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martedì 12 gennaio 2010

Il calcio come metafora

In Africa il calcio è onnipresente. Spesso fa da catalizzatore delle frustrazioni locali, esasperando sentimenti nazionalisti (com’è successo negli scontri tra Algeria ed Egitto durante le qualificazioni ai Mondiali). Altre volte semplicemente affolla il panorama delle città.

Dai campi profughi in Sudan alle macerie di Mogadiscio e alla moderna Abidjan, i calciatori sono ovunque, scrive Der Spiegel. Forse per la sua semplicità: basta mettere su due porte e arrangiare un pallone, anche fatto di stracci.

Per questo la Coppa d’Africa è così seguita in tutto il continente. L’attacco alla nazionale del Togo, gli Sparvieri, ha fatto riemergere vecchie paure, che non hanno niente a che fare con lo sport. Il quotidiano Le Togolais mette insieme alcuni elementi del passato per ricostruire una rete di vecchi rancori panafricani.

Il 3 giugno 2007 l’elicottero che trasportava i funzionari della Federazione togolese di calcio era esploso misteriosamente mentre tornava dalla Sierra Leone dopo un’eliminatoria (per questo era stata scelta la via di terra, per raggiungere l’Angola?). E l’attacco del 10 gennaio scorso in Cabinda è stato concentrato, secondo alcuni testimoni, proprio contro il bus che trasportava i funzionari della federazione. Forse c’entra il fatto che l’ex dittatore di Lomé, Gnassingbé Eyadéma, fosse uno dei principali sostenitori dei guerriglieri angolani e sierraleonesi?

E potrebbe non essere finita qua, continua Le Togolais, visto che il terzo amico di Eyadéma era Mobutu, che aveva affidato al dittatore togolese tutte le sue fortune prima di abbandonare la Repubblica Democratica del Congo.

da Internazionale

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