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sabato 27 giugno 2009

GIOVANE E' LA TERRA


Molti trentenni si dedicano all'agricoltura. Hanno lauree e idee innovative. Quasi sempre vincenti. Ma si scontrano con la burocrazia e la difficoltà di trovare finanziamenti. Ecco alcune storie esemplari.

Non hanno paura di sporcarsi le mani. E neanche del lavoro duro. Voltano le spalle alla precarietà della città e tornano in campagna. Ripercorrono le orme dei padri o si reinventano in una professione che dà sempre più sicurezza: i frutti della terra sono concreti.
Sono 250 mila in Italia gli agricoltori sotto i 34 anni. Un quarto di quel milione di persone che vive di agricoltura. Ma questo nuovo piccolo esercito di giovani non ha niente a che vedere con l'immagine dei vecchi lavoratori della terra con le mani tozze, indurite dal tempo e dalla fatica. E non si fanno chiamare contadini, ma imprenditori. Parlano di formule chimiche e di cosa serve a un terreno con la stessa naturalezza con la quale navigano su Internet. I giovani non coltivano più semplicemente frutta e verdura, ma idee per vivere meglio. Sono equi, solidali, biologici, ma anche ben consci che l'obiettivo è guadagnare.
Lungo un sentiero costeggiato da ulivi centenari si apre un'immensa distesa di vigneti che si perde tra le colline verdeggianti dell'Umbria. Lorenzo accarezza l'orizzonte con lo sguardo riempiendosi della natura che lo circonda: "Se la giornata fosse più limpida si vedrebbero sei regioni. Sembra di vivere in un quadro, nostro dovere è far sì che non cambi nulla, che questo posto venga preservato".

Lorenzo Fasola Bologna possiede il castello di Monte Vibiano vecchio, 600 ettari di terreno che la sua famiglia coltiva da generazioni e un sogno che si chiama rivoluzione verde. La sua azienda in cui lavorano una sessantina di persone non produce anidride carbonica. "Il punto non è cercare di migliorare, ma di peggiorare il meno possibile un posto perfetto, se noi manteniamo pulito quello che ci circonda, anche i nostri prodotti saranno migliori".

Lorenzo è il maggior produttore al mondo di olio monodose congelato. Dieci milioni di bottigliette l'anno che finiscono sulle prime classi delle compagnie aeree. Oltre a 240 mila bottiglie di vino e, poi, frutta e ortaggi per la tavola della famiglia. Il sistema è super tecnologico e controllato: l'energia arriva da pannelli solari tedeschi e, grazie a un sistema di batterie, viene immagazzinata e alimenta tutti gli impianti di lavorazione, gli scooter e le macchinette elettriche usate per spostarsi dal castello agli impianti. Ai dipendenti che abitano tutti nelle vicinanze sono state fornite biciclette.
I soffitti aziendali sono costruiti in modo da conservare il fresco senza dover usare l'aria condizionata, con un enorme risparmio di energia. "Forse un giorno con i pannelli solari riuscirò a dar luce a tutto il paese, ma questo è un altro sogno, insieme a quello di costruire una stazione di servizio elettrica".

Laureato in economia e commercio, Fasola Bologna trabocca di sogni, che però trasforma in cose concrete: "Immagino come le cose dovrebbero essere tra vent'anni e in quel modo procedo". Lorenzo ha 37 anni ed è solo uno delle migliaia di giovani agricoltori che stanno cambiando il modo di coltivare la terra, una delle principali risorse dell'economia italiana.

"Il contadino di un tempo è solo folklore", ci spiega Loretta Di Simone, 32 anni, appena premiata come "giovane agricoltore più innovativo d'Europa". Ha recuperato e salvato sementi antiche, quasi scomparse, usando tecnologie moderne per ricoltivarle, come il grano duro Senatore Cappelli e il farro. Passando dall'agricoltura tradizionale a quella biologica, ha trasformato con la sorella ventottenne la tenuta in Maremma di 300 ettari, dei genitori, in un'impresa che funziona". Dieci anni fa, abbiamo deciso di passare al biologico, non solo per i contributi che sono stati stanziati dalla Unione europea, ma anche perché ormai si sa che i trattamenti fanno male. Siamo tornati ad allevare anche gli animali, per sapere sempre cosa stiamo mangiando".

Attento all'ambiente e alla salute, istruito, appassionato e ingegnoso, questo è l'identikit del giovane agricoltore. I leader dell'agricoltura del futuro sono al di sotto dei 40 anni e possiedono, secondo una ricerca svolta dal Censis per Confagricoltura, aziende con una media di 14 dipendenti e con un fatturato medio sui 500 mila euro. Tra le imprese agricole, una su quattro è donna: "Facciamo prodotti di eccellenza, controlliamo ogni singola fase dalla nascita al confezionamento", come per esempio per la pasta di farro.
Loretta è laureata in giurisprudenza, con una passione per il giornalismo che non è bastata a farle lasciare la sua terra. "In realtà il lavoro nei campi è quello più semplice, la cosa più difficile sono le scartoffie. Le norme che regolano il nostro lavoro cambiano in continuazione, bisogna sempre essere aggiornati".

Secondo un'indagine della Swg, i giovani sono meno preoccupati delle difficoltà finanziarie del settore, in termini di accesso al credito e realizzazione di utili, ma mostrano una forte insofferenza per i lacci burocratici che frenano la competitività delle imprese: il 42 per cento dei giovani agricoltori pensa che la burocrazia, al pari della realizzazione di utili, sia il problema più rilevante nel settore agricolo. Seguono il ricambio generazionale (26 per cento), l'accesso al credito (24 per cento), i vincoli posti dall'Unione europea (16 per cento).

Contributi, costi, debiti, guadagni, normative, agevolazioni, marchi, controlli, i giovani delle aziende agricole sono sommersi di burocrazia, senza contare i costi dei terreni che non aiutano chi vuole iniziare questo mestiere a fare il grande salto. Pasquale Polifroni invece lo ha fatto. Nel 2000 aveva trent'anni e lavorava in un'azienda che vendeva spazi pubblicitari. "Milano non mi piaceva, volevo tornare a casa, in Calabria, ma nella mia zona, la Locride, non ci sono tante possibilità: un po' di commercio, un po' di criminalità e un po' di agricoltura.

Ho scelto quest'ultima", dice sorridendo. Partito con un migliaio di metri quadri di terreno, un po' di debiti per comprarlo e la cooperativa agricola trentina Sant'Orsola che ha aiutato lui e altri agricoltori, ha cominciato la sua avventura con more, lamponi e mirtilli. "Il terreno è argilloso e non si presta alla coltivazione, ma produciamo fuori suolo, non si pianta nel terreno ma si coltiva nei vasi. Da un problema abbiamo creato un'opportunità".

All'inizio non è stato facile, non aveva soldi, né conoscenze. "Sbagliando si fa esperienza", dice Polifroni che ora possiede un ettaro di terreno e piano piano, nonostante i frutti di bosco gli escano dagli occhi, si sta ingrandendo, così come Anna Cetrini che, con la sorella di quattro anni più giovane, si è ritrovata un pezzo di terra del nonno. Anna, non lontano da Tarquinia, lavorava per una cantina sociale, mentre sua sorella era segretaria in un supermercato. "Potevamo vendere o farlo fruttare", ci racconta Anna mentre prepara il pranzo per i suoi operai a Poggio Nebbia. Hanno scommesso su loro stesse e hanno vinto. Le coltivazioni sono biologiche, l'allevamento anche, hanno costruito l'agriturismo Poggio Nebbia e ora stanno pensando al secondo ristorante. Vendono conserve, marmellate, verdure sottolio e Sabrina ogni giorno trascorre ore a fare la pasta in casa.

"Abbiamo cominciato io, mamma e mia sorella, ora siamo una decina di persone a lavorare. Abbiamo comprato altra terra e ci stiamo espandendo". In lontananza un trattore spara balle di fieno. "La svolta è stato il sito Internet, ma prima ancora il passa parola. Con la crisi finanziaria che ha travolto il mondo, la gente spende meno, ma quando lo fa cerca il meglio e per noi essere sempre pieni è una grande soddisfazione. All'inizio l'unica cosa di cui eravamo certi era la bellezza di questo posto e che mamma fosse brava a cucinare. L'agricoltura tradizionale non è più remunerativa: o molli o ti metti d'impegno e ti fai venire in mente qualcosa". Qualcosa come 'leverduredelmioorto.it', un'idea che appartiene all'Azienda agricola Giacomo Ferraris delle campagne vercellesi.

Un progetto di coltivazione orticola a consumo diretto. In pratica attraverso internet ci si affitta uno scampolo di terra di varia grandezza nel quale si sceglierà che cosa seminare e che per tutto l'anno verrà curato da un team di agricoltori ed esperti, fino a che i vari prodotti verranno consegnati a casa, come se uscissero dai battenti di un supermercato biologico, con una garanzia di circa 200 kg. di verdura a persona nel corso di un anno. Ma, ancora, nel web c'è la possibilità di comprare in gruppo direttamente dal coltivatore per evitare il passaggio della grande distribuzione. I gruppi di acquisto sono cresciuti del 60 per cento.
O, se proprio si vuole, si può andare a raccogliere la verdura che poi si vuole portare a casa. Secondo Bio Bank, le vendite dirette di prodotti degli operatori bio sono cresciute in Italia (il più grande produttore di bio-agricolo) nel 2008 del 17 per cento, con un rialzo del 92 per cento negli ultimi cinque anni.

C'è anche chi ha pensato di fare del terreno la propria banca: a Mantova Rosanna Montecchi, avvocato, ha ben pensato di unire cinquanta risparmiatori chiedendo di investire 20 mila euro per comprare un terreno agricolo invece di metterli in banca, dove oggi si rischia di perderli. Un bene reale che poi si può gestire da soli per un periodo non inferiore ai 15 anni. Anche perché per vedere i frutti del proprio lavoro non basta certo poco tempo, come sostiene Lorenzo Fasola, che ha investito molto sperando che un giorno le buone intenzioni e l'amore per l'ambiente gli diano ragione.

Intanto a Taranto Pierluigi Strada ha salvato il terreno del padre, agricoltore tradizionale, sempre con un idea. Ha mollato la carriera di avvocato a Bruxelles per tornare a casa e far crescere prati erbosi. Oggi è il numero due in Italia. "L'agricoltura classica è impensabile, con le grandi aziende che mangiano tutti, avrei dovuto vendere tutto, invece, grazie all'incontro con un venditore di macchinari per prati erbosi in Olanda, tutto è cambiato. Certo è che restare al passo con i tempi nel sud d'Italia non è facile, il tappeto erboso ha un alto contenuto tecnologico e mancano fornitori qualificati. Ci dobbiamo sempre spostare al nord", dice Strada che ha rifatto il manto erboso dello stadio di Valona.

"I giovani sono molti, ma il settore agricolo è ancora tra i più vecchi in Italia", ci racconta Elisabetta Tufarelli, direttore del mensile 'La nuova Agricoltura', "ma l'economia del fossile non funziona più e allora si deve cambiare, d'altra parte oggi per agricoltura si intende tutto, energia, biologico, ecologia". I giovani, però, hanno bisogno di agevolazioni perché i prezzi dei terreni restano altissimi, alcuni ereditano da parenti, altri comprano ad aste fallimentari, altri ancora sfruttano ogni contributo europeo e sperano che la promessa - terra demaniale gratis ai giovani - del ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, sia mantenuta: "Dobbiamo superare il gap costituito dai prezzi della terra, per consentire ai ragazzi che vogliono impegnarsi nel settore primario di farlo. Stiamo lavorando per un piano agrario che consenta di recuperare terreni coltivabili che oggi giacciono inutilizzati".


da L'Espresso di Barbara Schiavulli

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