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giovedì 26 agosto 2010

Periferie sotto attacco: rimpatri come in Francia


Luci e ombre di ordinanze e contratti di quartiere, tra ordine e deserto sociale.

Le recenti notizie di cronaca dipingono un quadro delle periferie milanesi a tinte fosche.
L’ultima polveriera esplosa è quella del Corvetto, con un’aggressione ai danni della Polizia Locale (ex vigili urbani) quartiere già teatro di episodi analoghi durante il 2008 e il 2009. Dopo gli scontri di viale Certosa, i disordini di viale Padova, gli sgomberi di nomadi del 2010 tra Rubattino, P.zza Tirana, Muggiano e Figino, si sono moltiplicate le ordinanze comunali ad hoc per i quartieri posti fuori dalla cerchia dei bastioni. E’ qui che si concentra, infatti, la più alta percentuale di migranti, tra residenti e clandestini: in quelle stesse vie che danno il nome alle ordinanze comunali: Imbonati, Corvetto, Sarpi, Padova.
Provvedimenti tampone limitati a controlli di documenti e licenze commerciali, divieti e coordinamento tra forze di Polizia, Vigili e militari, che trovano il loro naturale compimento nel modello dei cosiddetti ‘Contratti di Quartiere’. Progetti di riqualificazione urbana ideati da architetti e sociologi, sottoscritti e finanziati da tutte le istituzioni competenti (Comune, Stato, Provincia, Regione, Aler) aperti alla partecipazione delle realtà presenti sul territorio.
Il più grande intervento del genere a Milano è iniziato nel 2004 a San Siro, nel quartiere popolare più grande della città. Dopo 6 anni di ristrutturazioni edilizie e sgomberi, di censimento degli immobili e telecamere, di pattugliamenti e laboratori di quartiere, il bilancio presenta alcune ombre. Il modello preso come esempio di azioni di ‘ripristino della legalità’, e ‘riqualificazione urbana’ si è inceppato, lasciando spazio al puro controllo repressivo delle periferie. Anzi di più. Oggi, il vicesindaco De Corato ha proposto di fare come in Francia, dove sono iniziati i rientri coatti di decine di rom.
Dall’inizio dei lavori a San Siro, che hanno visto la lodevole ristrutturazione di molti edifici degradati, sono stati chiusi o drasticamente ridotti molti dei servizi pubblici preesistenti. Ambulatori pediatrici, biblioteche di zona, asili, macellai, parrucchieri, associazioni. Il prossimo 1 settembre chiuderà l’ambulatorio pediatrico di via Paravia, posto in un complesso che comprende l’asilo e la scuola elementare Radice, già balzata agli onori della cronaca per essere la scuola a più alta concentrazione di figli di migranti a Milano. Nonostante l’alto tasso di natalità e la necessità di controlli medici, l’ASL ha deciso di accorpare i presidi di quartiere per l'infanzia in pochi centri multifunzionali, in questo caso a Baggio, in piazza Stovani, luogo difficilmente raggiungibile per mamme con passeggini e figli al seguito. Tra gli altri servizi pubblici ridimensionati spicca il centro di ascolto del Comune in via mar Jonio, con un mediatore a disposizione della cittadinanza, l’asilo nido e i servizi per l’infanzia nella stessa via, il Mercato Comunale di Piazzale Selinunte. Senza parlare di bar, parrucchieri, del circolo ANPI e di altri servizi di prossimità chiusi o spostati fuori dalla zona.
La chiusura del mercato comunale, soprattutto, penalizza i molti anziani che vivono nelle case popolari, già provati dalla difficile convivenza con le giovani famiglie di migranti che vivono negli stabili di via Aretusa, Preneste e Ricciarelli. La lussuosa ristrutturazione del mercato coperto preesistente, con una mastodontica pensilina costata oltre 200mila euro, non ha impedito il suo abbandono, che dura da oltre 3 anni. Oggi gli anziani sono costretti a far la spesa in un altro super della zona, dove i prezzi sono decisamente più alti, impossibilitati a fruire degli sconti e delle iniziative per anziani previste nei mercati di proprietà del Comune. La Giunta ha invece investito molto sulla sicurezza con oltre 20 telecamere poste nei punti strategici della zona, il centro con i monitor delle telecamere di via Mar Jonio costato decine di migliaia di euro, oggi operativo solo parzialmente. Anche in questo caso uno dei progetti, il vigile di quartiere, con la presenza quotidiana della Polizia Locale in via Mar Jonio è stato ridotto drasticamente, tra la delusione dei cittadini e lo sconforto della vigilanza. L’unica biblioteca della zona posta a circa 1 chilometro di distanza, in via Alberga dietro al Meazza, ha ridotto l’orario a mezza giornata e si vocifera di una sua imminente chiusura. L’unico spazio di socialità indipendente presente, il Micene che ospita il comitato di quartiere e un doposcuola popolare, è anch’esso sotto minaccia di sgombero nonostante abbia più volte cercato una mediazione con l’Aler. Nulla inoltre, è stato fatto per incentivare l’affitto degli esercizi posti su strada, di proprietà Aler, molto spesso vuoti. Basti pensare che un piccolo negozio di parrucchiere con una vetrina costa 500 euro di affitto mensile spese di luce, acqua e riscaldamento escluse. Oggi non è più tempo di promesse e investimenti, e delle belle parole del Contratto di quartiere non resta che l’eco. Le elezioni sono vicine, meglio dar prova di fermezza chiudendo anche i pochi esercizi aperti dopocena. Per la legalità condivisa, l’educazione civica e la partecipazione c’è sempre tempo, forse. Ma dopo il voto.

da Indymedia