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venerdì 29 luglio 2011

GENOVA 2011





I MANDANTI ITALIANI DELLE STRAGI DI OSLO E UTOYA

Articolo tratto dal quotidiano Liberazione (sempre interessante e fuori dal coro a differenza del suo partito di riferimento) del 27/7/2011 sulle reazioni in Italia sulla stampa fascista e leghista a proposito delle stragi compiute dal loro camerata in Norvegia.

Daniele Zaccaria
A tre giorni di distanza dall'orrenda strage di Utoya, fa un certo effetto leggere corsivi, editoriali e commenti che campeggiano sulla cosiddetta stampa di destra. Ancora bruciati dalla delusione che il killer dei ragazzi fosse un sedicente suprematista cristiano di puro sangue scandinavo e non un miliziano jihadista dalla carnagione olivastra, i bollettini neoconservatori, invece di chiedere scusa per lo zelo ideologico con cui hanno inizialmente denunciato la «matrice islamica» degli attentati, rincarano la dose. Con raro sprezzo del ridicolo.
La strategia è semplice: dimostrare che Anders Brievik è "un pazzo isolato" e che l'odioso massacro di cui si è reso responsabile nulla a che vedere con il suo confuso Pantheon culturale. Il razzismo manifesto, il fanatismo vetero-cristiano, l'odio verso gli immigrati musulmani, verso i diritti delle donne, verso qualsiasi forma di uguaglianza sociale, non avrebbero dunque giocato alcun ruolo nella mattanza di venerdì scorso. Un pazzo è solo un pazzo. Punto e a capo.
«Dare patenti intellettuali a un claustrofobico sanguinario come Brievik è una forma di paranoia intellettuale», ammonisce il Foglio di Giuliano Ferrara. Cimentandosi poi in un ardita similitudine: «Quando Volkert van der Graaf, forse aiutato dalle frange dell'ecologismo, assassinò in Olanda Pym Fortuyn, anche lui nemico del multiculturalismo, non ci fu una caccia alle streghe contro la cultura animalista, liberal-vegetariana, perbenista e patologicamente corretta». Sfugge il nesso tra la cultura "liberal-vegetariana" e i deliri nazistoidi di Breivik, ma per il Foglio ogni espediente è buono a potare acqua al proprio mulino.
Il problema di chi pensa e scrive in malafede è che, pur di alimentare il proprio fondo di commercio ideologico, arriva persino a negare la realtà. Preferendo dare ragione a se stesso piuttosto che ai fatti. Il "caso Norvegia" è in tal senso emblematico. Mirabile il fondo firmato da Fiamma Nierestein sul Giornale dal titolo "Se il multiculturalismo ha fallito". Nierenstein ricorda che la pista islamica in fondo era plausibile, che il quotidiano di Alessandro Sallusti ha chiuso i battenti intorno alle 21.00 (sarà) e che fino a quel momento nei dispacci d'agenzia giaceva la sciacallesca rivendicazione di un oscuro gruppetto islamista. Difficile darle torto. A quel punto bastava proferire un elegante: «Ci siamo sbagliati» per chiudere la querelle. E invece no.
Nierestein rivendica il diritto all'errore e la correttezza del suo «fondo analitico». Compiendo un demenziale rovesciamento; in sostanza Brievik è solo un «orribile assassino pazzo» irriducibile a qualsiasi pensiero politico. Al contrario le società multiculturali rappresentano una pericolosa e concreta minaccia sociale e politica. Leggere per credere: «In Norvegia nel 2047 la popolazione musulmana avrà pareggiato quella locale. [...] Le classi elementari dovrebbero includere fino a 15 bambini immigrati, contro 5 locali, che spesso non sanno la lingua. Ciò dimostra che l'integrazione se dilaga è un difficile affare? Sì». Se non fosse un editoriale vergato da una firma in testa, sembrerebbe di leggere un verbatim tratto dai diari di Brievik. Anche perché le tesi sono le stesse.
Fa quasi tenerezza invece, l'accorato commento di Antonio Socci apparso sulla "prima" di Libero: «E' insopportabile che per superficialità o frettolosità si sia fatto passare il folle assassino norvegese per un "cristiano"». In sostanza il giornalista-scrittore s'indigna dell'amalgama tra cristianesimo e stragismo omicida, ricordando che un buon cristiano non ucciderebbe mai nessuno. A parte il fatto che è lo stesso Brievik a definirsi in quel modo, sarebbe ammirevole se una simile prudenza fosse impiegata anche quando i crimini sono compiuti da fedeli all'Islam o sedicenti tali. Ma a un venerabile maestrino della faziosità come Socci, che nella sua breve stagione da conduttore Rai presentava il movimento no-global accostandolo alle immagini dei massacri in Cambogia, con incredibili dissolvenze incrociate tra le bandiere arcobaleno e i cumuli di teschi degli oppositori di Pol Pot, è davvero chiedere troppo.

27/07/2011

www.liberazione.it
da Indymedia