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martedì 4 gennaio 2011

Buttare le primarie insieme a Vendola

C’è una manina dietro al doppio affondo giornalistico contro le primarie? Probabilmente sì, non capita tutti i giorni che il Corriere e la Repubblica smuovano contemporaneamente due firme pesanti come quelle di Sartori e Diamanti per trattare il medesimo tema. Più che trattare, è lecito dire demolire, visto che entrambi si sono presi la briga di criticare l’applicazione italiana della pratica americana, di rimarcarne i limiti interpretativi, di biasimarne i risultati pratici.
Chi sono i mandanti dell’assassinio? Difficilissimo dirlo, ma sembra evidente che la vendetta trasversale sia stata ordita per accoppare politicamente Nichi Vendola.

Sia l’ermetico Sartori che il prolisso Diamanti, infatti, hanno riservato un passaggio cruciale del loro ragionamento al presidente della Puglia, giusto per osservare che le sue passate e potenziali future vittorie rappresenterebbero il sintomo più evidente della malattia. Vuoi perché le primarie in quanto tali estremizzano la disputa politica, vuoi perché esse mobilitano i più politicizzati tra gli elettori, vuoi perché tendono a correntizzare i partiti più strutturati: fatto sta che nella versione nostrana finiscono per distorcere la vera proiezione elettorale del centrosinistra nel suo complesso e, di conseguenza, persino la mitologica volontà popolare.

La storiella girava da un po’ e dopo la ricaduta alle primarie milanesi è tornata di gran moda: stando alla vulgata fatta propria dagli illustri politologi (senza lo straccio di una pezza d’appoggio) l’elettore moderato a differenza di quello “ideologizzato” non si mobiliterebbe per scegliere il candidato interno al centrosinistra. Il problema insomma è che i sostenitori del Pd che sono un po’ più di centro fanno “sega” quando invece che ai seggi dovrebbero recarsi ai gazebo, cedendo il passo a quelli di “sinistra sinistra” che invece ai gazebo ci vanno sempre (per poi fare “sega” al seggio, stando almeno ai dati sull’astensionismo delle ultime elezioni, anche se su questo i politologi non ci illuminano).

E Prodi contro Bertinotti? Tutte balle, per Sartori e Diamanti la partita era decisa in partenza. E l’avvicendamento tra veltroniani e dalemiani alla guida del Pd, avvenuta grazie a un utilizzo apparentemente democratico delle primarie? Anche quella roba, non si capisce bene perché, non avrebbe alcun valore. Basta: le primarie, come recitava il titolo di uno dei due editoriali (quello di Sartori) farebbero solo il male del Pd.

Il problema è che sono anni che tutto il centrosinistra sostiene l’esatto contrario, anche se leggendo le reazioni politiche di ieri non sembrerebbe così. Pochissimi hanno speso una dichiarazione alla stampa per difendere l’emblema del Pd, fatta eccezione per i veltroniani che però ne fanno più uno strumento per una disperata lotta interna che una ragione di principio. Per il resto silenzio-assenso, il che significa che i “congiurati” Sartori-Diamanti hanno ricevuto la benedizione della maggioranza del partito, che per togliersi di torno i casi alla Vendola ha accettato di sacrificare le primarie.

Si butta il bambino con l’acqua sporca, ma si perde anche la faccia: non si possono passare anni ad elogiare uno strumento politico, a mobilitare gli intellettuali di riferimento alla Sartori e alla Diamanti per costruire un mito democratico, a far pubblicare centinaia di peana sulle prime pagine dei giornali per convincere i propri sostenitori della bontà della strada intrapresa. Non si può fare tutto questo per poi iniziare la manovra inversa volta a screditare lo strumento politico, a demolire il mito democratico, a denigrare la strada vecchia. Soprattutto se a determinare l’avanti tutta e l’indietro tutta è la stessa classe dirigente, gli stessi politici che ieri dicevano bianco e oggi sostengono nero. Queste contraddizioni interne, in mancanza di dimissioni di massa e di un ricambio generazionale, saltano agli occhi dei lettori dei quotidiani e dei cittadini elettori. Così si perde la faccia.

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