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lunedì 10 gennaio 2011

Rivolta sociale nel Mediterraneo


La morte di un giovane disoccupato scatena una nuova ondata di protesta nel Paese
Tunisia: la rivolta sociale dei giovani disoccupati


La rivolta sociale non si placa in Tunisia. Iniziata tre settimana fa a Sidi Bouzid, è proseguita venerdì con manifestazioni di piazza, scioperi, tentativi di suicidio e arresti di blogger nel resto del Paese, malgrado le misure restrittive attuate dal governo.
A scatenare la nuova ondata di proteste è stata la morte, avvenuta giovedì nell’ospedale di Sidi Bouzid, di Mohamed Bouazizi, un giovane di 26 anni e con un titolo di studio alle spalle che il 17 dicembre scorso si è dato fuoco dopo che il suo banchetto abusivo di frutta è stato confiscato.
È l’idolo indiscusso di questa cruenta agitazione sociale, che ha portato migliaia di giovani, disoccupati e laureati a scendere in piazza manifestando la propria rabbia contro un governo che non fa nulla per risolvere i problemi del Paese: quasi il 72% dei manifestanti è disoccupato e ha meno di trent’anni.
Ma non sono solo i giovani che protestano. Al loro fianco ci sono pure i genitori e i familiari che sostengono con forza i loro figli perché sono consapevoli che per loro non c’è alcun futuro lavorativo. Emblematico il suicidio di Mohamed Slimane, un operaio edile di 52 anni, padre di due figli laureati e disoccupati, che si è impiccato a Chebba sul litorale sud-orientale.
Ma non è un caso isolato. Tanti i suicidi che hanno caratterizzato la rivolta.
A Requeb, Hamad Slimi, un giovane disoccupato, è salito su un traliccio minacciando di fulminarsi sui cavi dell’alta tensione e a Metlaoui, una zona mineraria, un altro ragazzo si è suicidato nel tentativo di denunciare la corruzione nel mercato del lavoro.
Ma è sulle strade che i manifestanti hanno fatto sentire la propria voce, scontrandosi con l’esercito.
A Jbeniana, 300 chilometri a sudest di Tunisi, la polizia ha disperso una manifestazione di liceali e altre più violente a Tala dove mercoledì sera ci sono stati cruenti scontri e arresti.
Alla rabbia dei manifestanti le forze dell’ordine hanno risposto con una dura repressione, suscitando la disapprovazione di molti, anche di chi ha un posto di lavoro sicuro. Migliaia di avvocati hanno scioperato per denunciare gli scontri avvenuti il 21 dicembre scorso durante una manifestazione di solidarietà a favore degli abitanti della regione di Sidi Bouzid. Lo ha riferito il presidente del collegio degli avvocati Abderrazak Dilani, precisando che i legali hanno denunciato “un uso senza precedenti” della forza e hanno affermato il dovere di “difendere la libertà di espressione” e “il diritto degli abitanti di Sidi Bouzid e di altre regioni all'occupazione, alla dignità”.
Lo sciopero è stato bollato come “atto politico contro il regime” da parte di avvocati del Raggruppamento costituzionale democratico, il partito al potere del presidente Zine El Abidine Ben Ali, che ha denunciato i diversi attacchi informatici contro i siti web tunisini, in particolare quelli legati al governo. Un attacco messo in atto da un gruppo di ignoti esperti internazionali di computer nascosti dietro il nome di “Anonymous group”.
Il gruppo di hacker ha infatti lanciato la cosiddetta “Operazione Tunisia” contro “la censura del governo”, diffondendo un video in cui si intravede un carro armato montato su un camion preceduto da una colonna militare: i mezzi sarebbero destinati a Tala, città teatro di duri scontri nei giorni scorsi.
Ma se il presidente Ben Ali non è riuscito a individuare gli autori dell’attacco informatico ha invece fatto arrestare senza esitazione Ben Amor, un rapper, che la settimana scorsa aveva lanciato su internet una canzone dal titolo “Presidente, il tuo popolo sta morendo” che nel testo faceva riferimento ai problemi dei giovani e alla piaga della disoccupazione nel Paese.
Dopo la Tunisia, anche l’Algeria è travolta da un’ondata di proteste provocate dagli ultimi aumenti dei prezzi di prodotti alimentari di largo consumo, come zucchero, farina e olio, ma anche da una disoccupazione molto alta.
Violente manifestazioni sono esplose negli ultimi due giorni ad Algeri, a Orano ma anche a Tipaza, Djelfa, Ouargla, Blida e in Cabilia. In pochi giorni il Paese è precipitato nel caos.
Secondo le cronache riportate dalla stampa locale e internazionale, disordini, atti di vandalismo, saccheggi e tafferugli tra forze dell’ordine e gruppi di giovani manifestanti si sono verificati venerdì in varie zone di Algeri, a cominciare dal quartiere di Bab el Oued, dove per la seconda notte consecutiva si sono svolte importanti manifestazioni che hanno visto la polizia intervenire con cannoni d’acqua e gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti.
Centinaia di giovani hanno bloccato la circolazione ed eretto barricate in diversi comuni vicino a Boumerdes, Bejaia e Bouira, nella Cabilia. Si parla di una ventina di feriti e di 40 arresti soltanto ad Algeri.
I repentini aumenti, che superano il 20% per zucchero e olio, “stanno creando un clima di inquietudine e rabbia, tra la popolazione e aggravano una situazione sociale già segnata da una grave disoccupazione”, scrive il giornale algerino El Watan, a dispetto della ricchezza del gigante del gas maghrebino.
Ma è soprattutto il timore di una nuova “rivolta della fame”, già avvenuta nell’ottobre del 1998, a destare maggiore preoccupazione. A Boumerdes, riporta il giornale Liberté, 50 panifici sono già stati costretti ad abbassare le saracinesche per la carenza di farina.
Intanto, il ministro del commercio, Mustapha Benbada, ha tentato di sminuire la portata della protesta, annunciando che “saranno prese le misure necessarie” e che lo Stato abbasserà i prezzi di alcuni prodotti di base.

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