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mercoledì 14 ottobre 2009

TRICASE - Gli operai Adelchi ritornano in Comune



Gli operai Adelchi sono ritornati al Comune di Tricase, occupandolo ed impedendo ai dipendenti di lavorare. Non si placa la rabbia per quello che giudicano disinteresse delle istituzioni

Da ieri hanno occupato il Comune di Tricase impedendo ai dipendenti comunali di svolgere le proprie mansioni quotidiane. Non si placa la rabbia dei lavoratori Adelchi esplosa ieri, alla notizia che l'incontro fissato in regione sarebbe stato spostato di una settimana. Si terrà il 19 ottobre alle ore 15, così hanno fatto sapere dall'Ente di via Capruzzi, per via di altri impegni urgenti e non rimandabili. Dopo la manifestazione di ieri, un sit lungo le vie centrali della città, oggi gli operai hanno voluto far sentire ancor di più la loro voce. E sono ritornati al Comune. Ci sono entrati e l'hanno occupato nuovamente, trovando nel primo cittadino Antonio Musarò – così hanno detto – l'unico interlocutore tra le istituzioni.

da IlTaccoD'Italia

Fondi FAS: l'appello della Puglia economica e sociale al Governo

Questo il testo dell’appello al Governo per lo sblocco immediato dei Fondi Fas destinati alla Puglia, firmato ieri al termine della riunione del partenariato economico e sociale con il Presidente della Giunta Regionale Nichi Vendola e i capigruppo della maggioranza del Consiglio Regionale della Puglia: "Il ritardo inspiegabile della presa d’atto da parte del CIPE del programma FAS Puglia (già prevista per il luglio scorso) e dei conseguenti provvedimenti utili all’effettivo sblocco dei fondi, è inaccettabile per le forze economiche e sociali della Regione. E’ l’intera Puglia a richiedere al governo l’immediata attivazione delle risorse, e quindi degli interventi previsti dal FAS. Si fa appello al Governo nazionale affinché si dia immediata risposta alle attese dei cittadini pugliesi" .

Il Presidente della Regione Puglia NichiVendola

Il Partenariato economico e sociale della Puglia

I Capigruppo del Consiglio Regionale della Puglia

da GrandeSalento

MAGLIE - Copersalento occupata



Hanno occupato la struttura salendo fin sul tetto. Gli operai della Copersalento, in scadenza di cassa integrazione, chiedono un posto di lavoro
Dal prossimo mese non riceveranno più la cassa integrazione ordinaria anticipata finora dall'azienda. Così ieri gli operai della Copersalento di Maglie, 35 in tutto, hanno occupato con un'assemblea permanente gli uffici e l'impianto arrivando fin sul tetto, minacciando di non andar via fino a che non si sia trovata una soluzione alla loro condizione di incertezza lavorativa.
La Copersalento è chiusa per via dei continui sforamenti nelle emissioni di fumi nell'aria; i lavoratori non chiedono che venga necessariamente riaperta, ma di essere ricollocati nel circuito occupazionale. Intanto ieri pomeriggio, una delegazione di loro è stata ricevuta da Umberto Guidato, viceprefetto.

da IlTaccoD'Italia


Copersalento: un operaio minaccia di dar fuoco al tutto, un altro sale sul tetto

Lecce (salento) - Copersalento occupata: Maglie trema. Sono in 42 gli operai del sansificio oggi senza lavoro e senza ammortizzatori sociali. La cassa inetgrazione è subordinata al ripristino dell’attività. Allertato il prefetto.

(Pierpaolo Spada) - Il gesto estremo di qualche lavoratore era prevedibile, perchè intenzione comunicata al termine del tavolo tecnico di lunedì scorso alla Provincia. L’impianto non può riaprire perchè secondo l’Arpa non sarebbe nelle condizioni di rispettare i limiti di legge (0,1 nanogrammi). Ieri mattina, intorno alle 9, i 42 operai del sansificio hanno deciso: occupazione della fabbrica. Ma ci è mancato poco che l’impianto, ieri stesso, finisse in cenere.
Un operaio è entrato nello stabilimento si è avvicinato ai serbatoi di etano minacciando di incendiare tutto. Nel pomeriggio, un altro lavoratore, in preda al panico, è salito sul tetto dell’impianto manifestando tutta la propria rabbia. Insomma, anche a Maglie la pazienza non ha più autonomia.

E come prevedibile, la protesta è sfociata, con seri rischi di tragico epilogo come i fatti dimostrano, sebbene occorra evidenziare il valore piuttosto simbolico dell’occupazione posta in atto: dipendenti amministrativi e dirigenti sono rimasti sono rimasti al loro posto.

Immediata è stata la convocazione di un incontro con il viceprefetto di Lecce. La riunione si è svolta alle 16,30 e si è conclusa poco dopo. Il viceprefetto ha preso atto della situazione e lo ha comunicato al prefetto Mario Tafaro, che dovrebbe rientrare a Lecce in giornata. La speranza dei lavoratori e dei sindacati è che Tafaro convochi subito la riunione per fare il punto della situazione e soprattutto trovare il modo di sbloccare la cassa integrazione che questi lavoratori non percepiscono da settembre, per avvenuta sospensione. Il problema Copersalento gode in questo momento di due elementi principali, non distinti e non separati: la produzione e il lavoro. Se non riparte il primo non può ripartire nemmeno il secondo.

Il tavolo tecnico, al quale anche il presidente della Provincia Antonio Gabellone ha partecipato lunedì scorso, è servito a ribadire il concetto che, per ora, nelle condizioni in cui l’impianto è, non può ripartire. Ma attenzione, perché il documento dell’Arpa non è stato redatto l’altro ieri e nemmeno il giorno prima. Risale almeno a una settimana fa.

E proprio il delegato Arpa - inviato a Lecce dal direttore Giorgio Assennato in sua sostituzione - ieri ha specificato che: “Non è che l’Arpa dice l’impianto deve restare chiuso. L’Arpa dice solamente di attivare una fase di sperimentazione per verificare quanto nuovamente constatato”.

Dall’altra parte, però, c’è l’azienda che all’Arpa chiede una certa elasticità. E’ un’azienda che sta facendo la corsa per ripartire. Ci sono ingenti finanziamenti che potrebbero andare perduti. Non si vuole perdere altro tempo. Come è emerso nel tavolo di lunedì, esiste, poi, ancora un altro aspetto legato alle autorizzazioni funzionali al funzionamento dell’impianto.

Come hanno spiegato i lavoratori: “Con l’autorizzazione attuale inquiniamo poco ma non possiamo lavorare. Con un’altra autorizzazione, che prevede maggiore inquinamento, emissione fino a 2.5, inquineremmo di più e potremmo lavorare”. “E’ ridicolo”, dicono. “E’ tutta una questione politica”, urlano, come hanno fatto ieri sera a Maglie manifestando apertamente in piazza Aldo Moro ostruendo anche la circolazione agli automobilisti.

FlaiCgil ritiene che “la situazione stia ormai sfiorando il paradossale e si stia interamente riversando sui lavoratori che dal prossimo mese non riceveranno più la cassa integrazione ordinaria, anticipata fino a ora dall’azienda. “Uno stato di disagio - scrivono i segretari Antonio Gagliardi e Roberto Natali - che rischia”, come sta avvenendo, “in ogni momento di trasformarsi in esasperazione e di sfociare in atti drammatici che il sindacato sta cercando di scongiurare”. La richiesta diretta al prefetto è di “incontro urgente”.

Infine, vogliamo segnalarvi anche il parere di chi, sulle questioni di ordine ambientale e occupazionale, non fa mai mancare il suo intervento. Questa volta la biblioteca di Sarajevo lo fa con una proposta, ad onor del vero, avanzata da qualche tempo: “Dopo la bonifica del terreno, sostituire l’inceneritore con un impianto di compostaggio. Ciò permetterebbe di chiudere il ciclo di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani anche per la parte umida, che verrebbe così sottratta al conferimento in discarica, con benefici diretti sulla Tarsu”.

Per i lavoratori, per ora, però, il problema resta uno: poter lavorare. Promettono di fare di tutto per raggiungere il loro scopo. Come in altre aree del Salento, il dramma occupazionale è tornato vivo anche a Maglie.

da IlPaeseNuovo

De Donno su Trattativa: ''Non vera ricostruzione Martelli''

Palermo. "Preciso che l'incontro nei modi e nei termini riportati non è mai avvenuto e che, pertanto, essendo in grado di dimostrare la non veridicità delle dichiarazioni, ho conferito mandato ai miei legali di denunziare alle competenti autorità giudiziarie le condotte calunniose e diffamatorie poste in essere in mio danno".
E' quanto si legge in una nota del colonnello Giuseppe De Donno. Il militare, oggi in pensione, si riferisce alle affermazioni rese, nel corso della trasmissione Annozero dell'8 ottobre scorso, dall'ex ministro della Giustizia, Claudio Martelli, secondo le quali l'allora Guardasigilli avrebbe appreso dalla dottoressa Liliana Ferraro, all'epoca direttore degli Affari penali del ministero, di un incontro con De Donno, al tempo capitano dei carabinieri. In quella circostanza, secondo quanto riferito da Martelli, l'ufficiale le avrebbe comunicato la volontà di Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco di Palermo, di farsi promotore di un incontro con il padre, il quale avrebbe collaborato a patto di avere delle garanzie politiche. Secondo quanto riferito da Martelli, inoltre, la Ferraro avrebbe invitato l'ufficiale a riferire tali notizie al magistrato competente, ovvero Paolo Borsellino, successivamente informato dalla stessa Ferraro.

da AntimafiaDuemila

SICILIA - Calcio e mafia: dopo Akragas nei guai anche Agrigentina

Agrigento. Non c'é pace per le squadre agrigentine di calcio, le cui vicende sportive negli ultimi giorni sono passate in secondo piano rispetto alle "relazioni pericolose" dei loro presidenti con esponenti mafiosi.
Dopo la bufera che ha investito il patron dell'Akragas Gioacchino Sferrazza, costretto a dimettersi per avere dedicato la vittoria a un presunto boss appena arrestato, adesso è la volta del presidente dell'Agrigentina, Giuseppe Motisi, al quale è stato vietato l'utilizzo dello stadio Esseneto a causa dei suoi stretti rapporti di parentela con mafiosi di rango.Il provvedimento, firmato dal questore Girolamo Di Fazio, viene motivato "in considerazione delle sue discendenze in linea retta e affinità con persone controindicate e schedate". Le parentele "controndicate" a cui fa riferimento il questore sono tre. Motisi è nipote di Cesare Lombardozzi, storico boss di Cosa Nostra, che sta scontando una condanna per mafia, la terza, dopo
l'ultimo arresto che risale al 6 marzo del 2007 nell'ambito dell'operazione "Camaleonte". La pena inflittagli in primo grado è di 15 anni di reclusione. In precedenza era stato condannato nell'ambito dei processi "Santa Barbara" e "Akragas". Secondo l'accusa Lombardozzi sarebbe il padrino di battesimo del capo mafia agrigentino Giuseppe Falsone, in nome del quale avrebbe gestito tutte le attività illegali della provincia. Non basta. Il presidente dell'Agrigentina è anche nipote di Giovanni Giuseppe Motisi, considerato uno dei "postini" che recapitava i pizzini di Falsone a Bernardo Provenzano. Per questi fatti è stato condannato in primo grado a 12 anni di reclusione; il processo d'appello è in corso. Il suocero di Motisi è, invece, Calogero Russello arrestato una prima volta nel blitz "Alta Mafia" del 29 marzo del 2004 e più di recente nell'ambito dell'operazione "Hiram", che ha sgominato un presunto intreccio fra mafia e massoneria.
L'Agrigentina, che milita nel campionato di prima categoria, é la seconda squadra di calcio della città dei templi a finire nel mirino del questore. Due settimane fa un analogo provvedimento di inibizione dello stadio, sempre firmato da Di Fazio, era stato emesso nei confronti del presidente dell'Akragas calcio, che milita nel campionato di Eccellenza. Gioacchino Sferrazza, proprietario di una catena di negozi, aveva infatti dedicato infatti la vittoria della sua squadra "all'amico fraterno" Nicola Ribisi, arrestato pochi giorni prima con l'accusa di essere il nuovo capo mafia di Palma di Montechiaro. Oltre al divieto di utilizzare lo stadio Esseneto, Sferrazza è stato destinatario anche del Daspo per i prossimi cinque anni. Pochi giorni dopo la bufera scatenata dalle sue dichiarazioni, che ha portato tutti gli sponsor della squadra a ritirare i contributi, il presidente dell'Akragas si è dimesso dalla carica.

da AntimafiaDuemila

Ad un passo dall'apocalisse. Gravissimo incidente sul lavoro a Casalbordino (Chieti)


Secondo i soccoritori si è sfiorata una tragedia di dimensioni immense. Gravissimo uno dei due operai feriti.

Ieri un boato immenso e, immediatamente dopo, un'inquietante colonna di fumo nero che si alza minacciosa verso l'aria. Brividi di vero terrore hanno attraversato, intorno a mezzogiorno, ieri alcuni abitanti di Casalbordino. Lo raccontano alcuni cittadini che hanno sentito e visto quanto stava accadendo da abitazioni vicine e dalla strada. Le ore successive hanno permesso di capire la dinamica dell'accaduto: due operai stavano inertizzando un razzo, quando sono stati investiti da un'esplosione (così hanno riportato stamattina alcuni quotidiani, mentre altri parlano di semplice fiammata). Uno dei due operai, in gravissime condizioni e con ustioni sull'85% del corpo, è stato trasportato d'urgenza all'Ospedale di Pisa. I soccoritori, almeno da quanto riportato stamattina il quotidiano locale Il Centro, hanno dichiarato che si è sfiorato il dramma e la tragedia di proporzioni immense: sarebbero bastati pochi metri per far esplodere strutture delicatissime e ad altissimo rischio.

L'episodio torna a sollevare dubbi sulla sicurezza dello stabilimento che (cito dal loro sito ufficiale http://www.esplodentisabino.com/esplodenti/servizi.html ) lavora anche con "missili, teste di guerra, bombe d'aereo, mine navali, cariche di profondità, mine anticarro, mine antipersonali", aggiungendo un ecc. non meglio identificato.

Nel 2007, così come riporta stamattina sempre il quotidiano Il Centro, i responsabili dell'azienda sono stati condannati per un incidente del 2002, che portò alla cecità un operaio. Negli Anni Novanta diversi sono stati gli incidenti mortali.

Ma i dubbi sulla sicurezza, non soltanto dello stabilimento ma di tutta l'area costiera, diventano enormi alla luce di alcune voci, che nelle ultime settimane si sono fatte più consistenti, diffuse per Casalbordino. Alcune autorevoli fonti, appositamente contattate, hanno confermato. A seguito di alcuni atti amministrativi, è stata investita la Regione Abruzzo e il Ministero dell'Ambiente della questione. Nei mesi scorsi, l'apposita Commissione Regionale (nella quale, tra gli altri, siedono anche rappresentanti dei Vigili del Fuoco), seguendo quanto prescrivono le direttive SEVESO, hanno rilasciato il proprio parere sull'ampiezza della superficie a rischio in caso di esplosione. L'area indicata dalla Commissione è, solo in orizzontale, di diversi chilometri, coinvolgendo almeno altri 3 comuni (per chi volesse cercare la zona su una cartina, o già la conosce, andrebbe dal casello autostradale Vasto-Casalbordino alla località Le Morge nel Comune di Torino di Sangro). In ottemperanza alle direttive SEVESO il prefetto dovrà ora dare informativa alla popolazione della situazione e vigilare sulla messa in sicurezza dell'area (gli scenari prospettatici, se non si dovesse trovare una soluzione affidabile, sono sostanzialmente due: la rimozione dello stabilimento o lo sgombero di tutti gli edifici dell'area a rischio, che significherebbe dover evacuare popolazione ed esercizi turistici dei comuni coinvolti, cioè all'incirca qualche migliaio di abitanti).

Alla luce di tutto ciò, e delle dichiarazioni riportate da Il Centro, non è esagerato parlare di vero terrore alla luce di quanto successo. E' diritto, anzi è dovere pretenderlo, della popolazione essere debitamente informata di tutta la situazione e dei rischi per la propria sicurezza. In paese lo stabilimento è conosciuto semplicemente come 'la polveriera', ma qua si vive e si perde tempo veramente su una polveriera. E delle più incandescenti. Cosa rischiano i cittadini ogni giorno? Cosa sarebbe successo se si fosse realizzato quanto adombrato dai soccorittori alla stampa? Perché, nonostante le direttive SEVESO non siano proprio recentissime, finora si è lasciato scorrere il tempo inerti? E quando ne passerà ancora?

da GlobalProject

Lo stile dei candidati del Pd

La stampa straniera guarda al mondo politico italiano: il quotidiano francese Le Monde riflette sullo stile dei tre candidati alla segreteria del Partito democratico, il quotidiano finanziario Financial Times commenta la recente campagna per il presidenzialismo del Giornale di Vittorio Feltri.

“Dal modo in cui si sono presentati sul palco della convention del Partito democratico l’11 ottobre a Roma si capisce già cosa vogliono rappresentare. Pierluigi Bersani, vestito con completo e cravatta, è il rigore: uscito vincitore dalle consultazioni tra gli iscritti al partito, si prepara già ad affrontare il centrodestra. Dario Franceschini, senza giacca ma con la cravatta, è la falsa disinvoltura: è il segretario di partito uscente, ma deve ancora riuscire a sedurre fino in fondo gli elettori del Pd. Ignazio Marino, invece, è la piena disinvoltura: sa che non riuscirà a vincere e vuole solo creare sorpresa. Per lui, niente giacca e niente cravatta.”, scrive Le Monde.

“In Italia si fanno molte speculazioni su quale sarà la prossima mossa di Silvio Berlusconi dopo che gli è stata tolta l’immunità dai processi”, afferma il Financial Times. “In questo clima Il Giornale, il quotidiano della famiglia Berlusconi, ha proposto di cambiare la costituzione per aprire la strada della presidenza della repubblica al premier. Nell’editoriale, il direttore del Giornale, Vittorio Feltri, scrive che il presidente dovrebbe essere eletto direttamente dai cittadini”.

da Internazionale

Omofobia: tutta casa e Chiesa

di Ilaria Donatio

Quando il prete azzurro Giovanni Baget Bozzo, nel lontano duemila, rivelò di aver provato “sentimenti omosessuali”, la Chiesa reagì con fermezza chiarendo, con le parole dell’allora segretario di Stato vaticano, cardinale Angelo Sodano, di “rispettare tutti, di amare tutti”, ma che “non le si poteva chiedere di chiamare bene il male”. Don Baget Bozzo ridimensionò immediatamente la portata del proprio “male”, semplicemente smentendolo.
La gerarchia vaticana ha tanto timore dell’omosessualità da non riuscire neppure a distinguerla dall’omofobia, dunque, dalle forme di razzismo, violenza e avversione nei confronti di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (glbt).
Alla manifestazione contro tutti i razzismi dello scorso 24 settembre, indetta in seguito ai ripetuti episodi di omofobia degli ultimi mesi, il Vicariato romano era rappresentato dal nuovo direttore della Caritas diocesana di Roma, monsignor Enrico Feroci, ma quando MicroMega ha contattato il monsignore per conoscere le ragioni di quella adesione e sollecitare una riflessione sull’omofobia, il portavoce del Vicariato ha spiegato che la presenza alla manifestazione era giustificata dal suo carattere di “genericità” (il no al razzismo) e che sull’omofobia non poteva dire nulla in quanto la Chiesa non ha “una posizione ufficiale” a riguardo. Vale a dire: va bene il no al razzismo solo se è di principio, dunque inoffensivo, quanto ai gay possono continuare a essere discriminati (ma in silenzio!).

L’omofobia và a messa
“È imbarazzante che il Vaticano dichiari di non avere una posizione ufficiale sull'omofobia: sarebbe naturale che operasse almeno un distinguo tra omofobia e omosessualità”. Parla Andrea Rubera, consigliere di Nuova Proposta, associazione laica che opera nella capitale da quindici anni e che riunisce uomini e donne omosessuali cristiani: “Ci sono moltissimi omosessuali credenti che si nascondono, non rivelano la propria identità sessuale e continuano a frequentare i normali ambiti parrocchiali o i movimenti cristiani”.
“Alcuni giorni fa”, racconta, “abbiamo inaugurato il nostro anno sociale con un primo incontro. È venuta una coppia di ragazze lesbiche: una molto interessata, l’altra che, visibilmente, mostrava enorme disagio a stare con un gruppo di persone che si definivano cristiane. Alla fine, sono andate via perché la seconda non tollerava di essere in un posto di persone che, definendosi cristiane e con il dono della fede, secondo lei, appoggiavano la ‘Gerarchia Vaticana’ anche nelle esternazioni omofobe”.
La contraddizione esiste, in effetti, almeno da uno sguardo esterno. Ma si riesce a cogliere anche il dolore di chi deve gestirla: “Ci fa soffrire il non poter essere visibili all’interno della comunità di credenti: pensiamo che la spiritualità sia una questione con cui ogni essere umano debba fare i conti ed essere ridotti a fantasmi da quella stessa Chiesa cui sentiamo di appartenere, è mortificante. Ciò nonostante il messaggio di Cristo per noi non è rinunciabile, perché l’omosessualità è dono di Dio”.
Ma l’omofobia, precisa Andrea, “non è solo violenza”: il ragazzo accoltellato vicino al gay village romano o le bombe carta scagliate sulla folla della gay street, sono certamente il sintomo di un “clima peggiorato” ma, chiede, è questo il problema? “Noi crediamo di no”, si risponde subito, “e non per sottovalutare gli ultimi fatti omofobi: purtroppo, ora se ne parla di più perché hanno fatto più notizia e forse anche perché qualcuno ha esagerato, ha calcato troppo la mano”. “La violenza è la causa, non il sintomo” e “se il sindaco di Roma, da una parte solidarizza con la comunità gay e dall’altra afferma che ‘non tutti gli amori devono essere riconosciuti’, beh, lui è omofobo”.
Il “tema”, dunque, è un altro: è pretendere “uguali diritti, riaffermare il no ai ghetti, poter andare in ogni posto”, e non “accontentarsi di ottenere maggiore sicurezza nella gay street”.
Il punto è “essere visibili” per Andrea che, in fondo, chiede solo di poter fare “vita di parrocchia” e ne avrebbe il diritto, visto che è credente. Ma il prezzo è sempre lo stesso: l’invisibilità, esserlo ma non dirlo. Nel frattempo, i gay cristiani della capitale si danno appuntamento in una Chiesa valdese.

Un numero verde aiuta
Gay Help Line è il contact center antiomofobia del Comune di Roma sostenuto anche dalla Provincia e dalla Regione Lazio.
Secondo i dati raccolti, nei primi sei mesi del 2009, si è assistito a un costante aumento, rispetto all’anno precedente, dei contatti ricevuti da Gay Help Line: una media di oltre 2 mila contatti mensili, con picchi sino a circa 4 mila, nei mesi di aprile e maggio.
“Le segnalazioni di discriminazioni e violenze omofobe”, spiega il presidente Fabrizio Marrazzo, “sono raddoppiate (da mille a duemila al mese), intanto, perché finalmente c’è uno strumento a cui rivolgersi e ottenere consulenza (psicologica, legale, medica) gratuita”. Ma quello che è cambiato, secondo Marrazzo, è il tipo di reati commessi ai danni di gay e lesbiche: “C’è una maggiore aggressività negli ultimi tempi, forse perché, chi li commette, si sente indirettamente legittimato dalla destra che continua a seminare insicurezza nei confronti del diverso, chiunque sia”.
Ma è un altro il dato importante che emerge dall’analisi dei casi denunciati al numero verde: come per le violenze sulle donne, anche la gran parte delle aggressioni ai danni di ragazzi omosessuali, tutti giovanissimi, si consuma in famiglia. Ben il 32 per cento di chi contatta il numero verde anti-omofobia ha meno di 18 anni (il 46% è di sesso maschile, il 42% di sesso femminile, il 4% è transessuale). Questo dato spiega il perché le violenze consumate in famiglia, spesso, non emergano: “Raramente il figlio arriva a denunciare il genitore, proprio per via del rapporto di amore-odio che continua a legarlo a lui, nonostante le violenze”, spiega Marrazzo.
Quanto alla provenienza geografia, si nota la marcata predominanza delle regioni centrali, con il 38 per cento di telefonate. Altro elemento di un certo interesse è la “categoria di chiamate”, vale a dire, la ragione che spinge a contattare il contact center. Aumentano i contatti per richiedere consulenza legale (l’11 per cento del totale): lesbiche e gay sono tra i primi, infatti, ad aver subito licenziamenti, a causa della crisi economica (vi è stato, ad esempio, un incremento di casi di mobbing del 20 per cento e del 3 per cento di discriminazioni sul lavoro). Quanto a chi chiama per “ragioni sociali”, circa il 40 per cento, sempre più giovani denunciano problemi a scuola o in famiglia e i ragazzi che lamentano problemi psicologici (circa il 34 per cento delle chiamate) sono aumentati, rispetto al 2008, del 3 per cento.

Familismo amorale
Potremmo andare avanti molto a lungo, fornendo dati e cifre molto accurati, tutti di non difficile interpretazione: il vero nemico da riconoscere e combattere nella lotta all’omofobia, è l’ignoranza. Famiglie apparentemente “per bene”, dice Marrazzo, che prima di conoscere la reale problematica dei propri ragazzi, a parole, si dichiarano molto tolleranti e politicamente corrette nei confronti del mondo omosessuale, per poi arrivare a “punire” il figlio o la figlia che fa outing: nel migliore dei casi, rimuovendo il “problema” e facendo finta di nulla. Nel peggiore, con le botte, con i calci, i pugni e le armi.
Colpisce la violenza, certo, ma soprattutto l’ignoranza di questi padri e queste madri che, magari, santificano la domenica e si scambiano pure il segno della pace. La stessa ignoranza che ha portato il padre di Massimo, giovane docente di storia e filosofia, a intimargli di utilizzare asciugami diversi dal proprio. Lui ora è in terapia da anni, per questa e altre violenze. Mai denunciate.
E “Ignora(n)ti” è il nome dell’iniziativa di cui si è fatto promotore il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli: quella di leggere, davanti alla Camera dei deputati, alcune pagine di libri che nei secoli hanno raccontato “l’amore omosessuale, saggi che raccontano la normalità del nostro amore e delle nostre famiglie, che parlino di noi, delle nostre vite, dei nostri desideri e delle nostre istanze”. “Il vero nemico delle persone glbt non è la violenza ma l’ignoranza e per combatterla servono impegno e cultura”, spiegano.

Girotondi gay
“We have a dream”: prende in prestito le parole pronunciate da Martin Luther King in occasione della storica marcia per il lavoro e la libertà dei neri americani, il nuovo fenomeno dei “micropride” spontanei. “Persone che spontaneamente si aggregano per proclamare il loro sogno di libertà: libertà dalla violenza, dal razzismo, dell’omofobia e della transfobia”, racconta Federico Boni, responsabile della redazione romana del sito d’informazione gay più accreditato e famoso d’Italia nonché blogger d’eccezione. Un movimentismo diverso, spontaneo, alimentato dal desiderio di normalità, di essere e farsi presenti. Ma anche di slegarsi da targhe e sigle. Federico è molto severo con la comunità gay: “Le diverse sigle che dovrebbero rappresentarla”, dice, “in realtà, non rappresentano più nessuno, impegnate come sono a farsi la guerra tra loro”. E ritorna sulla questione della visibilità: “Non vogliamo zone a traffico limitato per poi arrenderci a essere fantasmi, relegati in un cono d’ombra, magari, pure protetto da due petardi lanciati da qualche cretino, ma pur sempre una riserva indiana”. “Perché devo andare all’estero per vedere riconosciuti i diritti che qui mi negano e per fare una vita normale, senza aver nulla da temere?”. Già, perché?

Gay di destra
“Chi aggredisce una coppia omo-affettiva o un transessuale, è cretino oppure ignorante”. Non c’è un “problema politico”, dunque, per Daniele Priori, vicepresidente dell’associazione Gaylib, i gay “liberali di centro-destra”. Daniele parla infatti di veri e propri “episodi di delinquenza”.
Si stima che il 40 per cento dei gay votino per il centro-destra: se il 5 per cento della popolazione è gay (pari a 2 / 3 milioni di abitanti) e se si sottrae da questa cifra chi non vota, possiamo stimare che circa un milione di gay italiani vota per questa parte politica.
Ma che rapporto hanno, loro, con questa maggioranza di governo? E come fanno a votarla, quando se va bene, questo centro-destra neppure li riconosce in quanto “soggetti di diritto” e, quando va male (vale a dire molto spesso), li insulta: “Un rapporto certamente dialettico: le persone comuni, di idee liberali, sono molto più intelligenti e concrete dei nostri ‘nominati’, questo è certo!”.
“Un centro-destra rivoluzionario che finalmente si pone di pari passo alle formazioni simili del resto d’Europa?”. Non ci crede troppo Oliari, presidente di Gaylib, secondo cui una legge antiomofobia pare essere “la battaglia più importante (e forse la sola rimasta) del movimento omosessuale italiano”: l’unica che fino ad oggi abbia “trovato disponibilità presso la maggioranza di centro-destra”. In realtà, per Oliari, si tratterebbe della “conquista meno costosa in termini politici”.
“Davvero crediamo”, chiede, “che una legge contro l’omofobia sortirebbe l’effetto di fermare la mano dell’omofobo violento”? E conclude: “Solo nelle società in cui i gay sono percepiti come persone normali si ha un reale decremento del tasso di omofobia e questo avviene dove gli omosessuali hanno i diritti e i doveri di tutti, dove non è lo Stato per primo a ritenerli cittadini di serie B o, peggio, peccatori immorali”.

Una leggina. Per iniziare
Paola Concia, la deputata del Pd che per prima, un anno fa, ha presentato una proposta di legge per combattere l’omofobia, concorda: “È vero, prima ancora di una legge che combatta le discriminazioni ai danni di persone omosessuali, sarebbe necessario che lo Stato riconosca loro uguali diritti”. Ma nel frattempo, “che si fa? Si sta ad aspettare che qualcosa avvenga o si lavora per ottenerlo?”, chiede.
Intanto, qualcosa si muove.
Lo scorso 2 ottobre la commissione Giustizia della Camera ha concordato il testo base della legge anti-omofobia, di cui è relatrice la Concia. Un iter interminabile a quanto pare: “Si è cominciato a parlare, in Parlamento, di omofobia nel 2002 e da oltre due anni le associazioni gay denunciano casi di discriminazioni, aggressioni e violenze quotidiane”, sottolinea la Concia.
Il testo ha raccolto i voti di Pd, Pdl e Lega, mentre si sono espressi contro Idv (che aveva presentato una proposta di legge autonoma) e Udc.
L’ipotesi originaria di estendere la legge Mancino del ’93 - “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa” - ai reati commessi in ragione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, è naufragata. Ha detto no il Popolo delle libertà, temendo che si potesse configurare un reato di opinione e che la semplice manifestazione di pensiero potesse dare luogo al reato d’opinione (con la Lega perseguita, una frase sì e una no, per istigazione all’odio!). La soluzione adottata, dunque, è stata quella, alla francese, dell’aggravante sessuale: un articolo che aggiunge la discriminazione sessuale tra le aggravanti di reato previste nel codice penale.
Per l’Italia dei Valori il “compromesso” raggiunto da Pd e Pdl non darebbe “una risposta adeguata ad un fenomeno di gravità enorme”. Ma è la cattolicissima Unione di Centro che si distingue per le ragioni del no: “Chi subisce violenza a causa del suo orientamento sessuale”, spiega durante il dibattito in Commissione l’onorevole Roberto Rao, “riceverebbe una protezione privilegiata rispetto alla vittima di violenza tout court, con conseguente violazione del principio di uguaglianza”.
Nel frattempo, è saltata anche l’indicazione dell’identità di genere che serviva a tutelare i transessuali, i più colpiti dalle discriminazioni e violenze.
“Anch’io avrei voluto un altro testo”, spiega la Concia, “ma questo è il massimo che si poteva ottenere con questa maggioranza (non abbiamo né la Merkel né Sarkozy in Italia!): quanto alla lotta alla transfobia, troveremo certamente una soluzione con gli emendamenti”.
Paola Concia è andata fino a Casa Pound, famoso centro sociale neofascista, a discutere di diritti civili: per questo è stata molto criticata dai compagni di partito. “Non si capisce dalle mie parti il perché abbia accettato l’invito di Casa Pound: forse perché loro sono destra fascista, estremista, sono degli impresentabili, non da salotto buono? Perché non avrei dovuto accettare un invito da un’associazione di destra che si vuole porre il problema della sua cultura politica verso i diritti civili? Forse l’unica ragione per cui non sarei dovuta andare a Casa Pound è che ho tanto lavoro ancora da fare in casa mia, dove devo convincere la Binetti che non sono malata e tanti altri dirigenti che le coppie di fatto non fanno male al matrimonio e, infine, che l’omosessualità non è una scelta”.

da MicroMega

Omofobia, affossata la legge - Il Pdl la blocca, polemiche nel Pd


Maggioranza e l'Udc fanno decadere il provvedimento che chiedeva maggiori protezioni
Salta la mediazione, accuse reciproche ed è polemica anche nel nel Pd


La Binetti vota con la maggioranza. Franceschini minaccia l'espulsione: "C'è un problema di permanenza"
Nove deputati, ex Alleanza Nazionale, votano contro. Farefuturo: "Occasione persa"


ROMA - Dopo mesi di confronti e discussioni la "legge Concia" sull'omofobia è stata affossata alla Camera. La maggioranza ha votato l'incostituzionalità del provvedimento dopo essere stata sconfitta sul tentativo di rinviare tutto in Commissione. La pregiudiziale di incostituzionalità, sollevata dall'Udc, ha ricevuto 285 voti favorevoli, 222 contrari e 13 astenuti. Decisione che ha aperto una scia di polemiche tra maggioranza e opposizione, ma anche nello stesso Pd.

Questa la successione dei fatti. Otto deputati del Pdl, in un testo congiunto, avevano espresso la loro disapprovazione per il testo, che vorrebbe introdurre l'aggravante della discriminazione sessuale per le aggressioni personali. Lega, Pdl e Udc avevano chiesto che il testo tornasse in commissione per una serie di "limature". Ma la proposta non ha ottenuto la maggioranza alla Camera, che prosegue così l'esame del provvedimento. Contro il rinvio in Commissione giustizia hanno votato non solo i deputati di Pd e Idv, ma anche numerosi deputati del Pdl.

Poi la svolta. A sorpresa. La Camera boccia e la Concia ne ha per tutti: per il Pdl, che "ha detto bugie", ma anche per il suo gruppo, che "senza avvertirmi ha cambiato idea e ha votato contro la possibilità di tenere in vita questa legge con il suo ritorno in Commissione". Una votazione che spacca sia la maggioranza che l'opposizione.

La Carfagna: "Proporrò un disegno di legge" - Il ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, si farà carico di riproporre al Parlamento una norma contro l'omofobia. "Mi farò garante di riparare all'errore commesso dal Partito Democratico, proponendo al Consiglio dei ministri un disegno di legge che preveda aggravanti per tutti i fattori discriminanti compresi quelli dell'età, della disabilità, dell'omosessualità e della transessualità". Pochi giorni prima della manifestazione del 10 ottobre, il ministro Carfagna aveva incontrato i rappresentanti delle associazioni Lgbt. In quella sede il ministro si era impegnata a farsi portavoce della reintroduzione della tutela dell'identità di genere.

Pdl: i finiani votano contro. In realtà - denunciano i parlamentari Pdl - era stato raggiunto un accordo "per rimediare ai vizi di costituzionalità della norma, rinviandola all'esame della commissione e arrivando in tempi brevissimi a riportare il testo in aula". Violato il patto, "anche noi abbiamo votato contro". Ma la posizione nel Pdl non è stata univoca. Nove deputati hanno votato contro la pregiudiziale di costituzionalità. Sono ex membri di An molto vicini a Gianfranco Fini. Tra questi Italo Bocchino, Giuseppe Calderisi, Chiara Moroni, Adolfo Urso. Inoltre nel Pdl si sono registrate anche dieci astensioni tra cui quelle dei ministri Elio Vito e Gianfranco Rotondi e della presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno. Arriva anche il commento di Farefuturo, la fondazione presieduta da Fini: "Che peccato. La legge sull'omofobia si sarebbe dovuta approvare all'unanimità. Poteva essere una bella occasione per una legge condivisa, e necessaria".

Pd: Franceschini contro la Binetti. Una ricostruzione contestata dal segretario Pd Franceschini: "Il dato politico è che la destra e l'Udc hanno affossato il provvedimento contro l'omofobia. Noi abbiamo votato contro il rinvio perché non ci è stato garantito dalla maggioranza un impegno su tempi". Polemica cui si aggiunge quella con la deputata Pd Binetti che ha votato insieme alla maggioranza. Franceschini commenta: "C'è un serio problema di permanenza della Binetti. Non votare questi provvedimenti significa non riconoscersi nei valori del Pd". La replica della deputata: "Per come era formulata la legge, le mie opinioni sull'omosessualità, e quelle di tante altre persone, potevano essere individuate come un reato". Per Ignazio Marino quello della Binetti è un atto grave: "Che partito e che opposizione può promettere chi permette a Binetti di continuare a sedere nei banchi del Pd, votando con la destra?".

Manifestazione a Montecitorio. Il movimento "We Have a Dream" ha convocato per le 21 un sit in - non autorizzato - davanti a Montecitorio. Ai partecipanti si chiede di portare una candela e una bandiera della pace.

L'Arcigay: "Spettacolo vergognoso". "Abbiamo assistito a uno spettacolo vergognoso con interventi da parte di esponenti dell'Udc che hanno accostato l'orientamento sessuale a incesto e pedofilia", è il commento di Aurelio Mancuso, presidente nazionale di Arcigay che ha annunciato una serie di iniziative per i prossimi giorni.

Fisichella: "La Chiesa non ordina". Il Parlamento non segue i dettami della Chiesa: lo dice monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Che così si rivolge a un cronista: "Lei crede che siamo in una condizione in cui la Chiesa possa 'ordinare'? Quando si sentono queste cose si rasenta il ridicolo".

da LaRepubblica


Lotta all'omofobia, la destra blocca la legge

L'Aula della Camera ha «affossato» il testo Concia sull'omofobia. L'Assemblea di Montecitorio ha infatti approvato (con 285 voti favorevoli, 222 contrari e 13 astenuti) la questione pregiudiziale avanzata dall'Udc (che ha ritirato l'iniziale richiesta di voto segreto) anche con i voti del Pdl e della Lega. Pd e Idv hanno votato contro.

Il testo, portato in Aula dalla deputata Pd Paola Concia (firmato anche da Antonio di Pietro e Federico Palomba dell'Italia dei Valori), e quanto mai attuale dopo le numerose aggressioni ai danni di omosessuali, punta ad introdurre l'aggravante per quei reati «nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale» commessi con «finalità inerenti all'orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa dal reato».

Difficile, veramente, capire l'astio ideologico dei deputati Pdl intenzionati a bloccare la legge perché, secondo loro, «c'è il rischio di aprire la strada a matrimonio, fecondazione artificiale e adozione per gli omosessuali» come scrivono otto parlamentari che in un documento 'aperto alle adesioni' di tutti spiegano i motivi per i quali si opporranno alla legge «dentro e fuori il parlamento».

A sorpresa, in mattinata, l'Assemblea aveva deciso di proseguire alla Camera l'esame del provvedimento e di non farlo tornare alla discussione in Commissione. A richiedere il rinvio in Commissione erano state Lega, Pdl e Udc, ma non avevano ottenuto i voti sufficienti.

Il ministro delle pari opportunità Mara Carfagna, invece, attribuisce il fallimento della legge alla strategia sbagliata del Pd e promette un ulteriore tentativo. «Mi farò garante, come ministro competente, di riparare all'errore commesso dal Partito democratico, proponendo al Consiglio dei ministri un disegno di legge che preveda aggravanti per tutti i fattori discriminanti previsti dal Trattato di Lisbona, compresi quelli dell'età, della disabilità, dell'omosessualità e della transessualità»: lo annuncia il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, dopo l'esito della votazione alla Camera sul testo Concia sull'omofobia.

da Indymedia

L'Aquila. Il freddo è arrivato, le scuole no

Alzano la voce le mamme degli alunni di alcune scuole elementari aquilane: i loro figli vanno a scuola ancora nelle tende, nell’attesa che vengano consegnati i Moduli ad uso scolastico provvisori [Musp]. Avrebbero dovuto essere pronti il 5 ottobre, ed è arrivato il freddo. Questa mattina, davanti al tendone pneumatico adibito a scuola primaria a Pianola, a 4 chilometri da L’Aquila, un gruppo di genitori ha protestato: «Questi bambini devono restare per ore fermi con temperature bassissime, i banchi bagnati a causa della condensa, e devono indossare due cappotti. Dicono che il Musp sarà pronto in pochi giorni, ma ancora non asfaltano la piazzola antistante, e con il maltempo chissà quando lo faranno». I bambini sono 80, divisi in cinque classi, hanno dai 5 ai 10 anni.
Armando Rossini, dirigente del Circolo didattico Gianni Rodari del quale fa parte la scuola primaria di Pianola, dice: «Capisco il disagio e la preoccupazione dei genitori. Domani i bambini saranno ospitati nella palestra di un’altra scuola, quella di Pile, in muratura. Con la speranza che sia rispettata la data del 15 ottobre per la consegna del Musp di Pianola, data che mi è stata comunicata stamattina». Ma quelli di Pianola non sono gli unici bambini a far lezione nelle tende: risultano pronti 15 dei 33 Musp previsti.

www.redattoresociale.it
da Carta

Tutti i volti del razzismo

Sabato 17 ottobre a Roma la manifestazione nazionale contro il razzismo. Dopo l'approvazione del pacchetto sicurezza, i respingimenti e le campagne xenofobe della Lega. L'intolleranza sembra diventata una cifra costitutiva dell'Italia berlusconiana. Non solo contro gli stranieri.

Ciò che spaventa di più in un'Italia che pare aver perso ogni inibizione nei confronti del tabù razzista non è tanto la frequenza con cui esso si manifesta, quanto l'assuefazione dell'opinione pubblica e in qualche caso la condiscendenza che lascia campo libero alle aggressioni a chiunque sia percepito come «diverso». Ultima quella di domenica ai danni di una coppia gay a Roma, in pieno giorno, all'indomani della manifestazione nazionale contro l'omofobia. Non muta il nostro giudizio, semmai rafforza la nostra rabbia il fatto che uno dei due aggrediti, Massimo Fusillo, è un nostro collaboratore. A Massimo Fusillo, al suo compagno e a chiunque - uomo, donna, gay, migrante - sia vittima della violenza razzista contro ogni forma di presunta devianza va la solidarietà attiva di tutto il collettivo del manifesto.
L'escalation di violenze è intollerabile, non solo quando a sparare e uccidere sono i killer della camorra, come accadde un anno fa a Castelvolturno, o ad accoltellare sono ragazzotti affascinati dall'estrema destra, ma anche quando a picchiare sono squadrette di «sceriffi» al soldo del Comune a caccia dell'Emmanuel Bonsu o della prostituta di turno; o i vigili urbani che, nella Milano che costruisce l'Expo, in nome della sicurezza vanno a caccia di clandestini a bordo di sinistri bus con le sbarre; o ancora la Guardia di finanza che mette a soqquadro un intero quartiere di Roma, il Pigneto, per «rastrellare» un pugno di senegalesi in una stramba operazione anti-contraffazione, come una settimana fa a Roma.
C'è chi soffia sul fuoco, attizzando gli istinti bestiali del paese. Come fa Renato Farina sul Giornale: «A lume di buon senso - arriva a scrivere - quanto al danno sociale, siamo sicuri che sia più grave uccidere un omosessuale single che un padre di famiglia?».
Sabato prossimo, proprio nella capitale sfilerà un corteo nel nome di Jerry Masslo, un giovane rifugiato africano ucciso nel 1989 a Villa Literno, ai primordi del fenomeno immigratorio nel nostro paese. Dall'onda emozionale suscitata dal caso furono partorite una grande manifestazione antirazzista e in seguito una legge, la prima, che provava a regolare l'immigrazione, che prese il nome dell'allora ministro della Giustizia Claudio Martelli. Alcune leggi sono passate da allora sotto i ponti e il securitarismo ha definitivamente preso il sopravvento sull'accoglienza. Così, questa volta nel mirino ci saranno il «pacchetto sicurezza» e le sue svariate derive locali, i respingimenti in mare senza verifica del diritto d'asilo e la chiusura dei Cie, un problema europeo e non solo italiano.
A differenza di vent'anni fa, il movimento antirazzista è molto più isolato di allora, e non solo per la mancanza di sponde politiche. Proviamo a farlo sentire meno solo. Nel suo picco, il manifesto farà la sua parte e, naturalmente, sabato sarà in piazza.

di Angelo Mastrandrea da Il Manifesto

Un appello contro il razzismo


L’introduzione del reato di immigrazione clandestina, il prolungamento della detenzione amministrativa e l’ulteriore limitazione della possibilità per i migranti di accedere a servizi fondamentali accentuano in maniera drammatica la curvatura proibizionista e repressiva delle politiche migratorie del nostro Paese. Ad essere travolti sono i principi fondamentali di eguaglianza e di solidarietà che costituiscono il cuore della nostra carta costituzionale. Punendo la condizione di irregolarità in quanto tale – e senza prevedere vie praticabili di uscita da tale situazione – si crea nel sentire collettivo l’immagine del migrante come nemico nei cui confronti tutto è lecito e possibile, anche la delega della sicurezza pubblica ai privati, organizzati in ronde e organizzazioni consimili. Così si apre la strada – come molti fatti di questi giorni dimostrano – a una società razzista, dominata dall’intolleranza e dall’odio. Il nostro Paese ha già vissuto la vergogna delle leggi razziali: non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo. È lo stesso sistema democratico nato dalla Resistenza contro il fascismo e scritto nella Costituzione ad essere in pericolo
A fronte di ciò è necessaria una reazione forte e consapevole che coinvolga le coscienze individuali e collettive, i cittadini e le organizzazioni democratiche nella loro pluralità e differenza. Occorre dare visibilità a chi crede nella giustizia, nella uguaglianza, nella pari dignità di tutti. Occorre impedire che il razzismo dilaghi alimentando, per di più, il senso di insicurezza e di paura. Occorre che i migranti, venuti in Italia per costruire il loro futuro e quello dei loro figli trovino nel nostro Paese valori di giustizia, di accoglienza e di solidarietà.
Per questo ci auguriamo che la manifestazione nazionale antirazzista, promossa per il 17 ottobre a Roma da un larghissimo schieramento di forze sociali e politiche, sia animata da una grande, plurale e unitaria partecipazione.
Fermare il razzismo, modificare la disciplina dell’immigrazione, assicurare la possibilità di soggiorno e il godimento dei diritti sociali, civili e politici alle lavoratrici e ai lavoratori stranieri rappresentano una priorità per salvare la nostra democrazia.
Simonetta Agnello Hornby, Stefano Benni, Giorgio Bocca, Andrea Camilleri, Luigi Ciotti, Cristina Comencini, Erri De Luca, Carlo Feltrinelli, Inge Feltrinelli, Luigi Ferrajoli, Dario Fo, Marco Tullio Giordana, Margherita Hack, Gad Lerner, Fiorella Mannoia, Guido Neppi Modona, Moni Ovadia, Livio Pepino, Franca Rame, Stefano Rodotà, Igiaba Scego, Antonio Tabucchi.

Redazione da IlManifesto

Roma Casapound esalta i picchiatori con un manifesto: «Faremo tutto a pezzi»

Casapound esalta i picchiatori con un manifesto: «Faremo tutto a pezzi» Affisso per le strade dell'Esquilino

ROMA - «Faremo sistematicamente tutto a pezzi solo per il gusto di farlo», per «esaltare il gesto gratuito, violento e sconsiderato». «Urgono fratture», perciò serve il picchiatore che «dispensa virtù» Sono alcuni dei passaggi di un agghiacciante manifesto comparso sui muri del quartiere Esquilino, intitolato «Il manifesto del turbodinamismo». Lo stile del documento, un testo in 10 punti con una grafica scarna e la scritta «avviso» in testa, richiama quella delle comunicazioni al popolo del regime fascista degli anni Trenta e Quaranta. Il turbodinamismo che, recita il primo punto del documento, intende «esaltare il gesto gratuito, violento e sconsiderato, con deferenza e riguardo al vestirsi bene", viene presentato come un movimento artistico-letterario che si rifà al futurismo, nato da una costola dell’organizzazione di estrema destra Casapound.

ESALTATI - Il testo si ritrova anche sul sito del cosiddetto ideodromo, il pensatoio del movimento, dove compaiono documenti intitolati «Come appiccare un incendio», in una sezione dedicata, tradotto in cinque lingue. Tra i documenti collegati compare il «manuale del fanatico emulatore», che spiega come diventare «turbodinamisti». Due i capitoli: «colpisci più forte che puoi» e «questa città ti appartiene». Pochi dubbi lascia il testo, esaltando il ruolo dei picchiatori: «il menatore», spiega, «dispensa virtù», al contrario del «teppismo di facciata». «Contro l’ansia da air-bag delle vostre mura imbottite - recita un altro punto, in tono goliardico - noi esaltiamo le suture e l’ortopedia, il pronto soccorso e maxillo-facciale, poiché urgono fratture per flirtare con le infermiere. Siamo stufi di sentir cantare le vittime e i reietti, di veder glorificate profezie desertiche: rivendichiamo quel certo stile necessario ad appiccare un incendio». Il movimento è stato inaugurato da Casapound il 29 marzo scorso, con l’affissione di decine di manifesti che celebravano Robert Brasillach, uno scrittore e critico cinematografico francese, che durante la seconda guerra mondiale espresse la sua forte simpatia per il nazismo. Il 15 giugno poi i militanti del turbodinamismo hanno allestito una esposizione, affiggendo alcune gigantografie su un muro di Trastevere nei pressi di Piazza Trilussa, «in spregio - spiegava il comunicato degli organizzatori - ai musei, alle astrazioni intellettuali, all’esibizione artistica che affoga nel pigro compiacimento».


12 ottobre 2009

http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/09_ottobre_12/manifesto_casapound-1601869254745.shtml
da Antifa