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sabato 30 maggio 2009

[Roma] Al via il G8 su sicurezza e immigrazione: azioni simboliche in città, 5 fermati. Domani corteo nazionale

Apre oggi i lavori il G8 su immigrazione e sicurezza, in una Roma blindata che vedrà domani, in occasione del corteo, dislocati quasi 6mila forze dell'ordine. Un G8 degli Interni che la Rete No G8 vuol contestare, e che ha visto già nella giornata di ieri un primo momento di lancio del corteo nazionale di sabato 30 maggio, è stata occupata la sede dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Quest'oggi invece blitz e azioni dislocate in vari punti della capitale. Stamattina sortita nella sede dell'anagrafe, poi azione alla Marina Militare, infine comparsata di San Papier nella basilica di Santa Maria Maggiore, all'Esquilino, quartiere multietnico di Roma. Muniti di striscioni e vernici i No G8 hanno quindi proseguito anche quest'oggi la contestazione del G8 su immigrazione e sicurezza. La giornata non è comunque ancora finita: alle 17 è fissato un presidio dinnanzi al Cie di Ponte Galeria, luogo nel quale alcune settimane fa si è suicidata una migrante. Intanto nelle azioni di questa mattina sono stati fermati e denunciati per manifestazione non autorizzata 5 attivisti, 1 italiano e 4 migranti.

Domani il corteo contro G8, razzismo e deriva securitaria. Il concentramento è fissato alle ore 15 nel centro città, la manifestazione partirà da Porta Maggiore e si concluderà in piazza Navona.

da Infoaut

La Shell e Ken Saro Wiwa: il processo parte a fatica

La multinazionale ango-olandese è alla sbarra a New York con l'accusa di aver attivamente collaborato con la dittatura nigeriana per l'uccisione del poeta Ken Saro Wiwa nel 1995. Shell cerca un compromesso che eviti il processo in aula.

Mentre nel Delta del Niger si combatte per il petrolio, è iniziata mercoledì a New York la selezione della giuria per l’azione civile contro il consorzio petrolifero Royal Dutch Shell, anche se l’udienza del processo vero e proprio è stata rinviata alla prossima settimana.
Era fissata per oggi a New York la prima udienza del processo contro la società petrolifera anglo-olandese Royal Dutch Shell accusata di violazione dei diritti umani. Il giudice Kimba Wood, che presiede il Tribunale Distrettuale di Manhattan, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Prensa Latina, ha ricordato che la società sarà sottoposta a procedimento penale per presunta complicità nell’uccisione di Ken Saro Wiwa, poeta nigeriano e attivista per i diritti del popolo Ogoni, impiccato nel 1995 dopo un processo farsa davanti a un tribunale del regime militare nigeriano di Sani Abacha. Avvocati e testimoni affermano che i dirigenti delle multinazionali cospirarono in combutta con il governo militare nigeriano per far tacere Saro Wiwa, la cui attività politica danneggiava i profitti e l’immagine della Shell. La Royal Dutch Shell, attraverso la sua affiliata in Nigeria, la Shell Transport & Trading, è accusata di istigazione alla tortura e complicità nella morte di Ken Saro Wiwa e di altri otto militanti del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop).
Saro-Wiwa era un scrittore nigeriano impegnato nella difesa dei diritti degli Ogoni, uno dei popoli della regione del Delta del Niger. Secondo l’accusa, il processo nel quale Saro Wiwa è stato dichiarato colpevole non è stato equo perché all’imputato sono state negate garanzie processuali essenziali, come il diritto alla difesa o il ricorso in appello.
Il processo di Manhattan nasce sulla base di due leggi americane, l’Alien Tort Statute e la Legge per la Protezione delle Vittime della Tortura, che consente ai cittadini stranieri di denunciare negli Usa violazioni dei diritti umani compiute in altri paesi.
Per mercoledì a Manhattan in Foley Square erano previste manifestazioni di sostegno al processo da parte di diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dei diritti civili. «E’ possibile che oggi il processo venga rinviato – hanno detto i manifestanti – Forse perché la Shell sta tentando una soluzione per mantenere la questione fuori dai tribunali, o perché il giudice ha richiesto un supplemento di inchiesta per esaminare le prove e le procedure e scegliere la giuria. In entrambi i casi il momento è cruciale e manterremo alto il livello di attenzione. Dobbiamo mantenere la pressione sulla Shell e mantenere i riflettori accesi sulla connessione tra petrolio,oppressione e degrado ambientale che deve fronteggiare il popolo del delta del Niger».
Secondo le prime indiscrezioni e le fonti citate dal sito nigeriano Saharareporters, la Shell, temendo una enorme pubblicità negativa che arriverebbe dal processo, è seriamente intenzionata ad arrivare ad una risoluzione extragiudiziale. Di segno esattamente contrario, invece, la pressione che viene sia dalle organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani che dallo stesso Mosop, il movimento in cui militava Saro Wiwa. Il processo alla Shell, infatti, oltre alle ricadute in Nigeria e in particolare nella regione del Delta, sarebbe un precedente storico. In caso di condanna – peraltro probabile – sarebbe la prima volta che una multinazionale deve rispondere per violazioni dei diritti umani. Un precedente «pericolosissimo» per molti colossi dell’economia mondiale, soprattutto quelli che fanno affari con governi autoritari o corrotti. Sarebbe però anche una tegola sulla credibilità delle multinazionali petrolifere che operano nel Delta del Niger, che hanno sempre ridotto l’opposizione politica dei popoli del Delta e dei gruppi armati che stanno paralizzando l’industria estrattiva nigeriana a una questione di «criminalità comune».
Edo Dominici
[28 Maggio 2009]

1995: IMPICCATE IL RESISTENTE SARO-WIWA!


Il 10 novembre del 1995, Ken Saro Wiwa e altri otto attivisti del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop) venivano impiccati a Port Harcourt, capitale del Rivers State, lo stato nigeriano in cui se concentravano e si concentrano le operazione di sfruttamento petrolifero nel Delta del Niger.
A nulla erano valsee le campagne internazionali che ne avevano chiesto la liberzione, le pressioni del Commonwealth, la mobilitazione di migliaia di persone.
Il dittatore nigeriano Sani Abacha aveva deciso di liberarsi una volta su tutte di questo artista militante che, con le sue battaglie, aveva costretto la Royal Dutch/Shell a sospendere le attività nell'Ogoniland, laterra degli Ogoni.
Scrittore di talento, produttore e sceneggiatore televisivo dal tocco magico (la sua serie tv Basi & Co è stat la soap opera più seguita di tutta la storia africana) Ken Saro Wiwa si era dedicato fin dagli anni novanta a denunciare la guerra silenziosa lanciata dal governo federale e dalle multinazionali del petrolio con i gruppi etnici della regione del Delta, e in particoare gli Ogoni, costretti all'emigrazione e alla miseria a causa delle devastioni ambientali prodotte dallo sfruttamento indiscriminato del greggio.

Dopo aver fondato il Mosop, nel 1990, Saro Wiwa aveva promosso una frenetica azione di sensibilizzazione e mobilitazione, tanto in Nigeria che all'estero, culminata nell'indimenticabile manifestazione del 4 gennaio del 1993, quando trecentomila Ogoni celerarono l'anno dei popoli indigeni protestando pacificamente contro la Shell e il governo federale. Visa la situazione sul terreno, quello stesso mese la compagnia olandese - che a tutt'oggi controlla il cinquanta per cento della produzione nigeriana di greggio - decise di interrompere la operazioni nell'Ogoniland. Ma la decisione non fu senza conseguenze per il popolo Ogoni. Accecato dalla rabbia, Abacha scatenò repentinamente la repressione: decine di persone furono uccise dai militari, diversi villaggi rasi al suolo, parecchi attivisti incarcerati. Lo stesso Saro Wiwa, accusato in un processo farsa di avere istigato l'uccisione di quattro responsabili locali, venne condannato a morte.

Parlando al tribunale lo scrittore disse: "Io e i miei compagni non siamo gli unici ad essere sotto processo. Anche la Shell è sotto processo e verrà il giorno in cui la guerra ambientale da essa scatenata nel Delta sarà messa in discussione e i crimini di questa guerra debitamente puniti". A dieci anni di distanza quel giorno non è ancora arrivato.

10 novembre 2005-Stefano Liberti

L'inchiesta su Acerra fa tremare il Cavaliere

L'inchiesta sull'inceneritore di Acerra mina la credibilità malferma del governo Berlusconi. Bertolaso si difende: «Il termovalorizzatore è in fase di rodaggio» - non ancora «in funzione» come sosteneva il Cavaliere - e attacca «fuori dal termovalorizzatore ci sono gli squali». E' ancora infinita «emergenza rifiuti».

«Sono sereno, ho fatto il mio dovere». Bertolaso non è preoccupato per le inchieste che la magistratura sta portando avanti sulla gestione dei ciclo dei rifiuti in Campania e che vede coinvolti alcuni dei suoi collaboratori, in primis Marta De Gennaro, suo ex braccio destro.
«Sono serenissimo sia nella precedente esperienza che in questa, ho sempre fatto solo ed esclusivamente il mio dovere», ha aggiunto ieri Bertolaso durante una conferenza che ha tenuto ieri a Palazzo Salerno. Una sorta di bilancio a un anno dall’«emergenza rifiuti» in Campania. Una emergenza non ancora risolta.

L’emergenza nel Casertano ad esempio che, come ha sottolineato l’assessore comunale all’igiene urbana Luciano Luciano, «è tutta interna all’ex Consorzio Ce2, la ex GeoEco, che non riesce a tenere dietro ai bisogni ordinari della nostra città a causa della carenza di automezzi». Qui ieri sono state eseguite ordinanze di custodia cautelare e sequestro emesse dal Gip nei confronti di Salvatore Belforte, capo dell’omonimo clan operante nel Casertano, e di altri quattro esponenti di spicco del clan. Tra i reati contestati: associazione per delinquere di stampo camorristico, traffico illecito organizzato di rifiuti e truffa aggravata ai danni di Ente Pubblico, riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita, estorsione, reati tutti aggravati dalla finalità dell’agevolazione mafiosa.
La provincia di Napoli è invasa dai rifiuti, a Marano, Giugliano, Quarto e Ercolano dove, spiega il sindaco Nino Daniele, «Per ora restano in strada per 24/48 ore al massimo, ma la situazione è destinata a peggiorare» e la raccolta differenziata non è mai stata avviata.

La «monnezza» ha raggiunto anche il capoluogo partenopeo nonostante «nelle discariche della Campania c’è ancora spazio per oltre tre milioni di metri cubi di tonnellate [di spazzatura ndr.], come ha detto Bertolaso.
Insomma, tutto questo dimostra che «il governo del fare», quello «con il quale in un anno abbiamo liberato Napoli e la Campania dai rifiuti, abbiamo mantenuto in Italia la nostra compagnia di bandiera, abbiamo garantito che nessuna banca sarebbe fallita, abbiamo difeso il credito delle famiglie e difeso i più deboli», come recitano gli spot elettorali che il premier ha registrato per le elezioni amministrative, non è mai esistito o, almeno, ha fallito.
A smentire il governo è il suo stesso sottosegretario Bertolaso che, sempre ieri, ha detto come a voler difendersi che il «termovalorizzatore è in fase di rodaggio». Si confuta così la tesi sostenuta dal premier che a Napoli, durante un vertice in prefettura lo scorso 27 aprile, aveva detto: «Il termovalorizzatore di Acerra funziona benissimo – e aggiungeva anche che – l’inquinamento è vicino allo zero».
Inquinamento vicino allo zero? Niente di più falso secondo «Medici per l’Ambiente» che ieri ha lanciato un appello in seguito alla notizia sullo sforamento dei livelli consentiti di polveri sottili, PM10, che provengono proprio dall’Inceneritore. Le tre centraline che controllano la qualità dell’aria hanno infatti rilevato sforamenti di 18 giorni a partire dal 23 marzo, quando la legge consente massimo 35 sforamenti all’anno.

Ma è proprio il filone delle indagini aperte su Acerra che attacca Bertolaso. «Siamo consapevoli che Acerra dà fastidio. Sappiamo bene che fuori dal termovalorizzatore ci sono gli squali, c’è chi vuole entrare, sabotare, ricattare». Poi denuncia come «rappresentanti della polizia giudiziaria chiedono documenti non sempre accompagnati dalle procedure d’uso e devo confessarvi imbarazzo perché interrogano generali a due tre stelle trattandoli come se avessero commesso chissà che cosa. A volte le domande che pongono sembrano formulate quasi per dare l’informazione che qualcuno è sotto controllo. Non abbiamo agende segrete, non rispondiamo a nessuno che non sia lo Stato italiano».

Eleonora Formisani

[Aquila] i genitori degli studenti vittime rifiutano la laurea honoris causa

Con compostezza e gran dignità i genitori dei ragazzi vittime del crollo della Casa del studente rifiutano la laurea honoris causa che oggi avrebbero dovuto ricevere, in una struggente liturgia ripresa da truppe cammellate di telecamere, per mano del Rettore magnifico e alla presenza nientemeno che del Presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
Non sanno che farsene di una pergamena arrotolata grondante di retorica, i genitori di Michele Strazzella, Enza Terzini, Tonino Colonna, Luca Lunari, Marco Alviano, Angela Cruciano, Luciana Capuano, Davide Centofanti.

Loro chiedono solo giustizia, e che chi ha sbagliato paghi e al limite vada in galera il prima possibile.

Peccato per il premier: sarebbe stata una bella botta d'immagine, in giorni in cui viene in mezzo mondo accusato di aver flirtato, lui ultrasettantenne e sposato, con una ragazzina. Un diversivo di marketing politico dopo le dichiarazioni roboanti come l'abbattimento del numero dei parlamentar.

" Va ricordato - spiegano i genitori al quotidiano Il Centro - che durante l’attività sismica che andava avanti da circa sei mesi nessuno si è preoccupato di sospendere la normale attività didattica nelle facoltà, sottoponendo gli studenti ad un notevole stress psicofisico. Alla facoltà di Ingegneria ad esempio», precisano, «erano in programma lezioni ed esami nei giorni di lunedì, martedì e mercoledì della settimana di Pasqua. La prevenzione è stranamente scattata dopo i catastrofici eventi sismici del 6 aprile, visto che molte facoltà sono state trasferite in alcune città abruzzesi. Basta solo questo per ribadire che noi rifiutiamo l’assegnazione del titolo di laurea.

Intanto il Comitato familiari vittime Casa dello studente si dice intanto sconcertato dalle dichiarazioni dell'ex presidente Adsu Luca D'Innocenzo, rese alla stampa a margine del suo interrogatorio in Procura, e chiede a gran voce le sue dimissioni anche da assessore comunale con delega all'Università.

Il 31 marzo, spiegano i genitori, D'Innocenzo asserisce di aver consegnato agli studenti un questionario nel quale si chiedeva agli stessi se ritenessero sicura la sede, come se fosse una questione di impressioni soggettive. D'Innocenzo, incalzano, sapeva delle crepe e della colonna fradicia che troneggiava in sala mensa, al contrario di quanto ha detto ai giudici. Sapeva dello studio di Collabora Engineering, sui rischi di criticità degli edifici pubblici, tra cui la casa dello studente, perchè fu l'Adsu a consegnare la cartografia dell’immobile. Soprattutto non ha mosso un dito per far uscire gli studenti da quella casa di cartapesta, nonostante avvertimenti degli stessi studenti, e tre mesi di scosse sismiche.

Concludono i genitori: "Può un dirigente che non sa, non vede, non sente, rappresentare i cittadini attraverso uno degli assessorati più impegnativi e delicati, le politiche sociali, con, ironia della sorte, delega alla Città degli Universitari?"

da Indymedia