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giovedì 8 ottobre 2009

''Il padre di Alfano chiedeva voti per il figlio''


Gagliardo ha riferito in aula un episodio conosciuto in carcere. Il ministro: «Nessun riscontro»

MILANO - E' la rivolta dei pentiti contro la politica. Quella che prima li corteggia e poi li insulta. Nel mirino un obiettivo elevato: il ministro della giustizia. «In carcere abbiamo visto Angelino Alfano parlare in televisione e dire che la mafia fa schifo. Durante l'ora d'aria, Ciccio Mormina, Pasquale Fanara, Limblici, Vella Francesco dissero che era un pezzo di merda. A questo punto Giovanni Alongi, rappresentante della famiglia di Aragona, disse: "Il padre di Angelino mi ha chiesto voti per Angelino. Anche il padre di Alfano era un politico».


LA RIVELAZIONE DEL PENTITO - A parlare è il pentito di Racalmuto (Agrigento) Ignazio Gagliardo, sentito come imputato di reato connesso dal pm Nino Di Matteo nell' inchiesta-bis su Totò Cuffaro. Gagliardo ha parlato di mafia e politica, riferendo le proprie conoscenze, oltre che sull'ex presidente della Regione Sicilia, imputato di favoreggiamento e rivelazione di segreti e che ora rischia un processo pure per "Concorso esterno", anche ad altri esponenti politici della provincia agrigentina, come l'attuale guardasigilli. I mafiosi, nel commentare le iniziative della politica contro Cosa Nostra, secondo Gagliardo si dimostravano particolarmente irritati per via dello slogan coniato da Cuffaro e utilizzato da Alfano: «Ora facciamo schifo - erano i commenti ascoltati da Gagliardo in carcere - ma non lo facevamo prima, quando ci chiedevano voti».

IL MINISTRO: «DICHIARAZIONI SENZA RISCONTRO» - Alfano ha replicato sostenendo che la mafia gli ha prima mandato proiettili e ora si affida a «veleni e dichiarazioni prive di alcun riscontro» per colpire il governo Berlusconi e la sua durissima politica antimafia. Anche Cuffaro ha sempre escluso qualsiasi tipo di rapporto con i boss e i suoi legali parlano di «affermazioni generiche, vaghe, prive di fondamento».

Tratto da: corriere.it

Italia Futura


Italia Futura, questo è il nome del gruppo di pressione (lobby o fondazione che dir si voglia) capitanato da Luca Montezemolo

Il presidente della FIAT Montezemolo, uomo più di ogni altro avvezzo a privatizzare i profitti socializzando le perdite, recente beneficiario tramite la società NTV (costituita insieme a Diego Della Valle e ad Intesa San Paolo) della gestione delle nuove linee ferroviarie ad alta velocità, pagate decine di miliardi di euro dai contribuenti italiani, è finalmente riuscito a coronare il sogno di possedere un proprio think tank.

Italia Futura, questo è il nome del gruppo di pressione (lobby o fondazione che dir si voglia) capitanato da Luca Montezemolo, è stato presentato ieri ad oltre 200 persone, fra le quali il presidente della camera Gianfranco Fini, il parlamentare del PD Enrico Letta ed il fondatore della comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi.

Montezemolo ha esordito spiegando tutte quelle che non sarebbero le aspirazioni del nuovo think tank, dando una classica dimostrazione di “excusatio non petita, accusatio manifesta”. Italia futura non sarà il laboratorio segreto di misteriose alchimie partitiche, né si renderà espressione di un oscuro complotto di salotti buoni, fortunatamente estinti da tempo, né incarnerà l’ennesimo partito sulla scena politica, dal momento che non servirebbe al paese, né sarà intenzionato ad influenzare le geometrie dei partiti.

Italia Futura, secondo le parole di Montezemolo, sarà “un luogo di idee e proposte che ha un'unica e trasparente missione: fare emergere le molte capacità di cui è ricco il nostro Paese per coinvolgerle nell'elaborazione di un progetto sul futuro dell'Italia. Si tratterà di una missione del tutto normale che prende spunto dagli Stati Uniti e dalla loro ricca tradizione di centri di riflessione sul futuro della nazione. Costruirà ogni tre mesi delle campagne tematiche all’interno delle quali verranno lanciate delle proposte snelle e operative intorno ad alcuni grandi problemi del paese. Rappresenterà un luogo d’ideazione, uno strumento di mobilitazione dell’opinione pubblica, uno spazio per pensare il futuro del paese.

Italia Futura affronterà i temi centrali e cruciali della vita degli italiani, ed uno di questi, la “mobilità sociale” è stato scelto come oggetto della prima campagna ed illustrato in sala nel corso della presentazione da Irene Tinagli, ricercatrice già membro della direzione nazionale del Pd, che ha curato il rapporto sull’argomento.

La “maschera” del buon samaritano, preoccupato per i problemi dei cittadini, indispettito dal fatto che il divario tra ricchi e poveri aumenti e con questo aumentino le diseguaglianze e la difficoltà di scalare la società, già usata da Diego Della Valle durante le puntate di Porta a Porta e Ballarò di qualche anno fa, collocata sul viso di Montezemolo appare ancora più grottesca. Così come la velleità di spendersi per il bene del paese non può che risultare ridicola da parte di un uomo che nel corso della propria (facile) carriera è sempre stato abituato a prendere dal paese, senza mai nulla dare.
Italia Futura non è nè sarà mai un’associazione di beneficenza e anche se con tutta probabilità non diventerà mai un partito, nasce con degli obiettivi ben precisi, facilmente individuabili anche solo leggendo fra le righe le dichiarazioni ammantate di buoni propositi esternate da Montezemolo. Italia futura non sarà un partito, ma mirerà a dirigere e guidare l’operato dei partiti di potere, orientando l’opinione pubblica affinché le garantisca una posizione dominante all’interno del rapporto di forze che verrà a crearsi con la politica. Italia Futura agirà dietro le quinte e non porterà rappresentati in parlamento, ma si spenderà per far si che i parlamentari votati all’interno dei partiti politici portino in parlamento gli interessi di Italia Futura, che saranno molto differenti e spesso addirittura antitetici rispetto a quelli degli italiani.

Se Italia Futura rappresenterà l’avvenire, si nutre la vivida sensazione che possa manifestarsi assai più greve del presente, poiché non c’è aguzzino peggiore di quello che continua a picchiarti dicendo che lo sta facendo soltanto per il tuo bene.

da Indymedia

Mobilitazione Studentesca 9 Ottobre ore 9.30 Piazzale Flaminio ROMA


A LECCE SI PARTIRA' ALLE 09:30 DA PORTA NAPOLI

9 ottobre: le nostre richieste

CORTEO A ROMA ORE 9.30 PIAZZALE FLAMINIO

L’Unione degli Studenti lancia un appello alla mobilitazione generale agli studenti e le studentesse per il prossimo 9 Ottobre 2009, attraverso la seguente piattaforma rivendicativa:

1.Ritiro dei tagli all’istruzione e immediata reintroduzione sul posto di lavoro di tutte le precarie e i precari della docenza e del personale tecnico amministrativo;

2.Rimessa in discussione radicale del provvedimento di riordino degli istituti superiori che andrà in vigore dal prossimo anno e prevede un drastico taglio di ore al fine di risparmiare soldi;

3.Portare la spesa pubblica corrente sulla conoscenza e i saperi al 10 % del Prodotto Interno Lordo (contro il misero 3,9% attuale). Le risorse possono essere recuperate annullando la costruzione dei 131 cacciabombardieri f-14 del sistema d’arma Joint Strike Fighter (che il Governo italiano ha autorizzato a costruire per un valore di 14 miliardi di euro) e cancellando il piano di sviluppo infrastrutturale pari a 5 miliardi di euro in favore della dittatura libica di Gheddafi;

4.Riconversione totale dei circuiti telematici della rete scolastica dal sistema Microsoft al sistema operativo gratuito Linux, con conseguente impiego delle quote di risparmio nell' ammodernamento delle strutture tecnologiche e nel loro impiego a fini didattici;

5.Legge quadro nazionale per il diritto allo studio: Pur essendo il diritto allo studio materia di competenza delle regioni, chiediamo che lo Stato individui dei livelli minimi di accesso allo studio (trasporti, libri di testo, mense, borse di studio, accesso alla cultura, ecc) ;

6.Istituzione del “reddito di formazione”, ovvero un reddito per gli studenti, garantito attraverso forme dirette, ovvero borse di studio distribuite a prescindere dal reddito, e forme indirette, ossia l'erogazione gratuita di servizi quali i trasporti, libri di testo, e tutto ciò che rientra nell'ambito della cultura.

Abolizione della legge 30 che istituisce forme di precarietà devastanti e che impedisce, una volta concluso il ciclo formativo, di accedere ad un lavoro stabile e appagante;

7.Piano di finanziamento straordinario al fine di coprire l’assistenza totale per il recupero debiti (che il Ministro Fioroni nel 2007 aveva promesso e mai mantenuto per l’impossibilità delle scuole di coprire economicamente i corsi), attraverso sportelli settimanali che possano avviare percorsi individuali di risanamento delle lacune didattiche;

8.Istituzioni di Commissioni Paritetiche docenti-studenti in tutte le scuole secondarie di 2° grado che possano discutere i metodi e i contenuti delle lezioni (ormai vecchi di decenni, in molti casi) e creare un sistema di didattica partecipata e non schiacciata sulla discrezione dell’insegnante e sulla logica della lezione frontale;

9.Riforma della valutazione con conseguente ritiro dell’ultimo regolamento varato dal Ministero (che prevede la valutazione in decimi per tutte le scuole, la partecipazione degli insegnanti di religione cattolica agli scrutini in cui si definiscono i crediti formativi, la ammissione alla maturità solo per gli studenti che abbiano sei in tutte le materie, non garantisce gli studenti dal voto in condotta, ecc).

Abolizione del voto in decimi e istituzione di un sistema di valutazione a giudizio come avviene nella quasi totalità dei Paesi Europei; abolizione voto di condotta; sistema di corsi di aggiornamento permanenti per il corpo docente e introduzione di un sistema di valutazione dell’insegnamento ;

10.Ritiro del PdL Aprea (che mira a privatizzare la scuola trasformando i consigli di istituto in consigli di amministrazione non garantendo la rappresentanza degli studenti) e apertura di un dibattito pubblico sul ruolo e la funzione degli Organi Collegiali e sulla governance scolastica che possa dare avvio ad un provvedimento di Riforma complessiva;

11.Cambiamento della materia di religione cattolica in “Storia delle religioni e dei culti”, il cui reclutamento del personale docente sia di totale competenza dello Stato e senza alcun peso specifico negli scrutini finali;

12.Ritiro immediato del “pacchetto sicurezza” e delle forze militari presenti nelle città con finalità di ordine pubblico e ritiro delle ordinanze che impediscono la mobilità dei cortei;

13.Libero accesso alle informazioni: copertura wi-fi nel 100% del territorio nazionale; potenziamento della Carta “Io Studio” al fine di garantire agli studenti gratuità a musei, cinema, monumenti, teatri e mostre artistiche nazionali e estenzione della carta anche agli studenti universitari;

14.Non vogliamo mica la luna;

15.Vogliamo l’universo.

DIAMOGLI UNA LEZIONE

UnioneDegliStudenti
da Indymedia

Qesta è bella mo! A Nardò i "lavavetri"intralciano la circolazione veicolare e pedonale e creano problemi di sicurezza e di ordine pubblico...!

DIVIETO DI ACCATTONAGGIO MOLESTO E DI ESERCIZIO DEL MESTIERE DI "LAVAVETRI" NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI NARDO'

I L S I N D A C O

PRESO ATTO

delle ripetute segnalazioni pervenute con le quali l’intera cittadinanza lamenta la presenza di persone dedite all’accattonaggio nell’ambito del territorio comunale specie nei giorni di mercato o in prossimità di supermercati e luoghi di culto, nonché la presenza di persone che si propongono quali c.d. “lavavetri” e/o venditori di mercanzia in prossimità degli incroci semaforici;...

Per prima cosa vorremmo sottolineare il fatto che noi, redazione LA FONTE, non facciamo parte dell' INTERA cittadinanza! Poi vorremmo anche sapere dove stanno questi lavavetri e capire come mai nel giro di 48 ore sono diventati il problema numero uno dell'agenda politica cittadina....

Noi sosteniamo che è sbagliato generalizzare le colpe, ed è altrettanto sbagliato individuare categorie di persone cui attribuire la colpa dei disagi avvertiti dai cittadini(quali?).
Le istituzioni devono essere in grado, in primo luogo, di dare una risposta sociale ai problemi. In secondo luogo prevenire, ed eventualmente sanzionare, i singoli comportamenti antigiuridici.

In altri termini, il singolo lavavetri(ammesso che ci sia) che si mostrasse minaccioso o violento, dovrà essere sanzionato, anche penalmente, senza che ciò tracimi in forme di reazione verso tutti gli altri, che violenti non sono.

L'insegnamento della scienza giuridica democratica è che non è mai una categoria, una fede religiosa, una nazionalità ad essere violenta, ma che il diritto deve verificare sempre e solo le responsabilità personali.

Senza dimenticare che è poi compito della società civile accompagnare queste persone, spesso in fuga da realtà drammatiche quando non tragiche, verso occupazioni più dignitose che assicurino loro il sostentamento.

Se pensate che vi stiamo prendendo in giro allora leggete l'intera ordinanza QUI

CAP ANAMUR - TUTTI ASSOLTI IL SALVATAGGIO NON E' REATO

AGRIGENTO – Salvare vite umane non costituisce reato. Molti lo riterranno scontato, eppure è la notizia dell'anno. Anzi degli ultimi cinque anni. Tanto infatti è passato dal 12 luglio 2004, quando l'equipaggio della nave Cap Anamur della omonima ong tedesca, venne arrestato con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina dopo aver salvato la vita a 37 naufraghi soccorsi nel Canale di Sicilia. Dopo un estenuante processo durato 5 anni e oltre 30 udienze in cui sono stati sentiti più di 40 testimoni, il Tribunale di Agrigento oggi ha assolto con formula piena gli imputati: Elias Bierdel e Stefan Schmidt, rispettivamente presidente dell'associazione Cap Anamur e comandante dell’omonima nave, perché "il fatto non costituisce reato". Il primo ufficiale Vlasimir Dachkevitce, è stato invece assolto per non avere commesso il fatto. Una sentenza per niente scontata, che smonta l'impianto accusatorio dei pubblici ministeri Santo Fornasier e Gemma Milani, che avevano sostenuto che non si fosse trattato di un salvataggio, quanto piuttosto di “una grande speculazione mediatica per pubblicizzare un film documentario e trarne vantaggi di notorietà”. Per questo l'accusa aveva chiesto la condanna degli imputati a 4 anni di carcere e 400.000 euro di multa.

Finisce così il calvario degli imputati, finiti sotto giudizio per aver rispettato il diritto marittimo, che obbliga al salvataggio e all'accompagnamento dei naufraghi nel porto sicuro più vicino. Una norma che però stride con il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, di cui si rende autore chiunque accompagni sul territorio italiano cittadini stranieri privi di un regolare visto d'ingresso. E infatti il caso Cap Anamur non è l'unico. In molti ricorderanno le vicende del cargo Pinar, che ad aprile rimase bloccato per giorni in mare con dei naufraghi a bordo, in attesa che l'Italia ne autorizzasse lo sbarco. Quanti invece ricordano il caso dei sette pescatori tunisini di Teboulbah? L'8 agosto 2007 salvarono 44 naufraghi e li sbarcarono a Lampedusa, dove vennero arrestati in flagranza di reato, con l'accusa – di nuovo – di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Per loro la sentenza è fissata al 17 novembre 2009.

Gli avvocati di Bierdel e Schmidt si sono detti soddisfatti. “Oggi viene ristabilito un principio di diritto internazionale tra i più antichi al mondo: quello del salvataggio in mare, già codificato ai tempi dei Fenici”. Così l’avvocato Liana Nesta commenta l’assoluzione dell’equipaggio della Cap Anamur dopo un processo durato 5 anni, e che ha visto l’audizione di oltre 40 testimoni in 30 udienze. “Salvare vite umane – continua l’avvocato – è sempre un dovere e mai un reato”. E l’avvocato Vittorio Porzio aggiunge: “Con questa sentenza viene ristabilito anche un altro principio di diritto internazionale: e cioè che il salvataggio non si esaurisce prendendo a bordo i naufraghi ma portandoli in un porto sicuro, e a decidere quale sia questo porto spetta unicamente al comandante della nave, come previsto dalle convenzioni internazionali”. Gli avvocati della difesa attendono adeso la pubblicazione delle motivazioni della sentenza per valutare eventuali azioni di richiesta di risarcimento danni per l’ingiusta detenzione di 4 giorni dei loro assistiti successivamente allo sbarco nel 2004 e per il danno di immagine subito.

Ma dove sono finiti oggi i 37 naufraghi soccorsi? 35 di loro furono rimpatriati nei mesi successivi al salvataggio: 17 in Ghana e 18 in Nigeria. E soltanto 2 di loro rimasero in Italia. Tra i 35 rimpatriati ben 24 avevano ottenuto il riconoscimento dello status umanitario dalla commissione di Caltanissetta. Non solo. Come ha ricordato Elias Bierdel in conferenza stampa, subito dopo il salvataggio oltre 37 città italiane si offrirono per accogliere i naufraghi, ma la loro disponibilità non venne raccolta dal governo italiano. “Attenzione però a non censurare soltanto il comportamento del governo italiano – aggiunge l’avvocato Porzio –. Lo stesso deprecabile comportamento fu tenuto allora dal governo tedesco, il quale rifiutò di concordare il diritto di transito dei naufraghi verso la Germania per poter esaminare là le loro richieste di asilo”.

da Fortress Europe

Assolti De Gennaro e Mortola. Lo Stato non si condanna!


E' bastato un quarto d'ora alla camera di consiglio del tribunale di Genova per esprimere il verdetto del processo sull'irruzione nella scuola Diaz durante il G8 del 2001. Imputati l'ex capo della polizia De Gennaro, l'ex dirigente della digos Mortola e l'ex questore Colucci. De Gennaro e Mortola assolti per non aver commesso il fatto, Colucci rinviato a giudizio. Il gup Silvia Carpanini ha ritenuto bene di respingere le richieste dei pm Zucca e Albini; erano stati richiesti 2 anni per l'ex capo della polizia e 1 anno e 4 mesi per l'ex dirigente digos.


Secondo le accuse, i 2 avrebbero spinto Colucci a rendere falsa testimonianza ai giudici genovesi in merito all'invio dell'ex responsabile delle comunicazioni della polizia Roberto Sgalla alla scuola Diaz la notte della sanguinosa irruzione durante G8 di Genova. Colucci avrebbe sostenuto, in un primo tempo, di avere ricevuto da De Gennaro l'ordine di inviare Sgalla alla scuola Diaz, per poi negare tutto in un secondo tempo. Fu una telefonata tra Mortola e Colucci intercettata dagli inquirenti a dare avvio all'inchiesta.

Al di la delle diverse articolazioni processuali sui fatti di Genova, che lasciano il tempo che trovano dinnanzi a quel che è stato Genova 2001 per i movimenti, la capacità di praticare e far esplodere il conflitto contro l'asserragliato vertice dei potenti, l'esito che si ha ancora quest'oggi è assolutamente in linea con quel che è la normalità quando è lo Stato ad essere "sotto processo": nessuna condanna per i servitori dello Stato, tutti assolti ed estanei ai fatti. Si consuma il rito democratico sotto lo spot della "legge uguale per tutti", nella rassicurazione pubblica sulla giustezza dello Stato e nell'obbligata protezione di chi dello Stato è parte. Tutti assolti, tutti promossi, come puntualmente si è verificato: per ciò che riguarda questo processo, De Gennaro è stato mandato nelle stanze dei bottoni dei servizi segreti, Mortola spedito a Torino come vice-questore.

Grande soddisfazione nell'arco parlamentare per la sentenza: Gasparri del Pdl torna a denunciare la presunta campagna denigratoria contro le forze dell'ordine, Minniti del Pd ha dichiarato di aver fatto le sue chiamate per congratularsi con gli interessati... "La sentenza non mi stupisce. De Gennaro fa parte della categoria degli intoccabili del nostro paese. Dopo i fatti i di Genova ha avuto una carriera sfolgorante, quindi non ho nessuno stupore davanti a una sentenza di assoluzione di questo tipo" ha invece detto Heidi Giuliani, mamma di Carlo, ucciso a Genova 2001.

Nemmeno le intercettazioni telefoniche nelle quali Mortola ordina a Colucci cosa dire sono servite, ma i movimenti hanno la memoria lunga a prescindere da ciò, da processi e sentenze... basti pensare a quel che l'Onda, durante il No G8 University Summit di Torino, cantava in faccia a Mortola mentre il vice-questore si prodigava in piazza per andare più forte con i manganelli...

da Infoaut

Bergamo: togliete quella targa! ·

«Non ci riconosciamo affatto nell’azione firmata da Casa Pound Bergamo che ha posizionato una targa con il nome di Peppino alla Biblioteca di Ponteranica. Stavolta siamo noi che chiediamo di rimuoverla». E' quanto affermano all'Associazione Peppino Impastato – Casa Memoria che contestano il blitz con il quale alcuni militanti di estrema destra hanno affisso, proprio sui muri della biblioteca comunale, una targa con scritto: «Onore a Giuseppe Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978. Amore e coraggio non hanno confini, né partiti. Casa Pound Bergamo».

«Ci teniamo, infatti, a rinnovare la natura antifascista delle battaglie condotte da Peppino - dicono all'Associazione Impastato - e non riteniamo possibile che organizzazioni neofasciste possano dichiarare di agire in suo onore perché, nei fatti, attuano una politica che è esattamente contraria ai suoi ideali e a quanto da lui realizzato».
«Coloro che sono scesi in piazza il 26 settembre a Ponteranica, ben settemila persone - prosegue la nota - non erano affatto rappresentanti di una sinistra allo sfascio, come da loro dichiarato in un comunicato, ma persone che si riconoscono nell’impegno contro la mafia, il fascismo e il razzismo che è costato a Peppino la vita. Non siamo disposti a cedere a qualsiasi tipo di revisionismo, di strumentalizzazione o di ribaltamento mediatico della realtà».

da: http://lombardia.indymedia.org/node/21986

La caccia al negro

Tahar Lamri è uno scrittore algerino. Vive a Ravenna.

“Con la scusa della sicurezza, la nostra città sta respirando in questi mesi un clima di violenta repressione: blitz contro immigrati, sgomberi di centri sociali e di edifici occupati da famiglie senza casa. Operazioni eclatanti, che colpiscono i più deboli con l’obiettivo di aprire nuovi spazi agli interessi economici che governano la città’’.

Questa è la sintesi di un comunicato del Comitato di quartiere Pigneto-Prenestino diffuso il 6 ottobre dopo il “rastrellamento’’ di alcuni abitanti senegalesi della zona compiuto dalla guardia di finanza la sera del giorno prima. Una vera e propria “caccia al negro” – così la chiama il comitato – che si è conclusa con decine di arresti. La mattina del 5 ottobre qualche senegalese aveva reagito a un normale “controllo economico del territorio contro il fenomeno della contraffazione che rientra nei servizi previsti dal Patto per Roma sicura”, spiega la guardia di finanza. Fin qui la cronaca.

Quello che la cronaca non dice è che molti al Pigneto – un quartiere che, a modo suo, proietta Roma nella modernità europea – rifiutano l’aggressività delle forze dell’ordine. I giornalisti, dopo essere scesi in piazza per difendere la libertà di stampa, non parlano di questi fatti, mentre i tg registrano ogni incidente stradale, ogni cane o gatto smarrito. Così non sappiamo cosa è successo davvero: forse sono volate manganellate, forse un finanziere è stato colpito, forse i residenti del quartiere non si accontentano di un comunicato stampa, ma vogliono raccontare quello che hanno visto.

L’offensiva contro i poveri è cominciata molto tempo fa al Pigneto. Il prossimo atto sarà cercare di mettere i penultimi contro gli ultimi. “Noi cittadini del quartiere siamo preoccupati di questa grave spirale di violenza dello stato. Vogliamo che il Pigneto sia un quartiere dell’accoglienza, non della repressione e della speculazione’’. Noi italieni, bianchi e neri, siamo tutti del Pigneto. Tahar Lamri

da Internazionale

Caro Nichi, è l'ora della politica

Bruno Steri,Claudio Grassi
Articolo pubblicato il 6 ottobre da il manifesto


Caro Nichi,

ma avremmo potuto dire: caro Franco, caro Gennaro. Infatti intendiamo rivolgerci a quella parte di Sinistra e Libertà che più conosciamo, avendo condiviso una lunga (ancorché assai contrastata) militanza nel medesimo partito. Il fatto è che quest'ultima tornata di elezioni in alcuni importanti Paesi europei ci fa riflettere. E ci induce a non indugiare e a muovere passi che sappiamo arrischiati: come questa lettera-invito, che certamente può urtare in rancori, veti incrociati, resistenze politiche. Ma tant'è: come tutte le storie, anche le storie passate avranno pur avuto un senso.

Queste elezioni hanno confermato due fatti politici che - benché minimizzati, se non addirittura oscurati nei vari salotti televisivi - a noi paiono di solare evidenza: il fallimento delle politiche di centro-sinistra (con il connesso pesantissimo declino elettorale dei partiti che tali politiche hanno promosso) e, contestualmente, l'avanzata delle sinistre (comuniste, antagoniste, radicali), ossia di quelle formazioni che si collocano alla sinistra dei partiti socialisti e che, in vario modo, articolano una critica di sistema. Questo avviene nel quadro di una preoccupante conferma delle forze politiche di centro-destra. Sta avvenendo cioè quello che molti di noi hanno paventato e che, a nostro parere, sta purtroppo nella logica delle cose: nell'afasia, nel vuoto di rappresentanza sociale creato dal centro-sinistra, si rafforza la svolta moderata e proliferano le pulsioni reazionarie. La crisi sociale, economica, ambientale va maturando dunque un suo esito di destra; ma, per altro verso, è importante che si faccia strada, estenda la propria influenza politica una proposta anticapitalista.

Si può arzigogolare in politichese quanto si vuole: a noi - come detto - tutto ciò appare di solare evidenza. E, per contrasto, balza in assoluto risalto la nostra insufficienza: la difficoltà di offrire una sponda politica consistente e credibile ai soggetti sociali aspramente colpiti dalla crisi ed esposti agli ulteriori sussulti delle politiche di classe che già si annunciano sotto il titolo di "exit strategy" (leggi: perdurante contenimento delle retribuzioni, reali e differite, e taglio ulteriore della spesa sociale). Di qui l'urgenza di riflettere in fretta, assumere responsabilità e produrre decisioni, capaci di dare il più ampio respiro possibile all'organizzazione di una necessaria, dura opposizione. Noi diciamo a noi stessi e vi diciamo: non è l'ora del risentimento, è l'ora della politica. E lanciamo a Sinistra e Libertà la proposta di un'alleanza, di un patto per far nascere anche nel nostro Paese le condizioni di una risposta efficace alla crisi capitalistica, per la ripresa del conflitto sociale, per una tutela delle classi popolari.

Non vogliamo "fingere ipotesi": siamo perfettamente consapevoli delle nostre diversità. E consideriamo questa una partita di fatto conclusa. Ma vediamo anche che lo scenario europeo offre tutta una gamma di possibili soluzioni di co-esistenza a sinistra. Non necessariamente un unico partito, ma la compresenza di formazioni distinte e, ciononostante, in parallela crescita di consensi. Occorre tuttavia esser chiari e netti rispetto alla cesura con la cultura e le politiche neoliberiste: è qui che non vediamo ravvedimenti sostanziali nel Partito democratico. Apprezziamo, nel suo dibattito interno, alcuni elementi della ritematizzazione politica di Bersani; ma, più in generale, non vediamo emergere in nessuno dei partecipanti a tale dibattito quella radicale discontinuità (di cultura e scelte politiche) che dovrebbe per l'immediato futuro garantire dai devastanti orientamenti assunti dal gruppo dirigente di questo partito nel recente passato. Oltre a ciò, anche dall'interno del Pd continuano a venire avanti proposte di modifica della legge elettorale che tendono a stringere ulteriormente la camicia di forza bipolare: non crediamo si possa dire che siamo paranoici se coltiviamo il sospetto che tali interventi a gamba tesa servano soprattutto a far fuori noi (noi della Federazione anticapitalista e della sinistra di alternativa, ma anche voi di Sinistra e Libertà: se non attraverso un colpo direttamente inferto, quanto meno per assorbimento coatto).

Un'alleanza, dunque; questa è l'esigenza che percepiamo distintamente. Certo, non è semplice: non vogliamo nascondere le difficoltà. Come convivere con chi ritiene (Nencini) che la sinistra abbia perso inutilmente vent'anni e che è ora di tornare a Craxi, è affar vostro. Così come riterremmo fuori tempo massimo polemizzare con chi (Mussi) pensa che la falce e martello debba essere derubricato dalla storia. Ovviamente, vediamo in tali giudizi un problema non lieve. Non per questo, consideriamo preclusa ogni interlocuzione. Riconosciamo il diritto all'esistenza della vostra opzione politica. Che non è la nostra. Crediamo giusto pretendere per noi - per i nostri simboli, il nostro nome, il progetto politico della Federazione che siamo impegnati a varare - altrettanto rispetto. Crediamo in una sinistra plurale, non ci siamo mai appassionati ad alcuna "reductio ad unum". Non poniamo veti; e non accettiamo di subirne.

Ma, al dunque, ci chiediamo: è possibile metterci attorno a un tavolo - noi della Federazione, voi di Sinistra e Libertà e quanti a sinistra (associazioni, comitati, sindacati, strutture di movimento) non rinunciano a contestare in radice un sistema sociale iniquo e inefficiente - e provare a discutere quattro/cinque punti programmatici discriminanti, così da contrastare l'offensiva di un establishment che ha fragorosamente fallito e che vorrebbe continuare a dettar legge?

In questa sede non sapremmo essere più precisi di così. Poniamo un'esigenza politica, nella convinzione che essa sia condivisa da una grande parte della nostra gente. Non possiamo continuare a delegare ad altri quell'opposizione incisiva, "senza se e senza ma" - ma anche efficace - che dovrebbe spettare a noi, alla sinistra (comunista, antagonista, radicale). Le centinaia di migliaia di bandiere rosse che solo due anni fa invasero le vie di Roma non sono distrutte; sono solo state ammainate a seguito di una cocente delusione. Proviamo a rialzarle.