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venerdì 28 gennaio 2011

Gioia e Rivoluzione: quando la lotta deve partire dagli intellettuali e dagli artisti


di Fernando Bassoli
Prendo spunto, per il titolo di questo articolo, da una bellissima canzone degli Area, che, nella formidabile interpretazione di Demetrio Stratos, segnò un’epoca per certi versi simile alla nostra.

Stratos, che la cantava nell’ormai lontano 1975, preparando la strada a una generazione di intellettuali impegnati, cercava di spiegare che la vera rivoluzione doveva passare, prima di tutto, attraverso le arti.

Nel caso specifico di “Gioia e Rivoluzione”, il “mitra” da utilizzare per sensibilizzare i potenti era rappresentato da un contrabbasso, ma, a pensarci bene, le armi utilizzate per lottare per costruire un mondo migliore potrebbero essere anche il pennello di un pittore o la penna di uno scrittore, lo scatto particolarmente ispirato di un fotografo o il pezzo illuminante di un giornalista libero di scrivere/dire quello che pensa. Perché tutto ciò che riusciamo a fare con passione estrema è una forma d’arte. E se tutti noi siamo arrabbiati e, invece di restare con le mani in mano, cerchiamo di fare qualcosa di utile e concreto, allora iniziano tempi complicati per chi deve amministrare il potere e non lo fa nel migliore dei modi.

Purtroppo stiamo vivendo in un periodo davvero buio per la nostra società, un periodo di decadenza insopportabile e per alcuni aspetti incomprensibile, proprio nell’anno dell’anniversario numero 150 dell’unità nazionale. “Come abbiamo fatto a ridurci così?” viene da domandarsi.

Nell’epoca delle escort di Stato (non è importante sapere se i rapporti venissero consumati o meno), dove viene messa in discussione perfino la Magistratura, l’idea di un’Italia della quale andare orgogliosi, intesa come patria del diritto e culla di una cultura ispiratrice di valori e nobili ideali, è solo un ricordo sbiadito.

UN DISAGIO DIFFUSO - Come diceva Giorgio Gaber nella canzone “Io non mi sento Italiano” oggi, nel 2011, ci sentiamo paradossalmente stranieri in un Paese che dovremmo invece sentire profondamente nostro. Perché non ci riconosciamo più in chi ci amministra e dovrebbe dare l’esempio. Queste persone ci fanno schifo. Vi pare poco?

Il problema è che l’Italia è diventata una Nazione ridicola, derisa dalla stampa di tutto il mondo, impantanata in una situazione assurda, patetica, sulla quale è superfluo soffermarsi, dato che andiamo sostenendo le medesime cose da anni.

Una cosa è comunque certa: per smuovere le acque serve un cambiamento drastico, radicale, cioè le dimissioni di Silvio Berlusconi. Perché a questo punto è difficile accettare il suo morboso attaccamento alla poltrona di premier, neanche fosse questione di vita o di morte. In questo modo – dimettendosi – uscirebbe di scena con un minimo di dignità, come fece Marrazzo, travolto dallo scandalo-trans mentre occupava l’importante incarico di Presidente della Regione Lazio, mica pizza e fichi. Perché così non si può andare avanti. È vero che nell’immediato non esistono alternative valide – sono il primo a denunciarlo da tempo -, ma questo non vuol dire che Berlusconi debba rimanere inchiodato a quella prestigiosa ed evidentemente comoda poltrona, nonostante mezza Italia non lo voglia più al Governo.

IL DOVERE DI LOTTARE - Se non dovesse liberarci della sua presenza, le soluzioni che ci rimangono sono davvero poche. Le elezioni, certo: è da lì che si deve ripartire. Ma serve anche una sorta di rivoluzione culturale, guidata con intelligenza da intellettuali e artisti illuminati (ci sono, ci sono), perché è necessario recuperare la capacità di scuotere le coscienze addormentate di cittadini sempre più sudditi, stanchi, vinti da un pesante fardello di problematiche infinite che hanno fatto perdere pazienza e lucidità ai più.

A volte chi cerca di cambiare qualcosa in maniera non violenta attraverso la propria arte e le proprie provocazioni viene ostacolato o addirittura censurato, perché scomodo, perché rema contro questa postdemocrazia anomala e strampalata in cui i furbetti la fanno sempre franca. Ma non importa, bisogna insistere perché, come ci insegnarono i Latini, la goccia scava la roccia.

A rigor di logica, alla luce degli ultimi avvenimenti, davvero penosi, la tanto amata poltrona del Premier sarebbe già dovuta essere di qualcun altro.

Un’intera generazione di politici impresentabili ci ha rovinato il futuro, lo sappiamo tutti. Non resta che continuare a portare nel profondo del cuore la voglia di cambiare – in meglio! – questo stato di cose.

Sarà la storia a dirci come e da chi ripartire per fare rinascere questo povero Paese dalle proprie ceneri, come l’araba fenice.

da Reset-Italia

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