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venerdì 22 gennaio 2010

Palermo, sgomberato centro sociale che ospitava oltre 30 rifugiati


Ancora tensioni e polemiche riguardo lo sgombero del «Laboratorio Zeta», un centro sociale che svolge attività di volontariato in favore degli immigrati e che tra l'altro ospita 32 sudanesi richiedenti asilo. Martedì mattina la polizia aveva allontanato gli occupanti della struttura di via Arrigo Boito, di proprietà pubblica e assegnata a un'associazione che assiste bambini con disabilità. Nel pomeriggio poi la tensione è salita e alcuni manifestanti hanno lanciato bottiglie all'indirizzo delle forze dell'ordine. Poliziotti e carabinieri hanno respinto i dimostranti. Una persona è rimasta contusa.

Fabrizio Ferrandelli, capogruppo di Idv al Comune, Totò Calaveri, responsabile del centro, e l'attivista Angela Giardina avevano deciso allora protestare trascorrendo la notte sul tetto del Laboratorio Zeta. La polemica e la protesta non si è fermata nemmeno quando il giudice monocratico della terza sezione del Tribunale, Vittorio Alcamo, non ha convalidato gli arresti di due giovani e di un professore di religione, effettuati dalla polizia durante i tafferugli al «Laboratorio Zeta» di via Arrigo Boito, a Palermo. La decisione è stata adottata al termine dell'udienza celebrata per direttissima, dopo lo sgombero forzato del centro sociale. Il giudice ha ritenuto illegittimi gli arresti, e non provata la partecipazione dei fermati ai disordini. Già assolto il professore, Gandolfo Sausa, che ha chiesto il rito abbreviato e che era assistito dall'avvocato Odette D'Aquila. Stralciate le posizioni di Kevin Giacalone e Fabio Lauretta, difesi dagli avvocati Francesco Bertorotta, Luigi Carta e Elena Maiorca: gli atti sono stati trasmessi alla Procura perchè prosegua le indagini.

«Seguiamo quanto sta avvenendo a Palermo e siamo in contatto con la Prefettura. È importante che venga trovata una soluzione pacifica e condivisa con quanti sono ospitati all'interno della struttura e anche una alternativa abitativa per le persone beneficiarie di protezione internazionale». Lo afferma la portavoce in Italia dell'Alto commissariato dell'Onu, Laura Boldrini, commentando gli scontri avvenuti questa sera al Centro sociale Laboratorio Zeta. Boldrini sottolinea che «nella struttura vi sono 30 sudanesi, alcuni dei quali hanno chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno e dovrebbero quindi rimanere sul territorio per finalizzare le pratiche. L'alto commissariato - conclude - è a disposizione per individuare delle soluzioni»

Simile preoccupazione è espressa dall'Asgi, l'Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che ha espresso «profonda preoccupazione». L'ASGI ricorda che «il LabZ è una struttura autogestita che in nove anni di attività ha consentito di dare riparo ed assistenza a centinaia di stranieri che, pur godendo di una protezione internazionale in Italia, non hanno goduto di nessun aiuto ed accoglienza da parte delle istituzioni pubbliche. Il Lab Z è inoltre una struttura che ha operato in maniera meritoria quale luogo di aggregazione culturale e civile in un territorio spesso degradato e privo di adeguati interventi sociali. Anche se la struttura era stata recentemente destinata ad altro scopo, è del tutto evidente che una soluzione di prospettiva andava trovata insieme all'organizzazione che gestiva il centro. Dove saranno collocati i rifugiati, senza casa, che da anni vivevano al LabZ? E' stato fatto un piano idoneo prima di decidere l'azione di forza? Molti sono gli interrogativi che rimangono, ancora una volta senza alcuna risposta».

L'Unità

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