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martedì 6 ottobre 2009

SILVIO BERLUSCONI CANDIDATO AL PREMIO NOBEL PER LA PACE 2010 - VIDEO

Della serie “mai dire: impossibile!”, ecco la definizione di Silvio Berlusconi secondo il Comitato della Libertà che lo candida al premio Nobel per la pace 2010 tramite il sito silvioperilnobel.it:

“Un uomo che ha saputo coniugare, con la sua vita, le sue opere ed azioni, il pensiero liberale di Milton Friedman, l’umanesimo economico di Wilhelm Röepke, l’aspirazione di Muhammad Yunus a creare un sistema capitalista inclusivo e non esclusivo”.

Pensate un po’ se qualcuno gli chiedesse di spiegare chi sono Friedman, Roepke e Yunus. Al massimo potrebbe rispondere: “Altri clandestini?”. Esilarante la sua biografia, da vero supereroe. Se per caso siete giù di morale è un vero toccasana.

da LorenzoD'Amelio.org



Legge anti processi, ora si decide

di Paolo Biondani

E' durata poco più di due ore l'attesissima udienza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, la legge ordinaria approvata per fermare i processi penali contro il premier e, in teoria, contro i presidenti della Repubblica, della Camera e del Senato. La Corte non ha ammesso l'intervento del costituzionalista che rappresentava i pm di Milano. Gli avvocati di Berlusconi - Ghedini, Pecorella e Longo - hanno difeso il Lodo spiegando tra l'altro che la nuova legge elettorale mette Berlusconi "sopra i ministri", perché "investito direttamente dalla sovranità popolare". Anche l'Avvocatura dello Stato ha difeso il Lodo negando di aver voluto "condizionare" la Corte con il richiamo al rischio di dimissioni del premier. Longo: "Sono invenzioni, il Governo tiene". E Pecorella non esclude un nuovo Lodo se la Corte dovesse ristabilire la regola che anche Berlusconi può essere processato. Nella relazione della causa, il relatore Gallo ricorda che "è in gioco il principio di uguaglianza che è il fondamento dello Stato di diritto e della democrazia". Il verdetto non prima del tardo pomeriggio

12.55 CORTE COSTITUZIONALE, FORSE VERDETTO SLITTA
In Corte Costituzionale è già in corso la nuova udienza che riguarda un ricorso del Governo contro una legge della Regione Marche diretta a limitare gli abusi sanabili con i condoni edilizi. Mentre avvocati e giornalisti sfollano, il personale della Corte fa capire che la decisione sul Lodo Alfano potrebbe slittare quantomeno a domani. La Corte si ritirerà in Camera di Consiglio solo dopo avere esaminato tutti i ricorsi pendenti per oggi, dunque non prima di metà pomeriggio. Sempre secondo il personale della Corte il verdetto (la decisione secca chiamata 'dispositivo senza motivazioni') verrà "ragionevolmente emessa non prima di domani mattina". Ma non è escluso un rinvio più lungo: da giovedì cinque giudici della Corte Costituzionale saranno in trasferta all'estero. Il primo orientamento sui tempi della decisione verrà comunque comunicato solo alla fine delle udienze in corso.

12.50 LONGO: "IL GOVERNO TIENE"
A margine dell'udienza l'avvocato e parlamentare Piero Longo ha definito "un'invenzione della stampa, che se ne inventa tante" il rischio di dimissioni di Berlusconi in caso di bocciatura del Lodo Alfano. "Il Governo tiene", ha detto Longo che poi ha sorriso: "oggi è una bella giornata".

12.45 GLAUCO NORI: "L'AVVOCATURA NON CONDIZIONA LA CORTE"
Lasciando il palazzo della Corte, l'avvocato dello Stato Glauco Nori non ha voluto precisare a quali "figure autorevoli" si riferisse nel suo intervento, quando ha parlato di personaggi delle istituzioni che lo avevano attaccato. Nori, di fronte alla Corte, aveva definito singolare l'accusa di voler "condizionare la Corte" paventando possibili dimissioni del premier in caso di bocciatura del Lodo Alfano. "L'Avvocatura dello Stato - ha detto Nori in udienza - ha solo svolto il proprio compito che è la difesa di una norma dello Stato". Lo stesso Nori, sempre in udienza, aveva però definito "un danno irreparabile" la situazione di un presidente del Consiglio che viene "distratto dalle sue funzioni per doversi difendere nei processi".

12.42 PECORELLA NON ESCLUDE UN ALTRO LODO
Rispondendo ai giornalisti l'avvocato Pecorella ha precisato che, nell'ipotesi di bocciatura del Lodo Alfano, "le motivazioni della Corte Costituzionale potrebbero lasciare spazio a ulteriori modifiche della legge". In sostanza, la maggioranza potrebbe varare un Lodo-ter per adattare lo scudo anti-processi a eventuali nuove obiezioni della Corte.

12.40 PECORELLA: "NON SARÀ UN GIUDIZIO POLITICO"
Terminata l'udienza, l'avvocato Gaetano Pecorella si è dichiarato ottimista: "Ho fiducia nella decisione della Corte. Non sarà un giudizio politico, la Corte esaminerà il Lodo solo sul piano tecnico costituzionale".

12.30 "DELUSO" IL COSTITUZIONALISTA DELLA PROCURA
Alla fine dell'udienza il costituzionalista Alessandro Pace, che rappresentava la Procura di Milano, si è detto "deluso" dalla decisione della Corte di dichiarare inammissibile il suo intervento a favore dei pm di Milano. "E' una decisione che non fa ben sperare". In pratica i quindici giudici della Corte hanno potuto ascoltare soltanto quattro interventi - i tre difensori di Berlusconi e l'avvocato dello Stato - tutti favorevoli al Lodo Alfano.

12.07 CORTE COSTITUZIONALE: CHIUSA LA DISCUSSIONE
Con l'intervento dell'avvocato dello Stato Glauco Nori, che ha difeso il Lodo Alfano, si è chiusa la discussione davanti alla Corte Costituzionale. Ora i giudici si sono ritirati e nelle prossime ore esamineranno solo altre sei questioni di costituzionalità che però riguardano leggi diverse. Solo nel pomeriggio, dunque, si prevede che verrà comunicato se la decisione sul Lodo verrà presa oggi stesso o rinviata.

12.00 PECORELLA: "IL PREMIER È SUPERIORE AI MINISTRI"
L'avvocato e parlamentare Gaetano Pecorella, precisando di occuparsi "solo delle questione poste dal Gip di Roma", ha sostenuto che il Lodo Alfano non può essere paragonato al Lodo Schifani che fu dichiarato incostituzionale. "La nuova legge elettorale ha sostanzialmente modificato l'identità costituzionale del premier. E già prima la legge sulla Presidenza del Consiglio aveva affidato solo a lui il potere di tenere i rapporti con le istituzioni europee e le confessioni religiose. Quindi ora - ha proseguito Pecorella - il premier non è più solo un 'primus inter pares'", cioè una figura equivalente ai ministri, "ma è indicato e votato come capo della coalizione presentata agli elettori. Quindi ora c'è una investitura diretta dalla sovranità popolare".
Nell'intervento lo stesso Pecorella ha chiarito che, tecnicamente, questo rafforzamento dei poteri del premier "segna un distacco dalla tradizione degli Stati liberali". E proprio questo giustificherebbe la sospensione dei processi penali anche con "legge ordinaria".

11.54 LONGO: "LODO È LEGITTIMO IMPEDIMENTO PRESUNTO"
Secondo l'avvocato e parlamentare Piero Longo, il Lodo Alfano è costituzionale perché si limita ad ampliare un'ipotesi di sospensione del processo che è sempre stata prevista: "il legittimimo impedimento dell'imputato". La novità è che, a differenza che nei casi normali come la malattia dell'imputato, qui "l'impedimento è presunto per tutta la durata della carica".

11.35 GHEDINI: "LEGGE ORDINARIA ANCHE PER I REATI MINISTERIALI"
Per l'avvocato Ghedini, non era necessaria una legge costituzionale per salvare il premier dai suoi processi penali. Lo dimostra il fatto che "c'è già una legge ordinaria, la n. 219 del 1989, che prevede sostanziali diversità procedurali tra il comune cittadino e il ministro. Anzi, non solo il ministro ma anche il privato che concorre nel reato ministeriale". Come esempio Ghedini ha citato la possibilità per il ministro-imputato di "prendere visione degli atti prima della conclusione delle indagini". "C'è addirittura una diversità di regime per le intercettazioni e le misure di limitazione della libertà personale". E tutto con legge ordinaria. Di qui il fulcro del ragionamento di Ghedini: "La legge è uguale per tutti ma non necessariamente la sua applicazione". Nella foga, Ghedini ha definito "straordinarie" le eccezioni previste dalla legge ordinaria sui reati ministeriali.

11.30 GHEDINI: "LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI MA NON LA SUA APPLICAZIONE"
L'avvocato Niccolò Ghedini ha difeso il Lodo Alfano spiegando che "si ferma solo il processo, ma la responsabilità penale dell'imputato resta integra". Secondo Ghedini le nuove norme "rispettano i principi e le finalità già approvate dalla Corte Costituzionale" quando bocciò il Lodo Schifani. Questa volta, insomma, la legge blocca-processi è fatta con regole "rispettose della Costituzione".

11.12 ESCLUSI I PM DI MILANO
Dopo la riunione in camera di Consiglio, il presidente della Corte Francesco Amirante ha letto la prima decisione che dichiara "inammissibile" l'intervento del procuratore di Milano e del suo sostituto. Il presidente ha spiegato che la costituzione del pubblico ministero "non è prevista espressamente dalla legge" e "non è irragionevole" che la posizione del pm sia "tenuta distinta da quella delle parti". Ora l'udienza entra nel vivo: parla Ghedini

10.52 PER IL LODO MEDIA DA TUTTO IL MONDO
"Mai vista una sala così piena", allarga le braccia uno dei cancellieri della Corte. Nella parte di sala riservata ai giornalisti hanno preso posto i cronisti di almeno tredici testate straniere tra cui spicca il New York Times, oltre ad Associated Press, France Press, Reuters e all'agenzia economica Bloomberg. Tra le tv, oltre all'immancabile Cnn, seguono l'udienza anche televisioni svizzere, tedesche e svedesi. Sembra mancare solo Al Jazeera.

10.40 BERLUSCONI AL VERTICE DELLO STATO
Tra gli addetti ai lavori, avvocati e giuristi, che seguono l'udienza sta creando dibattito un passaggio della relazione di Gallo. Il giudice costituzionale, illustrando la tesi della difesa Berlusconi ha chiarito che "non è irragionevole differenziare il regime processuale per il presidente della Repubblica, i presidenti delle due Camere e il presidente del Consiglio dei Ministri" perché solo loro "sono accomunati dall'occupare una posizione di vertice, esercitano funzioni politiche, hanno doveri peculiari e hanno un'investitura diretta o mediata dalla volontà popolare".

10.36 "IL PM ORA È PARTE"
Il Costituzionalista Alessandro Pace, spiegando perché la Corte Costituzionale dovrebbe ammettere l'intervento del pm di Milano ha spiegato che, con il nuovo codice e soprattutto "con la riforma del 'giusto processo' ora anche il Pubblico Ministero è parte così come l'imputato". Sarà questo il primo scoglio da affrontare per i giudici costituzionali.

10.28 PRIMA CAMERA DI CONSIGLIO
La Corte Costituzionale si è ritirata in Camera di Consiglio per decidere la prima questione: l'ammissibilità o meno dell'intervento della Procura di Milano nel giudizio costituzionale. Nessun dubbio invece sulla partecipazione di Berlusconi anche come imputato.

10.20 PER DIFESA BERLUSCONI INDAGINI SALVE
Il giudice costituzionale Franco Gallo, nella relazione della causa, ha spiegato che, secondo i magistrati di Milano e Roma, il Lodo Alfano sarebbe "ambiguo" tanto da prestarsi a sospendere persino la fase delle indagini. Lo stesso giudice costituzionale ha però dichiarato, che, nelle memorie difensive, gli avvocati di Berlusconi sostengono invece che il Lodo "non è applicabile durante le indagini preliminari" ma si limita a "sospendere il solo dibattimento".

Inoltre sempre secondo la "difesa privata dell'imputato" il Lodo Alfano ha un "contenuto del tutto diverso rispetto al Lodo Schifani", in particolare perché la sospensione dei processi "è limitata alla durata della carica", per cui non sarebbe equiparabile all'immunità. Mentre, sempre secondo la difesa Berlusconi, il codice di procedura penale prevede già casi di sospensione del processo introdotti con legge ordinaria, per cui a garantire lo scudo al premier "non è necessaria una legge costituzionale".

10.16 IL GIUDICE CHIUDE LA RELAZIONE
Il giudice costituzionale Franco Gallo, con un intervento rigorosamente asettico, ha illustrato, una dopo l'altra, tutte le tesi sostenute dai giudici penali che sostengono l'incostituzionalità del Lodo (due sezioni del Tribunale di Milano e il Gip di Roma) e le opposte considerazioni della "difesa dell'imputato" e dell'Avvocatura dello Stato che in questo caso coincidono.

Da notare che per i giudici di Milano e Roma il vizio principale è che la legge Alfano rappresenta una "irragionevole eccezione al principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge" che è "un principio fondante dello stato di diritto, il valore centrale di un ordinamento democratico". Nonostante le modifiche introdotte con il cosiddetto Lodo Alfano (legge n. 124 del 2008), anche la nuova legge ordinaria presenta gli stessi vizi di incostituzionalità del precedente Lodo Schifani, che la Corte aveva già dichiarato incostituzionale. In particolare i giudici di Milano e Roma, sempre secondo la relazione di Gallo, contestano il fatto che la sospensione dei processi penali riguardi atti commessi prima dell'ingresso nella funzione istituzionale che la legge dichiara di tutelare e di qualunque natura e gravità". Trasparente il riferimento al reato di corruzione giudiziaria del testimone avvocato David Mills.

9.38 FUORI LE TV
"Adesso per favore televisioni e fotografi fuori", ha detto il presidente Francesco Amirante indicando anche a gesti la necessità non disturbare l'udienza.

9.33 INIZIA LA RELAZIONE DEL GIUDICE FRANCO GALLO
Il giudice costituzionale Franco Gallo ha iniziato la relazione della questione di costituzionalità del lodo Alfano. Si tratta della relazione tecnica con cui il giudice relatore spiega ai colleghi i termini delle questioni in gioco.

9.30 ENTRA LA CORTE
Preceduti dall'annuncio 'entra la Corte', i 15 giudici della Corte Costituzionale stanno prendendo posto al grande tavolo ovale delle udienze. In fondo all'aula un carabiniere sull'attenti. I giudici, in piedi, sono tempestati dai flash di oltre trenta fotografi

9.30 ENTRA L'AVVOCATO DELLO STATO
Il rappresentante dell'Avvocatura dello Stato Glauco Nori, in toga nera, ha preso posto accanto ai tre avvocati privati di Berlusconi. Calorose strette di mano fra i quattro legali. E' probabile che l'udienza inizierà con una questione procedurale: l'ammissibilità o meno dell'intervento della Procura di Milano, rappresentata dal costituzionalista Alessandro Pace.


9.15 SALA ANCORA VUOTA, L'ORDINE DEGLI AVVOCATI
La sala dell'udienza pubblica dove la Corte Costituzionale discuterà la legge che salva Berlusconi dai suoi processi, è ancora affollata solo di giornalisti e avvocati anche se sull'uscio cominciano ad affacciarsi anche i primi giudici costituzionali. Gli avvocati di Berlusconi parleranno in questo ordine: Ghedini, Longo, Pecorella. Sono previsti interventi di 15 minuti ciascuno. "Saremo brevi - dice un sorridente Ghedini - abbiamo preparato una memoria scritta".
Qualche difficoltà, per i giornalisti stranieri, nel capire che l'Avvocatura dello Stato, rappresentata da Glauco Nori, che è incardinata nella Presidenza del Consiglio, questa volta difende la persona fisica del premier-imputato.

9.00 IL PALAZZO DELLA CORTE APRE LE PORTE. ENTRANO GLI AVVOCATI DI BERLUSCONI
Da un portone presidiato da più di 50 giornalisti italiani e stranieri sono entrati uno dopo l'altro nel palazzo della Consulta di fronte al Quirinale i tre avvocati che difendono Silvio Berlusconi nel giudizio di legittimità costituzionale sul cosiddetto lodo Alfano: Niccolò Ghedini, primo a sedersi davanti alla Corte, Piero Longo e Gaetano Pecorella, che ha dichiarato: "impossibile fare previsioni, ma sono fiducioso".


IL LODO ALFANO, ISTRUZIONI PER L'USO
Il cosiddetto lodo Alfano è una legge ordinaria che sospende i processi penali per le più alte cariche dello Stato, in particolare per il presidente del Consiglio. Questa mattina la Corte Costituzionale si riunisce per giudicare se rispetti o meno i principi fondamentali della Costituzione. Se confermato, il lodo Alfano continuerebbe a proteggere Silvio Berlusconi da tutti i processi anche per reati precedenti o non collegati alla carica. In caso di bocciatura, invece, il premier tornerebbe sotto processo in particolare a Milano, dove è imputato di aver corrotto l'avvocato-testimone David Mills, già condannato in primo grado a quattro anni e mezzo.

da L'Espresso

Traffico illecito di rifiuti. La sentenza: "Non c'è mafiosità"


15 condanne e 13 assoluzioni nel maxi-processo per traffico illecito di rifiuti nel Basso Salento. Sette anni a Gianluigi Rosafio, il principale imputato. A nessuno è stata riconosciuta l'aggravante della mafiosità

15 condanne e 13 assoluzioni per "non aver commesso il fatto". Esclusa la mafiosità sia per l'imputato principale, Gianluigi Rosafio, 35enne di Taurisano, sia per gli undici coimputati. E' la sentenza emessa ieri dal giudice Pietro Baffa, presidente della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce a termine del maxi-processo per traffico illecito di rifiuti nel Basso Salento. Rosafio ha ottenuto una condanna a sette anni di reclusione, che coincide con quanto richiesto dal pm Valeria Elsa Mignone, che aveva però invocato l'aggravante della mafiosità, per resistenza a pubblico ufficiale, minacce, violazione dei sigilli, traffico illecito di rifiuti e simulazione di reato. Non solo. Anche per corruzione in concorso con l'ex carabiniere Roberto Gugliandolo: Rosafio avrebbe svuotato gratuitamente il pozzo nero della sua abitazione e questi, in cambio, non avrebbe interferito con la sua attività quando era in servizio. Assolti per prescrizione altri due carabinieri accusati di corruzione: Giuseppe Santomarco Terrano di Tricase e Domenico Maggiore di Cavallino. Santomarco è stato anche assolto "perché il fatto non sussiste" in merito all'accusa di violazione del segreto d'ufficio per aver avvertito Rosafio di controlli tra Acquarica del Capo ed Ugento.
Assieme al principale imputato sono stati condannati anche Rocco Rosafio (cinque anni e mezzo per resistenza e violenza a pubblico ufficiale, violazione dei sigilli e simulazione di reato), Roberto Gugliandolo (tre anni), Luce Tiziana Scarlino, moglie di Gianluigi Rosafio (nove mesi per violazione dei sigilli); per traffico illecito di rifiuti sono stati condannati Vito Nicolì, Fabio Botrugno e Giovanni Oliva (due anni e due mesi), Marcello Contaldi (un anno e mezzo), Antonio Rosafio, Rodrigo D'Amico, Cosimo D'Amico, Rossano Manco, Enzo Frisullo, Daniele Longo, Rosario Maurizio Sabato (un anno). Per tutti è stata esclusa la mafiosità.
Gianluigi e Rocco Rosafio sono stati inoltre interdetti dagli uffici pubblici e dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per la durata della pena; interdizione dagli uffici pubblici anche per Gugliandolo (per la durata di cinque anni) e per Antonio Rosafio, Nicolì, Botrugno, Oliva, Rodrigo e Cosimo D'Amico, Contaldi, Manco, Frisullo, Longo e Sabato (un anno).
Infine è stato disposto il risarcimento dei danni al Ministero dell'Ambiente, costituitosi con l'avvocato Angela Caprioli, con il riconoscimento di una provvisionale di 100mila euro.
Sulla sentenza ha influito la prescrizione dell'accusa di traffico illecito di rifiuti che ha determinato l'assoluzione di 31 imputati.

da IlTaccoD'Italia

Erano 54 le ferite sul corpo di Federico


Tanti processi per altrettante lesioni. Si potrebbe sintetizzare così uno dei rilievi che il giudice Francesco Caruso lascia nero su bianco nelle motivazioni delle sentenza con la quale lo scorso 6 luglio condannò i quattro agenti per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi. “Ciascuno dei 54 punti di rilievo medico-legale – si legge - potrebbe singolarmente dare corso ad un procedimento penale per lesioni”.

Questo a scorrere la relazione tecnica dei consulenti della procura Stefano Malaguti ed Eleonora Lumare. “Non interessa qui rilevare la gravità e la rilevanza medico-legale di ciascuna di queste lesioni – scrive il giudice -, molte delle quali di rilievo minimo ma pur sempre riconducibili al campo penale delle lesioni lievi. Ciò che preme osservare è l’insieme che appare indiscutibilmente indicativo di uno scontro violento, prolungato, doloroso, di una serie continua di contatti violenti, effetto delle due colluttazioni in cui Aldrovandi fu coinvolto”.

A maggior ragione se si guarda al tipo di lesioni riportate dagli agenti: nessuno di loro presenta “significativi segni di violenza esterni. Tutti lamentano e a tutti vengono diagnosticate policontusioni sulla base di dolenzie dagli stessi lamentate, ma di obbiettivo – tronca Caruso - risulta poco”.

Basti pensare alla foto del volto di Federico, “schiaffata” come un grido di dolore dalla madre, patrizia Moretti, sul suo blog. Lesioni, queste, che “ne hanno deformato l’aspetto” (di Federico, ndr) e che “evidenziano – continua il giudice -, non certo ferite a carattere mortale e tanto meno gravemente lesive, ma la grossolanità e l’incontrollato e abnorme uso della violenza fisica da parte degli agenti, dissociata da effettive necessità del momento e dagli scopi che dovevano essere, in ipotesi, ragionevolmente perseguiti”.

Ne consegue, secondo la sentenza, che quello avvenuto in via Ippodromo la notte del 25 settembre 2008 fu “un furioso corpo a corpo tra gli agenti di polizia e Federico”, durante il quale vennero rotti due manganelli, “con i quali colpirono l’Aldrovandi in varie parti del corpo, continuando dopo che lo stesso era stato costretto a terra e qui immobilizzato al suolo, nonostante i verosimili ma impari tentativi del ragazzo di sottrarsi alla pesante azione di contenimento che ne limitava il respiro e la circolazione”.

http://www.estense.com/?module=displaystory&story_id=55690&format=html
da Indymedia

Brunettiade: lo Stato che ricatta il dipendente

Lo Stato adesso licenzia. E premia chi merita

La novità è che gli statali dovranno rispondere a una legge e non più alla contrattazione. Sanzioni, licenziamenti, obblighi, criteri per riconoscere ai dipendenti pubblici parte delle retribuzioni, ma anche penalizzazioni per i dirigenti che non dirigono; tutte cose che usciranno dai confini molto elastici e spesso incerti delle trattative sindacali per entrare in quelli rigidi di una norma. Novità apparentemente tecnica, ma che avrà effetti concreti. A esempio licenziamenti e penalizzazioni scatteranno automaticamente.

Ieri la riforma Brunetta è arrivata a un giro di boa importante. Il decreto legislativo che dà attuazione alla legge approvata a marzo è stata illustrata alle parti sociali. E venerdì - ha annunciato lo stesso ministro - il consiglio dei ministri dovrebbe approvarlo definitivamente. Il passaggio in Parlamento è terminato, le indicazioni di senatori e deputati sono state accolte e appena il governo darà il via libera la riforma Brunetta entrerà in vigore, con una sperimentazione durante la quale saranno monitorati gli effetti.
Tra le principali novità quella dei licenziamenti, che non saranno più un tabù. Dovrebbe anche finire l’era dei dipendenti pubblici condannati dalla giustizia per avere commesso reati nell’esercizio delle funzioni, ma che conservano il posto.
Arriva anche nello Stato il licenziamento in tronco, cioè senza preavviso. Ad esempio nel classicissimo caso di chi fa finta di essere al lavoro, timbra il cartellino e poi se ne va a spasso. Licenziamento su due piedi anche per chi si finge malato e quindi dà una «giustificazione dell’assenza mediante certificazione medica falsa». In questo caso lo statale può essere obbligato a risarcire i danni e il medico rischia la radiazione dall’albo professionale.
Licenziamento (con preavviso) anche per chi fa più di tre giorni di assenze ingiustificate anche non consecutive, nell’arco di due anni oppure per la mancata ripresa del servizio dopo l’assenza ingiustificata entro i termini. Sanzioni più leggere per chi lavora male, provoca danni all’ufficio per inefficienza o incompetenza. In questo caso l’autorità per la valutazione e la trasparenza dell’amministrazione (una creatura della riforma) può decidere di mettere «in disponibilità» il lavoratore e poi, dopo due anni, può decidere di riportarlo al lavoro con mansioni diverse oppure licenziarlo.
La riforma di Brunetta rimodula il sistema delle sanzioni e, per la prima volta, colpisce anche i dirigenti. I manager pubblici sono responsabili delle azioni disciplinari. E se non le fanno partire rischiano una sospensione fino a tre mesi. Anche il rifiuto a collaborare a un procedimento disciplinare in corso comporta la sospensione fino a 15 giorni, chiaramente senza stipendio. La contrattazione tra sindacati e stato potrà modificare il sistema di sanzioni di Brunetta, ma solo per aggiungerne di nuove, non per eliminare quelle previste dalla legge.
Oltre al bastone delle sanzioni c’è la carota. E sono i premi. Per i dirigenti la logica è quella degli amministratori delle società private, ci sarà una quota tra il 7 e il 20 per cento dello stipendio che potrà essere aggiunta o sottratta dalla busta paga. I dipendenti saranno invece divisi in tre fasce i meritevoli che si prenderanno la gran parte delle risorse destinate alla produttività (che fino a oggi erano distribuite a pioggia), poi la fascia intermedia alla quale andrà un premio inferiore. Infine gli improduttivi che non vedranno nessun aumento in busta paga.
Misure che possono sembrare rivoluzionarie per la pubblica amministrazione italiana dove, di fatto, non ci sono meccanismi di controllo. Ma che sono comprensibili se si usa una logica privatistica. Ed è per questo che le reazioni dei sindacati non sono state negative. La meno favorevole è stata la Cgil che ha lamentato il depotenziamento della contrattazione; la Cisl ha chiesto che siano coinvolti i lavoratori e la Confsal ha dato un giudizio positivo, lamentando rigidità nella valutazione. Segno - commentavano ieri esponenti del governo - che i tempi sono maturi per questa rivoluzione.

da Indymedia

MODENA - CIE A 5 STELLE: PER OGNI DETENUTO LA STATO PAGA 75 EURO ("GRAZIE A GIOVANARDI")

MODENA – Chi ancora si ostina a chiamarli "lager" si sbaglia. Esiste una nuova generazione di centri di identificazione e espulsione (Cie). Progettati su misura, dotati di servizi e di qualità certificata. Cie a cinque stelle, che allo Stato costano molto caro, ma che da un punto di vista delle condizioni di detenzione sono inattaccabili. Il Cie di Modena è sicuramente uno di questi. Costruito appositamente nel 2002, a fianco del carcere, dall’esterno ha l’aspetto di un albergo. Niente filo spinato, niente mura di cinta.Il colore arancione delle pareti rassicura. All’interno i 6 “moduli abitativi”, come vengono definite le celle, si affacciano sui tre lati di un cortile, a mo’ di ferro di cavallo. Il cortile è diviso in quattro aree da una serie di recinzioni metalliche altre quattro metri. Gabbie che servono a isolare i detenuti di un settore da quelli dell’altro. E gli uomini dalle donne. Ogni modulo ha accesso a una delle aree recintate. Ogni camerata ospita dieci persone. Due sezioni sono dedicate alle donne. In tutto la capacità è di 60 posti. In ogni modulo ci sono quattro camere, due da tre posti, e due da due. E due bagni. Al centro del modulo, una sala pranzo con due tavoli di metallo fissati al pavimento insieme alle panche. In alto, una televisione collegata alla parabola, incastonata nel muro e protetta da un vetro infrangibile.
Ogni detenuto ha diritto a un menù personalizzato, a un kit di indumenti, e a una serie di accessori quotidiani, che gli vengono scalati da un bonus di 2,50 euro che matura per ogni giorno di detenzione. Al primo piano c’è una specie di “banca” dove si aggiorna un registro contabile delle entrate e delle uscite per ogni ospite. A disposizione ci sono sigarette, schede telefoniche, merendine, coca cola, shampoo antiforfora e quant’altro. Il servizio di lavanderia è gratuito. Gli indumenti sono igienizzati e sterilizzati a ogni lavaggio. E poi c’è un servizio di assistenza sociale e medica e la possibilità di ottenere prestazioni specialistiche al policlinico. Tutte attenzioni che “servono a diminuire le tensioni” ripete più volte la direttrice del Cie, Anna Maria Lombardo. Già, perché la qualità della struttura detentiva non cambia la questione di fondo: la privazione della libertà per sei mesi di persone che non hanno commesso nessun reato, e il conflitto sociale che ciò rappresenta. Un conflitto che ogni tanto riesplode anche all'intero dei Cie a cinque stelle. Come lo scorso 17 agosto qui a Modena, quando i detenuti misero a ferro e fuoco il centro per protestare contro l'entrata in vigore del pacchetto sicurezza, che prolungava da due a sei mesi il loro trattenimento.
Dietro la gestione dei Cie da parte dei privati si celano interessi per milioni di euro. La Confraternita di Misericordia di Modena, ad esempio, gestisce il Cie di Modena in convenzione con la Prefettura sin dalla sua apertura, nel 2002. A gennaio 2009 hanno vinto l’ultima gara, valida fino al 2011. Per dovere di cronaca, la Misericordia di Modena è presieduta da un certo Daniele Giovanardi, fratello dell’ex ministro Carlo Giovanardi, oggi deputato dei Popolari Liberali confluiti nel Pdl. Dal 2005 inoltre, la Misericordia di Modena gestisce anche il Cie di Bologna, la cui direttrice è la stessa Anna Maria Lombardo. Ma quanto costa la gestione di tutto questo? Per ogni persona detenuta presso il Cie di Modena, lo Stato paga 75 euro al giorno. È tanto o poco? Tanto, addirittura il triplo della diaria di 26 euro che lo Stato paga al Cie di Crotone. Lombardo si difende dalle facili accuse: “Innanzitutto – dice - c’è una differenza di costo della vita tra il nord e il sud. E poi noi i nostri operatori li teniamo tutti a tempo indeterminato. E poi c’è la qualità del cibo, il kit di ingresso, i servizi, il pocket money. E comunque abbiamo vinto una gara pubblica”. E poi c’è il numero di operatori. In una struttura per 60 detenuti lavorano: 23 operatori sociali, 5 medici, 32 infermieri, 6 mediatori culturali e 4 amministratori. Senza contare i servizi di pulizia e il catering, appaltati a ditte esterne.

Insomma, la seconda generazione dei centri di identificazione e espulsione non soltanto ha alzato gli standard delle condizioni di detenzione, rendendoli di fatto culturalmente accettati e ritenuti necessari al controllo dell'immigrazione, ma ha fatto di più. Li ha resi una ghiotta opportunità per il privato sociale per fare cassa e creare decine di posti di lavoro. Posti di "tecnici", di gente che sicuramente lavora con tanta buona volontà, ma con altrettanta cecità. Utili idioti, mai così utili come in questi tempi di crimini di pace. Scrivevano Franco e Franca Basaglia nel 1975:

“In questi ultimi anni va delineandosi sempre più chiara la compresenza di due tipi di guerra: la guerra imperialista e i movimenti antimperialisti presenti un po’ ovunque nel mondo; e la guerra quotidiana, perpetua, per la quale non sono previsti armistizi: la guerra di pace, con i suoi strumenti di tortura e i suoi crimini, che ci va abituando ad accettare il disordine, la violenza, la crudeltà della guerra come norma della vita di pace.

Ospedali, carceri, manicomi, fabbriche, scuole sono luoghi in cui si attuano e si perpetuano questi crimini in nome dell’ordine e della difesa dell’uomo. Ma l’uomo che si vuole difendere non è l’uomo reale: è ciò che l’uomo deve essere dopo la cura, l’indottrinamento, la distruzione, l’appiattimento delle sue potenzialità, il recupero. È l’uomo scisso, separato, diviso, su cui ha buon gioco questo tipo di manipolazione per il suo totale adattamento a questo ordine sociale che vive sulla criminalizzazione e sul crimine.

Ospedali e farmaci uccidono più di quanto non riescano a curare (una statistica americana ha riconosciuto che l’80% delle medicina serve a curare malattie generate dalla medesima stessa). Le carceri producono più delinquenti di quanti ne entrino. I manicomi fabbricano i malati su misura: cioè costruendo passività, apatia e annientamento personale necessari al controllo e alla conduzione dell’organizzazione ospedaliera. Nelle fabbriche si sfruttano gli operai, costringendoli a condizioni di lavoro nocive e distruttrici, dove le “morti bianche” sono preventivate come un male necessario al progresso dell’uomo. Le scuole continuano a non insegnare e a non svolgere il loro ruolo educativo, eliminando chi non ha “imparato” e non è stato “educato”. Gli studenti che esigono una ristrutturazione dell’insegnamento e una garanzia per il loro futuro, sono accusati di sovvertire l’ordine pubblico; mentre gli studenti universitari sono sempre più scadenti e squalificati, sì che ci saranno, da un lato, posti di lavoro per chi si è preparato all’estero o presso le scuole di specializzazione dell’industria, e dall’altro una nuova ondata di laureati disoccupati e sottoccupati. Mari e fiumi sono inquinati e inaccessibili, perché portano nelle loro acque la morte chimica che le industrie producono, e solo davanti a questa morte generale si progettano spese di miliardi per depuratori e impianti di filtraggio che potevano essere costruiti per prevenirla e non correre ai ripari dopo i funerali.

Tutto questo in nome del bene della comunità, in nome del progresso che darà all’uomo il benessere e la felicità. Ma quale uomo?"

(Franco e Franca Basaglia, Crimini di Pace, 1975)

ExKarcere Palermo: altro sgombero, altra resistenza. Blocchi stradali in centro città


Ennesimo sgombero per il centro sociale ExKarcere di Palermo. Questa mattina, intorno alle 8, un centanaio di uomini delle forze dell'ordine si sono presentati, a poche settimane dalla nuova occupazione, al centro per sgomberarlo. Un altro affronto rispetto ad una delle più importanti ed attiva realtà sociale palermitana, nel tentativo perpetuo, da parte delle autorità cittadine, di interruzione della progettualità politica ed antagonista dell'ExKarcere. Cercano di cancellare un'esperienza che indomitamente ed irriducibilmente continua a riprodursi, a resistere dinnanzi alla politica degli sgomberi dell'incompatibile con l'esistente!

I compagni e le compagne che si trovavano nel centro sociale durante l'operazione poliziesca sono stati portati in questura per l'identificazione. Nel frattempo una cinquantina di altri militanti dell'ExKarcere sono accorsi esprimendo la loro rabbia davanti lo stabile sgomberato e poi, spostandosi, nel centro cittadino, attraverso blocchi stradali che hanno mandato in tilt la viabilità palermitana. Blocchi che si stanno ingrossando nella solidale partecipazione, man mano che la notizia si diffonde. Imponente le forze dell'ordine impiegate, carabinieri e polizia in assetto anti-sommossa minacciano cariche per lo sgombero delle strade.

Una serie infinita il numero degli sgomberi subito dall'ExKarcere nell'ultimo anno, solo un mese fa l'ultimo. Poi l'occupazione di uno spazio abbandonato da anni, di proprietà dell'Enel, che l'amministrazione ha voluto sgomberare a pochi giorni dall'importante corteo del 9 ottobre prossimo, sciopero generale operaio che, in città, convergerà con la mobilitazione dell'Onda.

da Infoaut

Turchia, cinquanta arresti durante manifestazioni contro FMI e WB

Le forze di polizia sono intervenute mentre la folla cercava di penetrare all'interno della sala della riunione

Più di cinquanta persone sono state arrestate oggi durante gli scontri fra polizia e manifestanti che protestavano a Istanbul contro la celabrazione dell'assemblea annuale del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.
Gli arresti sono stati portati a termine dopo che gli agenti di polizia hanno disperso la folla che provava ad accedere al luogo dove si stavano tenendo i lavori dell'assemblea.
I rappresentanti dei sindacati e dei partiti di sinistra si sono uniti in diversi punti del distretto di Beyoglu e circa mille persone hanno marciato fino alla piazza centrale di Taksim da dove hanno provato a irrompere nella riunione delle due organizzazioni create a Bretton Woods nel 1944.

da PeaceReporter

Forza “nuova”, sistemi vecchi. Provocazione fascista contro don Farinella

Teste rasate e bandiere nere d’ordinanza dietro lo striscione “Chi vive lotta, chi muore riposa. Coi morti non si osa”. Se c’è una cosa che non si può certo rimproverare a Forza Nuova è quella di nascondere le proprie simpatie fasciste con quell’ambiguità di linguaggio che contraddistingue molti ambienti della destra, anche quella più “presentabile” e istituzionale.

Così, lo scorso 27 settembre, un “manipolo” di forzanuovisti (non più di una quindicina) ha inscenato, davanti alla Curia di Genova, una manifestazione di protesta (VIDEO) contro don Paolo Farinella, il prete “reo” di aver scritto queste parole all’indomani della morte dei soldati italiani a Kabul: “I soldati morti sapevano che potevano morire (fa parte del loro mestiere), ma sono andati ugualmente per scelta e per interesse economico, cioè per guadagnare di più. So anche che molti vanno per il brivido della guerra, per dirla alla popolana per menare le mani e sperimentare armi nuove e di precisione. Dov’è l’eroismo nell’uccidere sistematicamente, per sbaglio o per fuoco amico, civili che a loro volta sono vittime nel loro Paese e vittime degli occupanti stranieri?”. Parole intollerabili per i fascisti dell’organizzazione nata nel 1997 per iniziativa di Roberto Fiore, in passato tra i fondatori di Terza Posizione e già condannato per banda armata e associazione sovversiva. Latitante dal 1980 nel Regno Unito, Fiore è tornato in Italia alla fine degli anni ’90 insieme all’altro fondatore di Forza Nuova Massimo Morsello, ex terrorista dei Nar oggi deceduto.

“Don Farinella”, ha spiegato nel corso della manifestazione genovese il portavoce del gruppo, “può criticare il governo, può partecipare alla vita culturale, sociale e politica della città, ma non può permettersi di sputare sui morti; non può permettersi di disonorare i caduti italiani; non può permettersi, mentre l’Italia si ferma e le scuole fanno il minuto di silenzio, di scrivere parole oltraggiose nei confronti del sacrificio dei nostri soldati”. I militanti neofascisti hanno inoltre annunciato l’apertura di un conto corrente per regalare al prete genovese “un viaggio di sola andata per Kabul, dove potrà abbracciare i valorosi terroristi talebani che con metodi partigiani [sic] uccidono i nostri soldati”.

Del resto, il modello di prete apprezzato dai forzanuovisti è ben diverso: basta guardare a don Giulio Tam, immortalato diverse volte alla guida dei cortei dell’organizzazione di Roberto Fiore con il braccio teso nel saluto romano. Ordinato sacerdote nel seminario di Ecône di monsignor Marcel Lefebvre, don Tam si è distinto in passato per iniziative clamorose come il volantinaggio contro la Giornata mondiale di Preghiera per la Pace indetta da Giovanni Paolo II nel 1986: “Volevano portare una statua di Buddha sull’altare”, ha spiegato il sacerdote, secondo il quale “i papi di adesso ti insegnano il contrario dei papi di prima. Mettendo tutte le religioni sullo stesso piano, dicono cose che vanno contro la fede”. Anche sul rapporto con l’Islam, don Tam ha sempre manifestato idee molto chiare: “Il Mediterraneo mille anni fa era un lago in mano ai saraceni, ora i papi si vergognano delle crociate”. Purtroppo sono finiti i tempi in cui la Chiesa riusciva a far arretrare gli infedeli: “Si è superata la soglia dell’invasione”. Ecco perché, per il sacerdote lefebvriano (che alle ultime amministrative è stato anche candidato sindaco di Bologna per Forza Nuova) Benito Mussolini “è stato l’ultimo vero leader cattolico”.

Con questi modelli di “cattolicesimo” è facile intuire le ragioni dell’ostilità di Forza Nuova per don Paolo Farinella. Il quale, d’altra parte, non è stato per nulla intimorito dall’iniziativa dell’organizzazione neofascista. “Non ho raccolto alcuna provocazione”, ha spiegato ad Adista il prete genovese. “Il giorno della manifestazione [domenica 27 settembre] ho celebrato la messa in una chiesa strapiena e l’ho dedicata a tutti i morti innocenti in Afghanistan, a tutti i morti innocenti di questa guerra. Perché questa è una guerra, non una ‘missione di pace’”. “Ho più volte detto”, ha aggiunto don Farinella, “che mi rifiuto di entrare nella logica patriottarda dell’eroismo. Chi va in guerra sa che rischia la morte ed è profumatamente pagato per questo. Dove sta l’eroismo? Berlusconi non è andato in Afghanistan per amore della pace o per combattere il terrorismo, ma per fare il cagnolino di Bush, che era un suo caro amico. Come Cavour in Crimea aveva bisogno di mille morti per sedersi al tavolo dei negoziati politici, Berlusconi aveva bisogno di qualche morto per poter accedere al tavolo dei grandi”. Anche in ottica interna, ha spiegato ancora don Farinella, per Berlusconi “l’attentato è stato una ‘benedizione’, perché ha distratto l’attenzione dai tanti problemi che affliggono il Paese. Per questo inneggia all’eroismo, perché è stato il suo salvagente”.

Nei giorni scorsi le ripetute minacce ricevute da don Giorgio De Capitani (sempre a causa di commenti sui militati morti a Kabul, v. Adista n. 96/09) hanno indotto la prefettura di Lecco a predisporre per quest’ultimo un programma di protezione. Ma don Farinella ha escluso preventivamente qualsiasi opzione simile: “Se dovessero darmi un programma di protezione io lo rifiuterei subito. Figuriamoci, ho sempre criticato Bagnasco per la scorta… Io poi non voglio in alcun modo essere difeso da questo governo. La mia difesa sono la nonviolenza e la libertà”.

da www.adistaonline.it e MicroMega

Minacce di morte a Sandro Ruotolo


Roma. Minacce di morte a Sandro Ruotolo, numero due di Annozero, e alla sua famiglia, sulle quali la Digos sta indagando: secondo quanto si apprende, non si tratterebbe dell'opera di un mitomane.

All'esame degli investigatori c'é infatti una lettera dalla quale si evince che il giornalista è stato pedinato e sorvegliato. Nella stessa missiva, inoltre, si fa riferimento ad una lista di 'obiettivi' in cui Ruotolo sarebbe il secondo.

ANSA

Al collega Sandro Ruotolo va tutto il sostegno e la solidarietà da parte della redazione di AntimafiaDuemila


Annozero, minacce di morte a Sandro Ruotolo

Una lettera anonima con minacce di morte per Sandro Ruotolo, il più stretto collaboratore di Michele Santoro per "Annozero". La missiva è arrivata al domicilio privato del giornalista e, a quanto si apprende, ci sarebbero indicazioni così precise e dettagliate da rendere pressochè certo che Ruotolo sia stato pedinato e tenuto d'occhio da parte di sconosciuti che così hanno mostrato di aver acquisito più elementi di «pressione» nei suoi confronti. Indagini sono in corso da parte della Digos di Roma, cui Ruotolo si è rivolto recandosi presso gli uffici di polizia e consegnando la missiva minatoria ricevuta.

Nella lettera anonima viene detto inoltre che il giornalista è il secondo obiettivo di una lista, che però non comprenderebbe - a quanto sinora si sa - altre persone legate ad 'Annozerò. «Mi fido degli investigatori, quello che loro dicono mi va bene, sono dei professionisti», l'unico commento di Ruotolo alla richiesta di informazioni. «Non posso dire di più per ovvie ragioni di riserbo legate alle indagini. L'unica cosa che posso sicuramente affermare è che continuerò a fare il giornalista con la schiena dritta, queste cose non mi fermano». Da rilevare che l'indirizzo dell'abitazione nè il numero di telefono di Sandro Ruotolo compaiono negli elenchi telefonici sul web, un motivo in più per ritenere che il gironalsita sia stato effettivamente seguito e sorvegliato fino ad ottenere i suoi recapiti.

Tratto da: unita.it
da AntimafiaDuemila

Puglia - Emergenza spazzatura: Ugento e Poggiardo, apriranno a gennaio 2010 dopo i collaudi

LECCE — Il Piano regionale dei rifiuti prevede, per la pro­vincia di Lecce, tre stazioni di conferimento e trattamento, una per ogni Ato. Costruzione e gestione degli impianti so­no state affidate al «Consor­zio Cogeam» costituito per il 51 per cento dal «Gruppo Mar­cegaglia » e per il restante 49 per cento dalla Cisa di Massa­fra che fa capo all’imprendito­re Antonio Albanese.

LA SITUAZIONE - L’appalto prevede che lo stesso consorzio, oltre a finan­ziare le strutture per il 90 per cento del costo totale (l’ulte­riore 10 per cento viene coper­to con contributi comunita­ri), debba gestirle per quindi­ci anni. Ma quali sono, nel det­taglio, gli impianti previsti in provincia di Lecce? Comincia­mo col dire che l’organizzazio­ne è speculare nei tre bacini dove si prevedono un impian­to di selezione, uno di biosta­bilizzazione e una discarica di servizio-soccorso. Solo nel­l’Ato Lecce 1 si aggiunge la struttura per la produzione del combustibile da rifiuti (Cdr), l’unica del genere a ser­vizio dei tre Ato. L’Ato Lecce 1 ha come sito di conferimento la piattaforma di Cavallino co­stata circa 15 milioni di euro e dimensionata per lavorare dalle 300 alle 350 tonnellate di rifiuti al giorno. Il bacino è costituito da 27 comuni, tra cui il capoluogo, per un totale di 381mila abitanti. Nei tre Ato, per il momento, questa è l’unica piattaforma completa­ta e funzionante: biotunnel, discarica e Cdr sono stati con­segnati Le code dei camion Spesso, quando la «Sud Gas» si blocca, a Poggiardo ci sono sempre lunghe code di camion ( foto Fabio Serino) da circa sei mesi. Nel­l’Ato Lecce 2, invece, sono an­cora in corso i lavori per la co­struzione delle strutture. Im­pianto di separazione più bio­tunnel a Poggiardo, discarica di servizio - soccorso a Cori­gliano d’Otranto, alla fine co­steranno circa 22 milioni di euro. La consegna è prevista per l’inizio di gennaio 2010.

LE OPERE - Fanno parte di questo baci­no alcuni tra i più grossi co­muni della provincia, tra cui Gallipoli, Galatina e Nardò. In tutto si producono oltre 350 tonnellate al giorno di talqua­le. I ritardi scaturiscono dai contenziosi apertisi dopo l’ag­giudicazione dell’appalto al «Consorzio Gogeam»: in tre anni di battaglie legali sono stati trattati qualcosa come ot­tanta ricorsi tra Tar e Consi­glio di Stato. Infine, per co­struire biotunnel e discarica di Ugento - piattaforma di rife­rimento dell’Ato Lecce 3 - ci vorranno all’incirca 18 milio­ni di euro. Cogeam si dice in grado di avviare i motori tra una quindicina di giorni. L’Ato 3 è composta da 24 co­muni che conferiscono 250 tonnellate al giorni di rifiuti. «La rapida consegna delle ope­re, se si escludono i tempi per i ricorsi, si deve alla buona vo­lontà dell’amministratore del­la Cogeam, Antonio Albanese, che da pugliese è stato estre­mamente coscienzioso riu­scendo ad abbreviare tutti i tempi», fa notare il legale del consorzio, Luigi Quinto. «Gra­zie a questa sensibilità - con­clude Quinto - saremo in gra­do dd uscire dalla fase del­l’emergenza entro quest’an­no».

da Corriere del Mezzogiorno

Lodo Mondadori, le motivazioni: ''Berlusconi corresponsabile''



Silvio Berlusconi è "corresponsabile della vicenda corruttiva" alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest.

Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni con cui condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti. "E' da ritenere - scrive il giudice -, 'incidenter tantum' (cioè solo ai fini di questo procedimento, ndr) e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede".

La "corresponsabilità" di Silvio Berlusconi, spiega il giudice Mesiano, comporta "come logica conseguenza" la "responsabilità della stessa Fininvest", questo "per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore, commesso nell'attività gestoria della società medesima".

In definitiva, secondo il tribunale che ha condannato la Fininvest, è impossibile che i vertici della Fininvest ignorassero l'atto di corruzione: "Vale osservare che i conti All Iberian e Ferrido erano conti correnti accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi assolutamente pensabile - scrive Mesiano - che un bonifico dell'importo di Usd 2.732.868 (circa tre miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse".

"In altre parole - conclude il giudice -, il tribunale ritiene qui di poter pienamente fare uso della prova per presunzioni che nel giudizio civile ha la stessa dignità della prova diretta (rappresentazione del fatto storico). E', come è noto, la presunzione un argomento logico, mediante il quale si risale dal fatto noto, che deve essere provato in termini di certezza, al fatto ignoto".

La sentenza sul lodo Mondadori è stata pubblicata il 3 ottobre. La Fininvest si è messa subito al lavoro per l'appello, e per ottenere un provvedimento sospensivo della condanna, che dispone a carico della società il pagamento di 750 milioni di risarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti.

Nelle motivazioni pubblicate stamane viene sottolineata l'ingiustizia della sentenza Metta e il fatto che fosse stata emessa in quei termini per via della corruzione del giudice Metta stesso, "argomento che resiste in ragione del ruolo primario che ebbe il Metta nella formazione della decisione del collegio all'obiezione della collegialità della sentenza".

"Ciò posto - scrive il giudice Mesiano - deve rilevarsi che se è vero che la Corte d'Appello di Roma emise una sentenza, a parere di questo ufficio, indubbiamente ingiusta come frutto della corruzione di Metta, nessuno può dire in assoluto quale sarebbe stata la decisione che un collegio nella sua totalità incorrotto avrebbe emesso".

tratto da antimafia2000

Rubati auto e computer a Salvatore Borsellino

Ieri sera nei parcheggi degli studi della Rai di Milano è stata rubata l'automobile a Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino.

Dentro l'auto si trovavano anche il suo computer e vari effetti personali. Salvatore stava uscendo dagli studi della Rai dopo aver partecipato alla trasmissione sull'Agenda Rossa di RaiNews24.
Questa mattina si è presentato alla caserma dei carabinieri per sporgere regolare denuncia. Si tratta di un furto decisamente mirato e alquanto anomalo, avvenuto in una via centrale di Milano a ridosso di una trasmissione dedicata a uno dei misteri più inquietanti della nostra storia.
Un tema "scomodo" che evidenzia come molto spesso Cosa Nostra sia stata solamente il braccio esecutivo di un sistema di potere molto più alto e "istituzionale".
Un sistema capace delle peggiori efferatezze, così come di lanciare segnali attraverso il furto di un’automobile.
Sul profilo di Salvatore Borsellino su Facebook spicca una frase scritta da lui questa notte: "Adesso avrò qualche difficoltà in più a spostarmi per i miei incontri, ma non preoccupatevi, verrò anche a piedi...".

Il fotovoltaico selvaggio che uccide l'agricoltura e il paesaggio del Salento‏


Sembra assurdo ma una tecnologia utile e da favorire come l'energia fotovoltaica, assecondata da leggi regionali deregolanti e carenti di indicazioni come è il P.E.A.R. varato dalla Regione Puglia, ha dato il via ad una forsennata corsa verso attività speculative a discapito dell'agricoltura e dell'allevamento locali, distruggendo tragicamente flora, fauna e paesaggio, ma questo è quanto sta succedendo in molti paesi del leccese.

Una miriade di aziende che operano nel campo delle energie rinnovabili hanno scoperto il nuovo "Eldorado" nell'ottenere facilissime autorizzazioni (specie per impianti fino a 1 MegaWatt di potenza) e nell'installare per ettari ed ettari senza nessuna prescrizione pannelli fotovoltaici tra olivi secolari, prati rocciosi dedicati a pascolo e masserie storiche. Così il Salento sta svendendo la sua più preziosa e interessante risorsa rappresentata dalla tipicità territoriale, dove antiche masserie e territori rurali incontaminati formano un'originaria identità paesaggistica. Tra pochissimi anni, se non si opera a tutelare subito questo immenso patrimonio di tutti i salentini, potremo ammirare al posto di estesi oliveti secolari tipici, di zone verdi in cui si trovano le ultime propaggini di macchia mediterranea, di zone umide, di prati rocciosi con gli armenti al pascolo, dei vigneti e dei boschi di conifere, (l'uniche e vere ricchezza delle nostre terre), distese sterminate di pannelli in silicio, con o senza inseguitore solare sostenuti da pali zincati, conficcati nel suolo con plinti di cemento accompagnati da chilometri di cavi elettrici. L'introduzione di questa tecnologia al di fuori di ogni dubbio industriale camuffata da un'ipocrita eco-sostenibilità comporta stravolgimenti radicali della geomorfologia di estesissime parti del nostro delicato territorio rurale: basti pensare che un parco di 1 MegaWatt equivale a 3 ettari di terreno e il conto è presto fatto. In molti comuni sono previsti parchi che raggiungono la copertura complessiva di 100 ettari. Per entrare meglio nelle dimensioni basti pensare che un parco di 100 ettari di fotovoltaico dislocato su suolo agricolo equivale all'estensione di un paese di 3.000 abitanti. Quanti tetti dei nostri tanti paesi potrebbero ospitare dei piccoli impianti domestici con gratificazioni economiche distribuite a tutti cittadini? Questi territori interessati dai progetti di "parchi industriali" di pannelli fotovoltaici hanno subìto, subiscono e subiranno l'estinzioni delle fortemente caratteristiche rocce affioranti, i cosiddetti 'cozzi' o 'cuti', dove un tempo si facevano pascolare gli armenti, importantissimi per la termo-idro regolazione del microclima ed essenziali per una miriade di specie floro-faunistiche locali. Da oggi in poi si presentano dissodati e appiattiti come tanti campi da bocce posti uno accanto all'altro. Tali campi saranno resi sterili e volutamente inquinati a suon di pericolosissimi diserbanti, già da tempo utilizzati in agricoltura con effetti altamente nocivi per gli agricoltori e i consumatori, nei campi fotovoltaici saranno utilizzati senza troppe attenzioni vista le finalità 'non agricole' dell'impianto e l'assenza di controlli e di indicazioni in merito da parte degli enti preposti. Per non parlare della cementificazione indiscriminata e del forsennato consumo del territorio e del paesaggio bene collettivo tutelato finanche dalla costituzione repubblicana. Difatti la trasformazione di ottimo suolo agricolo, o da pascolo, si vedrà violentato da chilometri di cavi elettrici e cabine ad alta tensione necessarie per il trasporto e il defluimento della corrente elettrica prodotta, pali di illuminazione posti nei parchi come dissuasori per prevenire furti e atti vandalici produrranno un ulteriore e dannoso inquinamento luminoso. Sicuramente resterà qualcosa per i cittadini e per i lavoratori locali? Pensiamo proprio di no! Difatti questa è una neo-colonizzazione energetica dove in loco ci sono solo i cosiddetti 'sviluppatori' piccole aziende locali che fanno sì di ottenere tutte le autorizzazioni necessarie per poi venderle, o meglio svenderle, a grandi ditte delle energie rinnovabili del nord Italia o, peggio, a multinazionali dell'energia. Il vero affare è nel Conto Energia e nei Certificati Verdi. Il Conto Energia è un'agevolazione governativa che integra il costo di un kilowatt pagandolo tre volte tanto e rendendolo vantaggioso per l'azienda titolare della produzione energetica. I certificati verdi sono degli speciali attestati rilasciati alle aziende che producono energia da fonti rinnovabili che attestano la non immissione in atmosfera di gas serra prima fra tutti la CO2. Questi certificati possono essere venduti dalle aziende produttrici di energia elettrica da fonti rinnovabili ad aziende di produzioni inquinanti, quali Cerano e ILVA di Taranto, al fine di permettergli ancora di inquinare e mortificare le genti che lavorano e vivono intorno. È un vero e proprio mercimonio dell'ossigeno in cambio di gas nocivi. E il cittadino che vedrà sorgere questi parchi fotovoltaici intorno alle sue zone agricole che ci guadagna? Beh, gli unici ad avere un contentino, a dire il vero molto misero, sono i proprietari dei terreni. Ai proprietari spesso annichiliti dal miraggio del guadagno facile, vengono pagati indennizzi a seconda dell'entità del parco che possono variare da 3.000 ? a 20.000 ? l'anno. Ma una volta dismesso il parco spesso il costo di smaltimento dell'impianto, di ripristino dei luoghi e di bonifica se lo dovrà accollare il proprietario del terreno, e i costi superano di gran lunga i denari "guadagnati" per l'indennizzo. A volte non ci guadagno neppure questo poiché le stesse aziende acquistano direttamente i terreni dove localizzare l'impianto. Di contro il resto dei cittadini non ne guadagna un bel niente, neppure una semplice riduzione della propria bolletta elettrica. Veramente il cittadino, a conti fatti, ha tutto da perdere soprattutto in termini di salute e qualità della vita: inquinamento da diserbanti, aumento del processo di desertificazione del territorio, esponenziale aumento di fonti di inquinamento elettromagnetico, perdita irreversibile della tipicità dei territori salentini, riduzione dei suoli agricoli (il futuro prossimo si giocherà su risorse idriche e territori agricoli), cementificazione e industrializzazione dei territori destinati all'agricoltura e all'allevamento, perdita irreversibile di bellezze storico-paesaggistiche con gravissimo danno per le attività turistiche, inquinamento delle falde per aumento di diserbanti, dispersioni e scariche elettriche. Di certo tutta questa energia ci serve per le nostre abitazioni e aziende? È da sottolineare che noi, come regione Puglia, produciamo il 90% in più del nostro fabbisogno energetico, quindi siamo già una colonia energetica, e l'energia elettrica prodotta i Puglia serve a coprire il deficit di altre regioni. Le rinnovabili sono tecnologie che mal si prestano alla produzione massima di energia poiché l'energia più lontano va e più si disperde nel percorso. Le rinnovabili sono energie che devono essere prodotte e utilizzate in loco! Senza il Conto Energia e i Certificati Verdi le grandi industrie non avrebbero nessun interesse verso la produzione di energia elettrica da fonti alternative e rinnovabili, di contro il cittadino, o l'azienda, che produce energia da fonti rinnovabili per l'autoconsumo ha maggiori e innegabili benefici. Cosa fare? La cosa da fare da parte dei cittadini è chiedere agli amministratori locali, provinciali e regionali di bloccare e regolamentare tutte le richieste autorizzative inoltrate e valutare attraverso il coinvolgimento democratico di tutte le componenti della società civile, assieme ai cittadini, quale forma di sviluppo a vantaggio della collettività perseguire. Il cittadino, inoltre, può chiedere all'amministrazione pubblica di quantificare il reale bisogno di energia elettrica per il fabbisogno di autoconsumo comunale, delle utenze pubbliche e private, ridurre tutti gli sprechi applicando un sano risparmio energetico e pianificare assieme alla cittadinanza, con l'ausilio di tecnici terzi, l'introduzione del fotovoltaico domestico diffuso per le utenze pubbliche e private attraverso un opera chiara e trasparente di mediazione, attraverso un bando pubblico, tra ditte installatrici di pannelli fotovoltaici, banche per accedere a dei mutui a tassi agevolati e privati cittadini debitamente coinvolti e informati. Pertanto si fa appello a tutti i cittadini di segnalare alla redazione di Nuova Messapia e al Forum Ambiente e Salute, inviando anche foto con brevi descrizioni, o articoli circa progetti e installazioni di parchi fotovoltaici su suoli agricoli e da pascolo dislocati nel Salento, al fine di fare una mappa con Google maps controllabile da tutti i cittadini. Non svendiamo il nostro Salento per un salato piatto di lenticchie! Ringraziando per il tempo dedicatoci, porgo distinti saluti.

Per l'associazione Nuova Messapia - settore comunicazioneAlfredo Melissano
comunicazione@nuovamessapia.it