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domenica 20 settembre 2009

MOLFETTA - 'Stalattiti' di miele quando il favo sembra una scultura


Un favo che sembra una scultura. L'hanno recuperato i volontari del Wwf Molfetta in una villa a Cala Olidda, tra Molfetta e Giovinazzo. Il proprietario ne aveva segnalato la presenza all'interno di un vano che, per motivi di sicurezza, non era mai stato reso accessibile. L'eccezionale favo, grande quasi un metro cubo e contenente oltre 60 mila api (apis mellifica) è stato costruito dai laboriosi insetti in circa cinque mesi. Se non fossimo ormai a fine estate, avrebbe potuto ospitare un numero ancora maggiore di api. Il favo è stato asportato ma verrà ricostruito in un luogo più idoneo. Recuperate tutte le api e ben sette chili di miele già pronto, prodotto senza la minima presenza di fitofarmaci o altre sostanze.

da LaRepubblicaBari

Istarele-Palesina - Noi anarchici contro il muro

Un attivista anarchico israeliano parla delle lotte bipartisan insieme con i palestinesi contro la politica governativa. E spiega quale sia stata (e sia) la presenza anarchica nella storia degli ebrei immigrati da tutto il mondo.

L’idea di scrivere questo articolo nasce perché nel mese di maggio abbiamo invitato (circolo dei malfattori, centro studi libertari/archivio Pinelli e studenti libertari) a Milano Uri Gordon, anarchico e attivista di anarchici contro il muro.Nei quattro giorni passati con Uri, oltre a molte chiacchere sulle più svariate tematiche abbiamo organizzato un seminario/laboratorio su l’anarchismo declinato al presente all’università statale di Milano e un incontro al circolo dei malfattori su la questione israelo/palestinese. In questo articolo cercherò di spiegare chi sono gli anarchici contro il muro con un box sulla loro storia e con qualche domanda che ho fatto a Uri Gordon.

L’intifada del muro

Prima di iniziare con qualche domanda, grazie Uri per la tua disponibilità, grazie di essere venuto in Italia per un fitto giro di conferenze che ti porteranno in una settimana in diverse città italiane per parlare dell’esperienza degli anarchici contro il muro. La prima domanda che ti vorrei fare è banale ma fondamentale per inquadrare l’esperienza di ACIM: quando e come nascono gli Anarchici contro il muro?

Gli ACIM sono un prodotto di due sottocorrenti che si sono incontrate nel 2003 un anno dopo l’inizio della costruzione del muro da parte di Israele, nel campo di protesta durato quattro mesi formato da attivisti palestinesi, israeliani ed internazionali nel villaggio di Mas’ha, che stava per perdere le terre a causa del passaggio del muro. Questo campo divenne il punto focale per una nuova forma di lotta unitaria, civile a democrazia diretta su base territoriale e di fatto iniziò una terza intifada conosciuta come “intifada del muro”.

Anarchici contro il muro, che basi teoriche ha e che rapporto ha con il pensiero anarchico storico e attuale, cosa vuol dire per voi essere anarchici?

Anarchici contro il muro è un movimento misto, non tutti gli attivisti che ne fanno parte sono anarchici, diciamo che ci si ritrova su affinità specifiche e in questo caso è quella di combattere contro il muro e l’occupazione in Palestina da parte dello stato di Israele.
Gli ACIM cercano di evitare il peso eccessivo ed ingombrante delle impalcature ideologiche, per assumere come proprio centro di gravità le pratiche, non che l’analisi teorica ed i principi non siano necessari, dal momento che noi vi facciamo ricorso quando occorre decostruire i miti dell’apartheid sionista. Tuttavia, attualmente, le individualità che compongono gli ACIM preferiscono dedicarsi, alla decostruzione del muro di Israele e ad esprimere il loro dissenso contro la politica dell’occupazione dei territori palestinesi.
Da un secolo, l’anarchismo costituisce una corrente secondaria ma tuttavia presente in Palestina e Israele, formando tre distinte ondate: il socialismo libertario delle prime comuni o kibbutz; le attività culturali e editoriali degli immigrati di lingua yiddish; e l’anarchismo contemporaneo israeliano.
Nella società palestinese esistono individualità simpatizzanti ma non c’è alcun movimento anarchico organizzato, data anche l’egemonia a sinistra di partiti marxisti quali il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Tuttavia la prima Intifada (1987-1989) guadagnò il sostegno degli anarchici in quanto insurrezione di base con un generalizzato rifiuto di pagare le tasse, scioperi generali, scontri urbani e la nascita di scuole clandestine e progetti per il mutuo appoggio. Sin dal 2000, gli anarchici israeliani ed internazionali hanno portato avanti campagne di solidarietà in Palestina.
Gli sforzi dei militanti israeliani contro l’occupazione ed in solidarietà con i palestinesi furono rafforzate con l’inizio della seconda Intifada. La rete Ta’ayush (Parterniato Arabo-Ebreo), sebbene non dichiaratamente anarchica, si organizzava informalmente per rompere gli assedi e portare viveri alle città palestinesi, per difendere gli agricoltori, sotto attacco dei coloni e dei militari mentre coltivavano i loro campi.
Dall’estate del 2001, arrivano molti anarchici stranieri in Palestina nelle file dell’International Solidarity Movement (ISM), che accompagnano i palestinesi nelle loro azioni non violente di smantellare i blocchi stradali e disobbedire ai coprifuoco; serviranno anche come scudi umani e testimoni oculari durante l’offensiva israeliana della primavera del 2002. Si indebolirà l’ISM in seguito all’assassinio dei due suoi militanti, Rachel Corrie e Tom Hurndall, nella Striscia di Gaza, e alla campagna di repressione israeliana che faceva perquisizioni degli appartamenti ed uffici dell’ISM, attuando deportazioni e negando i visti per poter entrare nel paese. A partire dalla primavera del 2003, gli anarchici israeliani iniziano ad organizzarsi autonomamente per collaborare con i palestinesi e con gli internazionali, particolarmente nella campagna contro la costruzione del Muro della Separazione nella West Bank.

Gli anarchici e i kibbutz

Allora facciamo un passo indietro per capire meglio, quali sono le radici e come si diffonde l’anarchismo in Israele?

Le idee anarchiche erano piuttosto diffuse nella seconda e terza ondata di immigrazione ebraica in Palestina, ed erano centrali nella nascita dei primi kibbutz. Le prime 28 comuni furono fondate tra il 1910 e il 1914, in seguito ai tanti scioperi ed alle vertenze nelle colonie che erano state fondate durante la prima ondata. I fondatori, per lo più giovani e non sposati, costruirono le comuni in base ai principi del collettivismo, dell’uguaglianza e dell’autogestione, sperando di poter creare una società libera e socialista di ebrei ed arabi in Palestina.
L’anarchismo era molto influente nel partito dei comunardi, Hapoel Hatzair (Il Giovane Lavoratore), il cui giornale includeva articoli di e su Proudhon e Kropotkin.
Aharon David Gordon (1856-1922), un impiegato della forestale che immigrò in Palestina all’età di 47 anni, divenne capo spirituale di Hapoel Hatzair e fu molto vicino all’anarchismo. Sotto l’influenza del misticismo chassidico e degli scritti di Nietzsche e Tolstoy, Gordon promosse il lavoro manovale collettivo come chiave alla rigenerazione ebraica, e la liberazione spirituale attraverso la creatività ed il ritrovato contatto con la natura. Fermo nel suo antimilitarismo e pacifismo, Gordon non parlò mai di uno Stato ebraico e faceva appello al rispetto e alla collaborazione con i contadini arabi.
Joseph Trumeldor (1880-1920), un soldato immigrato che organizzò le prime forze ebraiche di difesa, fu influenzato da Kropotkin e Tolstoy e si dichiarò “anarco-comunista e sionista”. Ispirato da Trumpeldor, la Gdud HaAvodah (Battaglione del Lavoro) nacque come comune decentralizzata, le cui bande di muratori cercarono di creare una Comune Generale in Palestina.
Gustav Landauer ebbe un’influenza diretta sui membri di Hashomer Hatzair (La Giovane Guardia), un movimento giovanile sionista-socialista per immigrati, che pose le basi della terza ondata di immigrazione dopo il 1919. I suoi membri facevano sovente riferimento esplicito all’anarchismo nei loro appelli all’indipendenza comunale, rapporti egualitari, democrazia diretta e rinnovamento spirituale.
Verso la fine degli anni 1920 cominciò ad indebolirsi la tendenza anarchica in Palestina, specialmente con l’influsso di capitali privati nel paese e l’aumento nel controllo economico e politico dei kibbutz da parte delle istituzione centrali ebraiche in Palestina, sotto l’egemonia del partito di Ben Gurion, il Mapai (Partito Operaio della Terra di Israele).

Torniamo all’attualità: cosa caratterizza questo movimento degli ACIM, e come viene visto dal’opinione pubblica israeliana?

Come ti dicevo prima, questo movimento è caratterizzato soprattutto dalla voglia di combattere contro il muro e l’occupazione dei territori, diciamo che la cosa che lo caratterizza di più è la pratica unitaria, israeliani e palestinesi uniti nell’azione diretta non violenta contro il muro.
Per quanto riguarda l’opinione pubblica israeliana è difficile rispondere, la maggior parte degli Israeliani è a favore del muro e dell’occupazione soprattutto a parole perché nella pratica anche la loro vita, la vita di tutti diventa più difficile con il muro e la sempre più ampia militarizzazione del territorio.
Penso che gli ACIM non siano visti particolarmente bene dalla maggior parte dell’opinione pubblica israeliana, ma tu cosa mi diresti se ti girassi la domanda, come siete visti dall’opinione pubblica voi anarchici italiani?

In effetti anche se viviamo una situazione completamente diversa dalla vostra è difficile rispondere alla domanda; come siamo visti dall’opinione pubblica qui in Italia, c’è una grande differenza da come ci dipingono i media a quello che siamo veramente, penso che siano importanti soprattutto i rapporti reali che riusciamo a creare nei territori in cui lottiamo quotidianamente con le persone affini e non affini alle nostre idee e alle nostre pratiche. Chiaramente gli anarchici in Italia come in tutto il mondo sono diversi fra di loro e lottano in svariate tipologie differenti, comunque in ogni caso, non credo che gli anarchici in Italia siano ben visti dall’opinione pubblica.
Invece come sono i rapporti con la comunità palestinese, in Israele?


I rapporti con molti individui palestinesi sono buoni e anche con varie comunità palestinesi ma è innegabile che non sempre i rapporti sono perfetti, in Israele soprattutto negli ultimi anni il conflitto è aumentato con l’esercito che ha cominciato a sparare provocando morti e feriti anche fra gli attivisti israeliani, mentre con la gente comune dipende da situazione a situazione , da quartiere a quartiere.
Oggi, gli anarchici contro il muro sono sempre attivi nella West Bank ed in Israele, hanno partecipato all’opposizione alla seconda guerra del Libano nell’agosto del 2006 e alla guerra di Gaza nel gennaio del 2009.

Lotte e repressione

Hai notato un aumento della repressione di stato negli ultimi periodi?

Sicuramente la repressione è aumentata molto contro gli attivisti degli anarchici contro il muro, in una delle azioni contro l’ultima guerra in Palestina ventun membri del gruppo sono stati arrestati dopo aver bloccato l’ingresso della base delle Forze Aeree Israeliane di Sde Dov, nella parte nord di Tel Aviv. I manifestanti, che indossavano maschere bianche macchiate di sangue finto, si sono sdraiati sulla strada fingendo di essere morti. Sono stati arrestati dopo essersi spostati dalla strada, mentre stavano già sul marciapiede.
La protesta sarebbe dovuta servire a mostrare ai piloti delle Forze Aeree Israeliane il risultato delle loro azioni a Gaza. Dall’alto del cielo, un pilota che schiaccia un bottone può ignorare, dimenticare, o non essere neppure in grado di capire che in quel preciso momento ha ucciso persone innocenti.

Grazie Uri, a te e a tutti gli anarchici contro il muro va la mia, la nostra solidarietà e speriamo che la lotta degli ACIM cresca sempre di più, sia sempre più conosciuta e supportata in tutto il mondo.

di Andrea Staid da "A"rivista


Chi sono gli Anarchici Contro Il Muro

Gli anarchici contro il muro (ACIM) sono una bandiera nel cui nome vengono compiute azioni che sono diametralmente in opposizione non solo con l’occupazione, ma anche con le sue cause profonde, in opposizione con le prospettive personali ed il sistema politico, militare e civile, che all’interno di Israele sostiene l’occupazione. L’azione diretta e la lotta unitaria sta nel cuore degli ACIM, le premesse del gruppo possono essere fatte risalire alla fusione di due sotto correnti durante l’intifada di al-Aqsa, la seconda rivolta palestinese.
Gli ACIM non ricevono finanziamenti da nessuna organizzazione o associazione ufficiale e non hanno dei funzionari retribuiti, contano interamente sulle donazioni dei compagni\e di tutto il mondo per portare avanti la loro lotta e le spese legali. Dal 2003 in centinaia sono stati arrestati e decine di attivisti sono stati mandati a processo.
Per questo è molto importante la solidarietà internazionale di cui gli ACIM hanno bisogno, di legami pratici e produttivi, di inviti a tenere conferenze per far conoscere la loro lotta in giro per il mondo.
Sono presenti in una vasta gamma di proteste in Israele, compresa la lotta contro le armi nucleari, che ha avuto il suo culmine nella Giornata di Hiroshima, il 6 agosto 07.
Chi sono gli ACIM, come ha scritto il politologo Neve Gordon sulla edizione on-line di “The Nation” (30 luglio 2007):

“Gli Anarchici Contro Il Muro non hanno dirigenti ufficiali, non hanno un ufficio e nemmeno dei funzionari retribuiti, eppure sono riusciti a fare molto di più di molte ONG ben funzionanti e di molti movimenti sociali insieme […] Come attivisti ebrei essi sanno molto bene che i militari israeliani si comportano molto diversamente quando gli ebrei sono presenti durante una manifestazione in Cisgiordania e sanno bene che il livello di violenza dei soldati, in genere molto severo, scema in intensità quando ci sono loro nelle manifestazioni. Infatti, le forze militari hanno regole di ingaggio molto più restrittive nell’uso delle armi da fuoco, quando vi è la partecipazione di attivisti non palestinesi. Per cui, quando un pubblico comitato di un villaggio decide di fare una protesta nonviolenta contro l’occupazione delle terre, gli anarchici si mescolano con gli abitanti del villaggio, diventando uno scudo umano per tutti quei palestinesi che hanno scelto di seguire l’insegnamento del Mahatma Gandhi e di Martin Luther King. Ed anche se gli anarchici vengono di frequente picchiati ed arrestati, loro non si arrendono.”

Venezia - Tagliamo la Guerra non l'Università



Ieri gli studenti degli atenei veneziani hanno contestato i ministri del governo e alcni esponenti dell'opposizione che erano presenti al Palazzo della Provincia, Ca' Corner, in occasione di un convegno organizzato dalla Confcommercio. A questo convegno avrebbe dovuto partecipare anche il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, salvo disdire nelle ultime ore la sua presenza.

Gli studenti hanno deciso di occupare la terrazza del Museo Guggenheim, situata di fronte al Palazzo Corner. Sono arrivati in barca superando la blindatura delle volanti di Polizia e Finanza e, in parte, direttamente dall'interno del museo.
Hanno esposto, mentre continuava lo speakeraggio dalla barca, diversi striscioni che ripotrtavano scritto "Noi la crisi non la paghiamo", "Tagliamo la guerra e non l'Università".

Gli studenti hanno contestato la politica di governo del taglio indiscriminato ai finanziamenti a Università e formazione in generale, e ribadendo la loro contrarietà e il loro dissenso a una missione di guerra, quella in Afghanistan, che continua da otto anni a provocare morte, violenza e distruzione. Hanno ribadito che sapere e formazione sono le risorse da incrementare per uscire dalla crisi e che la necessità ora è il ritiro immediato delle truppe e la fine ai finanziamenti alle missioni, che non sono certo di pace.

La blindatura del Palazzo Corner è stata la risposta, insieme allo schieramento della polizia in antisommossa dentro al Museo Guggenheim, che il governo ha saputo dare a chi dissentiva.

a seguire il comunicato degli studenti

Tagliate la guerra non l'università!

Oggi, 19 settembre 2009, noi studenti dell'onda anomala di Venezia abbiamo contestato i ministri e i rappresentanti dell'opposizione presenti a Ca'Corner per un convegno organizzato dalla Confcommercio sul lavoro immateriale. A tale convegno avrebbe dovuto prendere parte anche il Ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, salvo disdire la sua presenza negli ultimi giorni (forse memore delle contestazioni subite
recentemente a Napoli).

Di fronte comunque alla presenza di questo governo, che taglia i finanziamenti a università, formazione, ricerca e cultura, e che, d'altra parte, chiama all'unità nazionale nel sostegno di una missione militare, quella in Afghanistan, che dura da otto anni e non ha portato altro se non morte, violenza e distruzione tra la popolazione, abbiamo deciso di contestare questa situazione ribadendo che formazione e sapere cooperante libero e critico, sono le risorse da incrementare per uscire dalla crisi e garantire il nostro presente e il nostro futuro.

Abbiamo ribadito davanti al Palazzo Corner, blindato da volanti di Polizia e Finanza, e occupando il balcone del Museo Guggenheim, situato di fronte a dove si svolgeva il convegno, che gli unici tagli da effettuare sono quelli alle missioni militari.

Le uniche risposte che abbiamo ricevuto sono state lo spiegamento di volanti che hanno provato con violenza ad impedire alla barca su cui viaggiavamo di avvicinarci al Palazzo Corner e lo schieramento della polizia in assetto antisommossa all'interno del Museo Guggenheim.

In una situazione economica e sociale in cui la crisi si sta facendo sentire e i conflitti sociali non sono certo pacificati, basti pensare all'estate in cui lavoratori dello spettacolo e operai si sono mobilitati scendendo nelle piazze e salendo sui tetti delle fabbriche, noi studenti abbiamo oggi ribadito che la nostra battaglia per un'università differente e cooperante continuerà anche quest'anno e che noi questa crisi, che non abbiamo prodotto, non abbiamo intenzione di pagarla.

Onda Anomala Venezia

BOLOGNA - Una perquisizione anale a venti operai della Segafredo di Rastignano

Cercavano droga i Carabinieri di Pianoro, una decina giovedì mattina sono entrati in azienda, ma non hanno trovato nulla.Umiliazione e rabbia invece per i lavoratori del reparto confezionamento, tutti maschi che hanno dai 30 fino ai 56 anni.
A fine giornata ognuno di loro si è trovato in mano un verbale dove si formalizza che la perquisizione è avvenuta per possesso di droga.
Per qualcuno l’esito è stato positivo.
I lavoratori, operai e impiegati, hanno subito bloccato la produzione per riunirsi in un’assemblea che è durata per almeno quattro ore. Nessuna mobilitazione per il momento è stata concordata.
La Flai Cgil si è riservata di agire sul piano legale e di fare tutte le indagini. L’Arma dei Carabinieri smentisce alcune pratiche “invasive”. La perquisizione, dice, è avvenuta con i lavoratori a ginocchia piegate, senza jeans e mutande. L’irruzione è scattata, fanno sapere sempre i Carabinieri, dopo una denuncia contro ignoti fatta dall’azienda per spaccio e consumo di cannabinoidi e cocaina all’interno di quel settore di produzione. Segafredo, sostiene il sindacato, ha raccontato invece di non sapere nulla, ma fino ad oggi non ha rilasciato dichiarazioni. Un mese e mezzo fa però diversi operai sono stati sottoposti ad esami specifici delle urine, proprio per riscontrare sostanze stupefacenti. L’esito nuovamente negativo. Anche qui c’è una relazione, ha chiesto la Flai-Cgil all’azienda? No, è stata la risposta.“Neanche con le Br si sono fatte perquisizioni di questo tipo, nè a Bologna nè in Italia” ha attaccato Vito Rorro, segretario provinciale della Flai - Cgil.

da Indymedia

Un milite ignoto

In un torrido scompartimento di una notte di luglio, su un treno che cigolando lungo la riviera tirrenica collega la Calabria a Roma, m’è capitato di chiacchierare con un giovane emigrato della guerra. Il pendolare in mimetica era stanco. Non ne poteva più di fare su e giù, di percorrere ogni settimana la strada ferrata che dalla caserma di Roma conduce alla sua casa della periferia di Reggio Calabria, dove vivono moglie e figlia. Per questo, non ci ha messo molto a rinunciare alla mascella volitiva e alla retorica neopatriottarda e a raccontare di cosa gli tocca fare per campare e pagare un mutuo. Come andare in missione all’estero. E non potersi rifiutare di andare in Afghanistan. Com’è la situazione là? «Noi non ci capiamo niente – ha detto il milite ignoto – Ma sappiamo tutti benissimo, dal più alto in grado all’ultimo arrivato, che non caveremo un ragno dal buco».
E’ abbastanza disperante che le uniche voci dello schieramento parlamentare a favore della «exit strategy» dal vicolo cieco afghano vengano da destra. Il ragionamento di Bossi è tutt’altro che pacifista, è in linea con le posizioni xenofobe del suo partito: «E’ inutile esportare democrazia a questa gente». Berlusconi è tentato di assecondare i sondaggi [l’ampia maggioranza del paese è contraria all’intervento] e richiamare i «ragazzi» a casa, magari anche con un bello show strappalacrime condotto da Paola Perego. Fini invece, si conferma come il prescelto dalla diplomazia Usa per rompere le scatole all’amico di Putin [quello del lettone] e fa asse col filo-atlantico Napolitano e con il Pd. Sono le piccole ragioni politiciste di chi analizza le mappe militari irachene col bilancino della guerra fredda nella maggioranza. Ci vorrebbe un bel movimento contro la guerra, che non perde di vista lo scenario globale e dentro quel contesto ridisegna un altro mondo. Forse persino il milite ignoto capirebbe le sue ragioni.

di Giuliano Santoro da Carta

Pochi ma buoni per la libertà di stampa


Non era facile intercettare in poche ore tutti quelli che avrebbero voluto mantenere la manifestazione per la libertà di stampa, convincerli ad andare in strada lo stesso e spostare l’appuntamento in piazza Navona. Per questo a fine serata gli organizzatori del sit-in «per la libera informazione e il ritiro delle truppe» si dicono comunque soddisfatti. Nell’angolo di piazza Navona assediato dai turisti del sabato si sono avvicendate alcune centinaia di persone per tutto il pomeriggio. Non molte, ma sufficienti per far dire alle redazioni di Liberazione, Terra, Radio città aperta, Left ed Erre che sì, «ne valeva la pena».
Quotidiani periodici e radio - insieme a Rifondazione comunista, Pdci, Sinistra critica, Partito comunista dei lavoratori e Sinistra popolare (l’organizzazione fondata da Marco Rizzo, ex pdci)- venerdì sera hanno deciso di confermare l’appuntamento fissato da settimane per il pomeriggio di ieri. Poco convinti della scelta fatta dalla Federazione della stampa, che ha invece scelto di spostare la propria iniziativa due settimane più in là, per preservare il lutto nazionale di queste ore: «Proprio il rispetto per le vittime dell’attentato avrebbe dovuto indurre il sindacato a riconfermare con forza la manifestazione, perché è proprio nelle zone di guerra che l'informazione paga e ha pagato il prezzo più alto con la vita di decine e decine di giornalisti», hanno spiegato al megafono gli organizzatori. Che, nonostante le divergenze di queste ore, sono già pronti a tornare in piazza il 3 ottobre, assieme alla Fnsi. «Siamo partecipi del cordoglio per le vittime dell’attentato - dice il direttore di Radio città aperta Marco Santopadre - ma in noi resta la rabbia per una informazione ostaggio dei poteri forti».
L’emergenza c’è, dice il regista Citto Maselli, pure lui in piazza: "Siamo in un momento terrificante ed è per questo che annullare la manifestazione è stato uno sbaglio. Davanti all’impressionante atmosfera repressiva che si respira in queste ore, possiamo solo tentare di renderci visibili". La scorsa settimana, prima di scoprire il complotto della sinistra di cui si parla nell’articolo che apre questa pagina, era stato lui, Citto Maselli il principale bersaglio del ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. Accusato, assieme a Michele Placido, di aver intascato denaro pubblico per realizzare film «che al botteghino incassano 3 o 4mila euro»: «Mi sembra di essere tornato all’epoca di Scelba, quando il piccolo teatro di Strehler non poteva andare all’estero per non dare un’immagine negativa del paese», spiega mentre una piccola processione di spettatori si avvicina spiegando che il suo «Ombre rosse» è «proprio un bel film»: «Andreotti diceva le stesse cose che oggi urla Brunetta. Solo, lo faceva con più garbo».

da Il Manifesto