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giovedì 8 aprile 2010

La firma sulla deriva populista


La cosa che più dovrebbe apparire strana, è la considerazione generalmente data alla notizia della firma di Napolitano sulla legge sul legittimo impedimento. Non è notizia da prima pagina.

Lo sarebbe in un Paese, come si dice? normale; in uno Stato con una democrazia matura ed affermata; in una nazione che ancora è capace di vergognarsi, indignarsi e reagire. In Italia, no. In Italia appare più che ovvio che un presidente della Repubblica apponga il suo sigillo su una ignobile legge, che si dichiara incostituzionale nel suo stesso testo di appena due articoli: il primo afferma che presidente del consiglio e ministri sono più uguali degli altri, di fronte alla legge; il secondo rimanda ad una legge costituzionale per trattare la materia della legge stessa.L'articolo 2, in sostanza, ammette che la materia deve essere trattata con una legge costituzionale, ma che siccome i procedimenti penali del caimano sono in corso ed i tempi per l'emanazione di una legge costituzionale sono lunghi, si è fatto ricorso ad una legge ordinaria per salvare Mr. B dai processi. In attesa del Lodo Alfano, rivisto e corretto.

C'era da immaginare che qualcuno potesse sperare in uno scatto d'orgoglio istituzionale da parte di Napolitano, dopo il rinvio alle Camere del DDL che aggira l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Ma di fatto, il capo dello Stato, anche in quel caso non oppose giudizi di sospetta incostituzionalità (che pure ci sono), ma osservazioni che saranno presto e facilmente aggirate. E poi, diciamola tutta: l'abolizione di fatto dell'articolo 18, non è questione di prioritario interesse di Berlusconi. Ha altro a cui pensare il caudillo, il quale ha bene in mente la necessità di arrivare penalmente immacolato alla presidenza della Repubblica, rivestita di semipresidenzialismo alla francese (sul quale sono d'accordo praticamente tutti, dal PDL al PD, passando per la Lega). Dovrà essere presentabile il Napoleone de noiartri, quando salirà in cima al Colle, legittimato dal voto popolare a comandare uno Stato ridotto ad essere un giocattolo a suo uso e consumo.

Se così fosse, i timori per questa firma di Napolitano all'ennesima legge vergogna del governo Berlusconi, sono ancora più giustificati leggendo il richiamo ai partiti, da parte dello stesso presidente della Repubblica, a fare le riforme dello Stato. Un richiamo contemporaneo alla promulgazione del "legittimo impedimento". In pratica Napolitano, proprio nel momento in cui appone la sua firma su una delle peggiori leggi dell'era Berlusconi IV, invita le forze politiche a dialogare su riforme che sono già annunciate come funzionali a rafforzare i poteri dell'esecutivo, che con la guida del caimano vedrà pericolosamente accresciuta la spinta populista e autoritaria. Non c'è da stare tranquilli.

Related Link: http://ilcambiodellaruota.blogspot.com/

da Indymedia

Pasolini e la morte di Enrico Mattei. Il mistero “scandaloso” della storia italiana

La tragica morte dello scrittore legata a filo doppio a quella del fondatore dell’Eni Enrico Mattei. Un’inchiesta giudiziaria finita nell’archivio di Pavia e la probabile riapertura delle indagini a Roma. Un filo rosso che lega la “storia criminale” della nostra Repubblica e che ripercorriamo nei suoi aspetti più incredibili

L’indagine del magistrato Calia e la morte di Mauro De Mauro


Vincenzo Calia, magistrato della Procura di Pavia, sembra uscito dalle pagine di un romanzo di Carofiglio. Nel 2001 decise di riaprire il “caso Pasolini”, che poi fu archiviato per l’impossibilità di farlo arrivare ad un processo. Nonostante ciò, Calia ha maturato una convinzione precisa sulla morte di Mattei e su quella dello scrittore friulano. L’ha riassunta il maresciallo Enrico Guastini, responsabile della parte investigativa, secondo il quale Pasolini era arrivato alle medesime conclusioni del giornalista palermitano Mauro De Mauro, scomparso il 16 settembre 1970 (in realtà ucciso da esponenti mafiosi con il metodo della lupara bianca). Com’è noto, De Mauro era stato assoldato dal regista Francesco Rosi per fare un’indagine sulla morte di Mattei, che poi sarebbe stata utilizzata per il film che Rosi avrebbe diretto con Gian Maria Volontè. Lui stesso aveva confidato agli intimi di aver scoperto una “verità sconvolgente” sulla morte di Mattei, orgoglioso del più importante scoop della sua carriera di cronista investigativo.
[Mauro De Mauro, vittima della lupara bianca]

Mauro De Mauro, vittima della lupara bianca
Secondo il maresciallo Guastini, furono parecchi quelli che, avendo incrociato la tragica sorte di Mattei, ci lasciarono le penne e precisa: «L’ipotesi che l’ambiente politico-economico avesse tutto l’interesse ad eliminare Pasolini merita un serio approfondimento, specialmente dopo che Pelosi ha fatto le sue ammissioni. Diciamo che è una possibilità logica». Pelosi, infatti, dopo trent’anni di silenzio ha ammesso che, la famosa sera del 2 novembre 1975, non era solo con Pasolini. L’ex assessore alla cultura del Comune di Roma Gianni Borgna che, su ispirazione di Walter Veltroni, ha promosso la costituzione di parte civile del Comune in un’eventuale nuovo processo, ha affermato: «Noi abbiamo sempre pensato che non si tratta di un omicidio sessuale ma politico. Nel caso Pasolini si voleva eliminare una voce scomoda, facendo passare tutto per un delitto sessuale. Il caso Mattei è una possibile chiave». Borgna precisa anche che «in quei mesi le sue accuse (di Pasolini, ndr) erano diventate sempre più dure e circostanziate, cominciava a fare dei nomi. Bisognerebbe collegare il suo omicidio con “Petrolio” e con il fatto che proprio in quel periodo Pasolini maneggiava materiale incendiario».

Un omicidio necessario

Chi non nutre alcun dubbio sulla morte di Pasolini sono due bravissimi giornalisti dell’Ansa di Palermo, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza che, nel febbraio 2009, danno alle stampe “Profondo nero”, la più completa inchiesta sulla morte di Pasolini in collegamento con la vicenda Mattei-Cefis. Partendo dalla inchiesta del pubblico ministero Scalia, gli autori illustrano e commentano, con un abbondante materiale indiziario, le conclusioni cui essa giunge, che sono così riassumibili: «Il cuore di “Petrolio” è tutto qui. Nella denuncia della ramificazione criminale del potere economico in Italia. Nella scoperta delle origini della strategia della tensione, orchestrata e finanziata dai potentati economici, con un gioco perverso tollerato dai più alti rappresentanti delle istituzioni. Nella consapevolezza della totale manipolazione degli organi di informazione in un Paese che non ha mai conosciuto e forse non conoscerà mai, una vera libertà di stampa. Nella individuazione di un progetto eversivo, che corre parallelo alla storia repubblicana degli anni Settanta, e che funziona come perenne arma di ricatto, di corruzione, di potere».

[Il pm Vincenzo Calia, autore dell'inchiesta sulla morte di Mattei]

Il pm Vincenzo Calia, autore dell'inchiesta sulla morte di Mattei
Un unico filo – rosso di sangue – legherebbe, dunque, numerosissimi misteri italiani, che avrebbero una data di inizio proprio a Bascapè nel 1962, tanto che Amintore Fanfani ebbe a dichiarare: «Forse l’abbattimento dell’aereo di Mattei è stato il primo gesto terroristico nel nostro Paese». Basti a tal fine considerare quanto si riferiva in una nota riservata del Sismi (il servizio segreto civile), allegata alle carte dell’inchiesta del giudice Calia: «La Loggia P2 è stata fondata da Eugenio Cefis che l’ha gestita fino a quando è rimasto presidente della Montedison». Ancora una volta, spunta fuori la Loggia massonica apparentemente capeggiata da un oscuro mercante di materassi, Licio Gelli, al crocevia di infiniti misteri, tutti irrisolti ma che molto probabilmente era soltanto un prestanome di personaggi più autorevoli e potenti.

L’ultimo tassello: Marcello Dell’Utri

Ad ingarbugliare ancora di più i nodi di una matassa che forse non sarà mai districata ci si è messo anche il senatore Marcello Dell’Utri. Il 2 marzo scorso, durante una conferenza stampa, il senatore berlusconiano ha annunciato con grande clamore di essere entrato in possesso del famoso capitolo pasoliniano, “Lampi sull’Eni” e che lo stesso sarebbe stato esposto alla Mostra del Libro Antico a Milano il 12 marzo. Ma poi, si scopre che si tratta di un bluff. Dell’Utri successivamente ha affermato che quelle carte, in realtà, le ha potute soltanto visionare ma il reale possessore, spaventato dal clamore della vicenda, si è rifiutato di concederle. Incredibile affermazione,
smentita soltanto a distanza di pochi giorni. Tanto che il sostituto procuratore di Roma Francesco Minisci ha chiesto l’audizione del parlamentare per chiarire la reale portata di quanto dichiarato. Lo stesso magistrato cui, nel 2009, è stata indirizzata una richiesta di riapertura delle indagini da parte dell’avvocato Stefano Maccione. Proprio nei giorni scorsi, lo stesso legale ha annunciato l’esistenza di un testimone, finora sconosciuto, il quale avrebbe confermato la presenza di almeno un’altra persona la notte dell’omicidio all’Idroscalo di Ostia, una persona mai comparsa nelle indagini, della quale avrebbe fornito nome e cognome.

Come scrive acutamente Carla Benedetti, critico letterario de “L’Espresso” e stimata filologa, «Finché l’assassino siede sul trono di Danimarca, il fantasma del re ucciso non trova pace. E nemmeno il figlio. Non ci sarà pace finché il mondo resterà così fuori dai cardini, con i colpevoli impuniti e le storie letterarie che raccontano di Pasolini ucciso mentre tentava di violentare un ragazzo». Una violenza che, invece, fu interamente rivolta contro Pier Paolo Pasolini. Ed il movente potrebbero essere quelle sue parole: "Io so".

da Indymedia

Kirghizistan, ri-rivoluzione colorata

Le opposizioni prendono il potere instaurando un governo provvisorio guidato da Roza Otunbayeva, molto vicina agli Usa, che infatti sono stati subito rassicurati sulla permanenza della loro grande base militare nel paese

Chi di rivoluzione colorata ferisce, di rivoluzione colorata perisce.
Cinque anni dopo essere salito al potere con la 'rivoluzione dei tulipani', il presidente kirghiso Kurman Bakyiev è stato rovesciato nello stesso modo e dalle stesse forze che lo avevano portato in carica: quelle sostenute dagli Stati Uniti, delusi dai risultati del cambio di regime del 2005.

Roza rassicura Washington. Dopo un giorno e una notte di violenti scontri, costati decine di morti e centinaia di feriti, il presidente Bakyiev ha lasciato la capitale tornando nella sua città natale (Jalalabad, nel sud del paese) e le opposizioni hanno preso il controllo del paese e delle forze armate, installando a Bishkek un governo provvisorio con a capo la loro principale leader, Roza Otunbayeva, che nei giorni scorsi era rimasta nell'ombra in attesa di tornare in scena. In una conferenza stampa, la Otunbayeva ha annunciato che sono già stati nominati nuovi ministri e che l'esecutivo transitorio rimarrà in carica fino a settembre per dare al paese una nuova Costituzione, più democratica, e preparare il terreno a nuove elezioni presideziali. Ha anche annunciato che la grande base militare Usa di Manas rimarrà aperta senza cambiamenti.

Dalle rose ai tulpani' made in Usa'. Ministro degli Esteri negli anni '90, quando era ancora al potere Askar Akayev, Roza Otunbayeva è stata la prima ambasciatrice del Kirghizistan negli Stati Uniti, in Canada e Gran Bretagna, dove ha vissuto fino al 2003, quando si è trasferita in Georgia per conto dell'Onu in coincidenza con la 'rivoluzione delle rose' di Tbilisi. Lì la Otunbayeva ha 'studiato' da vicino la pratica delle 'rivoluzioni colorate' e ha stretto contatti con le fondazioni statunitensi che le finanziano e le sostengono per conto di Washington: in particolare la fondazione Open Society di George Soros, la Freedom House di William Taft IV, il National Endowment for Democracy del Dipartimento di Stato e le due potenti organizzazioni internazionali di democratici e repubblicani, ovvero il National Democratic Institute e l'International Republican Institute.

Cinque anni dietro le quinte. Nel 2004 è tornata in patria diventando subito una delle principali leader della 'rivoluzione dei tulipani' del marzo 2005. Lasciata fuori dal nuovo governo 'rivoluzionario' del presidente Bakiev, la Otunbayeva è subito diventata la sua principale critica per le scarse aperture alla democrazia e all'Occidente. Nel novembre 2006 ha guidato le manifestazioni popolari contro il governo, per poi continuare a guidare l'opposizione da dentro il parlamento. Fino al suo clamoroso ritorno in scena di oggi.

di Enrico Piovesana da PeaceReporter

Placare Placanica


di Doriana Goracci
Mario Placanica era un giovane carabiniere il 20 luglio 2001, accusato e poi assolto di aver ucciso Carlo Giuliani, a Genova.Il giovane carabiniere cresce come la somma erogata, 400.000 euro, che gli fu consegnata da Vittorio Feltri direttore del quotidiano Libero, ricavata da sottoscrizioni aperte e chiuse in un anno, per sostenere le spese legali e mediche del giovane militare coinvolto, suo malgrado, nei gravi incidenti di Genova, simbolo non solo delle aggressioni fisiche, ma anche di una campagna di delegittimazione del lavoro delle forze dell’ordine“ e diventa anche padre oltre che marito di Sveva Mancuso. Sono passati 9 anni e non è chiaro niente,tantomeno cosa passa nella mente di quell’uomo non qualunque per una giornata non qualunque del G8 italiano.

Sono invece molto comuni le denunce della moglie che da un articolo del secolo XIX intitolato «Le minacce a Placanica? Se le scriveva da solo», si rende noto che “ lo ha lasciato nell’ottobre 2007, dopo due anni di matrimonio, e un figlio, dopo aver diviso con lui sofferenze, botte, incidenti sospetti, paranoie, microspie, psicofarmaci, ossessioni: un baratro in cui i fantasmi di Mario avrebbero fatto sprofondare l’intera famiglia. Con i pezzi di una vita da rimettere insieme, giù in Calabria.“

Si sono aggiunte da due anni le accuse di violenza sessuale nei confronti di una bambina, all’epoca undicenne.Placanica scrive, alla moglie e ai giornali, bigliettini non proprio amorosi e non a firma sua, ovviamente.

La vicenda comune di una donna che denuncia violenze, si accoppia alla banalità di una straordinaria giornata genovese, dove chi l’ha vissuta, ha visto con i propri occhi la conferma di una società senza diritto e certezza di giustizia, dove il potere rappresentato da potenze mondiali, non nuove a scenari di violenza e terrore indotto, ha dato una prova schiacciante ogni verità, anche se migliaia sono state le documentazioni e le denunce. E tutto si placa,non Placanica, in nome della nostra Protezione, anche le stragi, prima e dopo Genova, con qualunque amministrazione allora presente, qualunque istituzione avesse calcato, o calcherà, lo scenario. Lo spettacolo del silenzio omertoso, continua e il sipario cala, a placare qualunque domanda, anche quelle che non si fanno, per ignoranza, stanchezza, rassegnazione. Ci diamo delle risposte. E chi le sente le une e le altre? Tornano le voci, come nelle menti dei matti, quelli che si sdoppiano, che fanno la parte di chi recita il torturatore e il torturato.E’ legittimo qualsivoglia impedimento, perchè nulla accada.Si aspetta, la fine del chiacchiericcio e la Ricostruzione, quella dai modi seri e certi, che non ha paura di reprimere e controllare la paura, di mettere a tacere, per sempre.Magari in una grotta come in un innocente gioco, un Domino.Cappuccio nero e maschera bianca, effetto a catena.

Doriana Goracci



“Dal 19 marzo le sono arrivati a ripetizione tre bigliettini: «Puttana ti ammazzo stai zitta», «Morte stronza», «Puttana muori», frasi sovrastate da una piccola falce e martello, scritte a stampatello, con la grafia nervosa di un bambino. «Inizialmente – fa annotare Sveva ai carabinieri – non volevo fare questa denuncia in quanto credevo si trattasse di qualcosa di poca importanza»… «Mario è abituato a scrivere bigliettini e minacce per attirare l’attenzione», dice.Lo ha già fatto nel 2007. La lettera di minacce firmata Brigate Rosse rivolte a lui e al segretario della Cei Angelo Bagnasco, con su scritto “Mario Placanica morte. Bagnasco al rogo. Solidarietà con i compagni. Viva Carlo Giuliani”, «se l’è scritta da solo» racconta Sveva: «La sera del 30 aprile del 2007 stavo dormendo. Apro gli occhi e vedo Mario che guarda su internet un sito con le immagini del sequestro di Aldo Moro. Noto che sta ricalcando con cura la stella delle Br. Gli chiedo cosa sta facendo, e lui mi dice di stare zitta, per le microspie. Mi avrebbe raccontato la mattina dopo, l’1 maggio, quando ho visto con i miei occhi imbucare la lettera nella nostra cassetta della posta». Allo stesso modo nei giorni precedenti «è stato lui a scrivere con le bombolette spray le minacce di morte apparse sui muri vicino a casa nostra a Sellia Marina, firmate “Brigata 20 luglio”». E sempre lui è l’autore a delle minacce telefoniche di morte all’avvocato Ezio Menzione, che si occupava di difendere alcuni no-global nel processo per i disordini del G8 di Genova. Telefonate partite da una cabina di Montepaone Lido a fine maggio 2007. L’1 giugno Placanica sarebbe stato chiamato a deporre come teste a Genova. Sveva ha assistito impotente ad ogni azione del marit: ,«Ero costretta – si sfoga – mi minacciava, mi picchiava. Non sta bene. È psicopatico e schizofrenico»…Ma perché dire tutto solo oggi? «Perché sono sola e penso che Mario venga coperto da polizia e carabinieri. Che nonostante le mie continue denunce non mi aiutano. E poi perché mi vuole togliere il bambino che ho avuto da lui». Sveva infatti il 5 maggio sarà in tribunale, convocata dall’avvocato di Placanica per sottrazione di minore.Ricorda anche «le sue continue sniffate di coca» che mescolate agli psicofarmaci una volta stavano costando la vita a tutti e due per un incidente. Dopo essere riuscita a liberarsi di lui, a lasciarlo, Sveva ha chiamato Menzione e gli ha raccontato quasi in lacrime la verità. Ma perché dire tutto solo oggi? «Perché sono sola e penso che Mario venga coperto da polizia e carabinieri. Che nonostante le mie continue denunce non mi aiutano. E poi perché mi vuole togliere il bambino che ho avuto da lui». Sveva infatti il 5 maggio sarà in tribunale, convocata dall’avvocato di Placanica per sottrazione di minore.

da Reset-Italia