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domenica 12 luglio 2009

Verona: Flavio Tosi condannato per propaganda razzista ·

SCUSATE IL RITARDO, QUESTA E' UNA NOTIZIA DI IERI MA SENTIAMO CHE SIA IMPORTANTE PUBBLICARLA

CIRCOLO PINK VERONA

Flavio Tosi condannato per propaganda razzista
Il circolo Pink chiede le sue dimissioni

E' arrivata la condanna definitiva per Flavio Tosi, attuale sindaco di Verona, e per gli altri cinque esponenti della Lega, che nel 2001 avviarono una campagna contro gli zingari. Allora erano i sinti veronesi, sgomberati dall'assessore Fabio Gamba della giunta Sironi. Famiglie che per tutta l'estate di quell'anno vagarono da uno spiazzo all'altro finché il presidente della Sesta Circoscrizione, Luigi Fresco, non accettò di ospitarli in un parcheggio di borgo Venezia. Un'odissea a cui si aggiunse
la violentissima (nei toni dei manifesti e delle interviste di allora)
campagna della Lega Nord, promossa dall'attuale sindaco. Un'avversione, quella verso la minoranza zingara, sinta o rom che sia, che Flavio Tosi ha anche evidenziato nel suo programma elettorale. Una delle sue promesse, se fosse stato eletto, riguardava appunto la chiusura dei campi rom. Promessa
mantenuta. In un recente incontro della Lega alla Gran Guardia il sindaco si è vantato di quella campagna, affermando che riguardava campi abusivi. Falso perché i sinti del quartiere Stadio abitavano in quella zona da più di dieci anni, come testimoniarono al processo anche i dirigenti scolastici della circoscrizione.
Il Circolo Pink accoglie questa condanna con vera soddisfazione, ricordando che, tra i firmatari dell'esposto presentato in Procura, c'era uno dei portavoce del Coordinamento laico antirazzista Cesar K., di cui il Pink faceva parte (anche come ospite). Quando l'amministrazione Zanotto diede l'assenso allo sgombero del campo rom de La Rizza, fu la sede del circolo Pink ad accogliere e nascondere (allora i rumeni non erano ancora "comunitari") nella sua sede le famiglie rom, composte per lo più da donne
e bambini. Un atto di disobbedienza in nome dei più deboli, che saremmo pronti a rifare.

L'odio di questo sindaco razzista, ora si può finalmente dire, nei
confronti delle popolazioni rom e sinte è inaccettabile. Un primo
cittadino non può permettersi atteggiamenti razzisti e xenofobi ma certo questo non lo si può pretendere da un leghista rampante, che punta su un elettorato i cui valori dichiarati sono l'egoismo, l'odio, il razzismo, esplicitati quasi sempre con linguaggi particolarmente violenti, salvo poi dichiarare "era una battuta". Ma questo l'hanno imparato dal nostro presidente del consiglio.

Questa sentenza riordina le cose, restituendo dignità a tante persone perseguitate e costrette alla clandestinità.

Noi eravamo fra quelli che nel 2001 si opponevano alla raccolta di firme organizzata da Tosi e soci, tra cui un attuale parlamentare (Matteo Bragantini), un assessore comunale (Enrico Corsi), un consigliere comunale nonché vicepresidente della Provincia (Luca Coletto), la sorella del sindaco, Barbara, capogruppo della Lega in consiglio comunale, e il militante Filippi. Ci ricordiamo bene il loro atteggiamento ai "banchetti" di raccolta firme allo stadio mentre spargevano odio fra le persone del mercato.

Ora sarebbe bene che Flavio Tosi e gli altri condannati si dimettessero dalle loro cariche istituzionali.
Chissà, magari, al pari di altri veronesi in odor di condanna per fatti razzisti, potrebbero impiegare il loro tempo nei servizi sociali oppure nella pulizia della città dai tanti rifiuti ingombranti che vengono abbandonati in giro.

11 luglio 2009

da Atifa Il Circolo Pink

Le camicie verdi

Quando nel maggio 1996 la Lega Nord decise di istituire le Camicie verdi, l’On. Domenico Gramazio della direzione nazionale di Alleanza nazionale così commentò la notizia: “Bossi non sa che le Camicie verdi appartengono alla storia e alla tradizione del vecchio mondo attivistico della destra italiana. Apparvero per la prima volta nel 1953 ai funerali del maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani. È proprio con le Camicie verdi che nel lontano 1956 l’allora segretario giovanile del Movimento sociale italiano, Giulio Caradonna, preparò il famoso attacco alle Botteghe Oscure, al quale parteciparono con la camicia verde, fra gli altri, Vittorio Sbardella, Mario Gionfrida, Romolo Baldoni e tanti altri attivisti dell’Msi”.
Gramazio, pur sbagliando data, rammentò un episodio realmente accaduto. L’assalto alla sede nazionale del Pci avvenne infatti un anno prima, nel 1955, la sera del 9 marzo, quando un centinaio di neofascisti con camicie verdi, bracciali tricolori e cravatte nere, scesi da due pullman, tentarono di irrompere all’interno del “Bottegone”. La porta venne prontamente chiusa. A quel punto si scagliarono contro la sottostante libreria Rinascita con molotov, pietre e bastoni. Nell’occasione Mario Gionfrida, detto “er gatto” (mai appellativo fu così azzardato), nel tentativo di lanciare una bomba si tranciò di netto una mano. Lo si rivedrà di nuovo in giro con una protesi in legno.
Tornando al 1996, il 15 settembre Umberto Bossi dichiarava l’indipendenza della Padania, minacciando il ricorso a vie non democratiche. Il 22 settembre, come filiazione delle Camicie verdi, decideva anche di istituire la Guardia nazionale Padana, suddivisa in cinquanta compagnie e dedita all’“esercizio del tiro a segno come motivo di aggregazione sociale”. Erano gli anni in cui ai magistrati ricordava che “Una pallottola costa solo 300 lire”. L’ex senatore Corinto Marchini, il primo comandante delle Camicie verdi, poi fuoriuscito dalla Lega, solo qualche anno fa in un’intervista a Claudio Lazzaro che stava appunto girando “Camicie verdi”, un film-documentario uscito nel 2006, raccontò come lo stesso Bossi lo avesse istigato a organizzare manifestazioni eclatanti, ben più del semplice bruciare il tricolore nelle piazze. “Bossi mi chiamò all’una e mezza di notte” – ribadì Marchini – “mi disse di sparare ai carabinieri, che le Camicie verdi dovevano essere pronte a sparare”. Seguirà a fine gennaio 1998 la richiesta di rinvio a giudizio del procuratore della Repubblica di Verona Guido Papalia per tutta la dirigenza della Lega e una ventina di Camicie verdi. I reati: attentato contro la Costituzione e l’integrità dello Stato, oltre a formazione di associazione militare a fini politici. Un processo mai fatto.
Sarà forse un caso, ma la camicia verde come uniforme fu anche adottata in Europa nel secolo scorso da alcuni dei principali movimenti fascisti. Tra loro, le Croci frecciate ungheresi, fondate nella primavera del 1935 da Ferenc Szalasy, un ufficiale ultranazionalista. Lo stemma ricordava la bandiera nazista: un cerchio bianco, su sfondo rosso, con all’interno al posto della svastica due frecce disposte a forma di croce. Strutturate come un ordine religioso invocavano la benedizione del cielo per la loro crociata “contro gli ebrei e i bolscevichi”. Alleati dei nazisti, costituirono nell’ottobre del 1944 un governo fantoccio in Ungheria sotto la guida di Szalasy, autoproclamatosi “Reggente della nazione”, deportando migliaia di ebrei nei campi di sterminio. Almeno 15 mila, invece, secondo gli storici, gli ebrei direttamente massacrati in quei mesi dalle Croci frecciate a Budapest.
Assai simile all'esperienza ungherese fu la Guardia di ferro rumena, movimento fanatico e antisemita fondato nel 1927 da Cornelius Zelea Codreanu. Nel gennaio del 1941, in un tentativo di colpo di Stato, le bande paramilitari della Guardia di ferro, con tanto di camicia verde, fecero irruzione al quartiere ebraico incendiando case e sinagoghe. Al termine trascinarono al mattatoio comunale centinaia di sventurati. Molti di loro furono sgozzati, simulando una cerimonia kosher, altri decapitati. I corpi furono successivamente appesi ai ganci da macellaio. “Li avevano scorticati vivi a giudicare dalla quantità di sangue”, riferì in un suo telegramma l’ambasciatore degli Stati Uniti in Romania. Tra loro anche una bambina di cinque anni appesa per i piedi.
Movimenti fascisti a sfondo mistico-religioso che percorsero l’Europa, come furono anche i Verdinazo (Vereinigung dienst national-solidaristen) o Associazione dei solidaristi fiamminghi, fondata negli anni Venti da Joris van Severen, il cui progetto era di riunificare il Belgio, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e le Fiandre francesi, riportando la ruota della storia al tempo dell’impero di Carlo V. Dotata di milizie con camicia verde, originò anche un corpo parapoliziesco che collaborò con i nazisti. Storie terribili e lontane, chissà se conosciute dai dirigenti leghisti.

da Il Manifesto di Saverio Ferrari

Nucleare: il governo ignora il referendum con il quale gli italiani hanno rifiutato le centrali

Il governo Berlusconi, come ormai d’abitudine, si è fatto approvare dal Senato un mandato che ribalta il referendum dell’87, con il quale gli italiani avevano espresso la loro contrarietà alla costruzione di centrali nucleari senza interrogare gli enti locali né tantomeno affrontando un dibattito pubblico e trasparente.

Dopo l’approvazione del ddl sviluppo, avvenuta ieri, il governo avrà sei mesi per predisporre la normativa necessaria, localizzare i siti su cui sorgeranno le centrali e decidere i sistemi di stoccaggio e di deposito dei rifiuti radioattivi. Tutto questo in un Paese già sommerso dai rifiuti normali e in cui non siamo ancora riusciti a liberarci delle scorie stoccate in luoghi non adatti come Saluggia o che sono rimaste nella vecchia centrale.

“Un provvedimento storico - aveva già esultato il Ministro per lo Sviluppo economico, Scajola - che pone rimedio agli storici squilibri e ritardi nel nostro Paese”. Ma se uno squilibrio c’è, riguarda non di certo l’utilizzo del nucleare ormai obsoleto ma quello delle energie alternative.
In discontinuità con le scelte espresse in Europa, dove i Verdi acquisiscono sempre più consensi, e con gli Stati Uniti, dove si investe sulla green economy, il governo Berlusconi piazzerà centrali nucleari su un territorio, come quello italiano, altamente sismico e inadatto ad ospitarle.

I siti disponibili, infatti, dove le centrali nucleari potrebbero essere costruite sono solo in Puglia, tra Lombardia e Piemonte, in Sardegna e nell’ alto Lazio. Regioni che però si sono ribellate e hanno giustamente negato questa possibilità. Stando però alle intenzioni del governo le centrali da costruire dovrebbero essere cinque, per un investimento iniziale di almeno 20 miliardi, destinati a lievitare.
Il nucleare, oltre alla sua indiscutibile pericolosità, risiede anche nell’impossibilità di rendere funzionanti le centrali prima di un paio di decenni. Dunque l’ennesima operazione propagandistica del governo che però sembra lasciare perplessi i cittadini.

Perplessità che aumentano a causa di un mancato confronto ampio, trasparente e consapevole dei pericoli della scelta del nucleare . Nel 1987, infatti, 20 milioni di italiani dissero con chiarezza no alle centrali.
Per modificare dunque la decisione presa direttamente dal popolo sarebbe necessario un dibattito pubblico che fino ad ora non c’è stato.

Una scelta, quella del ritorno al nucleare, che si scontra con il voto univoco degli italiani che nel‘87 dissero No. Per quanto infatti un voto referendario non può obbligare il Parlamento in eterno, esso rappresenta un diritto unico e democratico ed uno strumento al quale la nostra democrazia si è affidata per assumere decisioni di particolare rilievo. Basti pensare al referendum sulla forma di Stato del ’74 o a quello sul divorzio dell’87.
Dunque per superare il voto referendario vi è la necessità di un confronto e non di certo di una legge delega che permette al Governo di scegliere quanto i cittadini qualche anno fa hanno rifiutato.

da Indymedia

ROMA - 100%ANIMALISTI = 100%FASCISTI=100%MERDE

Nelle notti del 7 e dell'8 Giugno la sezione romana dell'associazione 100% animalisti ha rivendicato due "blitz" contro il canile comunale di Muratella, con l'affissione di alcuni striscioni. Il giorno successivo due personaggi del PdL romano (area Alleanza Nazionale), Fabrizio Santori (Presidente della commissione sicurezza del Comune di Roma noto per le sue dichiarazioni a favore di una occupazione del gruppo neofascista Casa Pound nel VI municipio, e al tempo stesso per i continui attacchi repressivi contro i movimenti antagonisti capitolini) e e Andrea De Priamo (presidente della Commissione ambiente del Comune di Roma ed ex squadrista del Fronte della Gioventù), tessevano le lodi dell'azione dei 100% animalisti.
Gli striscioni affissi altro non sono che il riciclo di alcuni manifesti di Area Identitaria, gruppo neofascista gravitante intorno ad Alleanza Nazionale. I 100% animalisti millantano un presunto impegno contro tutte le forme di sfruttamento animale; ancora una volta invece, la provenienza del loro materiale ed i caratteri grafici (..."non conformi"...) rivelano la matrice profondamente politicizzata della loro associazione in termini chiaramente reazionari e soprattutto il loro prestarsi ad essere braccio di propaganda "animalista" di partiti, gruppi politici e aree della società per loro natura basati sulla gerarchia e lo sfruttamento e dunque inevitabilmente refrattari ad un qualsiasi principio di liberazione animale e cambiamento reale dell'esistente.
Nell'ambito dell'area "non conforme", Area Identitaria (derivazione di reduci di Forza Nuova e Fiamma Tricolore) è la presunta autonomia di Alleanza Nazionale. Un cavallo di Troia con cui le destre neofasciste cercano spazi all'interno di tematiche tradizionalmente antiautoritarie quali l'ecologismo, la lotta alla globalizzazione e l'animalismo radicale. E' ovvio però che non ci può essere impegno genuino e consapevole per la liberazione della Terra e degli esseri viventi da parte di chi è abituato a rinchiudere se stesso e gli altri in gabbie concettuali e fisiche fatte di sfruttamento, sopraffazione e specismo.
Un po' di storia...In questo piano di infiltrazione l'associazione 100% animalisti gioca da anni un ruolo fondamentale nel fornire agibilità all'interno del territorio e soprattutto una patina di "animalismo" a interessi esclusivamente politici. Il fondatore e presidente Paolo Mocavero ha un trascorso esemplare in questo senso: candidato sindaco per la lista "Destra Veneta - Stop immigrazione per una Forza Nuova" alle elezioni comunali di Padova del 13 giugno 1999, è stato uno degli uomini chiave del partito fondato dall'ex membro di Terza Posizione Roberto Fiore. L'avventura elettorale di Mocavero naufraga pateticamente, arenandosi sulla miseria di 1451 voti al primo turno. Voti prontamente offerti per il ballottaggio al candidato di Alleanza Nazionale Giustina Destro, poi eletta con il 50,6% dei voti.
In quel periodo i fascisti impongono un clima di violenza e terrore nella città , sotto l'incoraggiamento dei vertici politici di riferimento. Nel giugno del 2000 una sentenza della Corte d'Appello condanna otto giovani padovani tutti "appartenenti al gruppo di estrema destra Forza Nuova" per aver picchiato un ragazzo di colore per "finalità razziste". Nel periodo immediatamente antecedente alle elezioni c'erano stati gli arresti di altri due membri del partito, Andrea Bordin e Roberto Baggio. Nel 2000 la polizia scopre a casa di un'altra persona dell'ambiente, Lorenzo Stivanello, micce ed esplosivi. Sfumata la carriera politica, e fiutata l’aria ostile, Paolo Mocavero decide di ripiegare sull'animalismo e fonda la suddetta associazione. Con uno stile apparentemente aggressivo raccoglie una base di giovani ragazzi (alcuni certamente in buona fede): si fa strada parallelamente diffamando e insultando sul suo sito web tutte le altre realtà protezioniste, animaliste ed antispeciste, facendone un calderone comune contro cui indirizzare il malessere esistenziale dei suoi attivisti all'insegna del più classico "molti nemici, molto onore". Visto però che il movimento antispecista oppone una sarcastica indifferenza, altro che nemici, i 100%animalisti si dedicano al marketing: cappellini, magliette, gadget, bandiere con il teschio del Jolly Roger, vere e proprie divise. I loro obiettivi: sagre di paese, palii semisconosciuti, fiere di campagna, circhi. Tutte realtà che, pure se da combattere, poco incidono nel quotidiano e sistematico panorama degli abusi e delle violenze che gli uomini compiono sugli animali. In cambio però garantiscono un facile e immediato riscontro mediatico (guarda caso tutte testate di destra, da Libero a siti come VivaMafarka e No Reporter): a maggior gloria non degli animali (quelli servono solo per le magliette...) ma dell’ immagine del proprio gruppo.
La linea ufficiale è quella dell’apoliticità. Addirittura in home page del sito internet vengono riportate le frasi dell’attivista antispecista inglese Barry Horne. Ovviamente ai giovani e sprovveduti militanti non viene detto che Horne era un militante libertario. Tuttavia l’impronta politica dei 100%animalisti è forte ed affiora continuamente. I referenti politici, i contatti con certa stampa, gli attacchi strumentali alle campagne animaliste che in Italia ed in Europa colpiscono i nodi dello sfruttamento animale industriale. Lo sfruttamento vero, quello che per essere combattuto richiede tempo, lucidità, fatica, capacità di mettersi in gioco e di rischiare in prima persona: dalla vivisezione all’industria della carne fino a quella della pelliccia. Qualcosa di ben più complesso, oscuro e potente di un presidio di fronte ad una sagra di paese, con quattro urla da osteria, due insulti e poi, via, a casa…E soprattutto gli insulti e le offese a tutti coloro che pagano il proprio impegno per la difesa della Terra e degli esseri che la popolano con la repressione e la detenzione in carcere.
Riteniamo che l'infiltrazione dei 100% animalisti abbia superato il livello di guardia e non sia più tollerabile. Come non sono più tollerabili le offese, le minacce, lo squadrismo verbale che questa accozzaglia pseudo-animalista continua a proporre. Non solo fascismo e animalismo/antispecismo sono in contraddizione logica, ma certe "azioni" dei 100% animalisti e certi loro rapporti con settori del neofascismo italiano evidenziano che questa associazione, o perlomeno i suoi vertici (fatta salva l’eventuale buona fede di un numero più o meno grande di attivisti, semplici pedine sulla scacchiera da usare e poi buttare quando non servono più), non è affatto apolitica ma ingranaggio di una strategia di infiltrazione più complessa e sistematica

Nessuna agibilità per i fascisti!

Alcuni/e Antispecisti/e

Quelli che rimpiangono George W. Bush

Ogni evento internazionale conferma il fascino che Barack Obama esercita su capi di stato e di governo di mezzo mondo, che non vedono l’ora di stringergli la mano o farsi fotografare con lui. Ma secondo Foreign Policy ce ne sono cinque che, in maniera più o meno esplicita, rimpiangono George W. Bush.

Il primo di questi sarebbe Silvio Berlusconi, definito nel 2008 da Time come “l’ultimo migliore amico rimasto a Bush”. Anche se Berlusconi ha speso parole di elogio nei confronti nel nuovo presidente, i loro rapporti non sarebbero idilliaci. Obama guarda con fastidio alla “vicinanza del primo ministro italiano con Vladimir Putin e il dittatore libico Gheddafi”, mentre il governo italiano non vede di buon occhio il proposito di Obama di allargare il G8, dato che “il prestigio internazionale dell’Italia dipende molto dalla sua presenza in quell’organismo esclusivo”.

Il secondo sarebbe il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che non ha mai nascosto il fastidio nei confronti del presidente Obama e della sua contrarietà alla costruzione di nuovi insediamenti in Cisgiordania. “Il governo israeliano avrebbe sostenuto di avere un tacito accordo con l’amministrazione Bush riguardo quegli insediamenti, un accordo la cui esistenza è stata confermata dall’ex viceconsigliere per la sicurezza nazionale, ma Obama ha ribadito la sua opinione contraria”.

Terzo presidente a rimpiangere Bush sarebbe Álvaro Uribe, colombiano. Godeva del sostegno incondizionato di Bush nella sua guerra ai cartelli della droga, ma la nuova amministrazione comincia a guardare con qualche dubbio ai suoi metodi poco rispettosi dei diritti umani. Inoltre, data l’intenzione di Obama di riallacciare i rapporti con l’intero Sudamerica, “il tempo in cui la Colombia era l’unico partner affidabile degli Stati Uniti inella regione è destinato a finire”.

Il presidente polacco Lech Kaczynski, poi, ha iniziato il suo rapporto con Obama con un incidente diplomatico. Dopo averlo sentito al telefono, pochi giorni dopo la sua elezione, Kaczynski ha raccontato alla stampa polacca che il neopresidente era a favore dello scudo antimissile. Obama ha subito smentito, e ha anzi offerto alla Russia una rinegoziazione del progetto dello scudo, in cambio di un atteggiamento più cooperante su altre questioni.

Ultimo capo di governo a rimpiangere Bush sarebbe il venezuelano Hugo Chávez. “La retorica scomposta anti-Bush di Chávez gli ha fatto guadagnare ammiratori da Tegucigalpa a Teheran, ma con l’elezione di Obama, popolarissimo in Sudamerica, il vecchio trucco non funziona più. Mentre l’amministrazione Obama allenta le restrizioni nei confronti di Cuba, è difficile dipingere gli Stati Uniti come i nemici assoluti della sinistra latinoamericana.

La nuova sinistra del Sudamerica, come il neoeletto presidente del Salvador Mauricio Funes, guarda più a Lula che a Chávez e Castro. Durante il recente golpe in Honduras, Chávez ha provato ad accusare gli Stati Uniti ma la sua tesi è apparsa poco credibile, dato che l’amministrazione ha subito dato il proprio sostegno al presidente deposto, invitandolo a Washington. Dato che la sua influenza è crollata insieme al prezzo del petrolio, a Chávez non dispiacerebbe avere ancora il vecchio Bush da prendere a calci”.

da Internazionale

Sant’Anatolia di Narco – Il Museo della Canapa compie un anno

SANT'ANATOLIA DI NARCO - Domenica 12 luglio alle ore 17,30, presso la Piazza del Comune Vecchio a Sant’Anatolia di Narco (PG), si festeggia il primo compleanno del Museo della Canapa. Dopo un’accurata fase di studio scientifico sulle tradizioni della coltivazione e tessitura della canapa, il museo ha visto transitare nelle sale espositive numerosi visitatori. E’ concepito in una totale riambientazione di quelle che sono le fasi di lavorazione della canapa, presentate in modo tale da risultare di chiara e facile interpretazione per il pubblico.

Fiore all’occhiello è il laboratorio dove si svolgono corsi pratici di tessitura. Il laboratorio ha saputo incentivare l’interesse nelle visite: qui tutti possono toccare con mano la realtà di un tempo ormai passato, diventando i protagonisti all’interno di un museo che non è puramente contenitore antropologico e di conservazione. In tal senso il Museo della Canapa si pone come una modesta realtà che parla di tradizioni popolari e antichi mestieri con l’obiettivo di riportarli a nuova vita.

Il Museo della Canapa, antenna dell’Ecomuseo della Valnerina, mira a diffondere la conoscenza dei beni esposti attraverso esperienze didattiche destinate, in particolare, alle scuole, ponendosi come obiettivo il “recupero del sapere”, in particolare quello relativo alla lavorazione e alla tessitura della canapa, tratto distintivo della cultura popolare della Valnerina, fino alla metà del Novecento.

I molteplici progetti didattici, svoltisi durante questo primo anno di apertura, hanno favorito la visita delle scuole del territorio e l’apprendimento di nozioni storiche in modo dinamico, attraverso il “saper fare”, con l’uso dei telai che sono allestiti nel laboratorio.

La finalità che il museo si propone è quella di recuperare e trasmettere l'arte della lavorazione della canapa, uno tra i molteplici elementi cardine del patrimonio culturale tradizionale.

Silvano Rometti assessore alla Cultura dichiarò il giorno dell'inaugurazione avvenuta nel 2008: "la Regione Umbria, ha sostenuto il progetto di questo Museo che vuol recuperare e trasmettere l'arte e la lavorazione della canapa, radicata nella nostra regione, nell'ambito delle azioni per la valorizzazione della "risorsa Umbria", promosse con i bandi integrati della filiera "Turismo-Ambiente- Cultura".

Allestito nell'ex sede del palazzo comunale di Sant'Anatolia, il museo consente di conoscere l'intero ciclo, dalla coltivazione alla lavorazione e trasformazione della canapa.
Il museo si articola su due livelli: il pianoterra ospita una sala, dotata di otto telai, che sarà sede del laboratorio di tessitura, dove verranno svolte attività laboratoriali rivolte alle scuole di tutti i gradi, ai residenti e a tutti coloro che saranno interessati a partecipare.
Il livello superiore consta, invece, di quattro sale: due dedicate alla tessitura tradizionale e agli strumenti legate al ciclo di lavorazione della fibra grezza, necessarie all'ottenimento del filo e del tessuto vero e proprio. Tra di esse, fusi, rocche per filare, aspi per ricavare matasse, filarelli e telai. La terza sala, più didattica, destinata alla tessitura moderna le cui caratteristiche sono esplicate tramite pannelli interattivi e didattici; l'ultima ospita la collezione tessile concessa dal Comune di Spoleto in comodato gratuito e per cinque anni, e i tessuti donati dagli abitanti del comune di Sant'Anatolia di Narco.
"È di fondamentale importanza per un piccolo Comune come Sant'Antatolia di Narco, ha detto il sindaco Amedeo Santini, l'apertura di una struttura museale, non solo per lo sviluppo del turismo, ma soprattutto per il recupero della sua identità culturale. Con il Museo della Canapa viene salvato, recuperato e valorizzato un modo di vivere del territorio: quasi ogni famiglia di contadini, fino alla prima metà del Novecento, coltivava la canapa per uso familiare".

Il nostro mare è ancora pulito? Sì

Il tema della balneabilità delle acque, considerata anche la situazione climatica non proprio favorevole, resta il più caldo di questo inizio estate. E il discorso vale soprattutto per la bassa zona adriatica, nella fascia costiera a sud di Otranto. Tra dati ufficiali, inquinamento reale e/o visivo, la necessità di dover trattare con le pinze l’argomento per non creare facili allarmismi, ma al contempo anche il dovere di stare all’erta per salvaguardare la salute del mare ed anche la nostra, rischia di non far capire più nulla alla gente.
Abbiamo cercato di fare chiarezza contattando l’Arpa Puglia (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente), l’Ente che ha la titolarità delle analisi ed il dovere di renderne pubblici i risultati. Sorbito il solito iter burocratico (contattati a Lecce i dirigenti provinciali ed a Bari quelli regionali), ci è stato consentito di parlarne con Roberto Gennaio, Tecnico Prevenzione Ambiente, impegnato direttamente sul campo per effettuare prelievi ed analisi. “Le potenziali fonti di inquinamento per le acque marine costiere”, spiega Gennaio, “possono essere molteplici a causa dell’immissione di inquinanti di tipo chimico (“per fortuna non è il nostro caso”) e/o microbiologico, provenienti principalmente da reflui urbani non depurati, dall’assenza nella maggior parte dei casi di una rete fognaria negli abitati costieri, da percolazioni di pozzi neri non a tenuta (“nella maggior parte dei casi”) che disperdono i reflui nella falda superficiale e di conseguenza a mare, che possono determinare nell’uomo patologie di natura infettiva, infiammatoria, allergica, oltre a creare dei danni all’ecosistema marino costiero. Quotidianamente effettuiamo prelievi dal 1° aprile al 30 settembre in tutto il Salento, da Casalabate (al confine con la provincia di Brindisi) a Punta Prosciutto (confina con la provincia di Taranto), per cui passiamo due volte al mese per tutti i punti di balneazione della nostra provincia, effettuando prelievi di acqua di mare per i relativi esami chimici e batteriologici una volta giunti in laboratorio. Da quest’anno inoltre il nostro servizio di monitoraggio marino-costiero lo effettuiamo in collaborazione con le sezioni operative navali della Guardia di Finanza di Otranto e Gallipoli. Qualora i risultati presentassero delle anomalie, anche per uno solo dei parametri previsti dalla legge, per quel punto di balneazione vengono fatti 5 prelievi suppletivi nei 5 giorni successivi. Se di questi 5 prelievi, 3 danno esito positivo con valori al di sopra della norma, immediatamente effettuiamo una segnalazione al Sindaco di competenza per quel territorio e quest’ultimo è tenuto ad emettere immediatamente il divieto di balneazione. Quando su una zona già interdetta alla balneazione due campionamenti consecutivi risultano idonei, questo tratto può essere riaperto alla balneazione previa immediata comunicazione al sindaco che revoca con apposita ordinanza il divieto. Non ha nessuna validità scientifica né sanitaria quindi”, attacca il tecnico dell’Arpa, “dire che le acque di balneazione di quel dato punto sono inquinate o leggermente inquinate, più o meno dell’anno precedente, con i dati riferiti ad un solo prelievo effettuato in quel tale giorno di quel mese così come succede per alcune campagne tanto pubblicizzate di alcune associazioni ambientaliste, vedi Goletta Verde di Legambiente”. A Tricase, Canale del Rio a parte, non c’è stata alcuna ordinanza del Sindaco in merito ad un divieto di balneazione perchè evidentemente i dati erano nella norma. Eppure la gente, non solo di Tricase, ma di tutta la fascia adriatica fino ad Otranto, continua a lamentarsi perché il mare non sembra più quello di sempre. “Lo scorso sabato 27 giugno siamo stati chiamati a Castro, dove la gente era allarmata. Insieme alla Locamare della Capitaneria di Porto di Otranto abbiamo, però, verificato lungo il tratto di costa che si trattava di schiuma causata il più delle volte dalla risacca, tranne per una piccola chiazza di schiuma probabilmente portata sottocosta dai venti di Grecale”. Escludete quindi che si tratti di un problema di depuratori mal funzionanti? “In quella zona l’unico impianto di depurazione autorizzato a scaricare a mare è quello di Tricase, che confluisce nel Canale del Rio. E proprio per questo motivo, in quel ristretto specchio di mare (“500 metri a nord e 500 a sud”), vige per 365 giorni all’anno il divieto di balneazione”. Insistiamo: la schiuma che quasi quotidianamente fa capolino nel nostro mare non ha quindi nulla a che vedere con i depuratori? “Tra i nostri compiti c’è anche quello di effettuare campionamenti nei siti dove vige il divieto di balneazione. E posso affermare che anche lì rarissime volte abbiamo registrato valori al di sopra di quelli che impongono il divieto di balneazione. Certo, c’è da dire che se il limite di legge dei tensioattivi per le acque reflue depurate che che recapitano in un corpo idrico superficiale, è di 0,5 mg/litro, considerando le centinaia di metri cubi che vengono scaricati al giorno in quel tratto di mare, un po’ di schiuma si può sempre formare ed essere trasportata dalle correnti marine per alcuni tratti di costa. Poi il mare diluisce e disperde. Sarebbe anche il caso di verificare se nottetempo, lungo la condotta che porta dall’impianto di Tricase fino al mare, qualcuno non scarichi furtivamente liquami…”. Sta dicendo che andrebbero accentuati i controlli sulla terraferma? “Questo senza dubbio. Noi tecnici dell’Arpa controlliamo anche le acque depurate degli impianti di depurazione e quindi controlliamo anche l’impianto di Tricase, così come tutti gli altri della provincia di Lecce: sappiamo che non tutti funzionano al 100% (“per ovvi motivi, obsoleti, sottodimensionati, cause tecniche e accidentali”), ma non al punto da compromettere la qualità del mare. Altro punto non balneabile della zona di Tricase è quello strettamente relativo al Porto, ma solo perché la legge vieta che si faccia il bagno in un’area portuale, per motivi di sicurezza innanzitutto”. In tutto questo cosa centra il depuratore di Corsano? “Non saprei! So però che ci sono stati dei problemi tecnici all’impianto qualche tempo fa quando ancora scaricava in falda profonda. Inoltre l’impianto di depurazione di Corsano, con autorizzazione rilasciata dalla Provincia, affiancato dall’annesso impianto di affinamento dei reflui depurati, scarica nel canale di bonifica “ Torre Ricco” (“in attesa di smaltire su terreno o da utilizzare per uso irriguo”) della lunghezza di circa 800 metri, e che potrebbe convogliare, se non assorbiti dal terreno, i reflui depurati in mare in località “Guardiola”. Tutto può succedere. Gli organi preposti stanno valutando se disporre il divieto di balneazione permanente nel caso i reflui dovessero arrivare in continuità in quel tratto di mare”. Come viene stabilito il calendario dei prelievi? “Noi ci spostiamo lungo tutta la costa del Salento in base alle condizioni meteomarine. Si tenga presente che se piove nelle 24 ore successive, non possiamo effettuare prelievi altrimenti avremmo dati viziati dall’acqua piovana che arriva in mare dopo avere dilavato strade, piazzali, campagne e quant’altro, portando con sè di tutto. Perciò in questi giorni, a mare, abbiamo potuto constatare in alcuni tratti la presenza di schiuma e non solo”.
Qual è lo stato di salute del mare salentino in generale? “Chiunque può vedere i dati su www.arpa.puglia.it, al banner “acque di balneazione”, scegliendo la provincia e il tratto di mare che gli interessa. Si possono trovare i risultati di tutte le analisi effettuate dal 1° aprile fino ad oggi ed anche quelle fino a due anni fa. Per la provincia di Lecce mediamente il 99% dei campioni ha dato sempre un esito favorevole. Un mare limpido e cristallino dai toni verde-bluastro, che sa dunque di tropicale, fermo restando che si possono verificare situazioni occasionali e momentanee dovute il più delle volte a fenomeni atmosferici (“temporali estivi, dilavamento dei terreni con conseguente intorbidamento delle acque costiere, ecc.”) o alle correnti che possono sospingere verso le nostre coste, specie con venti dominanti da sud, materiale di diversa natura (“buste di plastica, bottiglie e quanto altro”) riversato inconscientemente in mare aperto da diportisti o da navi che transitano lungo il Canale d’Otranto”. Esistono zone particolarmente a rischio? “Situazioni occasionali e temporali non prevedibili si possono verificare ovunque”. In definitiva, possiamo dire che lo stato di salute del nostro mare è buono? “Senza ombra di dubbio”. Intanto tutti continuiamo a vigilare e segnalare eventuali anomalie, senza allarmismi ma sempre vigili. E dal 1° luglio i tecnici dell’Arpa hanno ripreso l’iter delle analisi del nostro mare: siamo certi che ora faranno il loro dovere ancora con maggiore scrupolo, sapendo che restano accesi i riflettori della stampa e dell’opinione pubblica…

Come vengono effettuati i controlli

L’idoneità delle acque marine costiere alla balneabilità è disciplinata dal DPR 470/82 (e succ.ve modifiche) che prevede il monitoraggio periodico delle acque finalizzato alla determinazione dei principali parametri chimico-fisici e microbiologici. Il monitoraggio e il controllo è affidato e garantito dall’ARPA, l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale, ed espletato per ogni Provincia dai Dipartimenti Provinciali che durante la stagione balneare, che ha inizio il 1° aprile e termina il 30 settembre, effettuano con personale tecnico qualificato e con frequenza quindicinale i campionamenti di acqua del mare lungo tutta la costa e le relative analisi. I prelievi per le analisi chimiche e batteriologiche vengono effettuati ad una profondità di circa 30 cm sotto il pelo libero dell’acqua e ad una distanza dal litorale sabbioso tale che il fondale abbia una profondità di 80-120 cm; in corrispondenza del litorale roccioso, invece, i prelievi vengono effettuati ad una distanza di cinque metri dalla scogliera. Tutti i risultati delle analisi vengono trasmessi al Sistema Informativo Sanitario (S.I.S.) del Ministero della Salute che redige il rapporto annuale sulla qualità delle acque di balneazione, all’Assessorato alla Salute della Regione Puglia e ai Sindaci dei Comuni rivieraschi. Secondo il DPR 470/82 le acque marine costiere si considerano idonee alla balneazione quando durante l’ultima stagione balneare il 90% dei campioni di routine prelevati ha avuto tutti i parametri previsti nei limiti di legge.

I monitoraggi in provincia di Lecce

I 260 Km di costa della provincia di Lecce, che vanno da Casalabate sull’Adriatico fino a Punta Prosciutto (Porto Cesareo) sullo Ionio, vengono monitorati attraverso 149 punti di campionamento già prefissati, così ripartiti tra i Comuni interessati alla balneazione in base alla rispettiva lunghezza del tratto costiero: Porto Cesareo, 22 punti di balneazione; Galatone, 1; Gallipoli, 11; Taviano, 1; Racale, 2; Alliste,3; Ugento, 7; Nardò,12; Salve, 3; Morciano,1; Patù,2; Castrignano del Capo,3; Gagliano del Capo,5; Corsano, 2; Tricase,5; Andrano, 2; Diso,1; Castro, 3; S. C. Terme, 6; Otranto, 24; Melendugno, 9; Vernole, 4; Lecce, 16.

E dove scaricano i depuratori...


I tratti di costa in cui non è ammessa la balneazione, perché interessati da immissioni autorizzate di scarichi di impianti civili di depurazione con una fascia di rispetto di circa 1000 metri (500 metri a nord e a sud dal punto di immissione dello scarico), o per motivi diversi.
Gallipoli (2): tutto il tratto di costa che va dalle ex colonie (Ceduc) proseguendo per tutta la città vecchia fino alla ex distilleria del Salento (assenza di fognatura pubblica) per m 7118; a circa 200 metri a nord della darsena “Porto Gaio” scarico impianto depurazione per 1000 metri
Nardò: località Torre Inserraglio, presenza scarico m 1000
Tricase: Canale del Rio, scarico impianto depurazione 1039 metri
Ugento: Torre San Giovanni, scarico impianto di depurazione m 1218
Lecce: località Torre Veneri, 4.390 m di costa sono interdetti alla balneazione per la presenza di un poligono militare
La balneazione inoltre è vietata nell’ambito di tutti i bacini portuali.

Le analisi per ogni punto di prelievo

Determinazione dei parametri strumentali rilevati direttamente per ogni punto di prelievo (in situ): temperatura dell’acqua e dell’aria, stato del mare, direzione e intensità del vento e della corrente superficiale, colorazione, trasparenza, ispezione visiva di oli minerali o idrocarburi in superficie. Determinazioni dei parametri all’arrivo dei campioni presso i laboratori del Dipartimento di Lecce: coliformi totali, coliformi fecali, streptococchi fecali, salmonelle (nei casi di scarichi abusivi e nei punti interdetti alla balneazione), enterovirus, pH, sostanze tensioattive (detergenti, saponi ecc.), fenoli, ossigeno disciolto (percentuale di saturazione).

da Il Gallo di di Giuseppe Cerfeda

ADRIANA POLI SPALANCA LE PORTE AL PARTITO DEL SUD

A Sorrento assemblea per studiare un nuovo soggetto meridionalista di cui Io Sud farà parte. Ma Pankiewicz attacca: “Soffre di poltronite acuta”. La Sinistra per il Salento interpreta le nuove sfide

LECCE - Sarà una Lega del Nord alla rovescia? Al momento, non si conoscono nello specifico tutti i tratti distintivi del futuro Partito del Sud, ma di certo questa realtà sembra prendere piede e poter diventare molto più di un semplice movimento territoriale. Di questo nuovo soggetto, di cui si parla ormai da qualche tempo in più aree del Meridione, sarà quasi certamente parte integrante Adriana Poli Bortone e il suo “Io Sud”. Ad ammetterlo è la stessa leader del movimento nato nel Salento, ma che confida di diventare interregionale, che dichiara: “Ho accolto con piacere l’invito a partecipare all’incontro di Sorrento con Gianfranco Miccichè e gli altri per discutere del Partito del Sud. E’ un’onda crescente che credo porterà in tempi brevi alla costituzione di uno o più soggetti politici semmai confederati di grande interesse. In questi giorni abbiamo avuto dalla Puglia, dalla Basilicata, dalla Campania adesioni anche di rappresentanti istituzionali che ci consentono di costruire un’importante realtà sul territorio meridionale”.

La senatrice evidenzia come il soggetto politico sarà “essenzialmente di base”, partendo dalla “volontà dell’elettorato”, che “rifiuta il bipartitismo coatto e si riconosce in formule di sano meridionalismo protagonista delle sue scelte”: “Un meridionalismo sincero – chiarisce la Poli - che non vuole soccombere rispetto a scelte verticistiche come accaduto ancora ieri l’altro, quando i colleghi parlamentari salentini del Pdl, nonostante tutte le assicurazioni di campagna elettorale, hanno votato a favore del nucleare e contro la partecipazione popolare. La sinistra ha preferito pilatescamente non votare. Unico voto contrario il mio”.

La presidente di “Io Sud” assicura, dunque, l’intenzione di ascoltare con piacere a Sorrento le proposte programmate, anticipando che il 24 luglio, a Napoli, si terrà un incontro con altre associazioni e movimenti, con obiettivi analoghi a quelli del suo movimento: “Sono ormai maturi i tempi – spiega - non solo per una confederazione di diversi soggetti, ma probabilmente anche per la formazione di gruppi di deputati meridionali coerenti e consequenziali nei comportamenti. So di deludere quanti per coprire interessi di bassa lega mi indicano falsamente come una transfuga nelle file della sinistra, come so di deludere quanti altrettanto falsamente hanno attribuito il mio meridionalismo a ripicche isteriche. Sono soggetti che non conoscono né la mia formazione né la mia azione politica e soprattutto hanno una visione del Sud ancora assistenzialista”.

“Se del Sud – prosegue - oggi parlano Miccichè, Prestigiacomo, Lombardo e perfino Fini e Bossi significa che esiste una questione meridionale aggravata dalla recente legge sul Federalismo solo fiscale. Chi dunque per tentare di salvare la sue ambigue posizioni personali getta veleni rivela tutta la sua grettezza, ed ignoranza della storia culturale ed economica del territorio ma soprattutto l’incapacità politica di uscire da schemi anacronistici e penalizzanti per il Sud. Sono certa che la libertà di pensiero e d’azione di persone intelligenti e capaci come quelle che si riuniranno a Sorrento nei prossimi giorni potranno contribuire alla creazione comune di un nuovo soggetto politico adeguato alle richieste di partecipazione vera e di protagonismo del Sud”.

Ma intanto la Poli incassa una nuova polemica e l’accusa di essere afflitta da “poltronite acuta” dal consigliere moderato del comune di Lecce, Wojtek Pankiewicz, che ricorda alla senatrice di aver ricevuto alle ultime votazioni cittadine 2200 voti esattamente come la ex sindaco, “che era alla testa dell’invincibile armata del centrodestra ed era il sindaco in carica, al potere da nove anni, potere, peraltro esercitato con spregiudicatezza, come dimostrano le diverse inchieste della Magistratura, tuttora in atto. Mi sembra, quindi, che i miei 2.200 voti abbiano un significato ben più importante dei suoi”. Secondo il consigliere di centro, la poltronite acuta sarebbe dimostra dal fatto che la Poli “rimane avvinghiata a due prestigiose poltrone che occupa abusivamente: deve restituire al Pdl, che l’ha ‘nominata’, il seggio senatoriale, perché con Io Sud mai e poi mai sarebbe stata eletta senatrice; deve lasciare la poltrona assessorile alla quale sta disperatamente abbarbicata, prendendo finalmente atto che il capo dell’amministrazione Paolo Perrone non la vuole come collaboratrice. Ripeto non la vuole. E mi sembra perfino poco dignitoso che si ostini a non andarsene”.

Pankiewicz sottolinea come con “la formuletta magica del federalismo identitario”, la Poli, in occasione delle recenti elezioni amministrative, “battuta in casa sua, cioè a Lecce, non solo da Loredana Capone, ma anche da Antonio Gabellone da Tuglie, ha cercato di camuffare l’alleanza con i post comunisti e tutti i maxi inciuci posti in essere, perdendo però ugualmente ogni credibilità politica”.

SINISTRA PER IL SALENTO: “IMPORTANTE COGLIERE LE NOVITA’”

E intanto l’assemblea di Sinistra per il Salento in un documento programmatico esprime “la più ferma condanna e opposizione politica per l’approvazione del Pacchetto Sicurezza in Parlamento da parte delle destre. Esso rappresenta il punto più avanzato e autentico del progetto di società delle destre”, criticando l’introduzione del reato di clandestinità, che “configura l’idea di una società chiusa, governata dalla paura che la destra pone a fondamento della costruzione del consenso”.
Inoltre i responsabili del movimento manifestano “pieno appoggio” alla scelta del Presidente regionale Vendola di “rilanciare con forza l’operato della Giunta regionale, a partire dalla centralità delle pratiche di buon governo e di trasparenza assoluta nell’azione amministrativa”: “La scelta – si precisa nel documento - di operare un deciso rinnovamento nella rappresentanza assessorile va nella direzione di attrezzare il governo della Regione di fronte all’impegnativa scadenza elettorale del 2010, di fronte ad un centrodestra che aggressivamente tenta di sminuire la portata delle trasformazioni economiche, culturali e sociali che la giunta Vendola è stata in grado di avviare. In questa direzione, il rapporto con i partiti del centrosinistra, a partire dal Pd, debbono assumere come centrale l’esigenza di dialogare con quanti condividono l’urgenza e la straordinaria necessità di rispondere, sul piano del governo locale, all’attacco al Meridione che un governo egemonizzato dalla Lega Nord sta portando con cadenza quotidiana. E’ attorno a questa centralità delle politiche meridionaliste che va costruita l’alleanza per le elezioni regionali del 2010”.

La Sinistra per il Salento, dunque, sottolinea l’importanza di cogliere “gli elementi di novità, non tutti positivi, che il recente voto amministrativo ha reso evidenti”: “In Provincia di Lecce – si evidenzia -, il risultato, accanto ad elementi di positività, ha evidenziato diffusi elementi di criticità della presenza organizzativa della sinistra. Emergono lacerazioni nel tessuto unitario che ha dato vita, a livello nazionale, alla proposta di Sinistra e Libertà; il dialogo tra i gruppi dirigenti non sempre si accompagna allo sviluppo di iniziative realmente in grado di esprimere il bisogno di rappresentanza politica che gruppi, movimenti e associazioni pongono”.

L’assemblea ritiene prioritario un impegno sul territorio in grado di valorizzare le esperienze, “ancora troppo poco diffuse, di Case della Sinistra, e nello stesso tempo di connettersi ai bisogni di ceti duramente colpiti dalla crisi, ai quali non siamo stati sufficientemente in grado di indicare una credibile soluzione politica”: “Il processo unitario di Sinistra e Libertà – si afferma infine - richiede una accelerazione, e non un freno magari determinato dall’urgenza delle ricorrenti campagne elettorali: dialogare con le componenti dello schieramento, far emergere le soggettività diffuse, far maturare il progetto complessivo, puntare a diventare il riferimento del bisogno diffuso di sinistra, costruire sul territorio le proprie articolazioni, essere sensibili alle forme nuove in cui la partecipazione si esprime attraverso le Reti ed i canali telematici, questi sono punti irrinunciabili di un progetto che è consapevole, ad un tempo, della sua necessità e degli ostacoli che incontrerà, ma anche della responsabilità che porta con se”.

da LeccePrima

Ma Sinistra per il Salento sarebbe il mio movimento????????
Nico Musardo