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martedì 4 agosto 2009

I SOMMERSI E I SALVATI - 2° PARTE

Più passava il tempo e più si delineavano quelle che potevano essere le responsabilità da attribuire per questa assurda emergenza.
Con i banchetti di Sinistra e Libertà abbiamo cercato di sensibilizzare la cittadinanza sul tema dell’immigrazione, ma, come ho scritto già in un altro articolo, l’indifferenza, in questo paese particolarmente non profumato, la fa da padrona.
Grazie ai banchetti, i pochi che si avvicinavano erano migranti, abbiamo avuto la possibilità di conoscerli e ve lo posso assicurare non sono neri, brutti e cattivi come il governo xenofobo e fascista vuole far credere alle pecorelle smarrite che si ritrovano miracolosamente grazie alle parole della tv.
Sinistra e Libertà a livello nazionale ha iniziato una raccolta firme contro questa legge che possiamo definire razziale: il pacchetto sicurezza DDL 733B, testo redatto su indicazioni della Lega Nord, un partito che, come fu per il Fascismo negli anni ‘20, ha raccolto negli ultimi tempi sempre più consensi tra la popolazione, e che si oppone ferocemente a una società multietnica; un partito che ha costruito i suoi successi elettorali grazie alla propaganda di ideologie xenofobe, omofobe e irrispettose delle altre religioni all'’infuori di quella cattolica – nonché degli usi e dei costumi dei popoli diversi da quello italiano – e al sostegno del Popolo delle Libertà, altro partito che recentemente ha assunto posizioni intolleranti, tanto che il primo ministro Silvio Berlusconi ha affermato: “Ho voluto fortemente questo decreto”.
Riporto qualche passaggio della legge solo per darvi un assaggio di quello che sarà, dopo che entrerà in vigore, la vita degli immigrati “clandestini”:
• la Legge 733 B introduce in Italia un’aberrazione giuridica: il “reato di clandestinità”, che equipara i migranti non comunitari che fuggono da povertà, carestie, guerre e persecuzione a delinquenti da perseguire ed espellere.
• lo straniero non può più presentare denunce, neanche per abusi subiti. Non può testimoniare in tribunale per cause civili e penali e se tenta di accedere a servizi pubblici commette reato, secondo la nuova legge, e viene denunciato.
• i figli di stranieri “irregolari” non possono essere registrati all'’anagrafe e fin dalla nascita sono “clandestini” e non possono, di fatto, accedere agli asili, alle scuole, ai servizi pubblici e sanitari, mentre se accedessero alle cure ospedaliere sarebbero perseguiti assieme ai loro genitori e familiari in qualità di “irregolari”.
• la legge colpisce anche le famiglie povere dei migranti “irregolari” rimaste in Patria: non è più possibile, infatti, effettuare trasferimenti di denaro senza permesso di soggiorno.
• senza permesso di soggiorno non ci si può sposare.
• chi ospita o aiuta un migrante “irregolare” anche in condizioni tragiche, diviene colpevole di favoreggiamento dell'’immigrazione clandestina e perseguito duramente, secondo l’art. 1 della Legge 733 B: rischia da sei mesi a tre anni di carcere.
• il decreto trasforma anche i migranti regolari in cittadini di serie B, con l’istituzione di un permesso di soggiorno a punti. Se il migrante non si “comporta bene” secondo le autorità, perde punti e quando il permesso si azzera viene espulso.
• autorizza l’istituzione di “ronde”, che di fatto sono milizie xenofobe, omofobe e razziste organizzate secondo le disposizioni della Lega Nord e di movimenti politici fuori–legge ma comunque considerati legittimi dal Governo Berlusconi e dalla maggioranza parlamentare italiana, come Forza Nuova, Azione Giovani e Fiamma Tricolore.
Un altro problema, è il rischio di epidemie cui il provvedimento sottopone sia i migranti che i cittadini dell'’Unione europea e del resto del mondo. La condizione di totale esclusione sociale cui sono costretti, in seguito al reato di clandestinità, gli stranieri “irregolari”, costretti a vivere nascosti, in condizioni igieniche tragiche, rende impossibile, nel caso insorgesse un’epidemia, qualsiasi azione di prevenzione, quarantena o azione sanitaria. Senza cure mediche, senza vaccinazioni e trattamenti adeguati, basta un’influenza atipica per mietere molte vittime e dare luogo a possibili gravi mutazioni.

ASSALTI FRONTALI - IL RAP DI ENEA



I Nar, dall'omicidio di "Serpico" all'uccisione di Valerio Verbano

I Nar. «Nuclei armati rivoluzionari» è la sigla usata da un gruppo dell'estremismo di destra, soprattutto romano, per rivendicare una lunga serie di azioni e omicidi avvenuti tra il 1978 e l'inizio degli anni Ottanta, ma non si trattava di una vera e propria organizzazione. Lo ha spiegato bene Francesca Mambro in un processo:«Nar è una sigla dietro la quale non esiste un'organizzazione unica, con organi dirigenti, con capi, riunioni periodiche, programmi... Ogni gruppo fascista armato che si formi anche occasionalmente per una sola azione può usare la sigla Nar». Il nucleo storico del gruppo è formato da Giuseppe Valerio Giusva Fioravanti, suo fratello Cristiano, Francesca Mambro, Alessandro Alibrandi, Franco Anselmi e Giorgio Vale. In seguito ne faranno parte anche Luigi Ciavardini, Massimo Cavallini e molti altri. In quell'epoca era attiva anche un'altra organizzazione di estrema destra, Terza Posizione, con la
quale c'erano contatti, ma anche conflitti.

Le azioni. I Nar sono ritenuti direttamente responsabili di 23 omicidi, i più clamorosi dei quali sono quelli del sostituto procuratore della Repubblica Mario Amato, dell'appuntato di polizia Franco Evangelista detto Serpico, del poliziotto Maurizio
Arnesano, del capitano della Digos Francesco Straullu, del neofascista Francesco Mangiameli (ritenuto un 'infamè), dello studente di sinistra Valerio Verbano. Giusva Fioravanti, sua moglie Francesca Mambro e Massimo Ciavardini sono stati condannati per la strage di Bologna.

Il processo. Il 2 maggio 1985 si conclude a Roma il processone contro 57 persone accusate di militanza nei Nar. La sentenza condanna quasi tutti gli imputati a pene tra i 22 anni e otto mesi (quella inflitta a Fioravanti) a un anno e sei mesi. I singoli militanti hanno avuto diverse condanne, molte delle quali all'ergastolo, nei processi per i singoli omicidi attribuiti al gruppo eversivo.

Legami con la criminalità organizzata. Soprattutto tramite un personaggio come Massimo Carminati, i Nar hanno avuto contatti con la criminalità organizzata e con la banda della Magliana. Insieme avevano la disponibilità di un deposito di armi scoperto il 27 novembre 1981 negli scantinati di un locale del ministero della Sanità.

Giusva Fioravanti. Da bambino aveva recitato nella serie tv La famiglia Benvenuti. È tornato libero dopo cinque anni di libertà condizionata. Era stato condannato a diversi ergastoli. In carcere aveva sposato Francesca Mambro.

Francesca Mambro. Compagna e poi moglie di Giusva Fioravanti, è in libertà condizionata e vedrà estinta la sua pena (sei ergastoli, più moltissimi anni di carcere) nel settembre 2013. Nel 2001 ha avuto una figlia e nel 2005 si è laureata.

Cristiano Fioravanti Fratello di Giusva, è arrestato nel 1981 e comincia a collaborare. Dopo un anno esce dal carcere.

Luigi Ciavardini. Condannato a 30 anni per la strage di Bologna (all'epoca aveva 17 anni) è in semilibertà dal marzo di quest'anno.

Gilberto Cavallini. Condannato a diversi ergastoli e poi in semilibertà, era stato arrestato di nuovo nel 2002 perchè accusato di una rapina.

Stefano Soderini. Tornato in libertà dopo aver scontato diverse condanne, nel 2007 è stato denunciato per sottrazione di minore, per essere sparito (probabilmente in Sudamerica) con il figlio di otto anni avuto dall'ex moglie ungherese.

Alessandro Alibrandi. Figlio del giudice Antonio Alibrandi, è morto a Roma il 5 dicembre 1981 in una sparatoria con una pattuglia della polizia che lo aveva fermato per un controllo.

Giorgio Vale. È ucciso il 5 maggio 1982 in una sparatoria con agenti della Digos che irrompono nel suo appartamento a Roma.

Franco Anselmi. Ucciso a Roma il 6 marzo 1978 dal proprietario di un'armeria che reagisce ad un tentativo di rapina.

http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=20586&sez=HOME_INITALIA&npl=&desc_sez=

da Antifa

RIVOLTA NEL CARCERE DI LUCCA

Lucca, 3 agosto 2009 - Infatti, una rivolta di detenuti per protestare contro il sovraffollamento, il caldo torrido e le scarse condizioni igieniche non è una cosa che succede tutti i giorni. Se ne sono accorti anche gli abitanti delle case della zona, che, nel cuore della notte, sostanzialmente dalle 22 all’1,30, hanno udito fischi, colpi, grida, un corri e fuggi accompagnato da tutta una serie di imprecazioni. Ma che cosa, realmente, è accaduto? Secondo una prima, sommaria ricostruzione, 78 detenuti improvvisamente hanno cominciato a lanciare di tutto - dalla frutta alle bottiglie, dai fornellini ad altre suppellettili contenute nelle celle - contro gli agenti di custodia intervenuti per cercare di calmare gli animi. Come se non bastasse, gli stessi detenuti hanno anche appiccato il fuoco alle lenzuola e ai materassi con l’obiettivo di accendere focolai che impedissero l’avvicinarsi della polizia penitenziaria e, soprattutto, causassero più danni possibili.



Ci sono stati momenti di tensione anche perché alcuni agenti sono stati centrati e sei di loro hanno dovuto farsi medicare al pronto soccorso. Infatti, l’auto medica del 118 è dovuta intervenire con l’ausilio di tre medici e altrettanti infermieri sia a causa delle ferite, sia pure lievi, ma, in particolare, per alcuni che hanno riportato principi di intossicazione, dovuti all’uso, per spegnere il fuoco, degli estintori da parte del personale del carcere. Le autorità, ovviamente, tendono a minimizzare, ma la protesta ha dato il via a una sorta di battaglia che soltanto dopo una lunga ed estenuante trattativa è stata sedata. Con quali garanzie, da una parte e dall’altra, non si sa. L’episodio non fa altro che portare acqua al mulino di coloro che, da tempo, sostengono l’inadeguatezza logistica e urbanistica di un carcere all’interno delle mura, con un affollamento decisamente alto rispetto alla bisogna. Da ricordare anche che l’anno scorso fu chiusa, ma non solo a Lucca, una sezione dell’edificio con conseguente riduzione dello spazio disponibile. Sono anni che si parla di una nuovo localizzazione per il carcere, ma ancora non si è visto alcunché di concreto. C’è, purtroppo, anche un aumento esponenziale della microcriminalità, legata, soprattutto, alla sempre più numerosa presenza di detenuti extracomunitari che, ormai, costituiscono la maggioranza e con l’incremento dei reati contro il patrimonio e lo spaccio di sostanze stupefacenti, quest’ultimo in mano ad albanesi e maghrebini.

di Aldo Grandi da toscana.indymedia

Gerusalemme, questa non è casa vostra

Famiglie palestinesi sfrattate da quartiere storico. Al loro posto si insediano i coloni.

Si sono presentati come da noi avviene per gli sgomberi di occupanti illegali di abitazioni, o di immigrati che hanno trovato abusivo rifugio in casermoni abbandonati, ex-ospedali fatiscenti, capannoni diroccati. Solo che i poliziotti con manganelli e in assetto anti-sommossa che domenica all'alba hanno fatto irruzione nella vita di 53 persone a Gerusalemme Est hanno sfollato gente che viveva nella propria casa da anni. Dalle loro case i palestinesi, tra cui 19 bambini, del distretto di Sheik Jarrah, se ne sono dovuti andare per una decisione della Corte Suprema israeliana, che ha stabilito come quella porzione di territorio appartenesse allo Stato di Israele.

Violazione del diritto internazionale. Il caso era stato portato di fronte alla magistratura da una lobby di coloni, la Nahalat Shimon International, che rivendicava il diritto di proprietà delle abitazioni oggetto di una decennale contesa. Un accordo del 1956 tra l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati e la Giordania, che all'epoca aveva giurisdizione sull'area, aveva stabilito che invece erano i palestinesi ad essere titolari del diritto di proprietà sulle case. In spregio alla decisione delle Nazioni Unite e incurante della riprovazione internazionale che la sentenza della Corte ha provocato, le autorità di Gerusalemme hanno dato il via libera alla costruzione di un insediamento di una ventina di abitazion a Sheik Jarrah. Tale decisione ha provocato la ferma condanna della comunità internazionale, Stati Uniti inclusi, in quanto viola gli accordi di Oslo che impongono un congelamento di nuovi insediamenti a Gerusalemme Est, la città santa occupata da Israele nel 1967.

Sheikh Jarrah è uno dei quartieri più sensibili della città, a ridosso della Linea Verde che divide la parte a Est da quella a Ovest. La città stessa è probabilmente l'ostacolo più grande e la questione più delicata nelle trattative di pace tra israeliani e palestinesi.

'Deplorevole'. Lo sfratto ha indignato non solo il capo dei negoziatori palestinesi, Saeb Erekat, ma anche, come detto, Washington, l'alleato più fedele di Israele, che domenica, per bocca di un alto diplomatico ha definito 'provocatoria' l'azione delle autorità di Gerusalemme e 'non in linea con gli obblighi di Israele'. A rincarare la dose di critiche l'intervento di ieri del Segretario di Stato Usa Hillary Clinton, che durante un'incontro con il ministro degli Esteri giordano, Nasser, Judeh, ha dichiarato: "Lo sfratto di famiglie e la demolizione di case a Gerusalemme Est non fa fede alle promesse israeliane. Esorto il governo e le autorità municipali ad astenersi da tali azioni provocatorie". 'Deplorevole' è stata invece classificata l'operazione di sgombero da parte del Coordinatore speciale Onu per il Processo di pace in Medio Oriente, Richard Miron: "Un'azione inaccettabile, nella quale le forze di sicurezza israeliane intervengono per gettare in strada intere famiglie e consentire ai coloni di prendere possesso delle loro proprietà". Dal consolato britannico a Gerusalemme arrivano parole che rappresentano con esattezza la realtà dei fatti: "Tali azioni sono incompatibili con il desiderio professato da Israle, di raggiungere un accordo di pace. Non sono gli estremisti che devono fissare l'agenda del governo".

Una città divisa. I palestinesi vogliono che Gerusalemme Est - abitata da 200 mila ebrei 268 mila palestinesi - diventi la capitale del loro futuro Stato. Gli israeliani vogliono che un'unica Gerusalemme rimanga la capitale dello Stato di Israele. Lo status di capitale non è riconosciuto dalla comunità internazionale in quanto territorio occupato. Tutti gli Stati che hanno relazioni diplomatiche con Israele mantengono infatti le proprie ambasciate a Tel Aviv o nelle vicinanze, in ossequio a quanto disposto in sede di Consiglio di Sicurezza e Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione numero 252 del 1968.

di Luca Galassi da PeaceReporter

Nuovo video di Al Zawahiri: Israele è un crimine, Osama una minaccia per i musulmani

Barack Obama "continua a far scorrere il sangue dei musulmani" e Israele è "un crimine che va spazzato via". Sono le nuove accuse contro gli Stati Uniti ed il suo alleato lanciate dal numero due di al Qaeda, Ayman al-Zawahiri in un nuovo video diffuso sul web. Lo ha riferito il Site intelligence group, che monitora l'attivita' dei gruppi terroristici sul web. Zawahiri ha parlato anche dell'appoggio del presidente americano alla creazione di uno Stato palestinese "che lavori come un braccio dell'intelligence israeliana"."Israele e' un crimine da eliminare", ha minacciato il vice di Bin Laden, che ha definito una illusione le aperture di Obama al mondo musulmano mentre continua il "sanguinoso massacro" con i raid sulle zone tribali del Pakistan, e le guerre in Iraq e Afghanistan. La Cnn ha riferito che il video, il cui titolo e' "La realta' della Jihad e l'inganno dell'ipocrisia", dura 90 minuti ed e' stato inviato lunedi' ai siti radicali islamici dalla societa' di produzione di al Qaeda, As-Sahab media. Le promesse dei due Stati in Medio Oriente e dello stop agli insediamenti dei coloni, ha continuato Zawahiri, "sono state fatte da Bush. Dove sono le novita'? Questo e' il proseguimento del crimine crociato sionista contro i musulmani dopo la fine della Seconda Guerra mondiale". Quanto alle offerte di tregua all'Occidente, ha continuato il braccio destro di Bin Laden, "i mujahedeen hanno aperto le porte all'inizio di nuve relazioni ma gli americani insistono che i rapporti con il mondo musulmano devono basarsi sul male e sulla nostra oppressione".

da PeaceReporter

Valerio Verbano

Alle 13,00 del 22 febbraio 1980 tre persone si presentano a casa di Valerio: "Siamo amici di suo figlio e vorremmo parlargli", dicono alla madre, che apre. Viene subito immobilizzata, e la stessa sorte tocca al padre. Sono armati con pistole munite di silenziatore. Valerio non è ancora tornato da scuola. Alle 13,30 Valerio apre con le sue chiavi la porta di casa ed è subito assalito dai tre, con i quali ha una breve colluttazione, poi viene immobilizzato e ucciso con un colpo alla schiena. E' dubbio se fu ucciso "precipitosamente" a causa della sua resistenza, se volessero prima "fargli delle domande", come accennarono alla madre i tre assassini: queste considerazioni possono avere interesse solo in relazione con quanto vedremo circa le "ragioni" dell'uccisione di Valerio.
Per il resto... la morte di Valerio pesa come una montagna.
L'assassinio di Valerio non fu un una "semplice" conseguenza di uno scontro tra compagni e fascisti, né dell'agguato in strada, come spesso è avvenuto. Abbiamo sempre saputo, al di là delle "verità processuali", che Valerio fu ucciso per delle ragioni precise, inerenti il più ampio scontro di classe tra sinistra rivoluzionaria e classe dominante, la quale si avvalse (e si avvale) dei fascisti per le sue operazioni più sporche. Valerio conosceva cose che, venute in luce alla magistratura, produssero come primo effetto la sua morte.
Valerio Verbano aveva 19 anni, era uno studente del Liceo Scientifico Archimede, nel quartiere romano di Valmelaina.
Il 20 aprile del 1979 Valerio Verbano venne arrestato con l'accusa di fabbricazione di materiale incendiario: la perquisizione che ne seguì nella casa dove viveva con i genitori portò al sequestro di materiale documentale, indicato nel verbale. Questa vicenda giudiziaria di Valerio porta ad un processo con condanna. Ma porta soprattutto ad un'altra sentenza, che, dopo quella "giudiziaria" del 22/12/79, provoca la sua uccisione il 22 febbraio dell'80, cioè esattamente due mesi dopo.
Perché i due fatti sono apparsi collegati? I documenti sequestrati nell'aprile del '79 erano nel frattempo "scomparsi", come denunciano il 26 febbraio '80 gli avvocati della famiglia di Valerio, che erano in parte gli stessi che lo difesero nell'inchiesta dell'anno precedente, e che quindi conoscevano l'elenco del materiale sequestrato.
Cosa c'era in quei documenti? Valerio, come molti compagni nelle altre zone cittadine, aveva condotto una inchiesta militante sull'attivismo fascista, con particolare attenzione ai NAR, i Nuclei di Azione Rivoluzionaria di Fioravanti, Mambro, Alibrandi. La sparizione del materiale viene definitivamente accertata quando, ad ottobre dell'80 i genitori chiedono il dissequestro dei materiali, tra i quali manca appunto quello che viene definito "dossier NAR".
Quindi, a causa di evento "accidentale" - arresto e perquisizione domiciliare - il materiale (in parte o in tutto) dell'inchiesta da lui condotta finisce nelle mani della polizia e poi della magistratura. Da quel momento "altri" sanno dell'acquisizione di dati da parte di Valerio: nomi, indirizzi, collegamenti, ruoli e attività dei fascisti in zona Montesacro Valmelaina e non solo.
A questo punto due sono gli scenari possibili: Valerio Verbano deve essere punito per ciò che ha scoperto, essendo tutto il materiale già in mano sicura; Valerio deve essere comunque eliminato ma prima bisogna cercare qualcosa che manca, e per questo si va cercarla a casa sua.
Dell'esistenza di questo "dossier" ne è a conoscenza, e probabilmente lo ha tra le mani, anche un giudice che indaga sull'eversione nera, Mario Amato. La documentazione raccolta da Valerio, sparita prima della sua morte dall'ufficio corpi di reato, sarebbe improvvisamente ricomparsa tra le mani di questo giudice.
Amato muore per mano dei NAR il 24 giugno 1980.
Poi c'è la strage del 2 agosto a Bologna. I giudici che indagarono su questo attentato hanno più volte affermato che gli omicidi di Valerio e di Amato sono connessi

di Marco Vadilonga

In piazza il 17 ottobre la proposta antirazzista

Una prima assemblea nazionale si è svolta il 25 luglio a Roma. Un'altra è prevista il 5 settembre. La proposta è di scendere in piazza con una manifestazione nazionale, che coinvolga il maggior numero di persone e "sensibilità" possibili, per dire un forte no contro i provvedimenti razzisti del governo Berlusconi. Il giorno scelto per manifestare è il 17 ottobre. La città eè Roma. I promotori chiedono adesioni. Di seguito il testo dell'appello - che verrà pubblicato anche sul giornale di domani - e le firme delle prime adesioni. Manifestazione Nazionale Antirazzista
Roma 17 ottobre 2009 – ore 14.00 Piazza Repubblica

L’assemblea nazionale antirazzista del 25 luglio riunitasi a Roma, rivolge un forte appello a mobilitarsi contro i provvedimenti razzisti del governo Berlusconi che alimentano odio, divisioni e violenza nella società.

Perciò decide di convocare dal 20 al 30 settembre iniziative locali, per la regolarizzazione di tutti gli immigrati e preparare la manifestazione antirazzista nazionale del 17 ottobre 2009 a Roma.

Sulla base di questa piattaforma:


No al razzismo
per la regolarizzazione generalizzata per tutti
ritiro del pacchetto sicurezza
accoglienza per tutti
no ai respingimenti e agli accordi bilaterali che li prevedono
per la rottura netta del legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro
diritto di asilo per i rifugiati e profughi
per la chiusura definitiva dei Centri di Identificazione ed Espulsioni (CIE)
no alle divisioni tra italiani e stranieri
diritto al lavoro, alla salute, alla casa e all’istruzione per tutti
mantenimento del permesso di soggiorno per chi ha perso il lavoro

L’assemblea decide di convocare una manifestazione nazionale antirazzista il 17 ottobre 2009 a Roma.

Per tanto facciamo appello a tutte le associazioni laiche e religiose, le organizzazioni sindacali, la società civile e a tutti i movimenti ad appoggiare e sostenere questo percorso.

A tale fine il comitato promotore, costituitosi in questa assemblea, si adopera per incontrare tali forze entro il 31 luglio.


Il comitato promotore si riunirà il 5 settembre a Roma dalle ore 10.00 alle 15.00 in via Giolitti 231.

Roma, 25 luglio 2009

COMITATO PROMOTORE 17 OTTOBRE :

Unione Cittadini Immigrati Roma - Comitato Immigrati in Italia (Roma) - Centro sociale Ex Canapificio Caserta – Movimento Migranti e Rifugiati Caserta - Migrantes Y Familiares MFAM – Comitato Immigrati in Italia (Napoli) – Collettivo Immigrati Auto-Organizzati Torino - Ass. Dhuumcatu - Lega Albanesi Illiria – Ass. Filippini Roma – Ass. Sunugal Milano - Ass Insieme per la Pace - Ass Mosaico Interculturale (Monza-Brianza) – Federazione Senegalesi della Toscana - Ass. FOCSI (Roma) - Ass. Bangladesh (Roma) - Ass. Pakistan (Roma) Ass. Indiani (Roma) - El Condor (Roma) - Uai (Como) - Centro delle culture (Milano) – Ass. Punto di partenza (Milano) - Movimento lotta per la casa (Firenze) - Ass. El Mastaba (Firenze) - Ass. Arcobaleno (Riccione) - FAT (Firenze) – Ass. Interculturale Todo Cambia (Milano) - Studio 3R di mediazione (Milano) - Centro delle culture (Firenze) – Federazione Nazionale RdB-CUB – SdL intercategoriale – Confederazione Cobas - Naga – Coordinamento Migranti Verona - Sportello Immigrati RdB Pisa - Missionari Comboniani Castelvoturno – PRC - Ass.ne Razzismo Stop e ADL-Cobas – Federazione delle chiese Evangeliche in Italia – Sinistra Critica - Rete Antirazzista Catanese - Coordinamento Stop razzismo - Ass. umanista Help to ch’ange - Ass. antirazzista e interetnica ‘3 febbraio’ - Centro delle culture - Partito Umanista - Partito di Alternativa comunista - Socialismo rivoluzionario – Unicobas – Socialismo Libertario - Centro delle Culture - Ass.Umanista Help To Change - Comitato antirazzista Abba (Fi) - Comitato Antirazzista (Vi) - Donne in Nero (Italia) - Clan Destino Doc - medici e operatori della salute dalla parte dei migranti; Ass.LibLab – libero laboratorio - Associazione Culturale Musicale illimitarte (Villaricca – Na) - Cipax-Centro interconfessionale per la pace - Sud Pontino Social Forum; Cooperativa Immigrazionisti (Mi) - Gruppo Every One - Gruppo Watching the Sky, Ass. culturale molisana “ Il bene comune” - Utopia Rossa - Punto pace di Napoli movimento Pax Christi - Ass. Donne e colori ( Rm) Marenia (gruppo musicale) - Bidonvillarik (gruppo musicale) - Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria (Cinisi) – Slai Cobas Nazionale – Action (Roma) - Associazione "Kamilla" (Cassino) - collettivo Teatri OFFesi di pescara - Associazione Arrakkè - centro per la tutela dei diritti umani (Siracusa) - USI AIT Nazionale -


Per adesioni:
comitatoroma17ottobre@gmail.com

da Il Manifesto

Honduras, la disinformacija del Tg3

Andiamo alla pausa agostana segnalando un caso di malainformazione: disinformazione mi pare parola ormai non solo obsoleta, ma troppo tenue. Anche malainformazione è termine debole, in realtà, se guardiamo le televisioni di regime, se ascoltiamo la radio, se sfogliamo una gran parte dei quotidiani. Se non siamo ancora giunti al MinCulPop, siamo bene incamminanati.Non è un caso che le veline che oggi sono diventate signorine discinte, e leste a levar i residui veli, destinate a un ruolo di sottosegretariato ministeriale o a un seggio di parlamentare, magari europeo, furono inventate appunto da quel Ministero fascista che doveva imbonire, e “formare” gli italiani, accompagnandoli dalla culla alla bara. Veline erano all’epoca – pieni anni Trenta – i fogli di carta vergatina con cui i funzionari ministeriali davano istruzioni ai direttori di giornali per come “trattare” le notizie, beninteso quelle che si decideva di mettere in pagina, e quindi, ovviamente, quelle da oscurare, minimizzare o, in tempi di guerra (quasi tutti gli anni del fascismo furono anni di guerra), addirittura capovolgere. Oggi il “rovescismo” – termine che mi vanto di aver coniato in relazione al signor Pansa e ai suoi sodali – va per la maggiore, e passa tranquillamente dalla (pseudo)storiografia alla (pseudo)informazione.
Mi soffermo su un solo caso, che è di particolare interesse perché concerne non la tv di Mediaset, ma quella della Rai. E concerne addirittura il tg “di sinistra”, il tanto spesso mitizzato TG3. E mi riferisco – anche sulla base del monitoraggio che mi comunica Alexander Höbel, ricercatore napoletano – soltanto alla “copertura” della crisi in Honduras, dove, come forse i miei lettori ben sanno, da giorni sono in corso terribili violenze contro i sostenitori del legittimo presidente Zelaya, detronizzato da un colpo di Stato, un classico golpe latinoamericano, realizzato da un tal Micheletti, che, essendo di origine italiana, sta assumendo, agli occhi dei nostri provincialissimi pennivendoli (anche della cosiddetta “carta stampata”), la fisionomia di uno Zorro vendicatore. E il tentativo (più che legittimo) di Zelaya di rientrare nel Paese, viene giudicato gesto “irresponsabile”, che inevitabilmente crea scompiglio e disordine, aprendo la strada alla violenza, beninteso quella dei golpisti (TG3 del 27 luglio). Evidentemente il TG “democratico” – non dissimilmente dagli altri – ha sposato la linea ambigua dell’Amministrazione Usa, in particolare del segretario di Stato, Hillary Clinton, la quale non pare avere intenzione di dare alla sua nazione il compito di ristabilire la legalità democratica nel Paese centroamericano. Per una potenza adusa a intervenire per sostenere o addirittura organizzare i golpe, è un passo avanti, non c’è dubbio. Ma che gli organi di informazione italiana debbano sostenere comunque le scelte (o le non scelte) di Washington è quanto meno deprimente. Se si è posta attenzione ai servizi giornalistici dei giorni scorsi, Micheletti veniva definito "il nuovo presidente", invece che il “fellone” o il “golpista” o il “traditore”, qual è. “Presidente”? E chi lo ha mai eletto?
E, ancor più grave, le violenze nel Paese, che hanno procurato vittime (arrestati, torturati, uccisi) tra i sostenitori di Zelaya (qualche giorno fa un ragazzo è stato trovato morto con evidenti segni di tortura, dopo essere stato fermato arbitrariamente dalla polizia: ne ha dato notizia solo il quotidiano "il Manifesto"), vengono fatte risalire al presidente legittimo anzichè ai golpisti!
“Certo, se Zelaya fosse il Dalai Lama le cose sarebbero ben diversamente…”, commenta con amaro sarcasmo Höbel. Come dargi torto? Ma quello che in generale inquieta è l’indifferenza con cui grazie alla disinformacija di regime l’opinione pubblica guarda ai fatti honduregni. Del resto, si tratta di una piccola nazione; e Micheletti è uno dei “nostri”. In fondo in fondo, l’Italia si fa onore anche laggiù. O no?
Per quanti non lo credano, e per quanti abbiano bisogno di far sentire la loro voce di dissenso, rispetto a un sistema informativo nel complesso assolutamente scandaloso, riporto qui di seguito il testo di un Appello. In calce si troverà l’email per aderire.
E, ora, buona vacanza, se riuscite, cari lettori. Se riuscite a farne, con i pochi soldi che si hanno a disposizione, e il caroprezzi di alberghi, ristoranti, strutture turistiche, treni, autostrade. carburanti. Se riuscite a farne, con un Paese allo sbando, che è diventato lo zimbello del mondo, e sempre più lo sarà, con un “capo” di tal fatta. Se riuscite a farne, con una informazione che è ormai largamente allineata e coperta, e non ci lascia avvicinare alla verità dei fatti. Se riuscite a farne, con un mondo, come il caso Honduras dimostra, che si rivela ogni giorno, ogni santo giorno, un mondo iniquo, dove i “buoni” cadono e i “cattivi” vincono. Ma la speranza, che ci può lasciar respirare, è che i vincitori dell’oggi non sempre sono destinati a durare. Anzi. E chi di spada ferisce… con quel che segue.
Buon agosto, cari lettori e care lettrici. Anche a coloro che dissentono dalle opinioni che qui espongo. In fondo suscitare reazioni, pur critiche, è motivo di soddisfazione. Il “cattivo maestro” ha il compito per l’appunto di eccitare lo spirito critico.

Appello
DIAMO VISIBILITÀ ALL'HONDURAS PER EVITARE CARNEFICINE!

La situazione in Honduras sta precipitando. Gli squadroni della morte sono in azione. “Siamo in una situazione peggiore di quella vissuta negli anni ‘80, quando i militari, che fanno parte del Governo golpista, fecero sparire un grande numero di honduregni”, ha detto Hugo Maldonado, presidente del Comitato dei diritti umani a san Pedro Sula, denunciando che, attorno alla sua casa e a quella di altri dirigenti, girano pericolosi individui armati. Stessa denuncia da parte di P.T., una cooperante europea che teme nel rivelare il suo nome, e che era presente alla grande manifestazione in attesa del Presidente legittimo Manuel Zelaya. L'aereo con Mel Zelaya e con il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, non ha potuto atterrare perché i golpisti hanno messo camion militari sulla pista e per la minaccia di essere abbattuto. Dopo aver sorvolato l'aeroporto, ha dovuto dirigersi fuori dal Paese.
P.T., che è in clandestinità e cambia casa ogni due giorni per motivi di sicurezza, ha visto ammazzare sotto i suoi occhi il diciannovenne che manifestava con altri in un corteo allegro e pacifico. Ieri sera, attraverso la rete giungevano richieste di aiuto internazionale, come quella di Juan Ramon, che era all'aeroporto e invocava l'invio delle Forze Onu. Anche Rigoberta Menchù, Nobel per la pace, è seriamente preoccupata soprattutto per chi si occupa di diritti umani che sta raccogliendo testimonianze sulle illegalità, le minacce, le intimidazioni e le vessazioni perpetrate dai golpisti. Questi volontari “sono i più indifesi, perché non hanno un luogo dove proteggersi, neppure in Chiesa”, ha dichiarato. È più che mai necessaria un’attenzione politica e mediatica internazionale per evitare che l'Honduras diventi quel Cile o quell’Argentina che oggi ricordiamo con orrore.
Tutte le forze progressiste dell’America Latina hanno denunciano il colpo di stato come un atto della destra reazionaria, che mira alla soppressione della libertà del popolo honduregno di potersi esprimere nelle urne elettorali per l´approvazione di una nuova Costituzione e di continuare con l´esperienza democratica iniziata con l´elezione del Presidente Zelaya.
Di fronte al vergognoso comportamento delle televisioni pubbliche che in questi giorni hanno tessuto le lodi del neodittatore Micheletti, invitiamo radio, tivù, giornali e siti internet a dare la massima visibilità a quanto accade in Honduras a causa del comportamento criminale dell'esercito golpista.
Invitiamo tutte le personalità e le forze democratiche ad aderire e diffondere il presente appello.

Per adesioni: appellohonduras@libero.it

da Micromega di Angelo D'Orsi

Veneto, con le pistole in spiaggia per dare la caccia agli ambulanti

VENEZIA - I sindaci-sceriffi chiamano, la polizia provinciale risponde. Aspettando i militari, che il governo ieri ha deciso di mandare anche a Venezia in barba al sindaco filosofo, gli agenti hanno cominciato di buon mattino sulla spiaggia di Bibione, la più orientale del territorio veneziano, a dare la caccia ai venditori abusivi extracomunitari. Nei prossimi giorni, e per tutto agosto, mandati dalla neo-presidente leghista della Provincia di Venezia Francesca Zaccariotto, batteranno anche le spiagge di Caorle, Eraclea, Jesolo, Cavallino, Chioggia, tutte governate da amministrazioni di centrodestra. "È una risorsa che mettiamo a disposizione del territorio, d'intesa con i comuni interessati - spiega l'energica Presidentessa - perché bisogna scendere in campo con soluzioni concrete e non solo con le dichiarazioni".
Scendono in campo armati di pistole, nelle loro eleganti divise azzurre e blu, gli agenti della polizia provinciale, distolti per l'occasione dai loro habitat naturali di controllo della caccia e della pesca. Perché sono "forze dell'ordine a tutti gli effetti".

Tecnicamente, ufficiali di polizia giudiziaria. Ma non possono girare da soli, perché le loro competenze sono limitate al bracconaggio. Quindi, anche per poter fare una multa, devono farsi sempre accompagnare da qualcuno. In questo caso dai vigili urbani dei comuni interessati. In compenso, diversamente dai cacciatori di taglie, non costano nulla. Hanno l'unico svantaggio che devono imparare il mestiere. Riuscire a distinguere una finta borsa di Vuitton da una péppola e da un bisàto.

Sono in tre, accompagnati da due vigili, i pistoleri esordienti della prima ronda istituzional-leghista che si muove guardinga sulla sabbia calda del litorale. Alla fine della prima giornata di lavoro tornano a casa già con un buon bottino. Hanno fermato e controllato un bel gruppetto di ambulanti extracomunitari, di venditori cinesi di cianfrusaglie, di massaggiatrici thailandesi.

Ne hanno multato e denunciato una dozzina, e sequestrato un discreto quantitativo di merce varia, tra cui un bel mucchio di asciugamani. Poche le reazioni. Distratti i bagnanti, pressoché indifferenti i vù cumpra': "Noi siamo molti più di loro, non ci daranno più fastidio di quanto non lo facciano già i vigili". Sono 48 in totale gli agenti che scendono in campo. Appartengono a una squadra scelta, molto dotata tecnicamente, che si è già distinta in vivaci battaglie contro i pescatori di frodo, che una volta sequestrarono addirittura una pattuglia tenendola prigioniera per un'intera notte in mezzo alla laguna. Faranno 48 turni di servizio, due pattuglie alla volta, ciascuna composta da due uomini, per un totale di 600 ore "regalate alla sicurezza dei cittadini". Perché "per noi la priorità è la sicurezza", tuona la Presidentessa. "Distogliere degli agenti destinati ad altre mansioni significa solo aggiungere confusione", attacca invece il deputato veneziano del Pd Andrea Martella.

I pistoleri della Provincia non entreranno, almeno per ora, nel territorio del Comune di Venezia. Né sulle dorate spiagge del Lido né per le calli del centro storico. "Perché il Comune non lo ha chiesto". Anche se, per la Zaccariotto, ce ne sarebbe un gran bisogno, dal momento che "il problema sicurezza in città è stato sottovalutato e soprattutto mal gestito". Difatti la Presidentessa sostiene che il sindaco Cacciari "farebbe bene ad accettare l'arrivo dell'esercito", quei 90 militari che ieri il ministro della difesa Ignazio La Russa ha messo a disposizione del Prefetto. Sarà lui a decidere dove mandarli. Saranno, probabilmente, le truppe anfibie dell'esercito del battaglione "San Marco" dei lagunari, gli antichi "fanti da mar" della Serenissima Repubblica, considerati un po' i marines italiani, che erano stati allertati già due mesi fa. Una scelta che il Comune non condivide. "Non si capisce che senso ha sprecare delle forze preziose nella lotta al terrorismo internazionale - attacca il vicesindaco Michele Vianello - per mandarle a reprimere il nulla".
Anche perché, aggiunge, i dati del Viminale per il 2008 "dimostrano in modo inequivocabile come sia la nostra città che la nostra provincia siano assolutamente sicure". Ancora più duro il Pd veneziano, che parla di "vergogna" di un governo che mentre discute di sicurezza toglie sempre più risorse alle forze dell'ordine, e sostiene che "non servono le iniziative spettacolari".

di ROBERTO BIANCHIN da LaRepubblica

Puglia, dietro la scossa di Sanitopoli spunta l'ombra delle Regionali 2010

Emiliano: “Tanto io quanto il Governatore della Regione Vendola stiamo pestando i piedi a un sacco di gente. Per questo vogliono farci fuori"

Il terremoto politico-giudiziario sulla “Sanitopoli” pugliese non si arresta. Dopo le perquisizioni nelle sedi di cinque partiti del centrosinistra, le persone indagate sono in tutto una quindicina. Associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, alla concussione, al falso, alla truffa sono le accuse formulate dalla magistratura a carico, tra gli altri, di alcuni esponenti politici che hanno avuto incarichi di rilievo alla Regione Puglia e al Comune di Bari.La tesi sostenuta della Dda Desirè Digeronimo è che cinque partiti del centrosinistra avrebbero ricevuto finanziamenti da alcuni imprenditori locali che, a loro volta, venivano ricompensati con l’apertura di una corsia preferenziale nell’aggiudicazione di appalti pubblici. A questo si aggiunge l’ipotesi di un presunto legame tra politica, affari e mafia. Alla base dell’inchiesta ci sarebbe il dossier aperto dagli investigatori dopo un anno di indagini e di intercettazioni telefoniche, sufficienti a chiamare in causa il senatore del Pd ed ex assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco insieme ad alcuni dei suoi uomini di fiducia.

C’è però chi sulla questione non risparmia critiche ai pm. Se qualche giorno fa Tedesco si era ironicamente improvvisato apprendista-mafioso (“Non mi resta che prenotare le vacanze con Riina e Provenzano per fare un corso accelerato di capo clan, altrimenti farei una brutta figura con i picciotti”), il sindaco di Bari Michele Emiliano ed ex pm della Procura si dedica invece alle scommesse: “Mi gioco mille euro che questa inchiesta finirà nel nulla, al contrario di quella che riguarda le escort”. Il riferimento è all’indagine parallela che riguarda l'imprenditore barese Giampaolo Tarantini, accusato tra l'altro di aver inviato ragazze a pagamento in alcune feste con vip di centrodestra e di centrosinistra, compreso quelle a Palazzo Grazioli con il premier Berlusconi.

Dopo aver accusato dalle colonne del Corriere della Sera i magistrati di “non essere abituati a indagini di questo tipo perché si occupano di antimafia” (facendo intendere la loro inidoneità di gestire l’inchiesta), lo stesso primo cittadino di Bari liquida così l’indagine: “Ho fatto il magistrato per una vita, ma con tutta sincerità non ho capito quali sino gli elementi di accusa”. Una dichiarazione che ha irritato la magistratura pugliese, obbligando Emiliano a una rettifica, almeno dal punto di vista formale. In una nota il sindaco infatti afferma di “non avere censure da muovere alla Dda di Bari in margine alle modalità con le quali sta svolgendo l'indagine sulla sanità pugliese”. Tuttavia non rinuncia a sottolineare che nell’intervista si è solo limitato a “a constatare l'evidenza” e cioè che “un'indagine in materia di sanità è un'indagine particolarmente complessa, che necessita di esperienza e di preparazione specifica, tanto che per tale ragione è ordinariamente di competenza del pool specializzato in reati contro la Pubblica Amministrazione istituito presso la Procura di Bari”.

Una stoccata alla magistratura pugliese che non passa inosservata nelle file dell’opposizione. Salvatore Greco, esponente del movimento “La Puglia prima di tutto” e indagato nell’inchiesta parallela, tiene infatti a ricordare come Emiliano avesse giurato di non ricandidarsi se l'inchiesta sul direzionale del San Paolo non si fosse chiusa. Indagine che nel 2008 portò all´iscrizione nel registro degli indagati di Antonio Ricco, il suo più fidato collaboratore, con l’accusa di corruzione nell’appalto per la realizzazione del centro direzionale, la stessa mossa al vicesindaco Emanuele Martinelli. “Emiliano ha fatto finta di niente e si è fatto rieleggere. O forse dovremmo pensare – conclude Greco – che anche i pm che indagano sul direzionale, che non sono dell'Antimafia ma del pool specializzato nei reati contro la pubblica amministrazione, diventano inetti pure loro solo perché mentre indagano sfiorano lui?”.

Più cauta la posizione del vicepresidente vicario dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello che, ribadendo il profilo garantista del partito (“Non abbiamo alcun problema a dire che la gara alla pubblicazione di brani d'intercettazioni decontestualizzati è una barbarie anche quando riguarda Alberto Tedesco”), non nasconde perplessità sul fatto che un ex pm entrato in politica – che per di più non ha lasciato la toga – esprima giudizi su un'indagine che coinvolge il proprio schieramento: “Al Michele Emiliano politico, e non al Michele Emiliano magistrato, chiediamo di prendere atto con onestà dell'unico dato certo: il fallimento della giunta Vendola e del suo presidente, che oggi Emiliano cerca di chiamare fuori dalla bufera che ha investito la sanità pugliese, ma che invece si presentò in consiglio regionale a difendere l'allora assessore Alberto Tedesco quando l'opposizione chiese conto, dati alla mano, di macroscopiche anomalie che erano già sotto gli occhi di tutti”. “È di questo – conclude Quagliariello – che il presidente Vendola deve rispondere ai cittadini”.

Ma il sindaco di Bari mette le mani avanti e dà una versione molto diversa del caso “Sanitopoli”: “Tanto io quanto il Governatore della Regione Vendola stiamo pestando i piedi a un sacco di gente. Per questo vogliono farci fuori. Ora che ci sono le regionali, c'è chi vuole togliere Vendola per mettere qualcun altro al suo posto”. Un’affermazione che, almeno tra le righe, fa pensare a una guerra in atto, tutta interna al centrosinistra, per la successione alla guida del Pd pugliese e per quella a Vendola come candidato presidente della Regione. Forse la stessa scossa prevista qualche mese fa da D’Alema.