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lunedì 31 gennaio 2011

Dopo la Tunisia,l’Albania, l’Algeria e l’Egitto forse passando per la Libia toccherà all’Iran “La guerra è vicina”


di Marco Barone da Reset-Italia
Vorrei tanto poter credere nella spontaneità di queste rivolte. Vorrei tanto credere nelle rivolte libere ed incondizionate del popolo, che dopo anni ed anni di dittatura, anche tollerata da forze straniere amiche come gli Usa, ora così all’improvviso esplodono in un senso di rabbia che comporterà morti, distruzione e falsa libertà.
Ho la netta sensazione, vista anche la tempistica che caratterizza questi episodi di rivolta, che esiste una sola regia internazionale governata dai servizi americani/israeliani.
E’ in corso operazione accerchiamento. Vedi Tunisia, Algeria ed Egitto.
Ed ecco che in Libia succede che il governo ha abolito tutte le tasse che gravano sul prezzo dei beni alimentari in vendita nel paese. “Questa misura – si legge in una nota diffusa dal governo – ha come obiettivo quello di impedire che il paese risenta dell’aumento del prezzo di questi prodotti causato dalla crisi economia mondiale”.
La Libia cosi’ in via di apparenza non avrebbe motivi per subire una rivolta popolare guidata e voluta da altri interessi che condurranno al non lontano Iran.
Si specula sulla sofferenza del popolo, vi saranno e vi sono vittime sacrificali non per la democrazia e la libertà ma per rafforzare gli interessi di Israele e dell’Arabia, che vogliono colpire l’Iran il prima possibile.
Ed allora ecco una dietro l’altra rivolte nate dal nulla, nate su elementi che incidono direttamente sul grado minimo di sopravvivenza come il costo del cibo, ed il gioco è fatto.
Mirhoussein Mousavi, principale oppositore del governo di Ahmadinejad ha dato il suo appoggio alle manifestazioni egiziane. Sul suo sito web collega gli ultimi eventi in Egitto e Tunisia a quel giugno del 2009 quando gli iraniani per le strade di Teheran chiedevano “Dov‘è il mio voto?” e ammonisce il regime, questo è il tuo futuro.
Mousawi che per quello che è dato comprendere non è ad oggi raggiungibile. Probabilmente lo sarà nel momento in cui la rivolta partirà anche in Iran, nel momento in cui dovrà prendere il potere su volontà indotta dal popolo e su totale ed integrale indirizzo americano ed israeliano.

WIKILEAKS, sostiene che gli Stati Uniti, pur appoggiando in Egitto il governo alleato di Hosni Mubarak, da almeno tre anni sostengono segretamente alcuni dissidenti che sarebbero dietro la rivolta di piazza di questi giorni come parte di un piano per favorire un «cambio di regime» in senso democratico al Cairo nel 2011.
Mubarak è stato difeso fino all’ultimo secondo, da Obama, ciò dovevano farlo e lo hanno fatto per celare il loro diretto coinvolgimento in tale operazione.
Ora direte ma perchè tutto ciò e anche coinvolgendo un governo amico come quello di Mubarak?
Io credo che il tutto è stato programmato nel corso del tempo e studiato nei minimi particolari per
provocare rivolte popolari, sovvertire ordini non democratici con finti governi democratici protetti direttamente dagli Usa ed Israele, far incrementare il senso di precarietà nel popolo e nel mondo affinchè queste rivolte possano nascere ed affermarsi in via inevitabile in Iran.
Quale miglior intervento in Iran se non tramite una rivolta popolare che segue rivolte come quella tunisina o egiziana? Mubarak può essere sacrificato, probabilmente troverà, guarda caso, ospitalità in Inghilterra, si insedierà governo manovrato da forze amiche e da uomini di fiducia degli Usa utilizzando e sfruttando
Mohammed ElBaradei e uomini fedeli alla causa di Stato.

La rivolta albanese, che territorialmente si colloca in zona distante dall’Egitto, Algeria, Tunisia e probabilmente Libia, Libia ad alto rischio a questo punto di rivolta indotta popolare, è nata forse per colpire un premier comunista, forse per conferire la sensazione che in una certa area del mondo, non molto distante dall’Iran, si verificano rivolte popolari; rivolte popolari apparentemente libere, libere di cambiare i governi, di demolire le dittature,e se ciò succede alle porte dell’Europa ed in un paese che è membro della Nato, allora perchè ciò non può accadere in Iran?

Che sia ben chiaro con ciò non voglio difendere le dittature,anzi, ma credo che sia necessario riflettere su alcuni eventi, sulla tempistica, le coincidenze non esistono. Il tempo anche in questo caso conferirà ogni risposta utile, voglio esser il primo a credere nella spontaneità di queste rivolte, ma ho forti dubbi e molte perplessità che lo siano pienamente ed integralmente.
Ho la sensazione che dietro queste operazioni si celi una sola mano, che vi sia una sola regia internazionale con l’unico scopo di proteggere Israele e le sue bombe atomiche, e colpire l’Iran e le sue centrali nucleari.
Soliti giochi di potere, ma con molte vittime reali, tante vittime sacrificali nel nome del loro Sistema di governo del potere mondiale.

http://baronemarco.blogspot.com/

sabato 29 gennaio 2011

venerdì 28 gennaio 2011

Gioia e Rivoluzione: quando la lotta deve partire dagli intellettuali e dagli artisti


di Fernando Bassoli
Prendo spunto, per il titolo di questo articolo, da una bellissima canzone degli Area, che, nella formidabile interpretazione di Demetrio Stratos, segnò un’epoca per certi versi simile alla nostra.

Stratos, che la cantava nell’ormai lontano 1975, preparando la strada a una generazione di intellettuali impegnati, cercava di spiegare che la vera rivoluzione doveva passare, prima di tutto, attraverso le arti.

Nel caso specifico di “Gioia e Rivoluzione”, il “mitra” da utilizzare per sensibilizzare i potenti era rappresentato da un contrabbasso, ma, a pensarci bene, le armi utilizzate per lottare per costruire un mondo migliore potrebbero essere anche il pennello di un pittore o la penna di uno scrittore, lo scatto particolarmente ispirato di un fotografo o il pezzo illuminante di un giornalista libero di scrivere/dire quello che pensa. Perché tutto ciò che riusciamo a fare con passione estrema è una forma d’arte. E se tutti noi siamo arrabbiati e, invece di restare con le mani in mano, cerchiamo di fare qualcosa di utile e concreto, allora iniziano tempi complicati per chi deve amministrare il potere e non lo fa nel migliore dei modi.

Purtroppo stiamo vivendo in un periodo davvero buio per la nostra società, un periodo di decadenza insopportabile e per alcuni aspetti incomprensibile, proprio nell’anno dell’anniversario numero 150 dell’unità nazionale. “Come abbiamo fatto a ridurci così?” viene da domandarsi.

Nell’epoca delle escort di Stato (non è importante sapere se i rapporti venissero consumati o meno), dove viene messa in discussione perfino la Magistratura, l’idea di un’Italia della quale andare orgogliosi, intesa come patria del diritto e culla di una cultura ispiratrice di valori e nobili ideali, è solo un ricordo sbiadito.

UN DISAGIO DIFFUSO - Come diceva Giorgio Gaber nella canzone “Io non mi sento Italiano” oggi, nel 2011, ci sentiamo paradossalmente stranieri in un Paese che dovremmo invece sentire profondamente nostro. Perché non ci riconosciamo più in chi ci amministra e dovrebbe dare l’esempio. Queste persone ci fanno schifo. Vi pare poco?

Il problema è che l’Italia è diventata una Nazione ridicola, derisa dalla stampa di tutto il mondo, impantanata in una situazione assurda, patetica, sulla quale è superfluo soffermarsi, dato che andiamo sostenendo le medesime cose da anni.

Una cosa è comunque certa: per smuovere le acque serve un cambiamento drastico, radicale, cioè le dimissioni di Silvio Berlusconi. Perché a questo punto è difficile accettare il suo morboso attaccamento alla poltrona di premier, neanche fosse questione di vita o di morte. In questo modo – dimettendosi – uscirebbe di scena con un minimo di dignità, come fece Marrazzo, travolto dallo scandalo-trans mentre occupava l’importante incarico di Presidente della Regione Lazio, mica pizza e fichi. Perché così non si può andare avanti. È vero che nell’immediato non esistono alternative valide – sono il primo a denunciarlo da tempo -, ma questo non vuol dire che Berlusconi debba rimanere inchiodato a quella prestigiosa ed evidentemente comoda poltrona, nonostante mezza Italia non lo voglia più al Governo.

IL DOVERE DI LOTTARE - Se non dovesse liberarci della sua presenza, le soluzioni che ci rimangono sono davvero poche. Le elezioni, certo: è da lì che si deve ripartire. Ma serve anche una sorta di rivoluzione culturale, guidata con intelligenza da intellettuali e artisti illuminati (ci sono, ci sono), perché è necessario recuperare la capacità di scuotere le coscienze addormentate di cittadini sempre più sudditi, stanchi, vinti da un pesante fardello di problematiche infinite che hanno fatto perdere pazienza e lucidità ai più.

A volte chi cerca di cambiare qualcosa in maniera non violenta attraverso la propria arte e le proprie provocazioni viene ostacolato o addirittura censurato, perché scomodo, perché rema contro questa postdemocrazia anomala e strampalata in cui i furbetti la fanno sempre franca. Ma non importa, bisogna insistere perché, come ci insegnarono i Latini, la goccia scava la roccia.

A rigor di logica, alla luce degli ultimi avvenimenti, davvero penosi, la tanto amata poltrona del Premier sarebbe già dovuta essere di qualcun altro.

Un’intera generazione di politici impresentabili ci ha rovinato il futuro, lo sappiamo tutti. Non resta che continuare a portare nel profondo del cuore la voglia di cambiare – in meglio! – questo stato di cose.

Sarà la storia a dirci come e da chi ripartire per fare rinascere questo povero Paese dalle proprie ceneri, come l’araba fenice.

da Reset-Italia

Svuota bugie

di Carmelo Musumeci
“Se vuoi perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche voi.” (Matteo 6,14)

Il provvidimento “svuotacarceri” che permette, solo a chi è stato condannato per alcuni reati, di scontare l’ultimo anno di pena agli arresti domiciliare non sta funzionando e i carceri continuano a riempirsi di “pattumiera sociale”.
Eppure verso questa legge i soliti politici, per consensi elettorali, avevano sparato le solite bugie: “ Indulto mascherato “.
E i soliti giornalisti, uno per tutti, Travaglio, che hanno costruito carriere con “ Tutti dentro” avevano abbaiato le solite menzogne: “Indulto insulto”.
Pretendere che extracomunitari, barboni, tossicodipendenti, emarginati, che sono la maggioranza della popolazione detenuta in Italia, scontino fino all’ultimo giorno di galera è follia.
Ricordo a questi politici e giornalisti che probabilmente molte di queste persone, anche se colpevoli e con fedina penale sporca, hanno ancora l’anima pulita.
Il modo con il quale uno Stato di diritto si comporta con i delinquenti dimostra s’è migliore o peggiore di loro.
Ricordo a questi politici e giornalisti che si può essere violenti anche con le buone maniere, soprattutto quando lo si fa per avere l’opinione pubblica dalla propria parte.
Il carcere così com’è, invece di recuperare, esclude ed emargina e fa uscire persone ancora peggiori di come sono entrate.
Ricordo ai forcaioli di destra, di sinistra e di centro che nel detenuto bisogna fare emergere la colpa e non la sofferenza, perché la colpa ti fa diventare colpevole, invece la sofferenza ti fa diventare innocente.
Ricordo alle vittime dei reati che la giustizia come vendetta genera odio e male, invece la giustizia come verità genera amore e perdono per gli altri e per se stessi.
Ci sono persone “buone” che pensano di essere persone perbene, perché non uccidono e non rubano, ma non sanno, o fanno finta di non sapere, che si può rubare in tanti modi.
Si può uccidere la speranza, si può rubare il futuro e si può fingere di essere onesti per continuare a essere cattivi.
Ricordo agli uomini di buona volontà che il colpevole, il cattivo, il criminale per cambiare e guarire ha bisogno di aiuto, passione, amore sociale e non di sofferenza, isolamento, sbarre e cemento armato.
Ricordo a tutti che per svuotare le carceri bisogna svuotare soprattutto il proprio cuore dall’odio.

Carmelo Musumeci
Spoleto, gennaio 2011

VASCO ROSSI - C'E' CHI DICE NO



VASCO ROSSI - C'E' CHI DICE NO

C'È QUALCOSA...
CHE NON VA
IN QUESTO "CIELO"
C'È QUALCUNO...
CHE NON SA
PIÙ CHE ORE SONO!

C'È CHI DICE QUA
C'È CHI DICE LÀ
IO...NON MI MUOVO!

C'È CHI DICE QUA
C'È CHI DICE LÀ
IO NON CI SONO!

TANTA GENTE È CONVINTA CHE CI SIA NELL'ALDILÀ...
QUALCHE COSA...CHISSÀ?!...
QUANTA GENTE COMUNQUE CI SARÀ...
CHE SI ACCONTENTERÀ!!!

C'È QUALCUNO....
CHE NON SA....
....PIÙ COS'È UN UOMO

C'È QUALCUNO
CHE NON HA...
....RISPETTO PER NESSUNO!!!

C'È CHI DICE NO
C'È CHI DICE NO
IO NON CI SONO

C'È CHI DICE NO
C'È CHI DICE NO
IO NON MI MUOVO

TANTA GENTE È CONVINTA CHE CI SIA NELL'ALDILÀ...
QUALCHE COSA...CHISSÀ?!...
QUANTA GENTE COMUNQUE CI SARÀ...
CHE SI ACCONTENTERÀ!!!

SOLIDARIETA' con i 300 lavoratori immigrati che in Grecia fanno lo sciopero della fame dal 25 gennaio


Mettono a repentaglio la loro vita per una vita più umana!

300 immigrati hanno cominciato martedì 25 gennaio lo sciopero della fame ad Atene e Salonicco rivendicando la regolarizzazione sia per se stessi sia per tutti gli immigrati che vivono e lavorano in questo paese senza documenti in regola e senza diritti, affrontando quotidianamente ipersfruttamento, umilia­zioni e l’espulsione.

La loro lotta è giusta, un urlo di dignità e di umanità contro i muri della ver­go­gna che si innalzano alle frontiere e ai ghetti che si costruiscono nelle città, contro la prepotenza dei datori di lavoro e la violenza della polizia, contro il terrorismo fascista e razzista.

Gli immigrati e le immigrate non vengono qui per turismo o per arricchirsi, ci vengono per sfuggire alla povertà, alle guerre, alle dittature, al saccheggio dei loro paesi e delle loro terre da parte delle multinazionali, del Fondo Monetario Internazionale e dei potenti stati capitalistici. Hanno diritto alla vita e, oltre ai capitali, alle merci e agli eserciti, hanno anche loro diritto, come persone, alla libertà di circolazione.

Operai greci e immigrati uniti! Diritto di asilo

Il governo greco, nell’ambito della politica anti-immigrazione dell’Unione Eu­ro­pea e dell’Europa-fortezza, lancia un nuovo attacco contro gli immigrati e i profughi costruendo il muro a Evros, compiendo ogni giorno retate e centinaia di espulsioni, abolendo sostanzialmente l’asilo politico, presen­ta­n­do gli im­mi­grati e i profughi come pericolosi invasori. Questo governo, che partecipava e partecipa alle invasioni imperialistiche in Iraq e in Afghanistan e che dà il suo sostegno allo stato-terrorista di Israele, rifiuta di dare il diritto di asilo ai profughi iracheni, afgani e palestinesi.

È lo stesso governo che ha dichiarato guerra contro la società, il quale calpesta e distrugge i diritti dei lavoratori, assistenziali, previdenziali e sociali, il quale condanna alla povertà e all’insicurezza milioni di lavoratori greci, disoccupati e pensionati. Con il suo attacco contro gli immigrati vuole volgere i lavoratori greci contro i lavoratori stranieri, allo scopo di dividerci e terrorizzarci per poter continuare indisturbato a saccheggiare la vita di tutti noi.

Nessuna vita è clandestina!

Lo sciopero della fame dei 300 operai immigrati vuole essere una risposta al tentativo dello stato di dividere i lavoratori e privarli dei loro diritti, e al ten­tativo razzista di emarginarli socialmente. Per questo motivo ci riguarda tutti e tutte indipendentemente dalla nazionalità, dal colore e dalla religione. L’im­poverimento di un settore della società preannuncia l’impoverimento degli altri. Per questo la nostra solidarietà alla lotta degli immigrati è una lotta per i diritti di tutti noi.

Lottiamo tutti insieme per fermare la vergogna delle espulsioni, la presa in giro delle regolarizzazioni di massa degli ultimi anni e il ricatto del rilascio del permesso di soggiorno in base ai contributi previdenziali versati.

REGOLARIZZAZIONE
SENZA ALCUNA CONDIZIONE
DI TUTTI GLI IMMIGRATI E LE IMMIGRATE
UGUALI DIR​​ITTI PER TUTTI GLI IMMIGRATI
INIZIATIVA DI SOLIDARIETÀ

SCIOPERANTI DELLA FAME SIAMO CON VOI
GRECI ED IMMIGRATI LAVORATORI UNITI
PERMESSO DI SOGGIORNO ADESSO
La polizia alle ore 19.00 ha dato 3 ore di tempo per sgomberare. Atene, 27/01/'11, h. 21.00

Gli immigrati che si trovano nella Facoltà di Giurisprudenza di Atene e che dal 25 gennaio hanno cominciato lo sciopero della fame, possono essere contattati al seguente indirizzo via e. mail
ypografes.allilegyi.stin.apergia@gmail.com

da anarchici salento

giovedì 27 gennaio 2011

PRIMO LEVI - SHEMA


Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca
I vostri nati torcano il viso da voi.

Se questo è un uomo
Pubblicato nel 1947, “Se questo è un uomo”, è un’opera della testimonianza e insieme un documento storico. È un testo classico della letteratura dedicata agli atroci ricordi del nazismo. In esso l’autore ripercorre in modo drammatico ed efficace la tremenda esperienza da lui vissuta nel campo di concentramento, presentandoci un allucinante quadro di orrori e di sofferenze, che non vuole ridursi a un tragico lamento, ma vuole essere un invito a conoscere, a meditare e riflettere affinché nella storia dell’uomo non si ripetano più le condizioni che hanno permesso la nascita e l’affermarsi di un’ideologia come quella nazifascista. Alla necessità di non dimenticare l’atroce
demolizione della dignità umana fa riferimento anche il titolo dell’opera, tratto da una poesia dell’autore posta all’inizio del romanzo, che ne definisce il tema e ne giustifica il titolo.

Commento
La poesia è nota con il titolo “Shemà” che significa "ascolta" ed è una parafrasi di una preghiera ebraica. Nella poesia Primo Levi racconta le dure regole dei campi di sterminio. L’uomo, di cui parla l’autore, non è un uomo in ,particolare, ma un’intera categoria di persone, gli Ebrei, perseguitati dalle atrocità delle persecuzioni nazifasciste. Nella prima strofa vi è la descrizione della vita normale ed è alle persone che trascorrono un’esistenza nella normalità che l’autore si rivolge, invitandoli a riflettere. La gente in condizioni “umane”, vive nelle propie case, ben riscaldate, accoglienti (tiepide si riferisce al calore umano), in cui la sera chi ha lavorato durante il giorno trova un pasto caldo e volti familiari. A questa situazione di tranquillità si oppone nella seconda strofa quanto d’atroce accade nei campi di sterminio. Levi invita a riflettere, a considerare se è un uomo colui che lavora nel fango, che non conosce pace ed è costretto a lavorare in continuazione. La riflessione dell’autore diventa anche più profonda nel soffermarsi a guardare alla condizione delle donne deportate, donne private del proprio nome di cui la volontà di vivere si è spenta, sapendo di dover morire. L a strofa più importante della poesia è la terza, in cui Levi invita a riflettere su quanto è accaduto e esorta tutti a non dimenticare. Per chi sostiene idee razziste Levi scaglia una maledizione: che si distrugga la loro casa, che li colga la malattia, che i loro figli li abbandonino.

da http://skuola.tiscali.it/appunti-italiano/ottocento-novecento-letteratura/800-900-autori-opere/primo-levi-shema.html

vignetta di Enzo Apicella da Reset-Italia

Ieri orgogliosi di una figlia Suora, oggi di una figlia ospite di Berlusconi


di Alessandro Consonni da Reset-Italia
Amici, l’Italia s’è evoluta, i tempi cambiano! L’alfabetizzazione avvenuta negli ultimi quarant’anni ha regalato al nostro Paese aspetti etico morali di cui le Istituzioni dovrebbero vergognarsi! L’Italia del dopo guerra, quella povera ed ignorante, aveva padri e madri orgogliosi di avere una figlia che potesse divenire contadina, operaia, maestrina, sartina , ragioniera di banca o Suora ! L’Italia di oggi, ricca, opulenta, evoluta con le proprie figli laureate, ha madri orgogliose di avere figlie che aspirano a fare le veline, le cubiste, le protagoniste del Grande Fratello o le allegre e spensierate ospiti di Berlusconi.
Le mamme di oggi hanno scordato quando i padri padroni le trattavano come schiave!Hanno anche dimenticato le femministe degli anni sessanta che hanno lottato contro il maschilismo!
Le mamme di oggi vogliono per le loro figlie il ritorno al feudale maschilismo!

Vorrei chiedere alle mamme italiche che hanno figlie normali, insomma NON «strafighe», (quelle dei reality, nelle file delle veline, sui cubi delle discoteche, e tra le indagate nell’affare Istituzionale del Premier), delle figlie alte un metro e sessanta, grassottelle, modello Onorevole Brunetta, cosa ne facciamo?

Quindi chiedo alle mamme delle figlie modello «Brunetta» , almeno il 50%, cosa sarà di loro oltre che precarie e disoccupate croniche ???

Figlie «NORMALI» di questa Italia evoluta, ribellatevi di NON essere «strafighe» !!!

INVECE - mensile anarchico -


VENERDÌ 28 GENNAIO
dalle 21.30

Diffusione del primo numero di
INVECE - mensile anarchico -

Bar e selezione musicale

Circolo Anarchico via Massaglia 62, Lecce

lunedì 24 gennaio 2011

DONNE CHE SI RIBELLANO


Sinistra Ecologia Libertà Nardò aderisce alla mobilitazione nazionale contro le offese alla dignità della donna e alla sua riduzione ad oggetto.
Assemblea aperta il 25 Gennaio a partire dalle 17 in Piazza Salandra a Nardò

MANEKA' - SUCCEDE A SUD



Il gruppo nasce circa nove anni fa e si afferma nel Salento diventando sin da subito uno dei nomi più importanti nell’ambito della musica popolare salentina.
Strada facendo la loro musica si integra con altri generi musicali, in particolare di tipo etnico, che apre le porte ad un pubblico più vasto.
I Manekà hanno all’attivo tre lavori discografici con brani tradizionali e brani inediti intitolate:
“e lassatila ballare” , “focu miu”, “anemo”
I primi due cd hanno avuto una tiratura dell’ordine delle migliaia di copie, riscontrando grande apprezzamento sia nel salento che in tutta Italia, ed ora il terzo riscuote note positive da parte della critica musicale. Inoltre è in uscita il nuovo disco “Respira” da cui prenderà nome il relativo tour 2010
Tra le varie partecipazioni ad eventi musicali, ricordiamo “La Notte della Taranta”, manifestazione che richiama ogni anno oltre ottantamila persone da tutta Italia e che viene trasmessa oltre che sul satellite anche in tutte le reti private italiane, inoltre i Manekà vantano collaborazioni con artisti del calibro di Angelo Branduardi, con il quale hanno partecipato al Gran Galà per i 50 anni dello Zecchino D’oro, andato in onda in diretta in prima serata su Rai 1.
Inoltre la band viene selezionata da Teresa De Sio per l’inserimento di un brano nel progetto discografico Riddim a sud, progetto che vanta la partecipazione di altri noti artisti italiani come Roy Paci, Apres la Classe ecc. Tra le altre collaborazioni, spiccano quella con il piccolo coro dell’Antoniano, in un tour nel Salento e quelle con numerosi artisti salentini.
Il gruppo ha all’attivo diverse esibizioni nelle maggiori città italiane ed in alcune all’estero, come Zurigo, S. Gallo, Atene, Ioannina, Marsiglia ecc.


La formazione è composta da:
Ermanno Mangia: chitarra,mandola e voce
Leo Klaus Cannazza: basso elettrico
Luisa Greco: voce
Antonio Murciano: tamburo a cornice, batteria.
Gabriele Filieri: violino, chitarra e voce
Andrea Caracuta: supporter animatore.

Biografia presa da http://www.maneka.it/etnicopopolare/biografia

lunedì 17 gennaio 2011

Adulterare cibi non è più reato

Adulterare gli alimenti non è più reato. La legge è stata cancellata dal ’semplificatore’ Calderoli.
La legge 263 del 1962 che puniva le sofisticazioni dannose alla salute è stata cancellata. Sono stati bloccati i processi sulla mozzarella blu e su altri casi simili, ed ora produttori e distributori di alimenti hanno licenza di sofisticazione.
In questi anni abbiamo assistito ad una devastante degenerazione del livello di civiltà della nostra società, un brusco abbassarsi della qualità della vita ha generato un crudele incattivirsi dei rapporti tra le persone; astio e rabbia, menefreghismo e violenza, raggiri e truffe sono ora alla base dei rapporti umani, lavorativi e commerciali nel nostro Paese.
E noi a chiederci come mai stiam diventando cattivi ed insensibili.
Emettere assegni a vuoto ad esempio non è più un reato penale. E allora ecco che ognuno di noi ha il suo bel pacchetto di assegni insoluti, pezzetti di carta coi timbri delle banche che ci ricordano quotidianamente quanto siamo fessi, e quanto sono invece furbi gli altri.
Le normative per la sicurezza del lavoro di fatto annullate. Decretata la responsabilità del lavoratore in caso di incidente.
Il falso in bilancio non è più reato e quindi ci vuole dei deficienti a compilare bilanci corretti no?
L’evasione fiscale è impunita e di fatto tollerata. Come può un’azienda che paga le tasse essere competitiva con una concorrente che non le paga? E che per questo riesce a mettere sul mercato prodotti a prezzo minore, oltre ad avere maggiori introiti?
E’ consentito avvelenare l’ambiente. Ad esempio il DGR Veneto n. 568/05 [adottato in forza della legge regionale n. 3/2000 in materia di rifiuti] che ha introdotto limiti di accettabilità circa la presenza di taluni metalli pesanti nei fanghi di depurazione biologica compatibili col compostaggio e con l’ammendante compostato, limiti corrispondenti a quelli previsti dalla normativa nazionale [d. lgs. n. 99/1992; d. lgs. n. 217/2006] consente di sversare incredibili livelli di diossina, idrocarburi, fenoli e toluene nelle campagne mescolati a fertilizzanti e compost.
Poi è ovvio che ovunque vengano dispersi amianto, sostanze tossiche varie o radioattive … chi se ne frega?
Negli ospedali i nostri familiari sono curati da medici incapaci assunti su raccomandazione dei politici. Ma beccare un medico incapace è già una fortuna, che il rischio è di incappare in uno furbo, che decide che il nostro rene è da asportare per poi venderlo a 5.000 €.
Nel Paese delle Libertà si può fare tutto.
Ma i nostri giovani non hanno una istruzione adeguata, non trovano lavoro e comunque non avranno la pensione; i nostri servizi pubblici non funzionano più, tutto è maledettamente difficile e attorno a noi solo persone tese ed arroganti; sopravvivere in questa lotta quotidiana all’esistenza è sempre più un’impresa.
Un mare in burrasca infestato da squali, dove non è sufficiente saper nuotare perfettamente, per sopravvivere tocca saper mordere per primi.

da Indymedia

La foto del giorno che commuove il Brasile


Il Brasile si commuove per Leao, il cane che veglia la tomba della padrona. Due giorni e due notti al cimitero dove è stata sepolta la donna, morta sotto le colate di fango dell’alluvione.
La fedeltà in mezzo alla catastrofe: ha trascorso due giorni e due notti in cimitero, accovacciato davanti alla tomba dove è stata sepolta la sua padrona, morta sotto i fiumi di fango conseguenti alle piogge torrenziali.

Fonte stralcio & Notizia integrale e foto from Corriere.it 17 Genn.2011
da Reset-Italia

Tunisia, il tempo sospeso


Tunisi è una città fantasma: i cittadini si organizzano, tra ansia e speranza

di Gilberto Mastromatteo da PeaceReporter
Venerdì hanno dato la spallata finale al regime di Ben Alì. Oggi sfidano il coprifuoco, con il beneplacito dell'esercito, per difendere dallo sciacallaggio le vie di Tunisi. Indossano una maglia bianca e sono armati di mazze, li chiamano i "ragazzi di avenue Bourghiba", luogo simbolo della "rivoluzione dei gelsomini". Hanno tutti meno di trent'anni. Una generazione che ha fatto tremare il palazzo presidenziale, fino a farlo capitolare.

I primi gruppi organizzati hanno iniziato a formarsi a Le Kram, poi a La Goulette, a Barcelone, a Ettadhamen, i luoghi più colpiti dai saccheggi notturni, quindi nel resto della capitale. "I veri tunisini siamo noi, non quelli che hanno distrutto la città - dice Maher, giovane medico ventitreenne -. Sono nato che Ben Alì era già al potere. Oggi per noi inizia una Tunisia nuova". Già, ma quale Tunisia?
Euforia e preoccupazione si mischiano per le strade di Tunisi, il giorno dopo la cacciata del Rais. Ai timori di un colpo di stato militare, si è presto sostituita l'incertezza derivante dal limbo pre-elettorale, che non è dato sapersi quanto durerà. Si fa strada, inoltre, la diffidenza nei confronti della polizia, tacciata di essere rimasta fedele al leader deposto. L'atmosfera in città resta spettrale. Colonne di fumo si sollevavano già all'alba in diversi punti del centro. L'effigie dell'ormai ex presidente viene strappata dalle pareti dei palazzi e data alle fiamme.

Spettrale il paesaggio attorno alla sede del ministero dell'Interno, dove oltre ventimila persone hanno dato vita alla storica manifestazione del 14 gennaio. L'intera avenue Bourghiba resta chiusa al traffico e piantonata dai carriarmati. Nei quartieri attorno, tra Barcelone, Farhat Hached e Habir Thameur, sono decine le vetrine frantumate e i roghi sull'asfalto. Mentre lunghe code si creano già dalle prime ore del mattino davanti ai pochi forni e negozi di generi alimentari che restano aperti. Quasi introvabili pane e latte.

Dalle 17 alle 7 del mattino i militari hanno l'ordine di sparare a vista a chiunque si trovi ancora per strada. Ma già dalle prime ore del pomeriggio è raro trovare auto e persone in circolazione. Il divieto è stato infranto per la prima volta ieri notte dalle "camicie bianche". I militari lasciano fare, il sodalizio con la popolazione civile è ormai tangibile. E il bisogno primario è quello di sicurezza. Di notte gli elicotteri sorvolano continuamente le strade più commerciali del centro storico, illuminandole con i fari. Colpi d'arma da fuoco si udivano distintamente anche stamattina, ma questa volta per disperdere gli sciacalli.

Le incursioni notturne continuano. Ieri è stata la volta del supermercato Carrefour e di vari punti vendita della Monoprix. Auto bruciate sono quasi ovunque per le strade di Le Kram. Lungo la route della Goulette, che taglia in due il lago di Tunisi, fino alla stazione marittima, si contano a decine le auto fresche di concessionaria trafugate e abbandonate in strada. Provengono dall'autosalone Porshe di uno dei membri della famiglia presidenziale. Era stato edificato su un terreno statale.

La rivoluzione, accompagnata dal web, ora inizia ad essere visibile anche sul piccolo schermo. La televisione di Stato ha cambiato logo (via il vecchio 7, al suo posto la dicitura "televisione nazionale tunisina"). Ieri notte al-Arabiya ha ospitato un dibattito cui hanno preso parte quattro blogger tunisini, quelli che il Rais aveva messo fuori legge. Sul tavolo il ruolo giocato da social network e siti come facebook, twitter e youtube, nel portare alla ribalta internazionale una protesta che il vecchio regime aveva cercato di nascondere il più possibile, attraverso la censura sistematica.

"Quello che è successo in Tunisia - diceva ieri uno dei giovani blogger - ha dimostrato che il blackout dell'informazione non è più possibile. Ognuno dei manifestanti, con un semplice telefono cellulare dotato di video-camera, era un potenziale giornalista. Ben Alì è stato deposto da un popolo armato di tecnologia".

mercoledì 12 gennaio 2011

RIFONDAZIONE COMUNISTA NARDO' - DISASTROSE CONSEGUENZE DERIVANTI DALL’ APPROVAZIONE DEL "COLLEGATO LAVORO"

Circolo “Giuliani” Rifondazione Comunista - Nardò

LAVORATORE PRECARIO LICENZIATO? RICORDA: HAI TEMPO SOLO FINO AL 23 GENNAIO, PER NON PERDERE IL TUO DIRITTO AL LAVORO!
RIFONDAZIONE COMUNISTA NARDO' - CAMPAGNA DI INFORMAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE SULLE DISASTROSE CONSEGUENZE DERIVANTI DALL’ APPROVAZIONE DEL COLLEGATO LAVORO.


La L.183/2010, altrimenti nota come “Collegato lavoro”, prosegue sulla strada della macelleria sociale del governo BungaBunga, dettata da Marchionne e Confindustria, con la complicità tacita dei sindacati genoflessi, che vuole il massacro dei diritti conquistati dai lavoratori con lotte e sacrifici..
Il guazzabuglio di norme, scientificamente studiato per generare confusione e difficoltà nella sua analisi, è stato approvato con il voto determinante del “nuovo democratico” Gianfranco Fini e dalla Lega, che ancora una volta ha mostrato di essere il partito dei voltagabbana: predica di voler difendere i lavoratori del Nord e poi partecipa alla scientifica distruzione dei loro diritti. Inquietante è, altresì, il silenzio delle cosiddette opposizioni in Parlamento: è proprio il caso di dire che “chi tace acconsente”!!!
Due sono le misure più aberranti e delle quali vogliamo informare:
La prima: se entro il 23 gennaio i lavoratori con contratto a termine, scaduto, non presenteranno un ricorso al proprio datore di lavoro perderanno il diritto di farlo. Vengono, infatti, modificati i termini per l’impugnazione dei licenziamenti per i lavoratori precari (a termine, interinale, a progetto) (art. 32). È una norma micidiale, perché immediatamente operativa e perchè modifica radicalmente le modalità di impugnazione presso il Giudice del Lavoro. In estrema sintesi, il licenziamento va impugnato entro 60 giorni (prima, in tali casi, non vi era un termine) e, poi, entro altri 270 giorni va depositato in tribunale il ricorso, pena la decadenza della possibilità di contestare. Siccome la tempestività delle impugnazioni non è tra le caratteristiche principali dei precari, magari perché non si conosce la normativa oppure perché si spera di farsi riassumere più avanti con un altro contratto precario, questa norma equivale a una mezza sanatoria preventiva. Un autentico colpo di spugna alla conclamata illegittimità di molti contratti a termine (e del loro abuso) come quello delle collaborazioni a progetto che nascondono veri lavori dipendenti e subordinati. Infine, come se non bastasse, l’articolo 32 del suddetto "Collegato Lavoro", introduce anche un tetto massimo al valore di indennità che il datore di lavoro dovrà pagare, qualora venga accertata l’illegittimità del licenziamento: da 2,5 a 6 mensilità, mentre prima la determinazione dell’indennizzo era lasciata, giustamente, al prudente apprezzamento del giudice.
La seconda: viene l’introdotta la possibilità di assolvere l’ultimo anno di obbligo scolastico non a scuola, bensì lavorando. Cioè, puoi fare l’apprendista a 15 anni (art. 48, comma 8 ) e tanti saluti all’obbligo scolastico fino a 16 anni. Incredibile: si recluta la classe operaia di domani, preoccupandosi più del profitto del padronato che della formazione alla vita del giovane. Insomma.. li prendono da piccoli...NOI NON CI STIAMO
Contro tutto questo, il Circolo neretino di Rifondazione Comunista sta organizzando una campagna informativa sul "Collegato Lavoro"ed in queste ore cerca di costituire, uno "sportello legale Precario" e gratuito, per aiutare CHIUNQUE ne avesse la necessità, alla redazione delle lettere raccomandate. Di queste iniziative daremo pubblica comunicazione nei giorni prossimi.
SE SEI STATO PRECARIO NEGLI ULTIMI TRE ANNI, NELLA SCUOLA, NELLA SANITA’ NEL PUBBLICO E NEL PRIVATO, CON QUALSIASI GENERE DI CONTRATTO A TERMINE, INVIA ENTRO IL 23 GENNAIO AL DATORE DI LAVORO LA RACCOMANDATA PER CHIEDERE L'ASSUNZIONE A TEMPO INDETERMINATO O IL GIUSTO RISARCIMENTO.
Info 392 3237495 – Circolo “Giuliani” Rifondazione Comunista - Nardò

Bravo Lula

Gli ergastolani Carmelo Musuemci e Giuseppe Reitano, Carcere di Spoleto
Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino


Il presidente del Brasile, Lula, rifiuta l’estradizione di Cesare Battisti.
Parte dell’opinione pubblica italiana, la maggioranza dei mass media e dei politici si sono scandalizzati per la decisione.
Ma perché?
Dove sta lo scandalo?
Voi concedereste un parente, un amico, un nemico, un criminale, un assassino a un Paese come l’Italia?
Dove nei suoi carceri solo nell’anno appena finito si sono suicidati 66 detenuti?- Due detenuti suicidi in un solo giorno a L’Aquila e a Como: (Fonte: Osservatorio permanente sulle morti in carcere, 19 dicembre 2010).
Dove le condizioni di vita dei detenuti sono quelle di un cane in un canile?
Dove in molti casi non vengono rispettati i diritti umani?
- Giustizia: Italia condannata 1.556 volte dalla Corte di Strasburgo, peggio solo in Turchia (Fonte: Italia Oggi, Anna Irrera, 9 dicembre 2010)
Dove chi è forte, potente e ricco non entra in carcere e se ci entra esce subito, mentre i poveracci ci rimangono, alcuni per tutta la vita?
Dove molti ergastolani ostativi, senza nessuna possibilità di liberazione, sono destinati a morire in carcere?
Dove ci sono detenuti che non fanno l’amore con la propria fidanzata, compagna, convivente da dieci, venti e trenta anni? Cosa che si può fare invece nelle carceri brasiliane e in Paesi fanalini di coda dell’Europa, come l’Albania!
In un Paese dove si suicidano persino gli stessi agenti di Polizia Penitenziaria?
Dove sono sottoposti più di 660 detenuti al regime di tortura del 41 bis, che da decenni non ricevono e non possono dare carezze ai propri cari? Che da decenni non possono toccare con una mano e non possono sentire l’odore della propria madre e l’odore dei propri figli?
I vetri al colloquio sono disumani perché non separano solo i corpi, ma tagliano a metà pure due cuori che si incontrano.
- Giustizia: così il “carcere duro” aumenta il rischio di suicidi… dei 66 suicidi totali solo 26 sono avvenuti in regime “comune”. (Fonte: Redattore Sociale, 20 dicembre 2010).
Voi concedereste un parente, un amico, un nemico, un criminale, un assassino a un Paese come l’Italia?
Dove certi politici usano la lotta alle mafie, ma non alla mafia politica, finanziaria e mediatica, per vincere le elezioni e per raggiungere potere e soldi?
Poche volte, quasi mai, il carcere fa diventare buoni i cattivi, ma spesso può far diventare cattivi i buoni che invece di verità e giustizia pretendono vendetta e pene infinite e dolorose.

A Cesare Battisti, se fossimo stati al posto di Lula, forse avremmo dato la pena più dura, ma mai lo avremmo consegnato a un Paese come l’Italia che ha questa classe dirigente, questo governo e questa giustizia ingiusta, perché la legalità prima di pretenderla bisogna darla.

Gli ergastolani Carmelo Musuemci e Giuseppe Reitano, Carcere di Spoleto
Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino

lunedì 10 gennaio 2011

NARDO’ : LA LIBERTA’ DI ARRENDERSI


Il sole alto sfiora quella Piazza ,
e il viso rude di quel contadino e Salandra e le promesse ;
un tuffo al core e la libertà della “ malarazza “
di arrendersi all’ ignavia e non movere le mosse .


Nella mia Piazza volano le mosche :
la gente dorme e parla col suo solipsismo , e intanto si preparano le cosche che sul sonno degli altri fondan quel capitalismo .


Qualcuno pensa : come si mette mano all’ emergenza
di un paese malato di cotanta indifferenza ?


Di certo il passo non trova cambiamento
se si delega ai “ Signori e ai Feudatari “
di appaltare qualche risanamento ;
che chi ha , ti offre le promesse e poi i danari
ma muore lo spirito del popolo con sto reclutamento !

Per popolo s ‘ intende chi ha l’ amore
per sé , per il figlio, per i poveri e per il dottore ,
chi vede dentro all ‘ altro la premura
di chiedersi i perché della sventura .

Tutto serve alla riscossa :
c ‘ è chi offre la cultura e chi sente la paura ,
ma senza la giustizia e l ‘ alba rossa
è inutile cercar di un popolo la cura .

Chi gode di una vita privilegiata
è perché sfrutta la dignità della persona ,
dileggia scientemente la polis angariata ,
e invece delle spine pei “ Signori “ è pronta la corona .

Perché non detestare l ‘ ordine sociale ,
perché non lamentare il peso di catene .
Soffrire a non vivere equivale :
star stretti e sopportare sta vita dentro lo Stivale .

Eppure chi può vantare antichità , terre e mare ?
Quanti , se pronti a riformare il benessere morale ,
turisti e cittadini potrebbero cibare ?

La mia Piazza è ancora vuota
riflette su se stessa e la sua gloria ,
è morta fuori e dentro vive la sua ruota
e se ci credi fortemente cambia la sua storia .


Angelo Cleopazzo

Rivolta sociale nel Mediterraneo


La morte di un giovane disoccupato scatena una nuova ondata di protesta nel Paese
Tunisia: la rivolta sociale dei giovani disoccupati


La rivolta sociale non si placa in Tunisia. Iniziata tre settimana fa a Sidi Bouzid, è proseguita venerdì con manifestazioni di piazza, scioperi, tentativi di suicidio e arresti di blogger nel resto del Paese, malgrado le misure restrittive attuate dal governo.
A scatenare la nuova ondata di proteste è stata la morte, avvenuta giovedì nell’ospedale di Sidi Bouzid, di Mohamed Bouazizi, un giovane di 26 anni e con un titolo di studio alle spalle che il 17 dicembre scorso si è dato fuoco dopo che il suo banchetto abusivo di frutta è stato confiscato.
È l’idolo indiscusso di questa cruenta agitazione sociale, che ha portato migliaia di giovani, disoccupati e laureati a scendere in piazza manifestando la propria rabbia contro un governo che non fa nulla per risolvere i problemi del Paese: quasi il 72% dei manifestanti è disoccupato e ha meno di trent’anni.
Ma non sono solo i giovani che protestano. Al loro fianco ci sono pure i genitori e i familiari che sostengono con forza i loro figli perché sono consapevoli che per loro non c’è alcun futuro lavorativo. Emblematico il suicidio di Mohamed Slimane, un operaio edile di 52 anni, padre di due figli laureati e disoccupati, che si è impiccato a Chebba sul litorale sud-orientale.
Ma non è un caso isolato. Tanti i suicidi che hanno caratterizzato la rivolta.
A Requeb, Hamad Slimi, un giovane disoccupato, è salito su un traliccio minacciando di fulminarsi sui cavi dell’alta tensione e a Metlaoui, una zona mineraria, un altro ragazzo si è suicidato nel tentativo di denunciare la corruzione nel mercato del lavoro.
Ma è sulle strade che i manifestanti hanno fatto sentire la propria voce, scontrandosi con l’esercito.
A Jbeniana, 300 chilometri a sudest di Tunisi, la polizia ha disperso una manifestazione di liceali e altre più violente a Tala dove mercoledì sera ci sono stati cruenti scontri e arresti.
Alla rabbia dei manifestanti le forze dell’ordine hanno risposto con una dura repressione, suscitando la disapprovazione di molti, anche di chi ha un posto di lavoro sicuro. Migliaia di avvocati hanno scioperato per denunciare gli scontri avvenuti il 21 dicembre scorso durante una manifestazione di solidarietà a favore degli abitanti della regione di Sidi Bouzid. Lo ha riferito il presidente del collegio degli avvocati Abderrazak Dilani, precisando che i legali hanno denunciato “un uso senza precedenti” della forza e hanno affermato il dovere di “difendere la libertà di espressione” e “il diritto degli abitanti di Sidi Bouzid e di altre regioni all'occupazione, alla dignità”.
Lo sciopero è stato bollato come “atto politico contro il regime” da parte di avvocati del Raggruppamento costituzionale democratico, il partito al potere del presidente Zine El Abidine Ben Ali, che ha denunciato i diversi attacchi informatici contro i siti web tunisini, in particolare quelli legati al governo. Un attacco messo in atto da un gruppo di ignoti esperti internazionali di computer nascosti dietro il nome di “Anonymous group”.
Il gruppo di hacker ha infatti lanciato la cosiddetta “Operazione Tunisia” contro “la censura del governo”, diffondendo un video in cui si intravede un carro armato montato su un camion preceduto da una colonna militare: i mezzi sarebbero destinati a Tala, città teatro di duri scontri nei giorni scorsi.
Ma se il presidente Ben Ali non è riuscito a individuare gli autori dell’attacco informatico ha invece fatto arrestare senza esitazione Ben Amor, un rapper, che la settimana scorsa aveva lanciato su internet una canzone dal titolo “Presidente, il tuo popolo sta morendo” che nel testo faceva riferimento ai problemi dei giovani e alla piaga della disoccupazione nel Paese.
Dopo la Tunisia, anche l’Algeria è travolta da un’ondata di proteste provocate dagli ultimi aumenti dei prezzi di prodotti alimentari di largo consumo, come zucchero, farina e olio, ma anche da una disoccupazione molto alta.
Violente manifestazioni sono esplose negli ultimi due giorni ad Algeri, a Orano ma anche a Tipaza, Djelfa, Ouargla, Blida e in Cabilia. In pochi giorni il Paese è precipitato nel caos.
Secondo le cronache riportate dalla stampa locale e internazionale, disordini, atti di vandalismo, saccheggi e tafferugli tra forze dell’ordine e gruppi di giovani manifestanti si sono verificati venerdì in varie zone di Algeri, a cominciare dal quartiere di Bab el Oued, dove per la seconda notte consecutiva si sono svolte importanti manifestazioni che hanno visto la polizia intervenire con cannoni d’acqua e gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti.
Centinaia di giovani hanno bloccato la circolazione ed eretto barricate in diversi comuni vicino a Boumerdes, Bejaia e Bouira, nella Cabilia. Si parla di una ventina di feriti e di 40 arresti soltanto ad Algeri.
I repentini aumenti, che superano il 20% per zucchero e olio, “stanno creando un clima di inquietudine e rabbia, tra la popolazione e aggravano una situazione sociale già segnata da una grave disoccupazione”, scrive il giornale algerino El Watan, a dispetto della ricchezza del gigante del gas maghrebino.
Ma è soprattutto il timore di una nuova “rivolta della fame”, già avvenuta nell’ottobre del 1998, a destare maggiore preoccupazione. A Boumerdes, riporta il giornale Liberté, 50 panifici sono già stati costretti ad abbassare le saracinesche per la carenza di farina.
Intanto, il ministro del commercio, Mustapha Benbada, ha tentato di sminuire la portata della protesta, annunciando che “saranno prese le misure necessarie” e che lo Stato abbasserà i prezzi di alcuni prodotti di base.

sabato 8 gennaio 2011

Lecce: detenuto di 35 anni muore in cella a Capodanno, era cardiopatico e obeso

Si tratta del primo decesso registrato nelle carceri italiane nel 2011. Lo scorso anno sono morti in cella 173 detenuti, di cui 66 per suicidio. Nel carcere di Lecce, nel 2010, si sono verificati 5 decessi (2 per suicidio), mentre negli ultimi 5 anni nelle celle di “Borgo San Nicola” hanno perso la vita 17 persone, delle quali 7 si sono suicidate.

Tragico Capodanno per un detenuto foggiano, Salvatore Morelli, 35 anni. L’uomo è stato trovato morto all’alba del primo giorno del 2011 nella sua cella nel carcere di Borgo San Nicola a Lecce.
A stroncargli la vita, con ogni probabilità, un infarto. Ad allertare gli agenti di polizia penitenziaria il compagno di cella insospettito dal prolungato silenzio del 35enne. Vano ogni tentativo di rianimarlo da parte del medico del penitenziario e l’immediato trasporto all’ospedale di Lecce “Vito Fazzi”, dove i medici non hanno potuto far altro che constatarne il decesso.

Morelli era affetto da patologie preesistenti legate a problemi cardiocircolatori. Inoltre era obeso. Una situazione clinica che lo costringeva a recarsi quasi ogni giorno presso il nosocomio leccese, in modo da controllare le sue condizioni di salute. Sarà la relazione redatta dal medico legale Alberto Tortorella, a chiarire le cause della morte. Nelle prossime ore il sostituto procuratore Giuseppe Capoccia potrebbe disporre l’autopsia.

Il carcere di Lecce, ha un numero di detenuti più che doppio rispetto alla capienza regolamentare, presenta una situazione di vivibilità a dir poco critica, come testimoniano anche i dati diffusi oggi dal Sindacato Uil-Pa Penitenziari.

Dati relativi all’anno 2010

Fonte: Uil-Pa Penitenziari - Coordinamento Regionale Puglia


Capienza regolamentare: 680

Detenuti presenti: 1.449

Ricorsi al Magistrato di Sorveglianza c/o Tribunale di Lecce per ingiusta detenzione: 187

Ricorsi alla Commissione contro la Tortura della Corte di Strasburgo: 47

Tentati suicidi (con lettera d’addio): 41

Invii con estrema urgenza al Pronto soccorso per eventi critici: 937

Detenuti stranieri: 382

Detenuti tossicodipendenti: 253

Detenuti affetti da Epatite C: 361

Visite mediche eseguite giornalmente: 80

Detenuti affetti da patologie ansioso-depressive: 90

Detenuti affetti da patologie psicotiche: 40%

Detenuti che fanno uso di ansiolitici: 90%


da OSSERVATORIO PERMANENTE SULLE MORTI IN CARCERE

Radicali Italiani, Associazione “Il Detenuto Ignoto”, Associazione “Antigone”

Associazione A “Buon Diritto”, Redazione “Radiocarcere”, Redazione “Ristretti Orizzonti”

martedì 4 gennaio 2011

Buttare le primarie insieme a Vendola

C’è una manina dietro al doppio affondo giornalistico contro le primarie? Probabilmente sì, non capita tutti i giorni che il Corriere e la Repubblica smuovano contemporaneamente due firme pesanti come quelle di Sartori e Diamanti per trattare il medesimo tema. Più che trattare, è lecito dire demolire, visto che entrambi si sono presi la briga di criticare l’applicazione italiana della pratica americana, di rimarcarne i limiti interpretativi, di biasimarne i risultati pratici.
Chi sono i mandanti dell’assassinio? Difficilissimo dirlo, ma sembra evidente che la vendetta trasversale sia stata ordita per accoppare politicamente Nichi Vendola.

Sia l’ermetico Sartori che il prolisso Diamanti, infatti, hanno riservato un passaggio cruciale del loro ragionamento al presidente della Puglia, giusto per osservare che le sue passate e potenziali future vittorie rappresenterebbero il sintomo più evidente della malattia. Vuoi perché le primarie in quanto tali estremizzano la disputa politica, vuoi perché esse mobilitano i più politicizzati tra gli elettori, vuoi perché tendono a correntizzare i partiti più strutturati: fatto sta che nella versione nostrana finiscono per distorcere la vera proiezione elettorale del centrosinistra nel suo complesso e, di conseguenza, persino la mitologica volontà popolare.

La storiella girava da un po’ e dopo la ricaduta alle primarie milanesi è tornata di gran moda: stando alla vulgata fatta propria dagli illustri politologi (senza lo straccio di una pezza d’appoggio) l’elettore moderato a differenza di quello “ideologizzato” non si mobiliterebbe per scegliere il candidato interno al centrosinistra. Il problema insomma è che i sostenitori del Pd che sono un po’ più di centro fanno “sega” quando invece che ai seggi dovrebbero recarsi ai gazebo, cedendo il passo a quelli di “sinistra sinistra” che invece ai gazebo ci vanno sempre (per poi fare “sega” al seggio, stando almeno ai dati sull’astensionismo delle ultime elezioni, anche se su questo i politologi non ci illuminano).

E Prodi contro Bertinotti? Tutte balle, per Sartori e Diamanti la partita era decisa in partenza. E l’avvicendamento tra veltroniani e dalemiani alla guida del Pd, avvenuta grazie a un utilizzo apparentemente democratico delle primarie? Anche quella roba, non si capisce bene perché, non avrebbe alcun valore. Basta: le primarie, come recitava il titolo di uno dei due editoriali (quello di Sartori) farebbero solo il male del Pd.

Il problema è che sono anni che tutto il centrosinistra sostiene l’esatto contrario, anche se leggendo le reazioni politiche di ieri non sembrerebbe così. Pochissimi hanno speso una dichiarazione alla stampa per difendere l’emblema del Pd, fatta eccezione per i veltroniani che però ne fanno più uno strumento per una disperata lotta interna che una ragione di principio. Per il resto silenzio-assenso, il che significa che i “congiurati” Sartori-Diamanti hanno ricevuto la benedizione della maggioranza del partito, che per togliersi di torno i casi alla Vendola ha accettato di sacrificare le primarie.

Si butta il bambino con l’acqua sporca, ma si perde anche la faccia: non si possono passare anni ad elogiare uno strumento politico, a mobilitare gli intellettuali di riferimento alla Sartori e alla Diamanti per costruire un mito democratico, a far pubblicare centinaia di peana sulle prime pagine dei giornali per convincere i propri sostenitori della bontà della strada intrapresa. Non si può fare tutto questo per poi iniziare la manovra inversa volta a screditare lo strumento politico, a demolire il mito democratico, a denigrare la strada vecchia. Soprattutto se a determinare l’avanti tutta e l’indietro tutta è la stessa classe dirigente, gli stessi politici che ieri dicevano bianco e oggi sostengono nero. Queste contraddizioni interne, in mancanza di dimissioni di massa e di un ricambio generazionale, saltano agli occhi dei lettori dei quotidiani e dei cittadini elettori. Così si perde la faccia.

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