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venerdì 3 luglio 2009

LAVORATORI ADELCHI, UN ALTRO ANNO DI CASSA INTEGRAZIONE

E’ la prima uscita ufficiale da presidente della Provincia di Lecce quella che Antonio Gabellone ha avuto questa mattina con la stampa per parlare degli esiti positivi dopo l’incontro con i rappresentanti del governo a Roma sul caso “Adelchi”, il calzaturificio di Tricase attanagliato da una crisi senza soluzione di continuità, con oltre 500 lavoratori che ogni giorno vivono sotto la scure del licenziamento.
Gabellone ha strappato un altro di cassa integrazione. La soluzione tampone non risolve certo il problema. Tant’è. “Una battaglia che abbiamo combattuto con grande impegno – dice il neo presiedente della Provincia di Lecce – cominciando con il vertice di sabato mattina in Prefettura, dove abbiamo affrontato il problema sulla fine della cassa integrazione primaria per i lavoratori della Nuova Adelchi. Da lì, la decisione di un incontro a Roma con il governo. Così, d’intesa con il ministro Fitto e il gruppo parlamentare salentino, siamo riusciti a ad avere un incontro in tempi rapidissimi con il sottosegretario al ministro del lavoro Pasquale Viespoli, proprio perché 600 famiglie meritano tutta l’attenzione del caso. E siamo riusciti per un altro anno a garantire con continuità la cassa integrazione agli operai dell’Adelchi. Lunedì mattina intanto – conclude Gabellone - è previsto qui in Provincia un incontro con i sindacati così da avviare la concertazione provinciale. Non ci fermiamo. Ovviamente tutto questo non risolve il problema dell’occupazione, ecco perché vorremmo poi conoscere il progetto di rilancio dell’azienda, sulla base anche dei prossimi incontri con i rappresentanti del governo”.

Prima del rinnovo di un anno della cassa integrazione, l’azienda aveva comunicato ai lavoratori di non avere più commesse e, di conseguenze, poche alternative: investita dal vortice della crisi, che nel settore del Tac sembra essere quasi doppia. Motivo per il quale il sindaco di Tricase, la Provincia di Lecce, la Regione Puglia, il ministro agli Affari regionali, sottosegretario al ministero dell’Interno e prefetto di Lecce avevano ricevuto una lettera dei lavoratori con la richiesta urgente di convocazione di un tavolo interistituzionale. La stesura del documento era anche stata sottoscritta dai sindacati Filtea Cgil, Femca Cisl, Uilta Uil e Failts Cisal, dopo una lunga assemblea con i lavoratori.

L'agente è gay? Va punita

Ha dichiarato di essere lesbica. Ha denunciato le discriminazioni subite. Ha sfilato al Pride. E ora il questore di Padova vuole il suo licenziamento.

Il giorno prima aveva sfilato con altri 150 mila contro le discriminazioni sessuali al Gay Pride di Genova. Una volta ritornata a casa però ha trovato ad attenderla la lettera del suo 'capo', il questore di Padova, Luigi Savina, con cui si avvia la pratica della sua destituzione dalla Polizia. Luana Zanaga, 39 anni di Rovigo, in forza alla polizia patavina, nei mesi passati ha fatto coming out, rivelando pubblicamente la propria omosessualità. E da ottobre dello scorso anno, da quando ha reso pubblica la sua tendenza sessuale, per lei è cominciato un calvario. Dapprima è stata 'processata' da una commissione di disciplina, che ha proposto di punirla con una sospensione dal servizio 'fino a sei mesi'. Ma ora, forse, non farà nemmeno in tempo a scontare quella sanzione, perché è arrivata la nuova tegola: la destituzione. Che nei fatti significa licenziamento.

Il questore Savina nega che nel provvedimento si parli di licenziamento, ma non dice quale punizione intende infliggere all'agente Zanaga. Infatti con la lettera si è solo avviata la pratica di contestazione degli addebiti, mentre i provvedimenti adottati verranno resi noti solo successivamente. A parlare apertamente di destituzione è invece il funzionario incaricato di seguire il caso per conto del questore. E Savina infatti scrive che non è più sufficiente la sola 'deplorazione' con la conseguente sospensione. D'altra parte in questi giorni Luana Zanaga si è anche sentita rivolgere l'accusa di essere pericolosa. Perché, come è scritto espressamente nella lettera del questore Savina, alla fine di maggio ha rilasciato delle dichiarazioni, senza autorizzazione a 'L'espresso', riportate nell'articolo 'Agente gay a rapporto' e poi riprese dal sito Dagospia. Nell'articolo l'agente gay diceva di vivere in un ambiente omofobico, di aver subito il mobbing e di essere stata sottoposta a vessazioni. Come successe anni fa, quando la costrinsero ad andare dal medico per attestarne l'idoneità visto che era omosessuale. "Mi chiedevano se stavo bene con la mia omosessualità e io rispondevo che stavo benissimo", accennava nell'articolo.


Per il capo della Questura di Padova queste accuse sono fortemente denigratorie e portano discredito alla Polizia. Nessun cenno invece, nella lettera, agli altri giornali, riviste e tv che hanno riferito della poliziotta. O alla solidarietà manifestatale dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. Pubblicazioni uscite nello stesso periodo e anche successivamente.

Più che per le dichiarazioni dell'agente Zanaga, viene il sospetto che l'infrazione più grave sia aver parlato con il nostro giornale. Invece di approfondire e verificare le accuse della poliziotta sull'ambiente omofobico, si preferisce rimuovere chi solleva dubbi e parla di discriminazioni. Nessuno, infatti, ha chiesto all'agente di portare le prove delle sue accuse. Una denuncia, la sua, circostanziata, precisa e grave, come nel caso dei due poliziotti che le scrissero che doveva "bruciare in un lager". Dunque non c'è stato accertamento della verità, ma è comunque in arrivo una punizione esemplare perché ha parlato.

Così Luana Zanaga rischia di veder svanire il sogno di una vita, cioè fare la poliziotta, solo perché difende e rivendica la propria sessualità.

da L'Espresso

Dove si vota a luglio

Sono sei gli appuntamenti elettorali di luglio, e coinvolgono Bulgaria, Messico, Indonesia, Repubblica del Congo, Mauritania e Kirghizistan.

Il 5 luglio si vota per le elezioni parlamentari in Bulgaria. Secondo i sondaggi la coalizione di centrodestra Gerb, guidata dal sindaco di Sofia Bojko Borisov, dovrebbe ripetere l’exploit delle elezioni europee e soffiare la maggioranza alla coalizione di centrosinistra, vincitrice delle elezioni del 2005. A seguito della riforma elettorale approvata ad aprile, una parte dei parlamentari bulgari - 31 su 240 - sarà eletta col sistema maggioritario. Secondo il Wall Street Journal, Borisov non sarebbe l’uomo più adatto a risollevare le sorti del più povero paese dell’Unione europea: “Il populismo di Borisov, la sua retorica sulla sicurezza e le sue vaghe idee economiche hanno innervosito gli investitori stranieri, e gli analisti sono preoccupati per la sua inesperienza. Le paure aumentano a causa del fatto che chiunque vincerà le elezioni dovrà comporre un governo di coalizione, e questo finirà per impedire decisioni coraggiose e aumentare il malcontento, già molto diffuso”. Lo slogan di Borisov, però, chiede fiducia: “Bulgaria, yes we can!”. Vi ricorda qualcosa?

Sempre il 5 luglio si vota in Messico, anche qui per le elezioni parlamentari. Alle ultime elezioni, nel 2006, il partito di maggioranza relativa fu quello del presidente Calderón, il conservatore Partito d’azione nazionale. A questo giro, però, l’opposizione del Partito rivoluzionario istituzionale sembra in vantaggio e potrebbe quindi centrare il sorpasso. La situazione nel paese centroamericano continua a essere molto instabile e alcuni cittadini si stanno organizzando per annullare in massa la scheda elettorale, come segno di protesta. Secondo alcuni importanti sondaggisti, racconta Time, potrebbe trattarsi dell’inizio di qualcosa di più grande: “Anche se solo una piccola percentuale di persone andrà a votare per annullare la scheda, il dato dell’astensione potrebbe attestarsi attorno al 70 per cento. Una cifra scioccante, ‘che i politici non potrebbero più ignorare’”.

L’8 luglio, invece, elezioni presidenziali in Indonesia. Il presidente uscente, il democratico Susilo Bambang Yudhoyono, dovrebbe essere favorito per la rielezione, ma sembra che i suoi avversari stiano colmando lo svantaggio e potrebbero quindi costringerlo a un secondo turno, previsto per l’8 settembre. L’avversario meglio posizionato è Megawati Sukarnoputri, già presidente dal 2001 al 2004 e primo presidente donna del paese. Sukarnoputri è la figlia di Sukarno, leader indipendentista e primo presidente della storia dell’Indonesia, che fu deposto nel 1967 da un colpo di stato guidato da Suharto, che governò il paese ininterrottamente fino al 1998. Proprio il principale partito sostenitore di Suharto, il Golkar, sostiene la candidatura di Jusuf Kalla, oggi vicepresidente, da tempo in rotta con Yudhoyono. “Anche se l’80 per cento degli indonesiani è musulmano e l’Indonesia è la nazione con più musulmani al mondo”, nota Voice of America, “tutti i partiti di ispirazione islamica hanno perso terreno alle elezioni legislative di aprile, e i partiti che si contenderanno la presidenza sono tutti laici e secolarizzati”. Una curiosità: la legge elettorale indonesiana obbliga i candidati alla presidenza e alla vicepresidenza a sostenere e superare un accurato esame medico e un test della personalità, della durata di oltre dieci ore.

Il 12 luglio si vota per le presidenziali in Repubblica del Congo (da non confondere con la Repubblica democratica del Congo, l’ex Zaire). Difficile che il presidente uscente Denis Sassou-Nguesso possa mancare la rielezione. Sassou-Nguesso, eletto nel 2002 con l’89 per cento dei voti, era già stato presidente dal 1979 al 1992. Venne poi sconfitto nella prima elezione multipartitica della storia della Repubblica del Congo ma tornò al potere cinque anni dopo, quando rovesciò con la forza il governo democraticamente eletto. La candidatura del suo principale sfidante, l’ex primo ministro Ange Édouard Poungui, è stata bocciata dalla corte costituzionale, che ha così impedito al principale gruppo di opposizione del paese di presentare un proprio candidato. Secondo gli osservatori dell’Unione africana, le ultime elezioni del paese - le legislative del 2007 - sarebbero state palesemente truccate. Secondo Afrik.com, l’ennesima frode elettorale potrebbe generare disordini: “A Brazzaville, la capitale, ci sono già state diverse interruzioni all’energia elettrica, all’acqua e ai servizi sanitari. Maixent Hanimbat, presidente di un forum per i diritti umani, sostiene che all’annuncio dei risultati elettorali il malcontento potrebbe essere tale da far scoppiare una guerra civile”.

Il 18 luglio elezioni presidenziali in Mauritania. Si vota in seguito al colpo di stato militare del 2008, che depose il presidente Sidi Ould Cheikh Abdallahi. Mohamed Ould Abdel Aziz, generale dell’esercito che che guidò il golpe, è candidato ed è praticamente certo della vittoria. I principali partiti d’opposizione hanno annunciato che non parteciperanno al voto, che reputano essere “un’enorme messinscena”. Dei candidati ammessi alle elezioni, l’unico contrario al golpe del 2008 è il generale Ely Ould Mohamed Vall, già alla guida del golpe del 2005.

Il 23 luglio invece si vota in Kirghizistan. Il presidente uscente è il filosovietico Kurmanbek Bakiev, che vinse le ultime presidenziali con l’88,9 per cento dei voti. Il suo sfidante più accreditato è Almazbek Atambaev, già primo ministro, ma difficilmente il presidente dovrebbe mancare la rielezione.

da Internazionale

MANU CHAO - CLANDESTINO




CLANDESTINO
Solo voy con mi pena
Sola va mi condena
Correr es mi destino
Para burlar la ley
Perdido en el corazn
De la grande Babylon
Me dicen el clandestino
Por no llevar papel

Pa' una ciudad del norte
Yo me fui a trabajar
Mi vida la dej
Entre Ceuta y Gibraltar
Soy una raya en el mar
Fantasma en la ciudad
Mi vida va prohibida
Dice la autoridad

Solo voy con mi pena
Sola va mi condena
Correr es mi destino
Por no llevar papel
Perdido en el corazn
De la grande Babylon
Me dicen el clandestino
Yo soy el quiebra ley

Mano Negra clandestina
Peruano clandestino
Africano clandestino
Marijuana illegal

Solo voy con mi pena
Sola va mi condena
Correr es mi destino
Para burlar la ley
Perdido en el corazn
De la grande Babylon
Me dicen el clandestino
Por no llevar papel

Argelino, Clandestino!
Nigeriano, Clandestino!
Boliviano, Clandestino!
Mano Negra, Ilegal!


CLANDESTINO

Vado solo con la mia pena
da sola va la mia condanna
correre é il mio destino
per fregare la legge.
Perso nel cuore
della grande Babilonia
mi chiamano Il Clandestino
perché non porto documenti.
In una città del nord
me ne andai a lavorare
la mia vita la lasciai
tra Ceuta e Gibilterra.
Sono una razza nel mare
un fantasma nella città
la mia vita va proibita
dice l’autorità.
Solo vado con la mia pena
sola va la mia condanna
correre é il mio destino
perché non porto documenti
perso nel cuore
della grande Babilonia
mi chiamano Il Clandestino
sono il fuorilegge.
Manonegra clandestina
peruviano clandestino
africano clandestino
marijuana illegale.
Algerino clandestino
nigeriano clandestino
boliviano clandestino
marijuana illegale

VIA DAL “TEMPIO” GLI ARTIGIANI CON LE LORO BANCARELLE

Blitz ieri sera nel cuore del centro storico di Lecce, in via Vittorio Emanuele, da parte della municipale. Una ventina di artigiani hanno dovuto chiudere le loro bancarelle di prodotti fatti a mano.

Non sono ambulanti. Nemmeno saltimbanchi, artisti di strada. Sulla carta, ancora, neanche commercianti. Forse, artigiani?La loro figura professionale, per il burocratese, non ha ancora collocazione. Sarà diverso, chissà, quando il Comune di Lecce farà passare il provvedimento che disciplina definitivamente questa categoria (artigiani, pare di capire), ma, per intanto, ieri sera, una ventina di bancarelle “internazionali” che espongono manufatti in cuoio, collane, bracciali, borse, nel cuore del centro storico di Lecce, in via Vittorio Emanuele, sono state fatte chiudere dagli agenti della municipale. I quali, molto garbatamente, e in più tranche, hanno invitato gli artigiani prima a rispettare i 5 metri di distanza imposti dalla legge tra una bancarella e l’altra, poi a lasciare libero definitivamente il suolo pubblico.

E così questa mattina, una ventina di artigiani, tra cui salentini ma anche spagnoli, indiani, africani, si sono dati appuntamento vicino la chiesa di Santa Croce per poi recarsi presso l’ufficio Cultura del Comune. Già, ma cosa c’entra l’ufficio Cultura del Comune con la vendita di borse in cuio, bracciali e collanine? E’ quello che si sono chiesti artigiani cacciati dal "Tempio", anche se ieri sera sarebbero stati proprio gli agenti della municipale e indirizzarli verso lo sportello comunale. Ed infatti, una volta lì, i responsabili della Cultura hanno invitato il gruppo a recarsi da tutt’altra parte, negli uffici dell’Annona. Anzi, no. Forse è meglio andare negli uffici della municipale “turistica”, in piazza Sant’Oronzo, proprio sotto Palazzo Carafa. E una volta lì, spallucce da parte degli impiegati: “Non è passato ancora il provvedimento che regola questo tipo di vendite”. Ma quale provvedimento?

“Hanno avuto tutto l’inverno per pianificare il nuovo regolamento – sbotta una ragazza che espone con la sua bancarella su corso Vittorio Emanuele – e adesso che tutto dovrebbe essere pronto perché ormai siamo in piena estate, l’amministrazione comunale non sa ancora cosa fare. C’è chi dice che siamo artisti di strada, ma non è vero. C’è chi dice che il permesso per esporre, vale a dire l’autocertificazione sulla base della legge regionale 114, numero 11 del 2003, non è più valido… insomma, siamo in pieno marasma e chi ci sta rimettendo siamo noi, che ieri sera non abbiamo potuto lavorare e che rischiamo di non potere esporre per tutta l’estate”.

Ecco cosa risponde al telefono l’assessore alle Attività produttive Attilio Monosi: “Non sono artisti di strada ma artigiani che nella loro attuale collocazione amministrativa non possono occupare il suolo pubblico nel centro storico per vedere i loro prodotti. D’altronde c’è una decisione presa in un consiglio comunale del 2005, poi trasformata in ordinanza a firma del sindaco, che vieta espressamente la vendita di prodotti artigianali e manufatti nel centro storico”.

E’ evidente che in tutta questa storia, come fanno notare i diretti interessati, al di là del nuovo provvedimento, ancora poco chiaro, e non ancora esecutivo, che c’è un preciso indirizzo dell’amministrazione comunale di volere vedere le strade della città vecchia sgombre da artigiani, diverso è invece per i ritrattisti e gli artisti di strada, categorie che non “distraggono” i passanti dagli acquisti nei negozi.

Il punto è proprio questo. Potrebbero gli artigiani fare storcere il naso ai commercianti del centro storico anche se la loro produzione di piccola bancarella non avrebbe nulla a che fare con gli oggetti esposti nelle vetrine dei negozi di via Vittorio Emanuele? Forse. Potrebbero i negozianti adirarsi perché gli artigiani non sono tenuti a pagare tasse e imposte, mentre loro sì? E se quella dei falsi artisti di strada, artigiani, invece, rappresenta una realtà lavorativa a tutti gli effetti, perché renderla difficile più di quanto già non lo fosse?

In attesa di fare chiarezza sui punti in questione e di risposte, decine di piccoli lavoratori che non espongono certo per hobby, rischiano di non poter lavorare, senza che nesuno li abbia avvertiti per tempo, magari quando era ancora inverno.

di Vincenzo De Filippi da LeccePrima

Il berlusconismo è un fenomeno inspiegabile

“Possiamo definirla la Grande eresia dell’illuminismo: l’idea che tutto il mondo sia riconducibile a un’analisi e una spiegazione logica. In realtà, non è così”, scrive l’Irish Independent
“L’intero fenomeno Silvio Berlusconi è una continua negazione del ruolo della ragione nelle relazioni umane. Ci sono alcuni eventi nella vita che non hanno spiegazioni. E la popolarità del premier italiano è tra questi”.

COME GLI STATI UNITI HANNO CAMBIATO IN TRE GIORNI LA LORO STRATEGIA MILITARE

Le decisioni di Barack Obama delle ultime settimane danno un nuovo impulso alla strategia militare degli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan, ricalibrando sforzi e risorse sulla base dei principi annunciati dal presidente stanutitense già durante la campagna elettorale.

Martedì scorso i soldati americani hanno lasciato le città irachene in vista del ritiro dall’Iraq, previsto per l’agosto del 2010, e del ritorno completo delle truppe negli Stati Uniti, previsto per la fine del 2011. Per avere un’idea di come sono cambiati negli anni i numeri e la dislocazione delle forze statunitensi in Iraq, è preziosa la mappa interattiva del New York Times.

Sempre il New York Times, con un lungo editoriale, mette in guardia sui rischi a cui vanno incontro l’Iraq e, di riflesso, anche gli Stati Uniti. “C’è un enorme quantità di cose ancora da fare – e non molto tempo – per aiutare gli iracheni e ridurre le possibilità che il ritiro degli Usa possa generare il caos. Obama ha ragione quando dice che gli Stati Uniti non possono risolvere tutti i problemi dell’Iraq prima di andare via. Presto l’esercito iracheno dovrà cavarsela da solo. Gli Stati Uniti dovranno aiutare l’Iraq a costruirsi una flotta aerea e una navale, uno sforzo che probabilmente andrà oltre la scadenza del 2011. Washington dovrà valutare la pericolosità degli stati vicini ma anche quella dell’Iraq stesso, che ha una lunga storia di minacce nei confronti dei paesi suoi confinanti, e decidere quanta potenza di fuoco vendere a Baghdad”.

“La disputa più pericolosa è sulla regione di Kirkuk, ricca di petrolio e gruppi etnici. Ad aprile, l’Onu ha diffuso un rapporto che propone diverse opzioni per Kirkuk, tra cui la sua trasformazione in regione autonoma, governata congiuntamente da curdi, arabi e turkmeni. C’è poi la questione dei profughi: quattro milioni di iracheni hanno perso la loro casa e vivono in condizioni difficili. Molti sono sunniti, una volta parte dell’élite privilegiata. Più di ogni altra cosa, però, l’Iraq ha bisogno di un governo competente”.

“Se vuole guadagnarsi la lealtà e la fiducia delle persone, dovrà fare un lavoro molto migliore di quello fatto finora per fornire i servizi di base a tutti gli iracheni. Cresce invece la preoccupazione che il primo ministro Maliki stia accumulando troppo potere, estromettendo i suoi rivali e costruendo una casta di militari leali solo a lui. Washington dovrà chiarire che non appoggerà nessuno strappo e che, anzi, troverà il modo per incoraggiare la comparsa di altri leader politici. Insomma”, conclude il New York Times, “gli Stati Uniti non possono sistemare tutto, ma tempo che rimanehanno la responsabilità e l’interesse strategico di fare del proprio meglio per aiutare l’Iraq a venire fuori da questo disastro come uno stato funzionante, sovrano e ragionevolmente democratico”.

Gli Usa fanno un passo indietro in Iraq ma si preparano all’offensiva finale in Afghanistan: Obama è deciso a voltare pagina, dopo il pantano degli ultimi mesi. In queste ore una grande operazione militare - la più imponente dai tempi del Vietnam, secondo il Daily Telegraph - sta cercando di togliere ai taliban il controllo della provincia di Helmand, territorio fondamentale nella produzione dell’oppio e cruciale per la loro organizzazione strategica. “La spedizione che guida le operazioni in Afghanistan”, riferisce il New York Times, “coinvolge buona parte degli oltre 21mila soldati che Obama ha deciso di inviare in Afghanistan all’inizio dell’anno, per mettere fine alle violenze e al dominio dei talebani nel sud del paese”.

da Internazionale

ITALIANI BRAVA GENTE - TURISTA: NON VENIRE IN ITALIA

Vi piace l'Italia? Siete rimasti soddisfatti dei suoi monumenti, dei suoi paesaggi, della sua cucina? Bene, sappiate che il solo motivo per cui voi, stranieri, siete bene accolti in Italia è perché avete in tasca la carta giusta, quella in grado di aprire tutte le frontiere, di conquistare tutte le simpatie, di assicurare tutte le gentilezze: il denaro.
Turisti, non siete i soli stranieri che hanno scelto il nostro paese come meta. Ogni giorno approdano in Italia anche masse di poveri e disperati — in fuga dalla guerra, dalla miseria, dalla carestia. Ma mentre voi siete stranieri ricchi (turisti), loro sono stranieri poveri (immigrati).
Voi arrivate con l’intenzione di divertirvi, loro arrivano nella speranza di sopravvivere.
Voi ricevete sorrisi e lusinghe, loro ricevono disprezzo e violenza.
Per voi si aprono le porte di accoglienti alberghi, per loro si aprono le porte di veri e propri lager.
Gli stranieri poveri in Italia, quando non sono subito respinti, vengono braccati, perseguitati, umiliati, arrestati, percossi, espulsi dopo un periodo di detenzione che può arrivare fino a sei mesi. Chiunque li aiuti, dando loro ospitalità, può essere imprigionato per 3 anni. E in carcere possono finire anche i medici, se li curano senza denunciarli.
In questo clima di terrore non c'è da stupirsi se il ministro dell’Interno, dopo aver dichiarato di voler essere «molto cattivo con gli immigrati», ha ordinato di respingere in mare le imbarcazioni cariche di disperati; o se un esponente di un partito al governo ha proposto di riservare ai soli italiani i posti a sedere nella metropolitana di Milano.
Turisti, state visitando uno dei Paesi culla della civiltà, ma in cui la sola civiltà presente è quella del razzismo e della xenofobia. Oggi in Italia non ci sono più poeti come Dante, amanti come Giulietta e Romeo, inventori come Leonardo; ci sono solo reazionari, poliziotti e controllori, tutti dotati di manette e manganelli.
Sappiate, turisti, che è anche attraverso i vostri soldi che il regime italiano sta attuando la sua politica. Sostenendo l'economia italiana, sostenete l'economia di un paese razzista e xenofobo. Siete sicuri di volerlo fare? Volete essere anche voi complici delle retate, degli arresti di massa, dei lager, delle deportazioni?
È con il cuore gonfio di vergogna che vi esortiamo: turisti, abbandonate l'Italia!
Andate via da questo paese, così splendido, ma così abietto.
Andate via, subito, non finanziate l'infame guerra contro i poveri condotta dal governo italiano. Andate via e spargete la voce fra tutti i vostri conoscenti:
l'Italia è un paese razzista, boicottatelo!!!

La decretopropagandamania

http://lasciamiscrivere.blogspot.com/
È passato al Senato divenendo legge, il Decreto-propaganda sulla sicurezza. Mi piace chiamarlo in questo modo perché, come tutte le propagande della storia anche questo ddl è stato conclamato sin dai tempi della campagna elettorale.
La stampa parla molto, e spesso lo fa a vanvera. Sottovalutando la curiosità dei lettori nessun sito dei grandi giornali si è degnato di rimandare il lettore con un semplice link al testo integrale:
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00393348.pdf .
Le contestazioni, come di routine, sono tante, ma si sa, l’opposizione politica in Italia dura meno di un fine settimana, tempo lunedì, e nessuno parlerà più dei disagi che questo decreto (ormai legge) provocherà.
Ma cerchiamo di capire, un passo alla volta, cosa scaturirà da questa neonata legge dello Stato.
Permetterà la nascita, come recita nell’Art 52, di “associazioni volontarie di cittadini” che, senza alcun onere per lo Stato, coadiuveranno con le forze dell’ordine al mantenimento della sicurezza.
Sanzionerà chi (come Borghezio ndr) imbratterà muri o suoli pubblici, con la reclusione da 1 a 6 mesi di carcere e consentirà multe pecuniarie da 500 a 1000 euro a chi insozzerà le strade.
All’ Art 13, invece, prende forma il capitolo Rom, uno di quei denti che all’italiano medio duole un giorno si e l’altro no; verrà punito con il carcere sino a 3 anni chi utilizzerà i minori per praticare l’accattonaggio. Mi dispenso da ogni tipo di commento, ma non posso non notare come non vi sia nessuna traccia di integrazione, ma, come tutte le propagande della storia, anche questo articolo seguita ad utilizzare il manganello. Lo stesso che viene utilizzato contro “l’incidentalità notturna” menzionata nell’ Art 57, i fondi a contro il bollettino di guerra delle strade italiane, verranno devoluti solo per aumentare i controlli e non per “educare” il Cittadino (e la maiuscola non è scritta a caso).
Saranno multati dai 5000 ai 10000 euro gli immigrati che entrano o soggiornano sul suolo italiano illegalmente e sarà il questore che potrà dare l’ultimatum di 5 giorni, dopo i quali l’immigrato deve abbandonare il paese. Se decidesse di non farlo, vi sarà per lui una cella che lo accoglierà da 1 a 4 anni.
Per avere il permesso di soggiorno però, l’immigrato deve sostenere un esame di lingua italiana, al quale non viene in alcun modo preparato.
Per fortuna in questo ddl si son ricordati di un diritto internazionalmente riconosciuto infatti, l’Art 45 cita : “per il rilascio del permesso di soggiorno, non è richiesto il contributo (80 – 200€) ai soggetti che chiedono asilo politico, protezione sussidiaria e motivazioni umanitari”.
Anche nell’ Art 53, dopo che nel ’91 il Parlamentò lo ratificò (due anni dopo), si sono ricordati della Convenzioni sui diritti del fanciullo, menzionando che, la dove un minore (parliamo sempre, ovviamente, di immigrati) dovrà essere rimpatriato, questa sarà rispettata. C’è da dire : menomale!
Almeno, ringraziando il buon senso di qualche tecnico in qualche ministero negli Art 62 e 39 si introduce la possibilità di sciogliere i Consigli comunali e provinciale a seguito di infiltrazioni di stampo mafioso e nuove misure per i detenuti “speciali” con a carico reati per mafia.
C’è però, come su ogni torta, la ciliegina. L’Art 60 – che invito a leggere integralmente – da al Viminale (ministro dell’interno) un incondizionato potere di controllare la rete internet. Uno di quei poteri che solo nell’Unione Sovietica di Stalin veniva concesso al proprio ministero degli interni.
Che nessuno, tra quelli che non condividono questa nuova legge, si illuda di essere la maggioranza del paese. L’italiano (quello in maggioranza) vuole tutto quello che è scritto in questi 60, e più, articoli. Il problema da risolvere era l’immigrato, possiamo ora convenire o meno con questo ddl, ma tanti pensano davvero che per risolvere alcune forme di criminalità c’è bisogno di queste misure.
E voi, pochi e silenti oppositori, non illudetevi: “perdete ogni speranza voi che entrate”… in Italia.

Diego Ruggiano da Indymedia

Scaricabarili pericolosi

Il disastro di Viareggio non trova ancora una spiegazione plausibile né una ricostruzione nella catena di responsabilità che possa aiutare a prevenirne altri. E' questa la giungla creata dalla liberalizzazione del trasporto ferroviario delle merci, nel 2007, che nel 2010 toccherà al trasporto passeggeri.

Rete ferroviaria italiana [Rfi] è stata costituita dal gruppo Ferrovie dello stato [Fs], nel 2001, per separare il gestore della rete infrastrutturale dal soggetto che fornisce il servizio di trasporto di persone e merci, così come richiesto dalle direttive comunitarie. Ma, di fatto, le due società continuano a far parte di Fs. Rfi, che opera su concessione dello stato italiano, guadagna soprattutto dal noleggio della rete [i binari] alle aziende e compagnie ferroviarie che lo richiedono, sia italiane [essenzialmente Trenitalia Spa, dello stesso gruppo Fs], sia straniere, garantendo la manutenzione, il personale, le stazioni, ecc. Nel 2008, pare che abbia fatturato sotto questa voce oltre un miliardo di euro. A partire dal 2007, con la liberalizzazione in Europa del traffico merci, si è creata in Italia l’intricata situazione venuta a galla con il disastro ferroviario di Viareggio. In questo caso, il proprietario e gestore della rete è, appunto, Rfi [Fs]; l’azienda ferroviaria affittuaria è Fs [è suo il locomotore del convoglio di Gpl]; il proprietario dei vagoni è la filiale viennese della multinazionale americana Gatx Rail, che li noleggia; i vagoni sono stati immatricolati in Germania e Polonia; infine, è ancora sconosciuto l’affittuario dei vagoni per trasportare il Gpl esploso a Viareggio, partito dalla Exxon di Trecate e diretto all’Aversana petroli del padre del sottosegretario Nicola Cosentino.
La sicurezza dei convogli, dice Fs, sta in capo ai proprietari, quindi alla Gatx, che a marzo ha commissionato la revisione a un’azienda di Mantova. Questa, però, si discolpa sostenendo di aver fatto il lavoro richiesto dal committente, che non comprendeva l’analisi con gli ultrasuoni, l’unica in grado di scoprire piccole lesioni negli assi delle ruote: sono quelle all’origine del deragliamento a Viareggio. La Gatx risponde che la manutenzione era invece in carico a Fs cargo, a cui compete la manutenzione del convoglio in esercizio. Fs nega e punta il dito anche contro l’Agenzia italiana per la sicurezza delle ferrovie, istituita nell’agosto 2007 e con sede proprio a Firenze, come soggetto tecnicamente indipendente rispetto agli operatori del trasporto ferroviario. La quale si difende denunciando non solo di non avere personale, risorse né poteri adeguati, ma anche le carenze di Trenitalia cargo [cioè la divisione per il trasporto delle merci di Trenitalia, che è la società che gestisce le attività di trasporto passeggeri e di logistica di Fs]. Infine, c’è anche un’Agenzia ferroviaria europea [Era], pare priva di poteri e competenze. Così, almeno, ha detto il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli, intervenuto ieri alla camera per riferire sul disastro di Viareggio, per esaltare Berlusconi e per difendere le Fs. «Il carro sviato non era del gruppo Fs, ma della società privata americana Gatx, con sede europea a Vienna, cui spettano, secondo le direttive comunitarie, anche le attività di revisione e manutenzione», ha detto il ministro, che ha annunciato una commissione d’inchiesta.
Un sostegno dato forse per giustificare se stesso e il proprio governo, che continua a investire su strade, autostrade e alta velocità, taglia norme e fondi sulla sicurezza, non incentiva affatto il trasporto merci su ferro ma quello su gomma, come ha detto lo stesso dall’amministratore delegato delle Ferrovie dello stato, Mauro Moretti, nel corso di un’audizione in commissione lavori pubblici del senato, lo scorso febbraio. In quella occasione, Moretti ha parlato esplicitamente di una politica anti ferrovie in favore del trasporto merci su gomma, incentivato e aiutato in tanti modi, dai rimborsi sulle accise alla riduzione dei pedaggi autostradali. Intanto però, fa sapere la Regione Toscana, di treni pericolosi come quello deragliato a Viareggio ne passano 175 in regione e rappresentano il 70 per cento dei 250 che in media attraversano l’Italia.

di Anna Pacilli da Carta