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sabato 14 novembre 2009

HEY, THAT' S AMORE

ASSOCIAZIONE CULTURALE HEY THAT'S AMORE
Sede Legale in Galatone (LE)

Comunicato stampa

Domenica 15 novembre 2009 alle ore 17:30, presso il Chiostro dei Carmelitani di via V. Emanuele II, a Nardò, si terrà un incontro per discutere di diritti civili, integrazione e lotta alle discriminazioni di ogni tipo. Dopo l’incredibile successo della fiaccolata svoltasi a Lecce il 10 ottobre, contro l’omofobia ed ogni forma di discriminazione, questo nuovo appuntamento, promosso sempre dall’associazione "
HEY, THAT' S AMORE", prenderà spunto questa volta dall’art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana e dall’art. 2 del Trattato Costituzionale Europeo.

Come sancito dalla carta Costituzionale, tutti i cittadini hanno diritto a pari dignità ed uguaglianza.

Gli incontri dell’associazione "
HEY, THAT' S AMORE" sono la testimonianza che cittadini del Salento sono in fermento e in movimento per combattere l’omofobia, il razzismo, e l’odio verso qualsiasi diversità e verso qualsiasi forma di violenza, sia essa fisica, psicologica o sociale.

Domenica 15 novembre per rivendicare:

L'UGUAGLIANZA TRA I GENERI; L'UGUAGLIANZA SOCIALE; IL DIRITTO ALL' ORIENTAMENTO SESSUALE; IL DIRITTO ALLA LIBERTA' DI CREDO; IL DIRITTO A NON APPARTENERE AD ALCUNA RELIGIONE; IL DIRITTO ALL’ AUTODETERMINAZIONE; IL DIRITTO A CONSERVARE LA PROPRIA CULTURA.

L’appuntamento di Nardò non si fermerà al semplice dibattito ma segnerà un percorso da intraprendere con varie associazioni e movimenti politici per promuovere un nuovo modello di società moderna, aperta alle differenze.

Intervengono tra gli altri,
Sebastiano Grasso (presidente dell’associazione HEY THAT'S AMORE), Luana Ricci (consigliera del gruppo HEY THAT'S AMORE), Erminia Merlino (coordinatrice della sez. di Nardò di Rifondazione Comunista) Francesco D’Agata (coordinatore prov. Italia dei Valori), Natty Patanè (Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Sava), Maurizio Zizio Buccarella (presidente del Meetup Lecce Salentini Uniti), Maria Grazia Manca (presidente associazione Salento Laico), Francesco Mazzotta (presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università del Salento).

Sono inoltre invitati a partecipare, oltre a tutti i cittadini interessati, tutti gli esponenti di movimenti, associazioni e partiti politici di ogni schieramento.

Per info:

Mobile: +39.338.11868

Crisi e lavoro, la Cgil in piazza a Roma

La crisi c’è ancora, ha la faccia di chi ha perso il lavoro o rischia di perderlo, delle aziende che chiudono o rischiano di chiudere. Sono volti e storie che non ci stanno ad essere negati, accantonati per far spazio all’euforia di una ripresa che chissà quando si tradurrà in maggiori certezze di reddito e occupazione.

Mentre in Parlamento si discute una Finanziaria tanto lungimirante da cancellare i fondi per la ricerca, e mentre i cervelli dei ministri fumano per dare vie d’uscita alle disavventure giudiziarie del premier, diverse decine di migliaia di lavoratori e pensionati oggi sfileranno a Roma con la Cgil per chiedere risposte al loro stato che per moltissimi è un dramma. Le risposte le «esigono», come recita il titolo della manifestazione. Arriveranno con tre treni speciali e 750 pullman, e altri si aggiungeranno. Non saranno meno di 60mila in rappresentanza delle centinaia di migliaia che da mesi vivono con le buste paga falcidiate dalla cassa integrazione. Rappresentano il milione di persone che in un anno si è rivolto all’Inps per chiedere il sussidio di disoccupazione. Rappresentano anche l’esercito dei precari che solo in mille hanno ottenuto quel 20% dello stipendio a mo’ di indennità di disoccupazione. Briciole, che tuttavia sono l’unica misura che il governo ha previsto per loro.

«Questo è, ma governo e politica parlano d’altro», ha detto Guglielmo Epifani presentando la manifestazione. «Manca la volontà di affrontare la crisi. E noi non abbiamo altri mezzi per riportare questa emergenza al centro, per ricordarla alla politica, ai mass media e all’opinione pubblica perché abbiano la percezione del dramma dei disoccupati, dei licenziati, dei precari».

L’elenco delle cose da fare nell’immediato non è sterminato: le risposte che la Cgil chiede riguardano innanzitutto la rete di tutele. Quindi: il raddoppio della durata dell’assegno di disoccupazione (dagli attuali 8 mesi a 16 mesi e da 10 a 20 mesi per over 50); il raddoppio della durata della cassa integrazione ordinaria (da 52 a 104 settimane) e l’aumentare del suo massimale.

Un sostegno che andrebbe accompagnato da linee di politica industriale, perché la crisi attuale «non è ordinaria, è una crisi epocale che segna una cesura tra il prima e il dopo». Andrebbero stabilite delle priorità ed evitato «lo stillicidio di misure inefficaci o inutili». Gli interventi per la banda larga, ad esempio, con il loro potenziale moltiplicatore sull’economia, andrebbero fatti. «Non vogliamo la luna, - continua il leader della Cgil, ma tra luna e il niente c’è una bella differenza».

Alla manifestazione di oggi non ci saranno Cisl e Uil che pure di critiche al governo cominciano timidamente a farne. «Uniti saremmo più forti», nota Epifani che continua a «sperare» in un’azione congiunta, almeno contro la crisi. «In ogni caso - conclude - la Cgil non rinuncerà a fare la propria parte». Saranno invece in piazza le forze di opposizione. Per il Pd sarà presente il vice segretario Enrico Letta, mentre il leader Pier Luigi Bersani invierà un messaggio. Adesione dell’Idv, del Pdci, Sinistra e Libertà. E da moltissime realtà a partire dall’Arci e dall’Unione gli studenti medi e quella degli universitari.

Sul palco di piazza del Popolo prima di Epifani prenderanno la parola sei lavoratori e lavoratrici che porteranno la loro esperienza, quella dell’Italia in crisi. Sono di Eutelia (Roma e Milano), di Alcoa (Sardegna) di Nestlè (Parma), di un call center Omega (Toscana), di Salfin informatica (Campania, del call center P2p (Sicilia).

http://www.unita.it/news/economia/91210/crisi_e_lavoro_la_cgil_in_piazza_a_roma

Sinistra e Libertà verso la scissione: gestire i socialisti rimane un'impresa!

Acque agitatissime e nubi oscure all’orizzonte per la precaria zattera che Movimento per la sinistra, Sinistra democratica, Socialisti, ex cossuttiani ed ex verdi hanno allestito a chiamato Sinistra Ecologia e Libertà. Il nuovo partito sembra infatti già sulla strada della scissione a causa delle “azioni destabilizzanti” che il Partito socialista denuncia, riferendosi alla scelta di alcuni componenti del Coordinamento nazionale di andare alle elezioni regionali del 2010 con il simbolo Sinistra Ecologica e Libertà.

Una scelta inammissibile per i socialisti di Nencini, che avevano già posto il veto sulla presentazione della lista in Toscana, dove vorrebbero correre da soli forse (ma su questo per ora non c’è chiarezza) in una lista comune con il Partito democratico. Nonostante le smentite del partito col garofano, appare più che plausibile, vista la storia recente e i personaggi che ancora albergano sotto queste bandiere, che all’origine dello scontro interno a S & L possano esserci i giochi e le strategie elettorali dei socialisti.



IL NUOVO SITO DI SISISTRA E LIBERTA'

Don Ciotti: ''Con finanziaria tradito spirito legge beni confiscati''

"Con l'emendamento votato oggi al Senato che consente la vendita dei beni immobili confiscati alle mafie, viene di fatto tradito l'impegno assunto...


...con il milione di cittadini che nel 1996 firmarono la proposta per la legge sull'uso sociale dei beni confiscati alla mafia e la loro restituzione alla collettività": è quanto afferma don Luigi Ciotti, presidente dell'associazione "Libera". "Il divieto di vendere questi beni è un principio che non può e non deve, salvo eccezioni, essere messo in discussione.

Se l'obiettivo è quello di recuperare risorse finanziarie - dice il sacerdote - strumenti già ce ne sono, a partire dal 'Fondo unico giustizia' alimentato con i soldi 'liquidi' sottratti alle attività criminali, di cui una parte deve essere destinata prioritariamente ai famigliari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia". "Ma è un tragico errore vendere i beni - prosegue - correndo di fatto il rischio di restituirli alle organizzazioni criminali, capaci di mettere in campo ingegnosi sistemi di intermediari e prestanome e già pronte per riacquistarli, come ci risulta da molteplici segnali arrivati dai territori più esposti all'influenza dei clan". Don Ciotti conclude facendo "un appello a tutte le forze politiche perché questo emendamento, che rischia di tradursi in un ulteriore regalo alle mafie, venga abolito nel passaggio alla Camera".

ANSA

Cucchi, "pestato in tribunale". Svolta nelle indagini

Sono sei gli indagati per la morte di Stefano Cucchi: tre agenti di polizia penitenziaria e tre medici dell'ospedale Pertini. I primi tre sono indagati per omicidio preterintenzionale, i secondi per omicidio colposo. Per gli inquirenti il pestaggio sarebbe avvenuto nelle celle del tribunale

Lo hanno fatto cadere a terra e poi lo hanno colpito con calci e pugni. Nicola Minichini, 40 anni, Corrado Santantonio, 50, e Antonio Dominici, 42, sono i tre agenti carcerari accusati di omicidio preterintenzionale. "Colpendo Cucchi il 16 ottobre nelle celle di sicurezza del tribunale con calci e pugni, dopo averlo fatto cadere, ne cagionavano la morte avvenuta all'ospedale Sandro Pertini" si legge nel capo di imputazione. E non sono solo loro gli indagati. Aldo Fierro, primario di 60 anni della struttura protetta dell'ospedale di Roma Sandro Pertini e i medici Stefania Corbi, 42, e Rosita Caponetti, 38, sono accusati di omicidio colposo dalla procura di Roma per la morte dell'uomo di 31 anni deceduto il 22 ottobre al Sandro Pertini dopo essere stato arrestato per droga. Secondo il capo di imputazione, i tre, agendo con negligenza, imperizia e imprudenza, "omettendo le dovute cure, cagionavano la morte di Cucchi". Non ci sono invece carabinieri sul registro degli indagati, che secondo piazzale Clodio "sono estranei alla vicenda". Le parole degli agenti penitenziari, che hanno accusato i militari, non hanno avuto quindi "peso probatorio".
Oggi i sei hanno ricevuto gli avvisi di garanzia mentre lunedì prossimo verrà riesumata la salma di Cucchi.

La ricostruzione dei fatti compiuta dagli inquirenti è stata fatta sulla base delle dichiarazioni del cosiddetto 'supertestimone', di quanto hanno spiegato i medici legali e di quanto è stato riscontrato sulle cartelle sanitarie di Cucchi: "Le accuse contro i carabinieri sono state fatte dagli agenti della penitenziaria, dopo che erano emersi una serie di elementi a loro carico", precisano fonti del Tribunale.
"L'aggressione dell'uomo sarebbe avvenuta il 16 ottobre nel sotterraneo del palazzo B della Città giudiziaria di Roma, dove si trovano le celle di sicurezza prima dell'udienza di convalida del fermo" ha spiegato il procuratore capo Giovanni Ferrara. Cucchi, secondo l'accusa, sarebbe stato colpito a calci e scaraventato in terra, da qui le varie fratture. La dinamica dei fatti è stata fornita agli inquirenti dai consulenti medico legali, che hanno riesaminato quanto era stato verificato nel corso dell'autopsia. A questo si sono aggiunte le parole del 'supertestimone', un detenuto immigrato che in cella scambiò alcune battute con Cucchi dopo il pestaggio.

L'immigrato, detenuto fino a pochi giorni fa, aveva visto, sentito e poi anche raccolto le confidenze di Cucchi e per questo secondo l'accusa deve essere considerato un testimone fondamentale: su richiesta dei pubblici ministeri sarà ascoltato nell'ambito di un incidente probatorio davanti al giudice delle indagini preliminari. Nella richiesta dell'incidente probatorio fatta dalla Procura si sottolinea infatti che il giovane africano ha ascoltato e visto il pestaggio subìto da Cucchi da parte degli agenti. Inoltre, dopo l'udienza di convalida, quando i due erano nel 'cellulare' per il trasferimento al carcere di Regina Coeli, hanno scambiato qualche parola e Cucchi ha raccontato di essere stato picchiato.

http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=13498

Saviano a Berlusconi: "Ritiri la legge sul processo breve"


"Presidente, ritiri la norma del privilegio": si intitola cosi' una lettera aperta, pubblicata sulla prima pagina di Repubblica, che lo scrittore Roberto Saviano rivolge al premier Silvio Berlusconi chiedendogli di ritirare la legge sul 'processo breve' "in nome della salvaguardia del diritto".

"Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica - continua Saviano -. Non è una questione ideologica. E' una questione di diritto".

Il rischio, conclude Saviano, è che "il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei".

http://www.rainews24.it/it/news.php?newsid=134043