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martedì 29 giugno 2010

Immigrazione: verso una nuova stagione di diritti.


Si terrà giovedì 1 luglio alle 19 presso il Chiostro dei Carmelitani a Nardò l’iniziativa pubblica promossa da Sinistra Ecologia e Libertà Salento e da PSI Lecce dal titolo Immigrazione: verso una nuova stagione di diritti.
L’iniziativa è stata concepita per essere un momento di incontro tra il neoeletto assessore regionale all’immigrazione Nicola Fratoianni e le realtà che a diverso titolo si occupano di immigrazione nella provincia di Lecce.

L’obiettivo è quello di portare a conoscenza dell’assessore, attraverso la testimonianza diretta di migranti, associazioni e sindacati, le condizioni di vita e di lavoro di migranti e rifugiati presenti sul nostro territorio.
In estate si accendono i riflettori anche sul nostro Salento, dove nelle campagne dilaga la riduzione in schiavitù dei lavoratori dell’est o dei lavoratori africani.
Vogliamo discutere di migranti non solo in una logica emergenziale e non solo perché siamo nella stagione del raccolto.
Vogliamo discutere di migranti per parlare di accoglienza, convivenza, diritti. Vogliamo farlo con tutte le associazioni e le organizzazioni che nel nostro territorio, da anni, si adoperano con impegno e dedizione per garantire diritti e condizioni di vita dignitose a chi nella nostra terra cerca una vita migliore.
Vogliamo, a partire da questa iniziativa, promuovere politiche abitative e politiche sul lavoro slegate dalla mera assistenza; vogliamo mettere in campo azioni di sostegno al diritto d'asilo per le donne e gli uomini che fuggono dalle guerre, dalle povertà e dalla disperazione, la cui unica colpa è quella di non avere documenti.
Il dibattito con l’Assessore Fratoianni è la prima di una serie di iniziative e di interventi per costruire una rete capace di essere sentinella, capace di intervenire contro lo sfruttamento sessuale e lavorativo e capace di garantire servizi e diritti quindi dignità e integrazione.
All’iniziativa aderiscono: Sinistra Ecologia e Libertà Salento, Federazione PSI Lecce, FLAI-CGIL, UIL Lecce, ARCI Lecce, Osservatorio Provinciale sull’Immigrazione, Rete Antirazzista Salentina, NAeMI Forum di donne native e migranti, , Associazione Finis Terrae, Emergency, Associazione Cuntrastamu, Merveta Saliaj Rappresentante del campo ROM Panareo, comitato per la difesa dei diritti degli immigrati - Lecce.

lunedì 28 giugno 2010

L’acqua entra in borsa

Il titolo sarà gestito dalla multiutility Iride guidata da Ettore Gotti Tedeschi indagato, e poi prosciolto, durante il processo Parmalat.

L’accordo è fatto. L’acqua volerà in borsa e la gestione sarà affidata a Iride, una multiutility, nata dalla fusione di tre società. Gli azionisti principali sono i comuni di Genova e Torino, ma l’accordo porta anche la firma di F2i: una società italiana titolare del fondo per gli investimenti nel settore delle infrastrutture a cui partecipano istituti bancari, casse previdenziali, fondazioni, assicurazioni, istituzioni finanziarie dello Stato, sponsor e management.

Il presidente si chiama Ettore Gotti Tedeschi, vecchio banchiere ora a capo dello Ior, la Banca Vaticana, che è stato prosciolto dopo esser stato scritto tra 71 indagati del processo Parmalat. L’amministratore delegato di F2i è Vito Gamberale, una carriera tra Autostrade Italia, Eni, Banca Italia, Benetton, e un arresto durante Mani Pulite.

Gamberale venne poi assolto dall’accusa di abuso d’ufficio e concussione. Ora, è lui l’uomo che guida l’accordo. Il piano per la privatizzazione del servizio idrico ruota in parte intorno alla Spa di Tedeschi e all’appoggio che questa riceve dalla San Giacomo srl, una società dal nome promettente. Lo scopo della manovra: creare un polo idrico industriale attraverso il delisting: la cancellazione del titolo azionario dal listino del mercato organizzato e la fusione con Mediterranea delle acque, l’azienda che gestisce le acque potabili di Piemonte, Liguria, Emilia e Sicilia.

Solo allora, Iride potrebbe compiere un altro passo e accorpare Enìa, la multiservizi emiliana nata dalla fusione delle Spa della provincia di Reggio Emilia, Parma e Piacenza. Insieme i due colossi delineerebbero un asse “padano occidentale” con 4 miliardi di capitalizzazione di borsa e 2,5 milioni di potenziali “clienti” che, tra Palermo ed Enna, si comprano come caramelle. Le conseguenze di ciò saranno visibili non solo al Sud, dove il controllo dei beni comuni ha già originato scontri tra clan, ma anche al Nord e al Centro dove la quotazione in borsa del servizio idrico stimolerà una famelica ricerca di profitto che farà dell’acqua un privilegio.

In un documento del 1973 si rilevava l’esistenza di 1.469 pozzi che attingevano alla falda freatica della fascia costiera italiana. Acque destinate ad essere inserite nell’elenco delle risorse pubbliche ma che ancora oggi sono lasciate nelle mani nei “guardiani” e dei “fontanieri” meridionali. Eppure, il Sud soffre la sete, decine di dighe sono incomplete da oltre vent’anni mentre altre hanno condotte mai collaudate o a “colabrodo”, che causano perdite idriche del 50 per cento.

I 3 enti regionali, 3 aziende municipalizzate, 2 società miste, 19 società private, 11 consorzi di bonifica, 284 gestioni comunali e 400 consorzi fra utenti predisposti alla gestione del servizio idrico di queste zone hanno fallito il loro compito. Colpa delle amministrazioni che si sono rivelate incapaci di tutelare i beni comuni, dei i governi che, anche su pressione dell’Ue, hanno frettolosamente cercato soluzioni nel settore privato. Tutta colpa del clientelismo che, in Italia, grava sulla gestione di gran parte delle opere pubbliche. Prima di cedere non valeva la pena tentare di sanare il settore pubblico? E se i manager dell’acqua si rivelassero disonesti?

Allora, il prezzo della privatizzazione salirebbe alle stelle. Non si tratta di un’affermazione figlia di un anticonfromismo da quattro soldi. Ce ne renderanno conto quando il consigliere municipale di turno non sarà più in grado di elargire informazioni sull’acqua che esce dai rubinetti case, degli ospedali e delle scuole e quando, per risparmiare, sarà meglio non lavarsi le mani. E se ne accorgeranno anche i Comuni non appena dovranno pubblicamente rinunciare al ruolo di “imprenditori-gestori” di beni per agire da veri azionisti. Perché, per dirla con Massimo Mucchetti sul Corriere, ricorrendo al privato per nascondere i difetti del pubblico, “il Comune non sarà più responsabile e garante di un servizio e di un diritto per tutti i cittadini ma solo uno dei tanti soci che attende l’assemblea di aprile per sapere quanto incasserà sotto forma di dividendo”.

da Indymedia

Psicologia da pagliacci


di Augusto Illuminati

«Un problema psicologico». Questo era la crisi per Berlusconi, questo è la disfatta sudafricana per Lippi. Stessa faccia, stessa razza. Mai come adesso il fallimento politico è una metafora di quello sportivo (e viceversa, ma quella sarebbe banale).

Con la crisi, un Berlusconi non ce lo possiamo più permettere. Faticosamente il ceto dirigente italiano se ne sta rendendo conto e opera con cautela per sganciarsene.

Dal momento, però, che non sa come uscire dalla crisi –un limite comune a tutti gli attori strategici europei– non riesce a decidere né i tempi né i modi del ricambio. Cerca tuttavia di apprestarne gli strumenti tecnici e ideologici, con il grosso problema di non aver ancora trovata una leadership sostitutiva, per di più dopo anni di esasperata personalizzazione della politica: un logo servirebbe e come!
Dal momento, però, che non sa come uscire dalla crisi –un limite comune a tutti gli attori strategici europei– non riesce a decidere né i tempi né i modi del ricambio. Cerca tuttavia di apprestarne gli strumenti tecnici e ideologici, con il grosso problema di non aver ancora trovata una leadership sostitutiva, per di più dopo anni di esasperata personalizzazione della politica: un logo servirebbe e come!


Che Berlusconi, al momento in vacanza-premio, perda colpi è lampante: bloccato di fatto sulla legge per le intercettazioni, sputtanato sul legittimo impedimento dalla goffaggine di Brancher, silente sulla manovra economica (quando non scivoli in balle stratosferiche come l’Italia paese più ricco d’Europa o il presunto veto alla tassazione europea sulla finanza), oscurato all’inutile G8-G20 in Canada, incastrato fra Napolitano, Bossi e Fini sull’azione di governo e nel contempo impossibilitato a indire elezioni anticipate, il pagliaccio di Arcore cerca affannosamente un’occasione di rilancio che peraltro non arresterebbe il declino irreversibile della sua strategia politica e mediatica. Il quando della sua caduta è diventato meno rilevante del la configurazione del dopo Berlusconi. I concorrenti alla successione o i kingmakers sono decisamente più inquietanti del leader al tramonto. L’aria è quella sbrigativa del «dopo-Cristo» evocato da Marchionne in abbigliamento casual e ghigno decisionista, del Fini in kippà proclamante prioritaria la sicurezza di Israele, dell’uscita dal Novecento ideologico e scioperato cui aspirano Tremonti, Marcegaglia e Sacconi. Il contenuto: la rapida correzione dei conti pubblici a costo di frenare il Pil, una scelta di austerità piuttosto che di rilancio dello sviluppo –l’inverso della linea Usa e delle proposte di Soros e Krugman. Il tutto garantito dalla debolezza del mercato del lavoro causa disoccupazione. Per fortuna, ci sono troppi galli a cantare. Per di più con un contorno di polli starnazzanti, economisti rintronati, colonnelli aennini alla sbando, ladroni colti con il sorcio in bocca, giornalisti ahimé senza bavaglio, capezzoni in cerca del prossimo padrone.


Il contorno clownesco del “ricambio”, ben poco mutato rispetto all’èra berlusconiana, non deve offuscare la sostanziale pericolosità di un’operazione dei poteri forti che è economicamente dissennata quanto socialmente devastante. Senza contare gli effetti politici su forze di opposizione che, anch’esse prive di un leaader, anelano disperatamente a ritrovare un ruolo qualsiasi, a costo di rovinare ulteriormente il loro radicamento. Esse infatti non sembrano affatto prepararsi bene al nuovo round. Non ci soffermiamo tanto sul patetico annaspare del Pd intorno a scadenze parlamentari superficialmente ripensate (intercettazioni e riforma universitaria) e accadimenti quali Pomigliano, mancati oppure occasione di divisioni e pessime profezie, quanto su strategie che si vorrebbero più radicali e di base. In un vibrante articolo sul manifesto del 26 giugno Marco Revelli, con accenti quasi weberiani traccia un elogio nostalgico del confronto conflittuale “moderno” fra imprenditore produttivo e lavoratore fordista, depositari dell’innovazione schumpeteriana e della dignità di classe, che si rispettano a vicenda perché innanzi tutto rispettano se stessi. Che Marchionne svilisca l’epica industriale aggrappandosi ai quaquaraquà del sindacalismo giallo è probabile, ma l’intelligente resistenza di Pomigliano andrebbe forse letta non come baluardo residuale dell’etica del lavoro, piuttosto come aggressivo opportunismo post-fordista.

Di questo ha paura la Fiat, che non se la sente di affidare alle schiene ossequiose dei sindacati firmatari la «nuova Panda schiavi in mano» –secondo il beffardo cartello innalzato nello sciopero del 25 giugno. Non paventa il ritorno della modernità industriale, del Novecento keynesiano, dell’avanti-Cristo, magari del lavoro e persona, per dirla con Tronti, del rispetto dell’uomo e della promozione del lavoro, per dirla con il cardinal Bertone, ma della guerriglia materiale, dell’inaffidabilità che è il prezzo della precarizzazione, del declassamento sistemico delle competenze. Siamo tuffati nel mondo di Sacconi e Gelmini, del regresso ai lavori umili e all’apprendistato (lo stesso fanno in Cina con la forza lavoro intellettuale inoccupabile), ma allora ha ragione Sergio Bologna a gettar luce sul degrado dei rapporti di forza e, sì, della dignità umana che consegue, inavvertito da un paio di decenni, dalla flessibilizzazione del lavoro. Di qui deve partire la resistenza e sotto questa luce l’opportunismo di chi ha dosato i no e i sì a Pomigliano, gettando nel marasma Fiat, governo e krumiri senza prestarsi a fare da capro espiatorio, assume un inedito rilievo. La gestione del referendum in una fabbrica chiusa da due anni è stato un capolavoro, un prender di traverso la riorganizzazione del lavoro meno drammatico ma più efficace dell’arrampicarsi sui tetti o di gesti che si ha pudore a citare, come i suicidi di Telecom-France e della Foxconn di Shenzhen.


L’incomprensione di fondo che la Fiom ha trovato nella Cgil e nel Pd marca perfettamente la sua (non sempre consapevole) estraneità alla tradizione fordista-keynesiana e al conservatorismo politico di quelle organizzazioni e l’affinità virtuale con altre forme di lotta del precariato nei settori già prima non garantiti, nei servizi e soprattutto nella Scuola e nell’Università. Pomigliano –ripetiamolo– non è l’ultimo bagliore di un mitizzato Novecento, ma un momento ancora ambiguo di un’ondata di insorgenze contro la precarizzazione e il neo-liberismo che percorre tutto il mondo globalizzato. Contro la quale si allestisce la battaglia preventiva, in termini di unità nazionale, rigore e sacrifici, con cui i ceti dirigenti italiani vorrebbero uscire dalle secche del berlusconismo e della crisi.

da GlobalProject

domenica 27 giugno 2010

Addosso all’untore

Nel Corriere delle Sera di mercoledì 16 giugno 2010 leggo:

“Abbiamo saputo che si è suicidato un mafioso nel carcere di Catania. Se altri pedofili e mafiosi facessero lo stesso non sarebbe affatto male” Ha dichiarato Gianluca Buonanno, componente della Commissione Antimafia della Lega Nord in un’intervista.

Gentile Gianluca Bonanno ho letto la sua dichiarazione.

Non si nasce delinquente, si diventa, prima con l’aiuto della società, dopo con quella dello Stato e infine con l’aiuto di affermazioni forcaiole come le sue.
Non è da tutti essere contenti se le persone si tolgono la vita.

Sembra che lei lo sia.

Forse perché lei non è umano.

Non si offenda!

È molto difficile essere giusti e infallibili, solo le persone disumane ci riescono.

Quindi lei dovrebbe essere contento di non fare parte della razza umana.

Però io sono contento di non essere come lei.

Sono più contento di essere un delinquente, un criminale, un uomo ombra, un umano piuttosto di essere disumano come lei.

Si ricordi che chi non ha paura di vivere non ha paura neppure di morire.

Solo gli umani ci riescono.

Solo gli umani non riescono a sopravvivere, ma riescono a morire.

Gli riporto parte di una lettera che mi è arrivata da un amico di un altro carcere.

… Un compagno di qui, circa un mese fa è stato a Sollicciano per un’udienza. L’hanno messo con un detenuto dicendogli che stava un po’ giù. Lui ci ha chiacchierato, ha tentato di tirarlo sù e sembrava che si fosse rasserenato. Il secondo giorno il compagno è voluto scendere all’aria. È risalito neanche dopo dieci minuti, perché gli era montata l’ansia. Tornato in sezione ha trovato morto impiccato il suo compagno di cella. La guardia era inibita dalla paura e subito non è arrivato nessun medico. Per il nostro compagno è stata una brutta esperienza, mentre ce la raccontava, piangeva.

Vede, Gentile Gianluca Bonanno, i delinquenti, mafiosi e criminali piangono quando un umano si toglie la vita mentre le persone disumane e perbene come lei sorridono e sparano cazzate.
Giugno 2010

giovedì 24 giugno 2010

Sciopero Generale contro la manovra del Governo- Nardò 25 giugno

La CGIL ha scelto Nardò come sede salentina per la manifestazione del 25 giugno contro la manovra finanziaria del Governo Berlusconi. Venerdi prossimo in provincia di Lecce ci saranno 8 ore di sciopero nelle aziende e negli uffici.

A Nardò è stato organizzato un corteo e poi un comizio.

Il corteo partirà alle 9,30-10,00 da via XX Settembre (Nardò) per proseguire fino a a P.zza Cesare Battisti dove si terrà il comizio

Salvatore Arnesano, segretario provinciale della Cgil, lancia un appello a tutti i sindaci del Salento.

Dice: “ Ci aspettiamo la presenza di tanti sindaci alla manifestazione perché sono i primi ad essere danneggiati dalla manovra finanziaria del Governo.
Abbiamo scelto Nardò perché in questo momento è un simbolo positivo e negativo dell’economia a salentina. Da una parte c’è il successo delle aziende dell’alta moda legate al gruppo Barbetta con oltre mille occupati, dall’altra la storia dei braccianti agricoli africani che lavorano nei campi per la raccolta delle angurie”.

I cittadini sono invitati a partecipare.

LECCE - ANARCHICI - PRESENTAZIONE DEL LIBRO "DIFENDERE LA RAZZA"

VENERDÌ 25 GIUGNO ORE 17.30
ATENEO AULA B1


Presentazione del libro e incontro con l’autrice di
DIFENDERE LA “RAZZA”

Identità razziale e politiche sessuali
nel progetto imperiale di Mussolini



“Oggi i vecchi e sperimentati dispositivi razzisti e de-umanizzanti formatisi in quegli anni si stanno riattivando sulla pelle di donne e uomini migranti e molte parole, proprie dell’ideologia di quell’epoca, si ripresentano nel linguaggio quotidiano, così come torna a riaffacciarsi sempre più prepotentemente una concezione della donna e della famiglia di stampo clerico-fascista.”

POLITICHE SECURITARIE, CAMPI DI INTERNAMENTO PER IMMIGRATI,CONCEZIONE DELLO STRANIERO COME NEMICO, LEGGI RAZZIALI, TECNICHE DI CONTROLLO SEMPRE PIÙ INVASIVE E TOTALITARIE, AVANZATA DELLA DESTRA. TUTTI TEMI ATTUALI E URGENTI, PERCHÈ IL FASCISMO OGGI HA MOLTE FACCE, COMPRESA
QUELLA DI UN SISTEMA ECONOMICO DI SFRUTTAMENTO.
UNA RIFLESSIONE TRA PASSATO E PRESENTE CHE SVELI LA RESISTENZA
POSSIBILE

Circolo anarchico via massaglia 62/b Lecce
aperto lunedì e giovedì dalle 21
peggio2008@yahoo.it
Fip 16/6/2010 via massaglia 62/b Lecce

lunedì 21 giugno 2010

CONFESSIONI DI UNA GUARDIA CARCERARIA


Un testo assolutamente sconvolgente inviato dal Prof. Patrizia Pugliese, tratto dal Blog www.urladalsilenzio.wordpress.com

Sono le 3.32 del mattino, una volontaria che si occupa di problematiche legate al carcere, mi ha appena mandato una serie di mail in cui mi “avvisava” dell'uscita della mia lettera su diversi blog o siti nazionali.

Non ho sonno.

Ho appena finito di parlare con uno di loro, una guardia carceraria, “l'omino apri-porta” lo chiamo io... Sono turbata. Non riesco a dormire. Ho bisogno di scrivere scrivere scrivere, forse vorrei urlare, ululare, miagolare, nitrire, abbaiare.... Farmi sentire da tutti, dall'universo intero ma qui tutti dormono.

Il mio incontro con la realtà carceraria è stata devastante dal punto di vista emotivo, umano. Alcune scene ricostruite stasera mi riportano ai grandi soprusi, eccidi della storia, uno su tutti, l'olocausto, il disprezzo verso gli ebrei, i diversi. Non posso e non voglio fare il nome della guardia in questione. Mi trovo a Trieste. La guardia non lavora in Friuli, ma ciò che mi ha raccontato avviene in tutte le carceri italiane.

Potrei titolare il mio pezzo.... I PIEZZI I CORI MUOIONO SEMPRE

Chiamerò la mia guardia Gesù, perchè ai miei occhi stasera è parso come una sorta di messia. Sono stata invitata a cena da un gruppo di amici triestini, tra questi un ragazzo sulla trentina, brizzolato, aria stanca, invecchiata. La serata si apre con una serie di antipasti e si concluderà su un divano dove io mi improvviso giornalista con tanto di penna e taccuino (ne porto sempre uno in borsetta). Ho fatto la freelance in passato, in varie testate della mia regione di origine: la Calabria. Terra ricca di contraddizioni come tutto il meridione del resto.

Dopo le prime presentazioni, banali e piuttosto stucchevoli, io e Gesù cominciamo a dialogare. Mi dice subito: “Faccio un lavoro duro, un lavoro che alcune volte mi costringe a non dormire....” Incuriosita gli chiedo che razza di lavoro è un lavoro che non ti lascia dormire, provo ad immaginare, passo a rassegna numerosi lavori: l'operaio turnista, l'infermiere, il camionista.... Gesù incalza... “ Sono una guardia carceraria, un agente, lavoro presso il carcere di.....”

Rimango attonita per un'istante... Non posso crederci che un incontro del tutto inaspettato (questo) mi condurrà al pianto, alla riflessione, al senso di vuoto, di smarrimento.... fino a toccare punte estreme di vera e propria angoscia.

Io mi chiamo Patrizia, Patrizia Pugliese ho 35 anni e un cervello che non ama la menzogna e le ingiustizie. Anch 'io ho lavorato in carcere (docente di lettere), in quello di Tolmezzo, carcere di massima sicurezza, un'enorme quadrato color cemento... Avevo appena finito, un 5 ore prima, se non di più, di scrivere una lettera a Carmelo Musumeci, lo trovo un uomo di grande spessore. Era una lettera di ringraziamento ai miei ragazzi dell' AS.

A Gesù dico subito quello che penso del carcere, dell'ergastolo ostativo, del reinserimento sociale dei detenuti, dell'incongruenza tastata con mano, dell'indifferenza di alcuni miei colleghi pur di non andare a scomodare un sistema che fa comodi a molti. Parlo con lui di uomini-ombra , cerco di farlo ragionare, le uniche parole dette.. “Lo so, Patrizia, ma non dipende da me... Io faccio solo il mio lavoro”

Quando hai iniziato a fare questo lavoro? Incalzo io... Cerco di capire anche l'altra metà... Stasera ho deciso di stare ad ascoltare l'altra metà del carcere_mela...

Gesù:” Sono circa 10 anni che faccio questo lavoro”....

Patrizia: “... E ti piace?”

Gesù: “... Bhè piacermi, è una parola grossa... diciamo che sopravvivo”

Patrizia: “Sopravvivi a cosa?

Gesù : “Al dolore, alla storia dei deboli, dei marocchini, degli albanesi, ma di tanti, anzi troppi ragazzi italiani. Sai quanta gente mi sono ritrovata dentro.. Ed erano miei amici... Ad un tratto ero obbligato a non vederli non solo come amici, ma anche come uomini... Ma...“Pezzi”

Patrizia: “Pezzi? Cosa significa pezzi?”

Gesù: “ Così vengono chiamati i detenuti, “pezzi”... Ma anche noi guardie...Insomma, sì... Siamo tutti dei pezzi... Nel bene e nel male....”

Patrizia: “Ah... Dunque tra di voi vi chiamate pezzi...”

Gesù: “Si tra di noi comunichiamo così, se per esempio in sezione ci sono 30 detenuti noi diciamo 30 pezzi...”

Patrizia: “E... Come li trovi questi pezzi? Cioè li trovi umani?”

Gesù: “...Dipende... Diciamo che gli italiani sono più educati... Gli extracomunitari rompono sempre il cazzo... Ma.. Io.. Una volta ho salvato un marocchino... Aveva tentato di uccidersi con il laccio delle scarpe...Ma io l'ho salvato...”

Patrizia: “Come hai fatto a rompere il laccio delle scarpe dal collo del”pezzo”?

Gesù: “Facile, ho usato un accendino... Ma mica è l'unico che ho salvato... Sai quanti... Io non sono cattivo come certi miei colleghi... Sai quante volte mi hanno detto... Stronzo e lascialo morire lì quel delinquente.... Ma io non voglio pesi sulla coscienza, Patrizia, io quando torno da mia moglie e da mia figlia devo guardarle dritte negli occhi... Alcune volte mi ritornano in mente scene non belle che ho visto nelle varie carceri italiane....”

Patrizia: “Tipo? Che cosa hai visto di tanto sconvolgente?”

Gesù: “Mamma, forse è meglio che non te lo dica, tu sei una ragazza, forse ti prende paura...”

Patrizia: “ No, vai pure avanti, io non ho paura, altrimenti non sarei andata a lavorare in un carcere di massima sicurezza”...

Gesù: “Una volta, un albanese, aveva appena saputo della madre morta.... Dopo poche ore si era aperta la pancia con una lametta per farci la barba... Aveva le budella di fuori... Sono corso in bagno a vomitare... Non ho dormito per diverse ore...”

Patrizia: “Perchè secondo te ha sentito la necessità di aprirsi la pancia? Qual'è il motivo di un gesto così estremo?”

Gesù: E senti, Patrì, quello stava già depresso.. Sai quanti depressi ci stanno in carcere? Forse, dico io, non gli avranno dato il permesso di andare ai funerali e lui ha cercato di uccidersi... Poi.. lo saputo dopo, è stato ricucito e si è salvato... Ma io non ho dormito, per mesi ho avuto incubi, sudavo e mia moglie che mi implorava di cambiare lavoro... Cambiare lavoro adesso? E cumme facciu a cangiare... A' Crisi....”

Patrizia: “A proposito di depressione (io studio psicologia a Trieste) ho notato che molti ne soffrono. Anche a Tolmezzo, una volta ho sentito un ragazzo urlare, non era un mio allievo, era della comune, uno straniero, poteva avere 24 anni. Sembrava uno zombie. Ho chiesto alla mia collega delle medie cosa fosse successo... lei mi ha risposto che prima era un ragazzo brillante, un tipo attento alle lezioni, mentre, adesso è da un paio di giorni che si comporta strano. Mi ha detto che gli stanno dando delle pillole per calmarlo. Il ragazzo si recherà da solo in sezione in perfetto stato confusionale. Credo che sia stato punito per questo, sento le urla di un appuntato che incalza... “E che diamine!!! Questi dottori di merda che li imbottiscono di psicofarmaci!!!! Poi vedi come si riducono. “ La guardia in questione è fuori di sé, invece di calmare il ragazzo in preda a un vero e proprio stato di ansia lo riempe di insulti...” Il giorno dopo si presenterà tutto fasciato... Si è procurato delle lesioni agli arti superiori con la lametta....”

Gesù:”Ma sai quanti in carcere si tagliano, si provocano ferite per protesta...”

Patrizia” E voi che fate in questi casi”?

Gesù: “ Cosa vuoi che facciamo? Li portiamo in infermeria, medicati, un calmante, per avere un colloquio con uno psicologo... Ne passa tempo devi fare le domandine... E non sempre ti vengono inoltrate.. Per cattiveria, alcune non partono nemmeno...”

Patrizia:” Già, gli psicologi... Loro che ruolo hanno dentro un carcere, possibile che non intervengano? Possibile che non si rendono conto del recupero della persona. Se quello che mi dici è vero, io non potrei mai fare la psicologa in un carcere... qui si stanno violando i diritti umani. Questa è roba da denuncia...”

Gesù: “ Ma chi vuoi che parli? Prova tu a dire queste cose... Vedrai come ti rompono le palle... Come Saviano.... finiresti...Non ho mai visto in tanti anni di carcere un educatore, un professionista esterno denunciare questo stato di cose... Tanto a chi vuoi gliene freghi dei detenuti? Io però ho la coscienza a posto una volta ho salvato un marocchino da un tentato suicidio... lui poi si è ripreso e mi ha detto grazie... Piangeva come un bambino... Mi ha detto che aveva il diritto di morire, che lui era un cane e che sua moglie avrebbe capito così come anche il bambino... Crescendo. Gli ho detto che non doveva farlo, che la moglie e suo figlio lo aspettavano....”

Patrizia: “Quanti anni di detenzione doveva scontare questo marocchino?”

Gesù: “ In totale solo due anni, gli mancavano circa 300 giorni?”

Patrizia: “Solo 300 giorni? E per un anno lui ha tentato di farla finita....Pazzesco...”

Gesù:”Si.. Ma sai quanta disperazione c'è... A me fanno pena.. Sembrano leoni in gabbia, una volta a uno gli ho raccolto una pagnotta da terra, lui era dentro la cella.. E la pagnotta è cascata fuori dalle sbarre.. Bhè io l'ho raccolta … Un mio collega si è avvicinato al detenuto e con violenza gli ha detto....Sei fortunato che stasera hai trovato lui... Per me potevi pure morire di fame pezzo di merda!!!”

Patrizia: “ Ma come si ammazzano il più delle volte?”

Gesù:” Si impiccano, si strangolano con i lacci delle scarpe, si tagliano le vene con le lamette oppure si mettono un sacchetto di plastica in testa e ci infilano il fornellino e aspirano il gas...”

Patrizia: “Quanto ci impiega un detenuto a morire per asfissia..?

Gesù: “ Bhè credo un paio di minuti.. Io li ho sempre trovati morti... Alcuni lasciano biglietti di perdono, una volta mi fece impressione la morte di un ricco imprenditore, si era ammazzato così. Lo ricordo educato, un signore, un vero signore... e dentro di me pensavo che era tipo da Hotel Hilton e non da carcere......”

Patrizia: “ Ti è mai capitato di pestare in carcere qualcuno o di assistervi”? Avvengono i pestaggi in carcere?”

Gesù: “Certo che avvengono i pestaggi in tutte le carceri italiane....Io.. no.. mai pestato nessuno... Non ci riesco... Quando vedo mi allontano.... Non voglio vedere e sentire le urla.. Sembrano quelli dei maiali.. Quando vengono uccisi... Ma sai.. Alcuni se la cercano, alcuni ti provocano, ti ci portano a mettergli le mani addosso... Alcuni se la cercano..”

Patrizia. “Si capisco che qualche detenuto possa arrivare alla provocazione, ma non pensi che il fatto di stare 24 ore su 24 al chiuso in celle sovraffollate... aumenti gli scatti d'ira... E' un po' come provocarli.. E comunque ci sono delle leggi che tutelano i detenuti... Non avete comunque il diritto di alzare le mani , dovete sorvegliare e garantire l'ordine non picchiare senza pietà...Dunque il caso di Stefano Cucchi potrebbe essere veritiero? Potrebbe essere stato pestato ?”

Gesù: “ Certo che è stato pestato... Si usano delle buste nere, da spazzatura per non lasciare troppe tracce e su quelle si pesta... Poi si sanno i punti da colpire...Ma nessuno ti dirà mai che è stato pestato.. Si suppone....”

Patrizia: “ E tu? Trovi giusto, tutto questo? Lo trovi giusto? Anzi umano?”

Gesù: “ Io non lo trovo né giusto e né umano, ma nelle carceri funziona così, è il sistema e nessuno può farci niente, neanche io che sono buono, tanto al posto mio... arrivano i cattivi....”

Patrizia:” Hai mai pianto, tornando a casa dal lavoro, pensando ai suicidi, ai pestaggi, ai soprusi verbali”?

Gesù: “ Senti Patrì, tu sei una brava ragazza, hai un cuore grande e a te stasera voglio dirti la verità, commosso sì, pianto no... Sono stato addestrato a non piangere, a non ridere, sono stato addestrato a essere un pezzo......”

Prima di congedarsi mi saluta col capo chino e mi tende la mano “ E' stato un piacere Patrizia. I detenuti di Tolmezzo sono stati fortunati ad averti come professoressa... Ma stà storia non stà a raccontarla nessuno... Sei giovane, bella, divertiti, dimentica il carcere, fatti stè ferie e lascia perdere, tu mi sembri a Saviano a stessa fine fai se non ti calmi... E non stà a raccontare quello che ti ho detto... anche tu senu piezz e nessuno ti ascolta”.


Patrizia Pugliese

domenica 20 giugno 2010

Documento del circolo SEL – Nardò


Perché vogliamo un partito

Lo spiega la legge elettorale, perché vogliamo un partito
Lo spiega il ‘pacchetto sicurezza’, perché vogliamo un partito
Lo spiega l’opzione nucleare del governo perché vogliamo un partito
Lo spiega il perdurante impegni italiano nelle zone di guerra, perché vogliamo un partito
Lo spiega la ‘legge bavaglio’, perché vogliamo un partito
Lo spiega lo ‘scudo fiscale’, perché vogliamo un partito
Lo spiega Pomigliano, perché vogliamo un partito

Vogliamo un partito perché a fronte di un’azione di governo sempre più autoritaria, reazionaria e razzista non esiste un’opposizione, non esiste un soggetto politico in grado di proporre un’alternativa strutturata e convincente, non esiste una leadership che sia credibile affidabile autorevole riconosciuta.

L’attuale governo di centro-destra sta scrivendo pagine amare e tristi per la storia italiana. Non basta un movimento di opinione, serve un partito che possa (ne abbia la forza e il potere) riportare nelle istituzioni a tutti i livelli le istanze che vengono dal basso, le voci degli ‘invisibili’, i bisogni e i sogni degli uomini e delle donne che combattono la guerra quotidiana della sopravvivenza; un partito che possa incidere nei processi decisionali; serve un partito che non si limiti a proporsi per la gestione dell’esistente e non sia subalterno rispetto al modello e agli interessi dominanti.


Il partito che vogliamo

Il partito che volgiamo non è un collage, non è un insieme di mattonelle giustapposte in stile patchwork. Né ci interessa una sigla a cui ricorrere in periodo elettorale, ampia e generica quanto basta a nascondere i difetti nelle cuciture. Non vogliamo più sentire riferimenti a sigle e organismi strutturati precedenti. Vogliamo un partito che sappia amalgamare le diverse sensibilità che ci sono al suo interno, le valorizzi, le esalti, attraverso meccanismi partecipativi democratici e regole condivise, che garantiscano l’effettiva corrispondenza fra leadership, linea politica e volontà della base.

Consultazioni a scrutinio segreto per la proposta dei nominativi per la costituzione degli organismi interni, primarie per la designazione dei candidati a qualsiasi livello, ampia rappresentatività territoriale nella struttura organizzativa possono garantire quella libera e responsabile partecipazione dei militanti auspicata dalle regole temporanee espresse dall’assemblea nazionale.

Il partito che vogliamo richiede tempo e pazienza: la sintesi delle diverse sensibilità non si consegue a colpi di votazioni nelle quali ‘la maggioranza vince’, né con il contentino del compromesso; il partito che vogliamo deve saper risolvere le contraddizioni, non cristallizzarle.

Sfruttiamo ogni occasione per conoscerci, diamoci tutti la possibilità di esprimere compiutamente pensieri e punti di vista, disponiamoci all’ascolto : le posizioni non possono essere così distanti dal momento che ci muoviamo tutti verso un unico obiettivo, che è SEL.
Ben vengano tutte le iniziative, tutti gli incontri che possano contribuire ad arricchire il dibattito e a far maturare una linea d’azione comune.

E poi usciamo di qua e portiamola nei quartieri quest’idea di politica, verifichiamola, definiamola con i contributi che vengono dalle strade e dalle piazze.
Siamo consapevoli della diffidenza e del fastidio diffusi verso il modello tradizionale di partito. Per molti il termine allude a accordi sottobanco e intrallazzi, trasformismo, favori e privilegi.

Il partito che vogliamo è ‘diverso’ : è fatto di donne e uomini coerenti e perciò credibili, dichiaratamente e apertamente schierati e di parte, non chiede poltrone, ma garanzie di diritti uguali per tutti nel rispetto di regole uguali per tutti; il partito che vogliamo non controlla pacchetti di voti, ma chiede consensi su un programma; per il partito che vogliamo la ‘questione morale’ non significa solo legalità, ma piuttosto pratica etica e giustizia sociale.

Nardò, 17 giugno 2010

sabato 19 giugno 2010

SUDAFRICA: MONDIALI DI CALCIO,TRA SPETTACOLO E GUERRA INTERNA.


Giugno 2010, iniziano gli attesi mondiali di calcio dove, sul campo, le nazioni si sfideranno ognuna sotto le rispettive bandiere, al meglio rappresentate da undici giocatori per squadra che guadagneranno milioni (soprattutto nel caso delle squadre europee) per rincorrere una palla ed infilarla in una rete.
La nazionale italiana, sotto l’egida della Figc, è ovviamente in prima fila nel promuovere questo mondiale. Un gioco, sì, ma che smuove interessi economici ed appetiti legati ad introiti televisivi (diritti tv), finanziari (sponsor) e d’immagine (turismo).
Basterebbe solamente dare uno sguardo al conto in banca (rigorosamente ubicato in qualche paradiso fiscale) dei calciatori e un altro alle mosche che escono dal portamonete di un comune tifoso – che in queste particolari occasioni sembra riscoprire il ripugnante e fanatico attaccamento per la patria pur sostenendo il peso più cospicuo di una crisi economica provocata anche da chi ci governa – per arrivare a capire che non le incitazioni e gli applausi meriterebbero questi privilegiati ma disprezzo e sonore legnate dietro la schiena.
A questo punto ci viene detto, però, che lo sport, ed il gioco del calcio in particolare, possiede un alto valore educativo poiché esorta a competizioni di tipo pacifico.
Il calcio rappresenterebbe un differente modo di affrontare le rivalità, sarebbe un perfetto viatico contro le conflittualità riuscendo a portare la contesa al livello della competizione agonistica.
Sarebbe sufficiente prendere in esame quali trasformazioni hanno subito gli stadi in questi anni per obiettare a questa lucida menzogna.
In Italia, le strutture sportive assomigliano sempre più a fortini super controllati, con veri e propri check-point e tornelli all’ingresso, telecamere, sbirri in antisommossa, proposte di tessere identificative, vie perimetrali sorvegliate e transennate e così via.
La gestione degli stadi è un qualcosa che rassomiglia ad un laboratorio pratico applicato, sperimentale per la prossima gestione mega-autoritaria e militare dell’intero vissuto sociale.
Questo, in Sudafrica, con i mondiali di calcio, lo si può notare ancora meglio.
Il comitato organizzatore ed il Governo dello stato africano, ufficialmente per tutelare la sicurezza delle rappresentanze calcistiche e delle migliaia di tifosi che si prevede parteciperanno, hanno messo in opera un dispiegamento di forze tale da far pensare ad un aperto scenario di guerra.
I nemici, contro cui questa guerra è formalmente diretta, vengono indicati negli hooligan e nella criminalità locale, alimentata dal forte contesto di miseria in cui vive la gran parte della popolazione che occupa i sobborghi delle grosse città del Sudafrica.
Quest’ultima, sospinta a vivere nelle bidonville agli estremi margini di Johannesburg, Pretoria e Durban, rappresenta senz’altro il vero motivo dell’enorme schieramento di forze in campo, il cui compito è nascondere e confinare nei loro ghetti la gente dei bassifondi, per non turbare il tranquillo svolgimento dello spettacolo calcistico e lo sfavillio delle trasformazioni urbane che lo hanno preceduto; un po’ come sta accadendo in altre parti del mondo, dove i quartieri poveri e le popolazioni eccedenti pagano sempre più il prezzo del deterioramento sociale ed ambientale provocato dal sistema capitalista e ne subiscono – e sempre più ne subiranno, visti anche gli studi militari sugli scenari futuri (vedi Nato) – la sua guerra interna e permanente, venduta come doverosa salvaguardia della sicurezza dei cittadini (in Sudafrica, ben 500 persone sono state uccise negli ultimi 12 mesi dalla polizia).
Così, il Sudafrica si trasforma nell’Afghanistan: il governo di Pretoria ha destinato l’equivalente di 60 milioni di euro per il reclutamento di 41mila agenti e l’ingaggio di altre 10mila guardie di società private, portando così il numero di sbirri operativi durante i Mondiali a quasi 200mila unità.
Per le vie delle città stazionano uomini in assetto da guerra e mezzi armati, militari e forze speciali presidiano centri commerciali, aeroporti, stazioni e strade con le armi in pugno tra gli increduli clienti e passanti, i magazzini sono stati riempiti di armi e mezzi blindati pronti ad intervenire, agli angoli sono stati posizionati cannoni ad acqua mentre nei cieli ci sono gli elicotteri in volo permanente. In prossimità degli stadi e dei punti sensibili sono messi in campo drappelli di agenti in borghese.
La polizia, ancora prima dell’inizio dei Mondiali, aveva già iniziato con il confinamento dei quartieri periferici – mentre per entrare negli hotel e nei villaggi a 5 stelle dove soggiornano i ricchi bianchi servono addirittura le impronte digitali – e con il rimpatrio per via aerea di quei tifosi stranieri indesiderati, i cui nomi sono finiti in una sorta di “lista nera” a disposizione della Saps (la polizia sudafricana).
Molti aerei atterrati in Sudafrica sono stati bloccati per ore e i passeggeri controllati uno ad uno. Questo genere di operazioni sono state incrementate durante gli ultimi giorni immediatamente precedenti i Mondiali.
Infine, in Sudafrica sono presenti poliziotti dell’Interpol, esperti della Gendarmeria francese ed agenti dei servizi di intelligence di diversi stati, impegnati anche a vigilare le residenze per ricchi ed i centri operativi in cui si sono stabilite le rappresentative internazionali – veri e propri bunker come il “Leriba Lodge” degli azzurri nella cittadina di Irene, le Unità di crisi degli Stati allestiti nei consolati e nelle ambasciate (quella della Farnesina ha sede all’ambasciata italiana di Pretoria) o l’Irene Country Lodge della squadra americana, accompagnata da un nutrito gruppo di squadre speciali USA e della CIA –, delimitati da filo spinato elettrificato, poliziotti in antisommossa e vigilantes privati per meglio tutelare l’ostentazione di piscine e campi da tennis e da golf, che fanno a pugni con la miseria delle periferie.
Al tendone allestito per le conferenze stampa dei calciatori e degli allenatori delle squadre, invece, metal detector e strumenti per la rilevazione di esplosivi mentre anche i giornalisti hanno subito perquisizioni totali prima di potervi accedere.
Fortuna che lo sport, secondo la meschina retorica, dovrebbe portare pace e armonia tra i popoli; senz’altro porta alla pacificazione delle popolazioni.
Quello che dovrebbe essere, secondo la propaganda della Fifa (l’associazione internazionale di calcio), “il gioco più bello del mondo”, in realtà è un complesso lucroso distante anni luce dal genuino piacere ludico, che si serve della guerra interna per i suoi affari, appoggiando le tentazioni autoritarie dei governi di turno, i quali sperimentano nuove disposizioni e misure repressive estendendo ancora una volta le conseguenze sulla società.
Niente di diverso da come opera il capitalismo in ogni luogo e situazione.

Figure Interne del Fronte d’Attacco.

giovedì 17 giugno 2010

LETTERA DI UNA PROFESSORESSA IN CARCERE

di Patrizia Pugliese, Docente di lettere presso Carcere di Tolmezzo

Scrivo da Udine e sono una docente di lettere presso il carcere di massima sicurezza di Tolmezzo. Esperienza unica e bellissima. Ho conosciuto tante storie e tante non vite. Lavoro per quelli della sorveglianza speciale. Tre volte alla settimana il mio lavoro si traduce in missione. Sono laureata n lettere ma sto conseguendo seconda laurea in psicologia a Trieste. Lavorando in carcere ti rendi conto di diverse realtà che ti si presentano davanti. Io voglio bene ai miei ragazzi, mi rifiuto di usare due parole con loro: detenuti e celle, preferisco parlare di ragazzi e di stanze. I miei ragazzi sono stati ragazzi di strada (20 anni fa) ora sono diventati ragazzi di lettere (scrivono, compongono poesie, studiano, c'è chi si iscrive all'università, parlano di amore, fratellanza, di giustizia e di ingiustizia.)

I miei ragazzi hanno capito il concetto di "colpa", loro hanno elaborato il concetto di "male" come male che c'è stato per vari motivi (provenienza geografica, culturale, oserei aggiungere substrato, giovane età, incoscienza, sogni di gloria, materialismo...) Oggi, a 20 anni di distanza, posso affermare con coscienza morale che sono cambiati. Mi ritrovo a parlare con uomini da una forte valenza morale a cui bisogna dare una chance. CHe senso ha privare un uomo nuovo ad un destino nuovo? ...Sbagliare è umano... ovviamente, il loro, non è un piccolo sbaglio... Ma 20/25 anni non bastano per ripulire le loro e nostre coscienze? Considero l'ergastolo ostativo un crimine quanto quello commesso dai detenuti. Il carcere? Un gatto che si morde la coda e in cui la logica non sovviene.


La libertà, purtroppo, è fortemente apprezzata da chi ne viene privato.Vivere sulla propria pelle certe esperienze ti segna per tutta la vita. Entri in una cella e senti chiudere alle tue spalle una porta di acciaio. Il rumore freddo e sordo ti penetra violento nel cervello e nelle ossa, ogni minuto di ogni ora di ogni giorno che trascorri in quella condizione disumana. Cerchi di fartene una ragione, di capire, ma non c'è nulla da capire. Alla fine ti rassegni ad una condizione di assoluta dipendenza dal tuo custode che ha il potere di toglierti o restituirti la facoltà di uscire dalla gabbia. Ti chiedi il motivo, se c'è, di tanta raffinata lucida crudeltà ma non trovi una risposta. Il sonno è l'unico rifugio che ti permette di lenire il dolore di tanta apprensione, ma, al mattino, apri gli occhi ed il tremendo incubo continua forte, potente, straziante. Ancora ferro, sbarre, quel rumore assordante che continua a penetrare devastandoti senza pietà. Vorresti urlare, ribellarti, uscire da quell'incubo, ma finisci per subirlo supinamente. Inizia un nuovo giorno, una nuova tortura, un lento inesorabile stillicidio. Oggi, però, è una giornata importante, il processo. Sono sveglio e fisso i fori della branda di ferro illuminati dalla luce gialla riflessa dei fari appesi ai muri di cinta. Chiudo gli occhi...Pensieri confusi mi accompagnano nel dormiveglia finchè non sento il tintinnio del mazzo di chiavi della guardia di sezione che si avvicina alla mia cella e mi avvisa di prepararmi. "La scorta è pronta tra mezz'ora, si sbrighi!"Mi vesto rapidamente, entro nel piccolo bagno e mi lavo il volto asservandomi in un minuscolo specchio appoggiato ad un pacchetto di sigarette incollato al muro con il "vinavil". E' tutto così surreale! A volte, mi sento aggrappato alla vita con quello stesso "vinavil" che, in carcere viene utilizzato per appendere al muro qualsiasi cosa. E' un pensiero totalmente buffo che le mie labbra sorridono ed io mi osservo allo specchio, protagonista di questa situazione bizzarra, quasi fosse spettatore di me stesso. Il tempo scorre e non mi resta che attendere. Ora sono pronto, ho paura, sta arrivando l'appuntato. Ancora una volta il rumore sordo di quella serratura che scandisce il tempo immobile nella mia cella. "Andiamo c'è il processo!" E' l'ultima udienza, il verdetto, il cruccio tra la fine di un incubo o l'inizio della fine. "Si, sono pronto, andiamo!" Intorno a me il vuoto, mi manca l'aria. Ecco il furgone blindato, mi mettono le manette. Ancora ferro su di me, lo detesto, mi sento strangolare l'anima. Salgo sul furgone e vengo rinchiuso in una piccola gabbia fatta di tre pareti e soffitto in lamiera ed una porta scorrevole in lama di ferro forata. Naturalmente mettono anche un lucchetto alla serratura di questa gabbia. Ammanettato e rinchiuso riesco a malapena a muovermi. Cerco di tranquilizzarmi, ma il cuore batte forte, lo sento. Un accenno di panico ha il sopravvento al pensiero di una fine atroce nel caso in cui il furgone facesse un incidente. E' un pensiero terribile comune tra noi detenuti di alta sicurezza. Un respiro profondo e, per fortuna, siamo arrivati. Il tragitto era breve ed ora le porte si aprono. L'impatto con l'indifferenza della gente mi stordisce, mi sento quasi ebbro in presenza di spazi così ampi rispetto ai luoghi sistematicamente circoscritti del carcere. Nell'aula c'è il solito brusio, persone distratte, avvocati indaffarati, discutono tra loro dell'ultimo film uscito al cinema o di come si mangia in quel ristorante. Tutto sembra normale, naturale, poi silenzio... "Entra la Corte". L'interrogatorio è secco, perentorio... "Bene! Basta così, conosciamo i fatti!"... "Ma signor giudice... vorrei aggiungere..." "No! Basta! Facciamo silenzio!". Il Presidente è atento, severo, niente eccezioni. E' una questione di principio, di economia processuale... Poi la Difesa, l'avvocato si esprime bene, declama austere citazioni in lingua latina, sostiene l'assenza di prove, la leggerezza nello svolgere le indagini ma di mezzo c'è un "morto ammazzato".

Il Pm legge il giornale, sbadiglia annoiato, assorto, indifferente. La sua tracotanza malcelata trasuda dalla toga che indossa a metà schiena per non sgualcire l'abito nuovo. Tocca all'accusa. Il tono solenne iniziale si trasforma in un'arrogante, supponente, quasi insofferente sproloquio supportato dai soliti assiomi: "Non poteva non sapere! Non poteva non vedere! Non poteva non pensare!" Il solito gioco di prestigio, il solito virtuosismo dialettico e viene dissipato ogni ragionevole dubbio, ogni perplessità. Sono confuso, non capisco, la corte si ritira e le speranze si affievoliscono. Pasa un'ora, ne passano due, forse è buon segno... Sono attenti... Ricomincio a sperare... Continua il brusìo, la testa mi scoppia, sento le vene pulsare. Non ne posso più, mi sembra di esplodere! Ho fumato un intero pacchetto di sigarette, la mia bocca è impastata, la saliva vischiosa, dal sapore acre, è velenoso, ho sete. Oddio!!! Un po’ di aria vi prego! Ci siamo, la tensione è palpabile, suona il campanello. Mi arriva una violenta scossa alla nuca, mille pugnali la trafiggono. "Entra la corte, in piedi!" poche parole crude e gelide: " In nome del popolo italiano, visto l'art. 533 condanno l'imputato alla pena dell'ergastolo!" Sento l'eco di questa frase nella mia testa, è la fine, sono annichilito. Non riesco a ragionare, resto senza parole, mi sembra di sognare. Un incubo da cui non c'è via di uscita. "Stai tranquillo, c'è l'appello"... Odo la voce del mio avvocato dal suono distante e ovattato, quasi provenisse da un'altra dimensione. Avanzo con gli occhi sbarrati, un agente mi dice... "Su, coraggio!" mentre, come un'automa, porgo i polsi per essere ammanettato. Si rientra in carcere. Finalmente mi posso rifugiare nella mia cella dove, paradossalmente, mi sento al sicuro, come un bimbo nel grembo della madre. Si... Sto impazzendo, sto delirando!La vita continua, la vita di un sepolto vivo. Sulle mie spalle un fardello crudele, nel mio fascicolo una frase che non lascia speranza: "Fine pena mai".


Questo scritto appartiene ad Emanuele Pavone, detenuto presso la casa circondariale di Tolmezzo. Mi autorizza a diffondere questo splendido graffito umano. Vi chiedo di riflettere. Come lui, tantissimi altri nella stessa condizione. Auguro giustizia a tutti, alle vittime, ai parenti, ai detenuti. Giustizia come "Giusta punizione". Ringrazio tutti i detenuti, sezione massima sicurezza di Tolmezzo, vi ho trovato pentimento (radicato, forte, sentito), dignità, sguardi fieri e in alcuni una sensibilità fuori dal comune. Grazie per avermi sostenuto durante l'anno scolastico, grazie di avermi protetta e a modo vostro "amata". Mi sono sentita "amata" come non mi era mai capitato fuori. Nessuna volgarità o mancanza di rispetto nei confronti di una giovane donna di 35 anni. L'odio, l'invidia, i cattivi pensieri non fanno parte dei miei otto ragazzi. Grazie per il meraviglioso anno scolastico passato insieme


Patrizia Pugliese, Docente di lettere presso Carcere di Tolmezzo

mercoledì 16 giugno 2010

NARDO' TECHNICAL CENTER - La Nostra Storia !!!


Gli ex lavorataori delle coop della NTC

Sfruttati dalla Nardò Technical Center
Nel Lontano 1999 , la Prototipo , in previsione di un’imponente aumento delle commesse lavorative, decise di ampliare la sua forza lavoro tramite l’inserimento di una società cooperativa che doveva fornire il servizio di collaudo ( tramite l’impiego di autisti generici patente B ) sulle vetture prototipali assegnate dai clienti alla Prototipo stessa .
Nel mese di Marzo del ’99 si insediava la prima coop all’interno della prototipo .
Nessun riferimento si faceva ( già da allora ) al contratto collettivo di categoria , ma solo un contratto a chiamata in base alle commesse assegnate dall’azienda appaltante .
Il primo anno vennero assunte una ventina di unità ( in quanto la richiesta era assai esigua ) .
Nei primi mesi del 2000 ci fù la svolta !!!
La prima coop ( la GIS ) lascio il posto alla TEAM ScRL , e nel mese di maggio del 2000 vi fu in’imponente impennata di commesse , moltissime delle quali venivano da mamma Fiat ( ex proprietaria dell’impianto ) : tutta la nuova serie alfa romeo ( 147 – 156 – 166 ecc ) , punto , bravo , brava ,lancia Y ecc ecc .
Tra Febbraio e Luglio del 2000 vennero assunti circa 300-350 lavoratori ( molti dei quali fatti entrare in servizio alla bene meglio ) , chiamati il giorno prima e buttati in pista il giorno dopo , senza nemmeno accertarsi che vedessero ne tanto meno accertarsi della effettiva qualità professionale .
Nel mese di settembre la festa finì !!!
Ci fu un calo drastico delle commesse e moltissimi furono lasciati a casa e si torno alle poche unità iniziali .
Sempre nel mese di settembre , l’ azienda decise di inserire un’altra cooperativa , il perché non si è mai capito ( o facciamo finta di non capirlo ), anche se le commesse andavano calando .
La new entri era la “ coop Service “ di Torino , che richiamò alcuni degli ex lavoratori lasciati a casa dalla TEAM ed altri totalmente esterni all’ ambiente .
Tuttavia la storia della Coop Service ebbe breve durata : la gestione della coop ebbe dei seri contrasti con l’amministrazione della Prototipo , a causa di forti imposizioni gestionali inconcepibili dall’amministratore della coop .
La Coop Service chiuse i battenti nel Giugno 2001 lasciando il passo ad una nuova società che assorbi il 90% del personale ( alcuni lavoratori entrarono in contrasto con la Prototipo e non vennero più richiamati ) .
Entrò in servizio la “ Laborful “ scrl .

Intanto , continuò la totale INAPPLICAZIONE di qualsiasi contratto di categoria e si girava per poco più di 4 euro per ora , senza nessuna altra retribuzione aggiunta :nessuno straordinario , nessuna retribuzione festiva ne notturna , ne ferie ne tredicesime NIENTE !!
Solo 4 euro e rotti per ora !!
Sia si a andasse a 100 sia al 240 KM/h , per qualsiasi percorso e per qualsiasi trasferta !!!
Come i contadini che lavoravano nei latifondi dei primi del ‘900 : una specie di cottimo orario , quante ore riuscivi a fare moltiplicate per 4 euro !!

Tutto sotto la supervisione della Prototipo che si sceglieva il personale da impiegare e le prove da assegnare ( regola non prevista per il lavoro conto terzi ) e spesso se non lavoravi era classico il sentirsi dire : LA PROTOTIPO vuole tizio e caio … mi dispiace !!
E se un mese non c’era lavoro ?? E se avevi una protesta da fare ?? E se puntualizzavi un diritto ??
Non venivi chiamato più ….venivi lasciato a casa …… game over !!

Intanto anche la TEAM chiuse battenti e lascio il posto alla Sasinae Multiservice ( poi diventata GIS e poi nuovamente Sasinae ) e successivamente quest’ultima di divise in due tronconi :la “ Sasinae “ e la “ Hall Service “ ( sempre della stessa gestione ) .

Continua , intanto , il via vai di “ Pupazzi Mangia chilometri “ ( come venivamo chiamati dai dirigenti della gestione prove tecniche della Prototipo (nel frattempo diventata NARDO TECHINICAL CENTER) , tolti gli elementi storici ( circa una trentina ) si alternarono una marea di lavoratori e nasce anche un nuovo settore in cui vengono impiegati : I Servizi Vari !!
Elettricisti , idraulici , frabbri , falegnami , vennero reclutati tra le fila degli autisti e reimpiegati nella manutenzione degli impianti sempre e comunque per le solite 4 euro orarie !!

Intanto la Nardò Techinical Center ottiene dalla regione puglia un contratto di programma per lo SVILUPPO dell’impianto : 23 milioni di euro ( di cui 10 a fondo perduto ) per la realizzazione della nuova pista handling e la sistemazione di altre aree dell’azienda .

Erano previste anche l’assunzione di 50 unità lavorative(www.cgilpuglia.it/Agenda/Weeks/2007/42/nPUe.pdf )
Cosi comincia la costruzione della pista e l’assunzione ( con vari contratti a termine ed a progetto ) delle nuove unita per l’azienda : NESSUNO dei lavoratori delle coop ( che pur operavano all’interno dell’azienda da tanti anni con contratti barzelletta ) , viene incluso nel programma d’assunzione .
Moltissimi i parenti ed i figli dei dipendenti diretti , gente che non aveva mai messo piede nello stabilimento ma che a loro avviso avevano più diritto di chi aveva rischiato la vita per anni ,sempre deriso da tutti e guadagnando pochi spiccioli

La pista viene ultimata ed una marea di nuovi precari viene assunta dalle coop per la sistemazione delle dotazioni di sicurezza : gomme di protezione , messa in opera di varie componenti estetiche e non ecc ecc .
Una marea di lavoratori , male armati e male equipaggiati che foravano con i trapani le gomme per unirle in blocchi, ma a nessuno viene detto che il fumo prodotto dalla foratura è altamente tossico e solo in seguito verranno dotati di mascherine di protezione ( giusto per scrupolo di coscienza ).
Tutti verranno mandati via ( come usanza della NTC ) a lavori conclusi .

Nel giugno 2008 la pista viene ultimata vengono fatti i corsi di guida per l’uso degli impianti :
14 dei lavoratori delle coop vengono scelti ( col solito criteri ovviamente … ) per effettuarli .
Sei di loro verranno abilitati all’uso del nuovo impianto , che se pur assai bello è anche assai pericoloso ed impegnativo , difatti è previsto un aumento a chi lavora nella nuova pista : 2 euro !!!!!
Ma la questione più importate è : perché l’ azienda ha pagato dei corsi di formazione a dipersonale esterno ???
E soprattutto , sono stai pagati con soldi aziendali o inclusi nel contratto di programma ??( se così fosse , legalmente non POTREBBE essere possibile )

Nel giugno 2008 la Nardo Techinical Center ( anche se il numero esiguo di commesse non lo richiede sicuramente ) , decide di introdurre una nuova coop la “ Italian Job “ scrl che aveva il benestare della nuova amministrazione della NTC ed in particolare del nuovo amministratore delegato .
Visto la nuova entrata , la Laborfull chiude e la nuova coop assorbe “quasi” tutto il personale( verranno assunti tutti per non creare disordini , ma metà verrà mandato a spasso a fine anno per motivazioni non troppo chiare ( vertenze sindacali in corso ) .

Nel giugno 2009 a fronte della tristemente famosa crisi economica , anche la NTC decide di usufruire degli ammortizzatori sociali , questo scatena l’odio represso dei suoi dipendenti verso il personale delle coop , che temendo di essere mandati in GIG a vantaggio delle molto meno costose cooperative , impongono all’azienda di mandarle via e quindi , sempre su disposizione dei dipendenti e dei loro organi sindacali , che vengono definitivamente allontanate alla fine di giugno 2009 ( e non saranno poche le offese subite ) …….!!!!!!!!!



DIECI ANNI DI SACRIFICI 1999 – 2009 , DI SFRUTTAMENTO , DI SOTTOPAGAMENTO , DI VESSAZIONI , MOBING e chi più ne ha più ne metta , per avere solo UN CALCIO IN CULO

Molti dei lavoratori non ci sono stati a questo stato delle cose ed hanno avviato numerose azioni legali e sindacali di cui ( visto anche le lungaggini della burocrazia Italiana ) speriamo di vedere presto i frutti .
Ci hanno sfruttato , approfittando delle difficoltà della gente , con una cattiveria d’altri tempi :solo noi che le abbiamo vissute queste cose possiamo sapere cosa abbiamo passato ,noi che ci illudevamo di essere dei collaudatori ed invece venivamo venduti come degli oggetti come dei : PUPAZZI MANGIA CHILOMETRI !!!!

CURIOSITA’ :


Nel corso degli anni , varie e numerose sono state le trasferte ( chiamate così perche ti spostavi da casa e non perché si guadagnasse di più , i soldi erano sempre quelli ) , in cui sono stati impiegati i pupazzi delle coop : CASSINO , POMIGLIANO , MARANELLO ( Ferrari ) ,BERGAMO (Brembo ) ecc ecc ecc
A chi era impiegato in queste attività , era espressamente raccomandata la totale segretezza sul fatto che non si era effettivamente personale Prototipo , ma come l’azienda si accordasse con gli enti esterni permane un mistero , fatto stà che sui tesserini d’ingresso agli stabilimenti ospitanti ,vi era la dizione : PERSONALE NARDO’ TECNICAL CENTER !!!

Tutte le prove in esterno venivano effettuate utilizzando le targhe prova della prototipo , contravvenendo all’articolo 98/3 del CS , che restringe l’utilizzo delle targhe al personale effettivo di un’azienda e non a terzi ( quali noi eravamo ); ci furono anche numerosi incidenti e non sappiamo se tutti gli interessati erano al corrente di questa cosa !!!!!
Dette targhe furono utilizzate anche nelle succitate “ trasferte “ .

Noi abbiamo subito tutto questo per anni perché ???
Perché il lavoro nel nostro martoriato sud e poco , perché SPERAVAMO in un qualche riconoscimento . perché eravamo troppo buoni , perché guidare delle macchine in un così bel impianto era appassionate ……… loro lo sapevano e ci hanno sfruttato in tutti i modi :

Le prove più complicate e difficoltose , le velocità più elevate ma soprattutto delle modalità di lavoro che solo grazie a nostro signore non hanno portato alla morte di qualcuno.
Quasi sempre di notte o nei festivi ( in quento noi costavamo molto di meno dei loro dipendenti ).
Orari di pista superiori a quelli dei loro dipendenti , chiamata al lavoro all’ultimo minuto poco prima del turno ( causa aggiunta di una o più vetture ), senza la sicurezza che il lavoratore fosse riposato , i doppi turni per coprire le commesse , ma soprattutto la vera vergogna furono le commesse a chilometri !!!
Si erano delle commesse dove chi faceva più chilometri lavorava .
Questo a spinto tanti lavoratori a rischiare la loro vita ed anche quella degli altri ( visto che molte prove erano fatte su strada ) .


Tutto questo con il margine d’errore pari a zero ::: chi sbagliava o faceva un incidente …via a casa ( tramite rari episodi di pochi fortunati o raccomandati ) .


DIO VI RESTITUISCA CENTUPLICATO QUELLO CHE AVETE DATO VOI A NOI !!!!


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Gli ex lavorataori delle coop della NTC

La globalizzazione dell’operaio

Si spingono in basso salari e condizioni di lavoro per allinearli ai Paesi emergenti. Arriva la nuova “metrica del lavoro” con il computer che controlla.

È possibile che la Fiat non abbia davvero alcuna alternativa. O riesce ad avvicinare il costo di produzione dello stabilimento di Pomigliano a quello degli stabilimenti siti in Polonia, Serbia o Turchia, o non riuscirà più a vendere né in Italia né altrove le auto costruite in Campania. L´industria mondiale dell´auto è afflitta da un eccesso pauroso di capacità produttiva, ormai stimato intorno al 40 per cento. Di conseguenza i produttori si affrontano con furibonde battaglie sul fronte del prezzo delle vetture al cliente.
A farne le spese, prima ancora dei loro bilanci, sono i fornitori (che producono oltre due terzi del valore di un´auto), le comunità locali che vedono di colpo sparire uno stabilimento su cui vivevano, e i lavoratori che provvedono all´assemblaggio finale. I costruttori che non arrivano a spremere fino all´ultimo euro da tutti questi soggetti sono fuori mercato.

Va anche ammesso che davanti alla prospettiva di restare senza lavoro in una città e una regione in cui la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ha già raggiunto livelli drammatici, la maggioranza dei lavoratori di Pomigliano – ben 15.000 se si conta l´indotto – è probabilmente orientata ad accettare le proposte Fiat in tema di organizzazione della produzione e del lavoro. La disperazione, o il suo approssimarsi, è di solito una cattiva consigliera; ma se tutto quello che l´azienda o il governo offrono è la scelta tra lavorare peggio, oppure non lavorare per niente, è quasi inevitabile che uno le dia retta.

Una volta riconosciuto che forse l´azienda non ha alternative, e non ce l´hanno nemmeno i lavoratori di Pomigliano, occorre pure trovare il modo e la forza di dire anzitutto che le condizioni di lavoro che Fiat propone loro sono durissime. E, in secondo luogo, che esse sono figlie di una globalizzazione ormai senza veli, alle quali molte altre aziende italiane non mancheranno di rifarsi per imporle pure loro ai dipendenti.
Allo scopo di utilizzare gli impianti per 24 ore al giorno e 6 giorni alla settimana, sabato compreso, nello stabilimento di Pomigliano rinnovato per produrre la Panda in luogo delle attuali Alfa Romeo, tutti gli addetti alla produzione e collegati (quadri e impiegati, oltre agli operai), dovranno lavorare a rotazione su tre turni giornalieri di otto ore. L´ultima mezz´ora sarà dedicata alla refezione (che vuol dire, salvo errore, non toccare cibo per almeno otto ore). Tutti avranno una settimana lavorativa di 6 giorni e una di 4. L´azienda potrà richiedere 80 ore di lavoro straordinario a testa (che fanno due settimane di lavoro in più all´anno) senza preventivo accordo sindacale, con un preavviso limitato a due o tre giorni. Le pause durante l´orario saranno ridotte di un quarto, da 40 minuti a 30. Le eventuali perdite di produzione a seguito di interruzione delle forniture (caso abbastanza frequente nell´autoindustria, i cui componenti provengono in media da 800 aziende distanti magari centinaia di chilometri) potranno essere recuperate collettivamente sia nella mezz´ora a fine turno – giusto quella della refezione – o nei giorni di riposo individuale, in deroga dal contratto nazionale dei metalmeccanici. Sarebbe interessante vedere quante settimane resisterebbero a un simile modo di lavorare coloro che scuotono con cipiglio l´indice nei confronti dei lavoratori e dei sindacati esortandoli a comportarsi responsabilmente, ossia ad accettare senza far storie le proposte Fiat.

Non è tutto. Ben 19 pagine sulle 36 del documento Fiat consegnato ai sindacati a fine maggio sono dedicate alla “metrica del lavoro.” Si tratta dei metodi per determinare preventivamente i movimenti che un operaio deve compiere per effettuare una certa operazione, e dei tempi in cui deve eseguirli; misurati, si noti, al centesimo di secondo. Per certi aspetti si tratta di roba vecchia: i cronotecnici e l´analisi dei tempi e dei metodi erano presenti al Lingotto fin dagli anni 20. Di nuovo c´è l´uso del computer per calcolare, verificare, controllare movimenti e tempi, ma soprattutto l´adozione a tappeto dei criteri organizzativi denominati World Class Manufacturing (Wcm, che sta per “produzione di qualità o livello mondiale”). Sono criteri che provengono dal Giappone, e sono indirizzati a due scopi principali: permettere di produrre sulla stessa linea singole vetture anche molto diverse tra loro per motorizzazione, accessori e simili, in luogo di tante auto tutte uguali, e sopprimere gli sprechi. In questo caso si tratta di fare in modo che nessuna risorsa possa venire consumata e pagata senza produrre valore. La risorsa più preziosa è il lavoro. Un´azienda deve quindi puntare ad una organizzazione del lavoro in cui, da un lato, nemmeno un secondo del tempo retribuito di un operaio possa trascorrere senza che produca qualcosa di utile; dall´altro, il contenuto lavorativo utile di ogni secondo deve essere il più elevato possibile. L´ideale nel fondo della Wcm è il robot, che non si stanca, non rallenta mai il ritmo, non si distrae neanche per un attimo. Con la metrica del lavoro si addestrano le persone affinché operino il più possibile come robot.

È qui che cadono i veli della globalizzazione. Essa è consistita fin dagli inizi in una politica del lavoro su scala mondiale. Dagli anni 80 del Novecento in poi le imprese americane ed europee hanno perseguito due scopi. Il primo è stato andare a produrre nei paesi dove il costo del lavoro era più basso, la manodopera docile, i sindacati inesistenti, i diritti del lavoro di là da venire. Ornando e mascherando il tutto con gli spessi veli dell´ideologia neo-liberale. Al di sotto dei quali urge da sempre il secondo scopo: spingere verso il basso salari e condizioni di lavoro nei nostri paesi affinchÈ si allineino a quelli dei paesi emergenti. Nome in codice: competitività. La crisi economica esplosa nel 2007 ha fatto cadere i veli della globalizzazione. Politici, industriali, analisti non hanno più remore nel dire che il problema non è quello di far salire i salari e le condizioni di lavoro nei paesi emergenti: sono i nostri che debbono, s´intende per senso di responsabilità, discendere al loro livello.
È nella globalizzazione ormai senza veli che va inquadrato il caso Fiat. Se in Polonia, o in qualunque altro paese in sviluppo, un operaio produce tot vetture l´anno, per forza debbono produrne altrettante Pomigliano, o Mirafiori, o Melfi. È esattamente lo stesso ragionamento che in modo del tutto esplicito fanno ormai Renault e Volkswagen, Toyota e General Motors. Se in altri paesi i lavoratori accettano condizioni di lavoro durissime perché è sempre meglio che essere disoccupati, dicono in coro i costruttori, non si vede perché ciò non debba avvenire anche nel proprio paese. Non ci sono alternative. Per il momento purtroppo è vero. Tuttavia la mancanza di alternative non è caduta dal cielo. È stata costruita dalla politica, dalle leggi, dalle grandi società, dal sistema finanziario, in parte con strumenti scientifici, in parte per ottusità o avidità.

Toccherebbe alla politica e alle leggi provare a ridisegnare un mondo in cui delle alternative esistono, per le persone non meno per le imprese.

Luciano Gallino

Fonte Repubblica

lunedì 14 giugno 2010

Bastonata perché chiede l’elemosina, nomade perde il bambino e vuole giustizia

Bastonata perché chiedeva l’elemosina. Ed i colpi potrebbero averle fatto perdere il bambino. Ora la donna, una nomade, è ricoverata all’ospedale Maria Vittoria di Torino. “Chiedo giustizia”, ha detto alle telecamere del Tgr Rai, dopo che della vicenda si sono occupate anche le pagine locali della Stampa.

Secondo il suo racconto la donna ed una sua cugina stavano chiedendo l’elemosina nella zona sud di Torino, anche suonando i campanelli dei palazzi. E questo comportamento avrebbe suscitato le reazioni di un uomo, di circa 30 anni, che le ha raggiunte in strada colpendo poi la donna con un bastone.

”Ho sentito un forte dolore e sono andata in ospedale”, ha raccontato la donna sottolineando di temere per il bambino che portava in grembo da otto mesi: gli accertamenti dei sanitari hanno verificato infatti che non era più vivo e sono intervenuti chirurgicamente.

Adesso gli accertamenti, oltre a cercare di rintracciare l’uomo che l’avrebbe aggredita, sono volti anche a capire se la perdita del bambino sia dovuta ai colpi ricevuti o fosse precedente all’episodio.

http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/bastonata..

da Indymedeia

Arrestato Stefano Schiavulli di Militia

Sequestrata la palestra dove si riunivano i neofascisti

Le accuse: apologia di fascismo, diffusione di idee fondate sull'odio razziale ed etnico, azioni contro la comunità ebraica romana e la figura del sindaco di Roma Gianni Alemanno

Roma, 11-06-2010

I carabinieri del Ros hanno arrestato Stefano Schiavulli, uno dei
principali esponenti del movimento neofascista Militia. La misura di
custodia cautelare, disposta dal GIP del Tribunale di Roma su richiesta della pool antiterrorismo della procura, è lo sviluppo dell'operazione condotta il 21 maggio scorso quando i carabinieri del ROS avevano eseguito una serie di perquisizioni.

A carico di Schiavulli e degli altri indagati, le accuse di apologia del fascismo, diffusione di idee fondate sull'odio razziale ed etnico eviolazione della Legge Mancino, con azioni contro la comunità ebraica romana e la figura del sindaco della città di Roma, Gianni Alemanno. Ma anche la 'ricettazione' di una divisa dell'esercito israeliano, che i militanti dell'organizzazione di esterma destra avrebbero sottratto nel 2009 a una giovane militante di sinistra.

E' stato anche eseguito il sequestro preventivo della 'palestra popolare Primo Carnera', luogo di ritrovo dei neofascisti, secondo il gip usata anche per fare fare proselitismo e diffondere idee fondate sull'odio razziale ed etnico.

da Rainews24

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Militia, arrestato Stefano Schiavulli
sequestrata la palestra Primo Carnera

L'uomo, ritenuto uno degli esponenti di spicco dell'organizzazione di estrema destra è accusato di ricettazione di una divisa dell'esercito militare israeliano. Sequestrata la palestra Primo Carnera, ritenuto luogo di proselitismo

Militia, arrestato Stefano Schiavulli sequestrata la palestra Primo Carnera


GUARDA IL VIDEO DELLA PALESTRA

I carabinieri del Ros hanno arrestato Stefano Schiavulli, 25 anni, di Roma, il più giovane ma anche il piu "motivato" tra i quattro esponenti del movimento neofascista "Militia" finiti nel mirino del pool antiterrorismo della procura della capitale che, venti giorni fa, li ha indagati per apologia del fascismo, diffusione di idee fondate sull'odio razziale ed etnico e violazione della Legge Mancino. A loro carico una serie di azioni contro la comunità ebraica romana e il suo presidente, Riccardo Pacifici, la comunità rumena e la figura del sindaco della Capitale Gianni Alemanno. Contestualmente all'arresto è stata anche sequestrata la "Palestra popolare Primo Carnera", nel quartiere di Montesacro, ritenuta dagli inquirenti punto di ritrovo degli esponenti di Militia.

Entrambi i provvedimenti sono stati disposti dal gip del tribunale di Roma, su richiesta della procura. Schiavulli, ritenuto dagli inquirenti uno dei maggiori esponenti di 'Militia', è accusato della ricettazione di una divisa militare dell'Esercito israeliano risultata frutto di una rapina - con finalità di discriminazione e di odio razziale e religioso nei confronti dello Stato di Israele - compiuta in Corso Trieste, a Roma, il 17 luglio 2009 da esponenti della stessa organizzazione ai danni di un giovane militante dell'area giovanile della sinistra.

All'arresto si è giunti in seguito alle indagini successive al blitz compiuto dal Ros il 21 maggio scorso, quando vennero fatte numerose perquisizioni locali e personali e furono notificati avvisi di garanzia a quattro appartenenti di Militia.
Oltre a Schiavulli, altri tre personaggi noti nel mondo dell'estremismo di destra: Maurizio Boccacci, Giovanni Pieristè e Massimo De Simone. Nel corso delle perquisizioni, estese anche alla 'Palestra popolare Primo Carnera', furono sequestrate, oltre alla divisa israeliana, anche armi bianche e strumenti atti a offendere.

I carabinieri del Ros hanno così eseguito un provvedimento di sequestro preventivo dell'immobile in cui si trova la 'palestra popolare', utilizzata - secondo l'accusa - anche per svolgere attività di proselitismo, aggregazione e diffusione di idee fondate sull'odio razziale ed etnico, in violazione della 'Legge Mancino'. Proprio in quella palestra, il 22 maggio scorso, si sarebbe dovuta tenere una "adunanza nazionale" che avrebbe dovuto consentire a Militia di fare un salto di qualità, diventando un'organizzazione più ampia che avrebbe raccolto attorno a sè numerosi gruppi dell'estremismo di destra. L'operazione dei carabinieri, il giorno prima, ha però mandato all'aria ogni progetto

(11 giugno 2010)

http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/06/11/news/militia_arrestato_stefano_schiavulli-4770094/?ref=HREC2-1

da Antifa

Il bavaglio all'informazione. Come funziona


I punti approvati al Senato

Approvata la fiducia posta dla governo sul ddl intercettazioni, ora il provvedimento passa alla Camera. Cosa cambia, secondo l'articolato licenziato ieri (10 giugno 2010) dal Senato. (fonte: Ansa)

- LIMITI: Intercettazioni possibili solo per i reati puniti con più di cinque anni. Ci sono i reati contro la Pubblica amministrazione e c'é anche lo stalking. I telefoni possono essere messi sotto controllo per 75 giorni al massimo. Se c'é necessità, vengono concessi altri tre giorni prorogabili di volta in volta con provvedimento del gip. Per i reati più gravi (mafia, terrorismo, omicidio ecc.) le intercettazioni sono possibili per 40 giorni, più altri venti prorogabili.

- DIVIETI E SANZIONI: Gli atti delle indagini in corso possono essere pubblicati non tra virgolette ma con un riassunto. Gli editori che li pubblicano in modo testuale rischiano fino a 300mila euro di multa. Le intercettazioni sono off limits per la stampa fino a conclusione delle indagini: per gli editori che sgarrano ci sono 300 mila euro di multa, che salgono a 450mila euro se si tratta di intercettazioni di persone estranee ai fatti. Colpiti anche i giornalisti: fino a 30 giorni di carcere o una sanzione fino a 10.000 euro se pubblicano intercettazioni durante le indagini o atti coperti da segreto.

- CIMICI: niente più microfoni piazzati in casa o in auto per registrare le conversazioni degli indagati. Le intercettazioni saranno consentite al massimo per tre giorni, prorogabili di altri tre.

- PM CIARLIERI: Se il responsabile dell'inchiesta passa alla stampa atti coperti dal segreto d'ufficio e semplicemente va in tv a parlare dell'inchiesta può essere sostituito dal capo del suo ufficio.

- TALPE: Chi passa alla stampa intercettazioni o atti coperti dal segreto istruttorio rischia da uno a sei anni di carcere.

- NORMA TRANSITORIA: Le nuove regole si applicano ai processi in corso. Quindi, anche se erano già state autorizzate intercettazioni con le vecchie regole, dovrà essere applicato il tetto dei 75 giorni.

- RIPRESE: Sulle riprese tv per i processi decide il presidente della corte d'appello, che può autorizzarle anche se non c'é il consenso delle parti.

- IENE, STRISCIA, REPORT: le registrazione carpite di nascosto sono permesse ai giornalisti professionisti e pubblicisti. Possono essere realizzate anche se c'é in ballo l'interesse dello Stato oppure per dirimere controversie giudiziarie. Negli altri casi, carcere da uno a quattro anni (norma in virtù della quale sarebbe stata condannata la escort Patrizia D'Addario per le sue registrazioni di Berlusconi a Palazzo Grazioli).

- CLERO: Se nelle intercettazioni finisce un sacerdote bisogna avvertire la diocesi; se l'intercettato è un vescovo il pm deve avvertire la segreteria di Stato vaticana.

Il sindacato dei giornalisti, Fnsi, ha proclamato una giornata di sciopero per il 9 luglio, invitando i quotidiani a vestire a lutto le prime pagine di domani.

Armando Spataro, magistrato antiterrorismo di Milano, una carriera spesa a combattere contro l'eversione, la criminalità organizzata ha dichiarato in una intervista sul provvedimento: "Se promulgato, i cittadini devono sapere che sarà a rischio la loro sicurezza, e mi sembra una bella contraddizione tra ciò che questa maggioranza ha sempre sostenuto, e cioè di voler mettere al centro dei propri programmi la sicurezza, e quanto di concreto sta facendo, rendendo inutili le intercettazioni, che sono uno strumento indispensabile per la lotta alla criminalità". "Tutti i criminali trarranno vantaggio da questa legge".

da PeaceReporter

sabato 12 giugno 2010

Tremonti e Vendola: è scontro sulla manovra


E’ iniziato con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, impegnato a spiegare le ragioni della Finanziaria del rigore e a bacchettare le iniziative di alcuni amministratori territoriali nella gestione dei fondi pubblici ed è finito con il governatore della Puglia, Nichi Vendola che, consultato l’orologio, ha preferito congedarsi anticipatamente dai presenti per raggiungere il popolo in piazza. L‘incontro che si è svolto ieri tra i ministri Tremonti, Fitto e Calderoli e i presidenti delle Regioni per trovare la “quadra” sulla manovra economica ha marcato una distanza ancora più netta tra il governatore dei pugliesi e il responsabile dell’Economia. “Il programma elettorale di Vendola - ha dichiarato Giulio Tremonti ai cronisti che lo attendevano all’uscita del tavolo di confronto con le Regioni – è straordinario per la varietà di impieghi dei fondi pubblici: per i centri sociali, per i cineporto. Una quantità di interventi oggettivamente singolari. Quella del programma politico di Vendola – ha rincarato ironico il ministro – è una lettura che consiglio”.

”Tremonti non distingue un carciofo da un’astronave - è stata l’impietosa replica del presidente della Puglia – Confonde iniziative istituzionali che danno lavoro perché investono sull’industria della creatività, come i cineporti, con attività di volontariato politico che coltivano un modello di società radicalmente diverso da quello che vorrebbe lui”.

E non è tutto perché il leader di Sel, abbandonando anticipatamente il tavolo di confronto con il governo per raggiungere la base del partito in piazza del Pantheon a Roma, ha consegnato ai giornalisti tutto il suo rammarico per la scarsa collaborazione ostentata dall’esecutivo. “La risposta che il ministro (Tremonti, ndr) ha dato alle Regioni – ha detto – è stata una saracinesca chiusa. Un atteggiamento assolutamente intollerabile”.


“Non c’è stata nessuna disponibilità ad affrontare le questioni – ha continuato Vendola – È un colpo al cuore dello stato sociale, un massacro che con i tagli riduce le Regioni ad essere amministratori fallimentari delle proprie risorse. Questa è una manovra recessiva che condanna bambini e vecchi alla povertà e chiude le porte ad una generazione all’ingresso nel mondo del lavoro. Non c’è nessuno spazio – ha rincarato – per il cambiamento. Ci sono tutti gli ingredienti per una ribellione sociale importante”.

Concetti che il presidente della Puglia ha riproposto al popolo dei manifestanti radunatosi in piazza del Pantheon per esprimere il proprio malcontento sulla stessa manovra economica e sul ddl sulle intercettazioni che ha da poco incassato la fiducia in Senato. “In Europa - ha precisato il governatore pugliese – ci sono attualmente 80 milioni di poveri, domani, quando tutti i Paesi avranno approvato le loro Finanziarie, ce ne saranno 130 milioni, significa che non sarà più l’Europa che immaginavano i padri fondatori”.

“Siamo in un dagherrotipo illividito – ha insistito il leader di Sel, citando l’ “Oliver Twist” di Dickens – Bisogna cominciare una storia nuova, non ci sono scorciatoie”. La sua personale ricetta per rilanciare il Paese propone una nuova forma di interazione tra i partiti del centrosinistra: “Le forze di opposizione - ha spiegato Vendola – si devono mettere insieme ma non devono solo interloquire in maniera mediatica, bisogna trovare una connessione sentimentale tra la sinistra e il popolo, il problema è il popolo. Lo dico con affetto – ha concluso riferendosi alle parole pronunciate qualche tempo fa dal democratico Enrico Letta, propenso a incoraggiare la promozione di un partito più “attraente” – a forza di cercare il partito sexy viene fuori al limite il partito pornografico“.

Maria Saporito

Newnotizie.it

da GrandeSalento.org

Fitto «promosso»: ora gestirà anche il dipartimento per i fondi Fas e Ue

BARI -Il ministro Fitto è stato «promosso». Al titolare degli Affari regionali sono stati assegnati, infatti, due importanti deleghe, scorporate dal ministero dello Sviluppo (un tempo gestito da Claudio Scajola e oggi gestite con l'interim da Berlusconi) e finite con l'ultima manovra proprio nelle competenze di palazzo Chigi. Al ministro pugliese è stato assegnato il dipartimento delle Politiche per lo sviluppo (Dps), che comprende i fondi Fas e i fondi comunitari. La decisione è stata comunicata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta all’inizio della seduta del Cdm.Nei mesi scorsi c'era stata una dura polemica tra il governatore Nichi Vendola, il ministro Fitto e l'intero centrosinistra. Fitto aveva parlato ripetutamente di «scippo dei fondi Fas», soprattutto quelli riferiti a scuole e infrastrutture. Addirittura il presidente della Regione aveva contabilizzato la «perdita»: 3 miliardi di euro.

«Siamo orgogliosi del nuovo importante incarico affidato oggi a Raffaele Fitto dal consiglio dei ministri», dichiarano il coordinatore e il vicecoordinatore del Pdl della Puglia, Francesco Amoruso e Antonio Distaso, commentando la decisione odierna. «Siamo certi - aggiungono - che Fitto svolgerà al meglio il compito di gestire le politiche di coesione territoriale, in cui rientrano anche i Fas, i fondi comunitari e le nuove strategie del governo per il Mezzogiorno. La decisione del presidente Berlusconi e dell¨intero governo di affidare al ministro del Sud le politiche per il Sud e la programmazione dei fondi, dimostra poi quanto infondati siano i timori e le polemiche di chi da sinistra, e non solo, continua ad accusare questo governo di antimeridionalismo». «A Fitto naturalmente - concludono - vanno i nostri auguri di buon lavoro»

da GrandeSalento.org

L' Ascesa degli Estremismi

Calcio e sciovinismo: il fascista Capello carica la nazionale inglese con un video dall'Afganistan

Dai campi di battaglia dell'Afghanistan a quelli di altre battaglie, metaforiche ma non del tutto, in Sud Africa. I giocatori dell'Inghilterra hanno ricevuto un video di auguri e incitamento da un battaglione di soldati britannici stanziati ad Helmand, sul fronte della guerra contro i Talebani. Fabio Capello ha riunito la squadra e ha voluto che tutti lo guardassero, come ulteriore fonte di ispirazione per i Mondiali che cominciano domani per la squadra dei Tre Leoni.

L'emozione, a quanto pare, è stata forte. "Sono ragazzi e giovani uomini come noi, hanno la nostra stessa età, ci somigliano fisicamente, ma loro sono in Afghanistan a rischiare la vita per la libertà e a difendere il nostro paese, mentre noi indossiamo una maglia e calzoncini corti per una partita di pallone", ha commentato il capitano Steven Gerrard. "Vedere la gioia con cui questi soldati ci hanno mandati gli auguri ci ricorda quanto siamo fortunati, rispetto a loro. E ci spingerà a dare ancora di più, a dare il massimo, per rappresentare degnamente l'Inghilterra, i nostri tifosi, inclusi i nostri soldati, nelle partite che ci aspettano".
E' quello che desiderava sentire Capello. Il coach ha mandato a sua volta un messaggio ai soldati britannici in Afghanistan. Il messaggero è stato il primo ministro David Cameron, che ha visitato le truppe britanniche in Afghanistan proprio ieri, dicendo loro: "Vi porto un messaggio dell'uomo più importante di Inghilterra". Ed ecco le parole dell'allenatore: "In un momento in cui i giocatori ricevono un sostegno incredibile dal Paese, alla vigilia della Coppa del Mondo, è importante che voi sappiate quanto i vostri sforzi significhino per tutti i giocatori e lo staff della nazionale. llvostro coraggioso servizio al Paese significa tanto per i giocatori e tutti abbiamo rispetto totale per i sacrifici incredibili che voi e le vostre famiglie avete fatto. Anche se faremo tutto il possibile per raggiungere il successo in Sud Africa per l'intero Paese, voglio che sappiate che noi crediamo che siete voi i veri eroi".

Coincidenza vuole che la prima partita dell'Inghilterra, domani contro gli Stati Uniti, stia davvero assumendo i contorni di una battaglia: le accuse sempre più sferzanti del presidente Obama alla Bp per il disastro petrolifero nel golfo della Louisiana, in particolare l'uso ripetuto dell'espressione "British Petroleum", che normalmente non viene usata poiché tutti nell'azienda e nel mondo dell'oro nero preferiscono chiamarla da molti anni con il diminutivo di due lettere Bp, ha scatenato una dura reazione nei media e nell'opinione pubblica britannica. "Obama vuole infangare tutta la Gran Bretagna", titolano i tabloid popolari. "Ne abbiamo abbastanza", rispondono vari esponenti della City, accusando Washington di una campagna tesa a mettere in ginocchio la Bp, magari perché possano comprarla a buon mercato aziende petrolifere americane. E una vignetta del Times ritrae il capo della Casa Bianca vestito da calcio, mentre tira un pallone con su scritto Bp nella porta dell'Inghilterra. "Cameron deve fare di più per rispondere per le rime a Obama", titola il Daily Telegraph.

E qualcosa Cameron ha fatto, decidendo di fare sventolare la bandiera dell'Inghilterra, accanto all'Unione Jack, bandiera britannica, sul pennone di Downing street, per l'intera durata dei mondiali. L'Inghilterra è l'unica squadra dei mondiali che non rappresenta una nazione, ma solo parte di una nazione: il premier, tuttavia, ha detto in parlamento che tutto il paese, in queste circostanze, dunque incluse anche Scozia, Galles e Ulster, farà il tifo per "gli uomini di Fabio Capello". Qualcuno commenta che sembra di essere tornati al clima della guerra d'indipendenza tra Regno Unito e "colonie americane". Vedremo domani chi vincerà questa volta.

da Indymedia

Non ci avrete mai come volete voi!


Riforma dei consultori nel Lazio.
Un ennesimo attacco al diritto di autodeterminazione delle donne.


Dal Veneto al Piemonte, dalla Lombardia al Lazio, risuona da settimane la stessa cantilena. Ne avevamo avuto un assaggio già in campagna elettorale, quando i candidati del centrodestra alla presidenza delle regioni, avevano espresso il loro impegno pro-life promettendo battaglia al diritto di autodeterminazione delle donne.
Lo scorso febbraio Zaia, neo eletto governatore del Veneto, aveva dichiarato che non avrebbe mai dato l'autorizzazione all'acquisto o all'utilizzo di "questa pillola" negli ospedali veneti e che la sua attività amministrativa sarebbe stata volta ad evitare assolutamente che la Ru486 venisse diffusa.
Lo stesso aveva fatto Roberto Cota, leghista eletto nella Regione Piemonte, il quale non pago dell'alleanza siglata con alcune associazioni cattoliche antiabortiste, aveva dichiarato il giorno dopo la vittoria elettorale che avrebbe fatto marcire la Ru nei magazzini degli ospedali piemontesi.
Anche la Polverini, in corsa per la presidenza laziale, non si era risparmiata nello scontro e confrontandosi con la rivale Bonino aveva assicurato un interventismo pro-life a tutto campo. Sulla stessa scia di Cota, la Polverini proponeva la reintroduzione del bonus bebè, una politica per le giovani coppie sposate con mutui agevolati e sostegno all'assistenza domiciliare.
Oggi invece, abbandonata la querelle sulla pillola abortiva (querelle tutta strumentale perché già si sapeva che dei presidenti di regione non avrebbero potuto bloccare un protocollo già firmato e approvato dall'agenzia nazionale del farmaco), si passa ad altro. Ahinoi ad un progetto assai più pericoloso e insidioso delle dichiarazioni da palco elettorale a cui abbiamo fin'ora assistito.
La Polverini ha difatti annunciato di aver presentato in Consiglio regionale una proposta di legge per la riforma dei consultori. Poiché secondo la Polverini c'è una parte della legge 194, quella sulla prevenzione, in parte disattesa, la presidente propone una riforma dei consultori per convincere le donne a non abortire.
Qualcuna/o potrebbe spiegare alla signora Polverini che prevenire non vuol dire convincere le donne a non abortire? Prevenzione significa campagne di educazione sessuale nelle scuole, sensibilizzare e promuovere la contraccezione maschile e femminile, sostenere economicamente i consultori pubblici. E' giusto che arrivando in un consultorio una donna trovi tutte le informazioni del caso e che sia messa nelle condizioni di scegliere consapevolmente se interrompere o portare avanti una gravidanza, ma come si fa a pensare di arrogarsi il diritto di convincerla a non abortire?
C'è da scommettere che saranno gli operatori e volontari del Movimento Per la Vita a svolgere questa beata funzione e conosciamo bene le pressioni psicologiche, per usare un eufemismo, che questa gentaglia è in grado di mettere in campo contro le donne.
La signora Polverini pensa che le donne siano così stupide da non essere in grado di prendere una decisione in autonomia? Pensa che possa bastare qualche falsa promessa di sostegno economico o una minaccia di peccato mortale per convincere una donna a tornare sui suoi passi?
Abortire è un diritto, la maternità è una scelta. Questi due semplici principi dovrebbero guidare la mente di chiunque avesse l'intenzione di legiferare in materia o pretendesse di controllare i corpi delle donne.
Se la 194 ha delle criticità, bisognerebbe andarle a rintracciare nell'altissimo tasso di obiezione di coscienza di medici e operatori sanitari, nella carenza di strutture e servizi pubblici, nel taglio ai finanziamenti dei consultori, che fino a prova(riforma) contraria sono nati come luoghi per le donne, a difesa della salute e a tutela delle scelte delle donne.
Sulla stessa lunghezza d'onda si muoverà presto anche il governatore del Piemonte Roberto Cota. Nel suo patto per la vita e per la famiglia ha garantito finanziamenti pubblici al Movimento per la Vita perché i suoi volontari si insedino in tutti i consultori e in tutti i presidi ospedalieri. Abortire è peccato e le donne scelgono questa via con troppa facilità. Secondo Cota il Mvp metterà fine a tali ingiustizie e riporterà l'ordine nelle corsie ospedaliere.
Se non bastasse al Senato sono stati presentati dal centrodestra due disegni di legge per legittimare l'obiezione di coscienza dei farmacisti sulla contraccezione d'emergenza. A rischio quindi anche la possibilità di avere libero accesso alla pillola del giorno dopo.
La vita va difesa a tutti i costi, quella dei feti, degli embrioni, delle cellule., degli spermatozoi..della vita delle donne non gliene frega niente a nessuno.

da Infoaut