vorranno collegarsi con noi, stabilira' con il prossimo Presidente della Regione una relazione politica stabile e duratura. Con la legittima autorevolezza che ci verra' dal consenso popolare, diremo la nostra sulle scelte di governo dei prossimi cinque anni. E proporremo un programma ambizioso e articolato. Partendo da due sfide sulle quali, possiamo anticiparlo, non saremo disposti a mediazioni o compromessi di alcun genere''.

'Fuori la politica dalla sanita' e dagli appalti' e 'Un piano del lavoro regionale che risolva il dramma della disoccupazione': questi in sintesi i due punti essenziali del programma. Il primo e' di grande attualita' dopo gli scandali della sanita' regionale.
''Vogliamo che nessun primario, nessun direttore generale, nessun direttore sanitario, nessun ausiliario di reparto, nessuna azienda di pulizie o di somministrazione pasti, nessun fornitore di protesi o di materiale chirurgico - scrive il fratello del sindaco - debba raccomandarsi a un partito o a suoi esponenti per ottenere il posto o il contratto. Vogliamo che la prima legge della prossima legislatura vieti a tutti coloro che hanno relazioni economiche con la Regione Puglia o con le sue aziende di finanziare i partiti o le liste civiche, anche solo per singole iniziative culturali e di beneficenza, pena l'impossibilita' di partecipare alle gare. Non serve solo la galera''.

''Serve il divieto perpetuo di contrattare con la Regione Puglia - sottolinea la nota - per tutti coloro che sostengono i costi della politica anche se in modo legittimo e trasparente secondo le leggi nazionali. Tutte le aziende collegate a partiti o a loro esponenti non potranno ottenere, neanche in sub appalto, gare pubbliche. Vogliamo inserire tra le cause di rescissione dei contratti dei direttori generali, direttori sanitari, e direttori amministrativi delle Asl l'intervenuta indicazione da parte di consiglieri regionali o esponenti di partiti politici o di partiti politici stessi. Vogliamo, cioe', applicare il divieto esplicito di segnalazione''.

Per quanto riguarda la disoccupazione, la lista Emiliano per la Puglia si augura ''una risposta enormemente piu' efficace rispetto ai palliativi di un governo sempre piu' leghista. Pensiamo a un piano del lavoro regionale che metta in pratica i dettami dell'enciclica Caritas in Veritate, che rappresenta una delle analisi piu' lucide e avanzate sulla risposta possibile alla globalizzazione dell'economia''. Il simbolo, si annuncia, sara' presente ''in tutte le province e, se necessario, anche in tutti i comuni in cui si votera'. Le porte saranno aperte, se ne ricorreranno le condizioni, a candidati delle associazioni e delle tante liste civiche presenti nel nostro territorio, senza distinzione alcuna, purche' condividano lo spirito e il programma alla base della nostra sfida''.