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lunedì 28 settembre 2009

La mafia è una montagna di merda!

Ieri, 27 settembre, si è svolta a Nardò una fiaccolata per ricordare le vittime di mafia. In particolare le figure di Peppino Impastato, Peppino Basile, Renata Fonte, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Un fatto inaspettato e del tutto speciale per un centro come Nardò da sempre sordo alle iniziative per sensibilizzare la cittadinanza sui temi di legalità e contrasto alle mafie.
L'evento è stato organizzato da alcuni giovani che ancora non anno una chiara appartenenza politica ma che, a quanto pare, simpatizzano per l' IDV.Il loro invito, seppur poco pubblicizzato, è stato accolto da: i giovani dell'associazione teatrale "Ardire" di Nardò, dall'associazione degli scout, dai gruppi politici di MPS- Sinistra e Libertà, da Rifondazione Comunista, dai giovani del PD e da pezzi della società civile.


La cosa più eclatante e vergognosa è stata la totale assenza delle itituzioni. Fra le autorità comunali era presente il solo Tommaso Malcangi, consigliere comunale dei socialisti, mentre la restante "marmaglia" era forse a casa intenta a gustare le partite... Eppure Nardò è la città che ha dato i natali a Renata Fonte, assassinata dalla mafia, unico assessore comunale donna della storia repubblicana ammazzato per mano terroristica.
E' probabile oggi che sia più vivo il suo insegnamento fra i giovani di questa città che fra gli amministratori legati da interessi di poltrone e da comitati di affari ma certamente poco inclini a rispettare valori come legalità, giustizia e contrasto alla mafia.
Il corteo autorizzato partendo da via XX Settembre ha toccato via Duca degli Abbruzzi per poi addentrarsi nel centro storico sino a giungere al Municipio. Da qui si è inoltrato a Corso Galliano per poi ritornare a via XX Settembre.
Per questa evenienza era stato posto un palco dove si sono alternati alcuni interventi.
A lanciare un grido di allarme sulla pericolosità della infiltrazione mafiosa nelle varie amministrazioni è stato l'onorevole Zazzera di Italia dei Valori, presentato da uno degli organizzatori dell'evento William De Cupertinis (altri organizzatori Enrica Lisi e Giancarlo Fanciano). Poi è stata la volta di Claudia Raho per i Movimento per la Sinistra- Sinistra e Libertà, Antonio Pagliula per Rif. Comunista, Daniele Parisi per i Giovani Democratici e del prof. Russo, presidente dell'associazione teatrale.
Anche Sonia Alfano, esponente di spicco della formazione di Di Pietro ha recapitato un messaggio tramite facebook per ribadire che il cambiamento deve nascere dentro, nel cuore di ognuno per poter passare ai fatti e che rimanere dietro una tastiera non significa fare lotta alla mafia.
L'aspetto più incoraggiante, anche se l'itero corteo constava di circa una settantina di unità, è stato quello di scorgere fra i presenti faccie giovani.
Questa iniziativa rilancia l'attivismo delle giovani generazioni a Nardò che seppur in fermento provocano molta riluttanza nello schierarsi o nel militare per dei valori, per dei sogni o per delle idee.
Possiamo cogliere ciò come un segnale, come un punto di partenza.
Anche se la strada è tutta in salita, il protagonismo dei giovani e la loro partecipazione è l'unico trampolino di lancio per costituire una classe consapevole, capace di lottare e magari mandare a casa una classe politica incompetente e controversa come quella neritina.







Vi riportiamo un ordine del giorno del consiglio provinciale di Catania

Al presidente del consiglio provinciale di Catania
Al presidente della provincia regionale di Catania

Ordine del giorno sulla condanna del Dott. Bruno e della Dott.sa Giangiuliani

Premesso che: Il 27 febbraio 2009 la III sezione penale del tribunale di Catania ha condannato ad un anno di reclusione l’ex ragioniere generale della Provincia dott. Francesco Bruno e la coordinatrice della IV area dello stesso Ente, dott.sa Silvana Giangiuliani per il reato di abuso di ufficio;

la sentenza dimostra che la Provincia di Catania, senza aste pubbliche, provvide ad affidamenti diretti per l'acquisto di licenze e servizi informatici per un importo di 700mila euro a tre società in raggruppamento temporaneo di imprese: Sap Italia spa, Sap Italia consulting e la Brain srl di Catania.

che quest'ultima società aveva cominciato le sua attività dopo l'affidamento della fornitura e fra i soci, attraverso un'altra società, la Aretè che deteneva il 95% del capitale sociale, c'erano appunto, al 50% Bruno e Giangiuliani.

Considerato che:
il dott. Bruno e la dott.sa Giangiuliani hanno svolto le loro funzioni dirigenziale presso la provincia regionale di Catania fino a pochi mesi fa;

il dott. Bruno e la dott.sa Giangiuliani hanno causato un doppio danno alla Provincia di Catania: in primo luogo perché hanno affidato un appalto per la fornitura di servizi informatici per oltre € 700.000, senza ricorrere al pubblico incanto e quindi senza alcun ribasso d’asta rispetto all’offerta avanzata da parte dell’ente pubblico.Ed in secondo luogo perché i due alti funzionari avevano una consistente partecipazione azionaria in una delle due imprese, costituita evidentemente ad hoc, costituenti il raggruppamento temporaneo d’impresa cui è stato affidato l’appalto.

questa sentenza lede l’immagine dell’ente provincia di Catania e della gestione della cosa pubblica da parte di ex importanti esponenti dell’apparato dell’amministrazione provinciale.

Ciò premesso e considerato il consiglio provinciale, conscio della perdita economica e di immagine che tale vicenda ha provocato e ribadendo il proprio impegno nel garantire la trasparenza dell’amministrazione pubblica e la condanna di ogni atto amministrativo illecito, fa voti affinché:

la provincia avvii un’azione risarcitoria nei confronti del dott. Francesco Bruno e della Dott.sa Silvana Giangiuliani perché, affidando l’appalto direttamente all’impresa ed evitando così il pubblico incanto, hanno impedito ogni ribasso d’asta, innalzando artificiosamente il costo di un servizio altrimenti meno oneroso per l’ente appaltatore.

«Mio fratello Peppino e gli sfregi quotidiani alla lotta antimafia»


Un gesto politico». Giovanni Impastato legge così lo sradicamento dell’ulivo piantato a Ponteranica (Bg) in memoria del fratello Peppino, vittima simbolo della mafia come raccontato nel film «I cento Passi». Chi l’ha compiuto ha lasciato un biglietto in dialetto, «qui ci voglio un pino », la notte prima del corteo con cui sabato oltre 7 mila persone hannoprotestato per la decisione del sindaco leghista di rimuovere la targa della biblioteca dedicata a Peppino. «Quello del primo cittadino è stato un atto mafioso», accusa Giovanni. Racconta dei microfoni spia messi a due sostenitori del Comitato Impastato e avverte: «Con questo governo la cultura dell’antimafia è a rischio ». Si aspettava quest’ultimo gesto? «C’erano stati dei segnali: stamattina a Ponteranica abbiamo denunciato il ritrovamento di una cimice nell’auto di Gaspare D’Angelo, del Comitato Impastato sul territorio, una prima cimice l’aveva scoperta in casa Vanni Cassis:: con loro abbiamo organizzato la manifestazione di sabato. I carabinieri dicono che sono microfoni spia. Poi c’è lo sradicamento dell’ulivo:uno sfregio aperto. Nell’insieme, segnali inquietanti». Qual è il messaggio? «Si fa capire che l’ulivo - albero mediterraneo - non deve invadere questo territorio, come dire che Peppino Impastato è un simbolo estraneo e dunque va rimosso. Quindi sbaglia chi ha parlato di un fatto isolato: è invece un’azione che si sposa in pieno con il progetto della Lega, di discriminazione di tutte le culture “altre"». È un gesto politico ed è forte. Chi l’ha compiuto, ha capito che sabato ci si voleva opporre non solo alla rimozione della targa,mapiù in generale al progetto razzista, reazionario e fascista della Lega». Insomma è come se si dicesse: il problema mafia non ci riguarda... «Certo, ma è un atteggiamento strumentale. Ci sono documenti molto dettagliati che testimoniano della penetrazione della mafia nel nord Italia, l’associazione Libera sta curando un grosso dossier sulle confische di beni mafiosi in Lombardia.

Quanto a Ponteranica, quando il sindaco sceglie di rimuovere la targa per Peppino questo - voglio essere chiaro - non implica una sua convivenza con la mafia. Lui l’ha fatto obbedendo una logica che è quella dell’espulsione dal territorio di tutto ciò che è “estraneo” («Meglio onorare personalità locali» aveva detto, ndr). La stessa logica che fa del pacchetto sicurezza del governo una caccia ai migranti. Però...» Però? «La mafia con quello che è successo a Ponteranica c’entra, perché quello compiuto da Aldegani è un atto mafioso. Nel senso che favorisce una cultura mafiosa, nel momento in cui favorisce la cancellazione della memoria storica e insieme una cultura del consenso, del riconoscimento per la mafia. E tutto ciò è pericoloso, anche perché proprio in quella zona la mafia si sta espandendo. Quello del sindaco è un gesto che non aiuta la legalità». Mettiamo in fila alcuni fatti degli ultimi tempi. Il ministroMaroni continua arifiutarsi di sciogliere il Comune di Fondi, sospettato di infiltrazioni criminali; emergononuovi dettagli sul significato della vicinanza di Mangano, indicato come mafioso, all’attuale premier neglianni ‘70;cinque pentiti accusano il sottosegretario Cosentino di collegamenti con la camorra. La cultura anti mafia intanto viene vilipesa. È a rischio? «Sì, finchè c’è questo governo: non è un buon esempio di legalità, anzi tenta in tutti imodi di legalizzare l’illegalità. Nel paese manca ormai una cultura della legalità: non ci sono solo questi ultimi episodi, ricordiamoci della condanna a Cuffaro che non è più presidente della Regione Siciliamarimane senatore, in Parlamento poi siedono un centinaio di persone che ha conti in sospeso con la giustizia. Anche per questo sabato abbiamo manifestato, per far crescere una cultura dell’indignazione: oggi nonci si indigna più di nulla.Mase il paese si muove, si può vincere. Sono fiducioso».

da Indymedia

GORIZIA - Pestaggi a Gradisca. Un video documenta le violenze



GRADISCA D'ISONZO (GORIZIA) - Finalmente cattivi. Qualcuno deve aver preso sul serio le parole del ministro Maroni. E le ha applicate alla lettera. Almeno a giudicare dal numero di ematomi che si possono contare sui corpi degli immigrati detenuti nel centro di identificazione e espulsione (Cie) di Gradisca d’Isonzo. Siamo in provincia di Gorizia, a due passi dalla frontiera slovena. I fatti risalgono a lunedì scorso, 21 settembre. Ma le prove sono arrivate soltanto ieri. Si tratta di un video girato di nascosto all'interno del Cie e diffuso su Youtube

È un montaggio di riprese fatte con un videofonino. Inizia con un primo piano sul volto tumefatto di un detenuto tunisino. “Guarda il polizia” – ripete indicando l'ematoma sull'occhio. I pantaloni sono ancora imbrattati di sangue. E le gambe segnate dagli ematomi delle manganellate e in parte bendate. Il video prosegue mostrando le gabbie dove gli immigrati sono rinchiusi in attesa di essere espulsi, da ormai più di tre mesi. Ma il pezzo forte arriva alla fine. Si vede un uomo sdraiato a terra, esanime, tiene una mano sull’inguine, ha il volto sanguinante, il sangue ha macchiato anche il pavimento. Nel cortile una squadra di poliziotti e militari in tenuta antisommossa prepara un'altra carica. Dalle camerate si alzano cori di protesta. Ma quando i militari entrano, i detenuti non sanno come difendersi e scappano gridando “No, no!” Ma cosa è successo davvero quel giorno?

Lo abbiamo chiesto alla Prefettura di Gorizia. “Al Cie di Gradisca non c'è stato nessun pestaggio – dice il capo di Gabinetto Massimo Mauro -, anzi l'unico a essere stato ricoverato è stato un operatore di polizia che si è preso un calcio in una gamba”. Ma allora qualche tafferuglio c'è stato! La versione della Prefettura parla di un tentativo di fuga di una trentina dei reclusi, la notte del 20 settembre, sventato dal personale di vigilanza senza particolari momenti di tensione. I problemi – continua Mauro – sarebbero arrivati intorno alle 13.00, quando un gruppo di trattenuti avrebbe rifiutato di rientrare nella camerata dopo il turno della mensa, “inscenando una protesta e lanciando bottiglie di plastica vuote contro il personale di polizia” che avrebbe quindi provveduto a farli rientrare con la forza. Le immagini diffuse su Youtube, Mauro non le ritiene attendibili. Chi dice che sono state a Gradisca? E chi dice che non sia materiale vecchio riciclato a uso e consumo di qualche associazione antirazzista?

Abbiamo fatto le stesse domane a un detenuto di Gradisca. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente. Per motivi di sicurezza non sveleremo la sua identità. Questa persona, non soltanto ci ha confermato che il video era stato girato in quei giorni. Ma ci ha anche descritto nel dettaglio il tipo di ferite che si vedono nelle riprese. La sua versione dei fatti coincide con quella della Prefettura per quanto riguarda il fallito tentativo di evasione la notte e il rientro pacifico nelle camerate all’alba. Il resto però è tutta un’altra storia. Alle 13.00 sarebbe iniziata una irrispettosa perquisizione. “Hanno rotto i carica batterie dei telefoni, a alcuni hanno tagliato i vestiti, e in una camerata hanno strappato un Corano”. Un gesto quest’ultimo che avrebbe provocato l'ira dei detenuti, che hanno cominciato a inveire contro la polizia. “In una camerata hanno rotto le finestre e cominciato a lanciare cose”. Finché polizia e militari hanno deciso la carica. Nelle camerate numero tre, due e sei. Alla fine della rivolta, secondo il nostro testimone, 12 persone sarebbero finite in ospedale. E in ospedale tornerà il detenuto tunisino con l'occhio tumefatto. Lunedì ha un appuntamento per un'operazione, all'ospedale di Udine.

Chi mente? La Prefettura? I detenuti? È presto per dirlo. Anche perché i detenuti vittime delle violenze si sono detti pronti a sporgere denuncia. Gli avvocati non mancano. E in quel caso sarebbe un giudice ad avere l’ultima parola.

da Fortress Europe

BARI – Due algerini pestati nel Cie



BARI – “L'hanno riportato sulla barella, aveva lo sguardo perso nel vuoto, come se avesse visto la morte in faccia. Mi ha ricordato la Iugoslavia”. Dopo Gradisca, Bari. Altro centro di identificazione e espulsione, altro pestaggio. Anche stavolta, ad avvalorare le testimonianze degli immigrati reclusi ci sono delle fotografie scattate con un telefono cellulare e spedite oltre il muro di cinta che circonda il Cie di Bari Palese. I fatti risalgono all'alba di domenica 20 settembre. Sono le quattro del mattino quando un detenuto in preda alla disperazione inizia a tagliarsi con una lametta. Il sangue zampilla. Gli altri detenuti chiamano aiuto. Dalla sezione non c'è nessun citofono, l'unico modo per richiamare l'attenzione è battere contro le porte di ferro e svegliare tutti. Sul posto arrivano alcuni militari del Battaglione San Marco, un corpo speciale della nostra Marina, paragonabili ai più celebri Marines statunitensi. Prendono il ragazzo ferito e lo portano in infermeria insieme a un altro detenuto che dice di non sentirsi bene. In infermeria però non c'è nessun dottore. E la terapia che gli somministrano è un pestaggio a tutti gli effetti. Volano schiaffi, spintoni, calci e poi manganellate. Tante. Questo stando a quanto riportato dalle due vittime, di cui preferiamo non svelare l'identità per paura di ritorsioni, e confermate dai due testimoni con cui abbiamo parlato.

Il loro racconato trova conferma nelle foto scattate il giorno dopo con un cellulare e caricate su Youtube. Si vedono i segni delle percosse sulle spalle, sulle gambe, sulla schiena. I due hanno deciso di denunciare i loro torturatori. Tuttavia i soldati del Battaglione San Marco possono dormire sogni tranquilli. È molto probabile infatti che l'intera vicenda venga presto insabbiata e dimenticata. Giovedì infatti è passato dal Cie di Bari un funzionario del Consolato Algerino. Il che lascia presagire che presto ci saranno dei rimpatri. Anche i due reclusi picchiati sono algerini. Uno di loro era sbarcato un mese fa in Sardegna, salpando dalla costa di Annaba. L'altro era stato fermato a Cagliari. Entrambi rischiano di essere rimpatriati prima che la magistratura faccia chiarezza.

Chi invece non rischia di essere rimpatriato in Algeria è Ali. Perché in Algeria c'è già stato rimpatriato. Per errore. E dall'Algeria è stato rispedito in Italia, come una pallina da ping pong. Ci ha raccontato la sua storia. È iniziato tutto alla fine del 2008. Classe 1970, tunisino, dopo otto anni in Italia trascorsi tra lavori in nero e qualche precedente penale, Ali venne fermato senza documenti a Verona nel mese di dicembre. Dopo due mesi di detenzione nel centro di identificazione e espulsione al Cie di Gradisca, in provincia di Gorizia, fu trasferito al Cie di Milano, dove rimase altri 59 giorni prima di essere rimpatriato, per errore, in Algeria. Lo scambiarono per un algerino per via del suo dialetto, molto simile a quello di Annaba, una città algerina al confine con la Tunisia. Il Consolato algerino pensò che mentisse. Fu soltanto a Algeri che si accorsero del misfatto e lo sbatterono in carcere per tre mesi. Tre mesi che non dimenticherà mai. Tre mesi di violenze e di torture, dopo i quali venne rispedito al mittente, a Milano. Da lì, dopo la rivolta del 15 agosto è stato trasferito con una quarantina di reclusi al Cie di Bari. Da nove mesi è privato della libertà. Eppure non ha commesso nessun reato.

Come non avevano commesso reati i due algerini pestati dai soldati del San Marco. Ma in Italia, come in tutta Europa, la libertà degli altri non ha un grande valore. Al contrario è considerato doveroso detenere chi non ha documenti di soggiorno. E chi si azzarda a fuggire da quella che se riguardasse cittadini italiani si chiamerebbe “detenzione amministrativa”, viene arrestato. A Bari è successo a tre persone nell'ultimo mese. L'ultimo è un giovane tunisino di 25 anni, arrestato il 4 settembre, con l'accusa di resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale. Aveva ferito uno dei militari che lo inseguiva, lanciandogli in faccia una bottiglietta d'acqua dal tetto del Cie. Uno dei militari del battaglione San Marco.

da ForttressEurope

NAPOLI - CasaPound, sinistra all´attacco "Via i fascisti dall´ex convento

Felpe nere, sì, e una grafica "di carattere", proprio come quella del Ventennio. Ma anche una t-shirt, indossata da uno di loro che impugna la pala da muratore, che ironizza sull´essere "squadristi hard core". I cinquanta dell´ex convento occupato di Salita San Raffaele a Materdei sono studenti medi e universitari e si identificano negli iscritti di CasaPound, che definiscono "soggetto giuridico registrato al tribunale di Roma": il movimento dei giovani fascisti del nuovo millennio (www. casapound. it).
Una destra estrema (anche se loro minacciano querele «a chi dice che siamo di destra») che per molti è preoccupante. Vicina alle aggressioni omofobe, al razzismo, ai fenomeni di intolleranza. Loro rispondono no a tutto e oppongono a chi vuole mandarli via un progetto "sociale", fatto di doposcuola, sport e lezioni di informatica per i bambini del quartiere, di una casa per gli studenti («dopo che quella sopra via Foria è stata data al Formez e abbandonata»).

Luciano Schifone li ha difesi in consiglio comunale parlando contro i "due pesi e due misure di chi lascia stare i centri sociali di matrice politica diversa». Mercoledì prossimo su Televomero ribadirà il concetto insieme a Pietro Diodato. Li difende, sia pure in contraddizione, il Pdl, contrario a tutte le occupazioni. Tutti gli altri vogliono vederli fuori dall´enorme edificio di proprietà del Comune. Un convento che il quartiere Materdei ricorda ospedale militare e poi ospizio per anziani, che risulterebbe inagibile, e a vederlo dall´ingresso pare certo, ma che sette anni fa curiosamente fu ristrutturato a sandwich: di tre piani, primo sopra l´ammezzato e secondo sono pronti per essere abitati, con infissi e sanitari. Il resto sembra che cada a pezzi. Domani Materdei ospiterà il concerto della rete antirazzista nella piazzetta della metropolitana, intervengono Arcigay, Arcilesbica, e l´associazione di quartiere. L´obiettivo è anche la protesta contro CasaPound.

Ieri il candidato alla segreteria regionale del Pd Enzo Amendola ha chiesto in una lettera di "liberare l´ex convento, quarto centro sociale di militanti di estrema destra in Campania dopo Salerno, Avellino e Cesa" e ha definito l´occupazione "un segnale preoccupante per chi crede che l´antifascismo sia un dovere di ogni libero cittadino". Lettera aperta anche da Alfonso De Vito, del centro sociale Insurgencia a San Rocco: «Guardiamo con preoccupazione all´insediamento in una struttura comunale di una organizzazione dichiaratamente neofascista che sostiene l´eugenetica e organizza convegni sui "contributi storici del fascismo all´igiene mentale e razziale". Chi si assume le responsabilità che con simili modelli si possa gestire una struttura comunale?».

Si associano il presidente dell´Anpi Antonio Amoretti, il segretario regionale Cgil Michele Gravano, Andrea Morniroli di Cantieri sociali, Enzo Esposito presidente dell´Opera nomadi, Elena Coccia, Maurizio Mascoli, segretario regionale Fiom e il fotografo Luciano Ferrara. «In consiglio comunale - spiega il consigliere comunale di Sinistra e libertà Francesco Minisci - abbiamo spiegato che il problema non sarebbe l´occupazione in sé: chi ha un obiettivo sociale ben venga. Ma gli occupanti, dopo aver assicurato che avrebbero usato un nome diverso, hanno denunciato un agguato da parte dei centri sociali. Eppure sappiamo che non c´è alcuna intenzione da parte dei centri di creare tensione».

CasaPound dice che la notte tra il 24 e il 25 cinquanta militanti dei centri sociali con i caschi in testa hanno tentato di aprire il portone e, dopo aver affisso manifesti, sono andati via. «Per me - aggiunge Minisci - se prendono le distanze da CasaPound, possono restare. Mi spiace che il Pdl, che finalmente ha individuato un capogruppo serio come La Mura, oggi è vicino a elementi di estrema destra difesi da Schifone».
(27 settembre 2009)

http://napoli.repubblica.it/dettaglio-inviato?idarticolo=repnapoli_1732041&idmessaggio=1519141#commentatutti
da Antifa di Stella Cervasio

In Germania vince la Merkel, governerà con i liberali

Dopo quattro anni di governo si avvia alla fine la grande coalizione in Germania. La cancelliera cristianodemocratica Angela Merkel formerà un nuovo esecutivo con i liberali della Fdp. Nelle elezioni di ieri per il rinnovo del parlamento, la Cdu ha ottenuto solo il 33,8 per cento dei voti, conquistando 239 seggi su 622, ma potrà contare sui 93 seggi della Fdp, che con il 14,6 per cento ha raggiunto il miglior risultato della sua storia.Il voto è stato invece una disfatta per la Spd, che ha ottenuto il 23 per cento, perdendo 11 punti percentuali rispetto al 2005. Al momento i socialdemocratici non hanno nessuna prospettiva di governo nonostante i buoni risultati della Linke (11,9 per cento) e dei Verdi (10,7 per cento).-Frankfurter Allgemeine Zeitung, Germania

In Portogallo vincono i socialisti, ma senza maggioranza assoluta.

Con il 36,56 per cento dei voti, il Partito socialista (Ps) di José Sócrates, si riconferma alla guida del paese, ma perde la maggioranza assoluta in parlamento. I socialisti ottengono 96 seggi contro i 121 guadagnati nelle elezioni del 2005. È stato sconfitto il Partito socialdemocratico (Psd) di Manuela Ferreira Leire, che ha ottenuto il 29,09 per cento e 78 deputati. Sócrates ha dichiarato che il Portogallo ha bisogno di stabilità e che il Ps si prepara a cercare delle alleanze politiche per governare. Il Partito popolare (Cds-Pp), che con il 10,46 per cento dei voti e 21 seggi è la terza forza politica paese, potrebbe essere il candidato favorito.-Público, Portogallo

Nuova minaccia nucleare iraniana.

Oggi l’Iran testerà dei missili a lunga gittata, in grado di colpire dei bersagli in Medio Oriente. Si tratta di un gesto di sfida al summit che si terrà questo giovedì a Ginevra per discutere sul suo programma nucleare. Teheran ha dichiarato che il missile Shahab 3, basato su un progetto nordcoreano, può coprire una distanza di duemila chilometri e raggiungere Israele l’Egitto, l’Arabia Saudita e la Turchia. Il test, che segue quello di ieri sui missili a corta gittata, sta creando forti preoccupazioni nell’area.-The Guardian, Gran Bretagna


È morto William Safire.

È morto, all’età di 79 anni, William Safire, autore dei discorsi del presidente Richard Nixon e vincitore del premio Pulitzer come columnist del New York Times. Dal 1973 al 2005 Safire ha scritto due volte alla settimana la rubrica “Essay” per la pagina delle opinioni del New York Times, in cui si distingueva per il tono conservatore in mezzo al coro dei liberal. Safire ha pubblicato un dizionario sulla politica e dal 1979 scriveva sul New York Times Magazine la rubrica “On language”, che esplorava le nuove tendenze del linguaggio scritto e orale.-The New York Times, Stati Uniti

Prato: detenuto 30enne si suicida nella Sezione sex-offenders

Un detenuto della Sezione "sex-offenders" del carcere di Prato, il tunisino Fersi Walid, di trent’anni, nella notte tra venerdì 11 e sabato 12 settembre si è impiccato nel bagno della cella, usando le lenzuola.
Purtroppo nessuno dei suoi compagni di cella se ne è accorto e lo ha notato solo l’appuntato di turno. Fersi già da tempo aveva messo in atto proteste "autolesionistiche" per protestare contro la dura condanna (9 anni), che riteneva ingiusta. Alcuni mesi fa si era cucita la bocca e a luglio aveva iniziato lo sciopero della fame; in ogni caso aveva esplicitato in più occasioni l’intenzione di togliersi la vita.
Aldilà del giudizio sul gesto estremo da lui compiuto, ciò si inserisce in un contesto in cui le condizioni carcerarie peggiorano di giorno in giorno per cause "oggettive" quali il sovraffollamento e i giri di vite sulla "sicurezza" ma anche chi è preposto alla custodia dei detenuti - non solo in senso repressivo - a volte sembra non recepire i segnali di forte disagio degli stessi.

da Indymedia

DOMENICO MODUGNO - MALARAZZA




Il testo è quello da cui Modugno ha ricavato la canzone 'Malarazza'. Un "lamento" in dialetto siciliano scritto, si narra, da un poeta di Acireale dell'Ottocento, Lionardo Vigo. Una "poesia dedicata ai 'poveri cristi' della ducea di Bronte". Della poesia esistono almeno due versioni: quando uscì destò scalpore e tutte le copie furono sequestrate, grazie - come sempre - anche alla Chiesa, venendo pubblicata più tardi con alcuni "ritocchi" che, se da un lato invitavano alla non violenza ("Sempre in guerra sarà l'umanità se con le violenze la violenza punisce"), dall'altro trasformavano però la risposta di Cristo anche in un invito alla rassegnazione, peraltro con un'aggiunta di antisemitismo, che all'epoca non guastava mai e che la Chiesa ha nutrito per secoli. Poi Modugno ne fece un capolavoro, la depositò furbescamente alla SIAE e la sdoganò. Di seguito la versione originale > quella censurata > quella di Modugno

Versione originale:

Un servu, tempu fa, di chista piazza
cussì priàva a Cristu e nci dicìa:
"Signuri 'u me patruni mi strapazza,
mi tratta comu un cani pi la via,
tuttu mi pigghia cu la so' manazza
la vita dici chi è mancu la mia.

Si jeu mi lagnu cchiù peju m'amminazza
chi ferri mi castja a prigiunia.
Undì jò mo ti prejiu 'sta malarazza
distruggimmilla Tu, Cristu, pi mmia
distruggimmilla Tu, Cristu, pi mmia".

"E tu forsi chi hai ciunchi li vrazza,
oppuru ll'ha 'nchiovati com'a mmia?
Cu voli la giustizia si la fazza
non speri ch'autru la fazza pe ttia.
Si tu si omu e non si testa pazza
metti a profittu 'sta sintenzia mia.
Jò non sarrìa supra sta cruciazza
s'avissi fattu quantu dicu a ttia!"


Questa è invece la risposta nell?edizione 'riveduta e corretta':
"E tu chi ti scurdasti, o testa pazza,
chiddu ch?è scrittu 'nta la Liggi mia?
Sempri in guerra sarà l'umana razza
si cu l'offisi l'offisi castija!

A cu l'offenni, lu vasa e l'abbrazza
e in Paradisu sidirai ccu mia:
m?inchiuvaru l?ebrei 'nta sta cruciazza:
e Cielu e Terra disfari putia!"


Ecco la versione di Modugno:

Malarazza

Un servo tempu fa rinta ?na piazza,
pregava Cristu in cruce e ci ricia:
?Cristu, lu me patrune mi strapazza,
mi tratta comu un cane pi la via,
si pigghia tuttu cu la so? manazza,
mancu la vita mia rici ch?è mia?
Distruggila, Gesù, sta Malarazza!
Distruggila, Gesù, fallo pi mmia! Sì..fallo pi mmia!?

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti?

Cristo me rispunne dalla croci:
?Forse si so spezzate li to brazza?
Cu vole la giustizia si la fazza!
Nisciun?ormai ?cchiù la farà pi ttia!

Si tu si ?n?uomo e nun si testa pazza,
ascolta bene sta sintenzia mia,
ca iu ?nchiudatu in cruce nun saria
s?avissi fattu ciò ca ricu a ttia?
ca iu ?nchiudatu in cruce nun saria!?

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti?

?Se ?nna stu munnu c?è la Malarazza,
cu voli la giustizia si la fazza!
Se ?nna stu munnu c?è la Malarazza,
cu voli la giustizia si la fazza!?

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti?
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti?
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti?
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Roma, insulti razzisti a nigeriana; aveva chiesto a due ragazzine di spegnere la sigaretta

La donna aveva chiesto a due ragazzine di spegnere la sigaretta
loro hanno risposto: "Zitta brutta negra" e poi l'hanno schiaffeggiata
Roma, insulti razzisti a nigeriana

L'amica della vittima: "La polizia non è intervenuta"
ROMA - Presa a schiaffi davanti alla sua bambina e insultata con epiteti razzisti da due ragazzine italiane a cui la donna, di origini nigeriane, aveva chiesto di spegnere la sigaretta che le due fumavano tranquillamente a bordo di autobus.

E' accaduto a Tor Bella Monaca sulla linea 059 intorno alle 7.40 e a raccontare la vicenda è un'amica della donna e testimone del fatto. "Stavamo sull'autobus per portare a scuola i nostri bambini che frequentano il nostro istituto - ha detto la testimone, Maria Edima Venancio Rocha, di origine brasiliana - la mia amica ha visto queste due quindicenni che avevano acceso una sigaretta all'interno della vettura e ha chiesto loro di spegnerla perché dava fastidio alla sua bambina. Per tutta risposta, le due hanno cominciato a insultarla con frasi come 'Brutta negra, stai zitta, tornatene al paese tuo'. Quando siamo scese alla fermata le due ci hanno seguito e hanno preso a schiaffi la mia amica".

In quel momento, continua il racconto, è passato un camper della polizia. Secondo quanto sostiene Venancio Rocha, "la roulotte si è fermata e quello che è accaduto è incredibile. Le due ragazze, che stavano ancora lì sul posto, sono state mandate via dagli agenti senza essere identificate. E' stata, invece, identificata la mia amica a cui hanno comminato pure una multa di 3mila euro, non abbiamo capito perché. Ora andremo a fare immediatamente la denuncia. E' assurdo, la mia amica è una persona per bene, che lavora e queste cose non devono succedere".

da Indymedia

RONDA ANOMALA BOLOGNA: FERMATO E POI RILASCIATO MANIFESTANTE

Diverse centinaia di studenti dell'Onda Anomala bolognese si sono radunati oggi in Piazza Verdi, nel cuore della zona universitaria, per dare vita a un corteo con lo slogan 'Respingiamo Maroni'. Obiettivo: contestare la presenza del ministro dell'Interno ad un convegno sulla disciplina e la gestione degli impianti sportivi che si sta svolgendo nell'aula absidale di Santa Lucia. Imponenti misure di polizia vigilano fin dal mattino sull'intera città, con il centro storico militarizzato. Violente cariche si sono registrate attorno a mezzogiorno quando il corteo è arrivato alla fine del percorso autorizzato. Le cariche ci sono state all'angolo tra via santo Stefano e via Cartoleria, dove un cordone di agenti in tenuta antisommossa bloccava l'accesso verso via de Chiari e l'Aula Santa Lucia.La polizia ha respinto a colpi di violenza gli studenti, fermandone uno. Il corteo è rimasto a lungo bloccato, chiuso sul davanti dalla polizia e dai carabinieri. Dopo le pressioni dei manifestanti, il fermato è stato rilasciato. Sentiamo ancora Elia della Redazione.

da RadioOndaD'Uurto