Raccogliendo l'invito dell'associazione daSud, centinaia di cittadini in tutta Italia stanno dando vita in questi giorni ad una grande commemorazione dei martiri delle mafie. Ora tocca ai sindaci trasformare il loro gesto simbolico in un atto amministrativo reale, aggiornando una toponomastica spesso ferma al Risorgimento
Da tutta Italia arriva un messaggio chiaro: l'Italia deve ricordare i martiri delle mafie. Lo hanno lanciato centinaia di cittadini, associazioni, gruppi, artisti che hanno raccolto l'invito dell'associazione daSud e intitolato simbolicamente 200 strade e piazze da nord a sud alle vittime della criminalità organizzata. Da domani i sindaci hanno l'occasione di trasformare questo gesto collettivo e simbolico in un atto amministrativo reale aggiornando una toponomastica spesso ferma ai tempi risorgimentali. E contribuendo a ricordare, a ricostruire - tessera dopo tessera - un mosaico di storie raccontato dalla «Lunga marcia della memoria», iniziata il 14 luglio e che attraverserà l'Italia fino al 25 del mese.
Raffaella Scordo era un'insegnante di 39 anni. L'hanno uccisa a colpi in testa durante un tentativo di sequestro la sera del 12 luglio 1990 mentre rincasava assieme al marito e ai suoi due figli. La Calabria era nel pieno della stagione dei sequestri di persona. Antonino Scopelliti era un giudice di quelli importanti e poco noti ai media. Viveva tra Roma e Campo Calabro, un paese in collina, a pochi passi da Reggio Calabria. A decretarne la morte un patto di ferro tra Cosa nostra e 'ndrangheta: Scopelliti rappresentava la pubblica accusa al maxiprocesso alla cupola palermitana in Cassazione e rappresentava un problema. È stato ucciso il 9 agosto del 1991, tornava dal mare. Il suo è l'ultimo omicidio della seconda guerra di mafia di Reggio Calabria. Peppe Valarioti era il segretario del Pci di Rosarno, faceva l'insegnante di filosofia. L'hanno ucciso la sera dell'11 giugno del 1980: era appena uscito dalla cena in cui si festeggiava la vittoria alle elezioni amministrative e regionali. Il Pci aveva vinto dopo una campagna elettorale tesissima con durissime prese di posizione antimafia e continue minacce e intimidazioni dei clan rosarnesi. Non ha avuto giustizia. La stessa giustizia che a Rosarno oggi non riescono ad avere i migranti che lavorano come schiavi in agricoltura e che spesso sono vittime del contesto violento. Anche l'africano Peter Iwule Onyedeke è una vittima della 'ndrangheta. Nigeriano di 33 anni, studente di Architettura, è stato assassinato inspiegabilmente il 25 giugno 1995 a Reggio Calabria. Aveva una moglie e due figli. Per arrotondare le misere entrate (dava una mano in un mobilificio di periferia), faceva il parcheggiatore abusivo. Quella notte stava nello spiazzo di fronte a una discoteca. Chiedere dei soldi a uno 'ndranghetista è inopportuno, se poi a farlo è un africano si tratta di un'offesa. Vincenzo Grasso aveva una concessionaria d'auto sulla statale 106 a Locri. Era onesto, Cecè. Non pagava la mazzetta e denunciava i suoi estortori. Le telefonate registrate, i racconti circostanziati agli investigatori, la schiena dritta non sono bastati: l'hanno ucciso, davanti casa, poco prima di cena la sera del 20 marzo 1989. I suoi assassini non hanno ancora un volto. Sequestrati, magistrati e poliziotti, militanti e dirigenti politici, migranti, commercianti e imprenditori onesti, persone comuni. È lungo e vario l'elenco delle vittime innocenti. Si può morire perché hai denunciato e perché hai sfidato i clan, perché ti sei opposto, per uno sguardo sbagliato, per un errore. E a volte si muore due volte, dimenticati persino dallo Stato ufficiale.
Le persone però ricordano. Per questo hanno ribattezzato strade e piazze nella «Lunga marcia della memoria» lanciata sul web e con il passaparola, e che ha raccolto adesioni da quasi tutte le regioni d'Italia, da Treviso a Pordenone, da Nizza di Sicilia, nel messinese a Centuripe, in provincia di Enna, passando per Bari Vecchia o Siena. Straordinarie giornate di festa per scuotere un Paese smemorato.
Così da due giorni l'austera via Solferino - la strada del Corriere - a Milano si chiama via Libero Grassi, l'imprenditore che non pagava e denunciava a Palermo; piazza Indipendenza a Firenze, la centralissima via Palazzo di Città a Torino come la piccolissima via Romagna di Parabiago (nel milanese) sono tre dei tantissimi luoghi dedicate piazza Peppino Impastato che - anche grazie al film di Marco Tullio Giordana - è diventato il simbolo di una generazione. A Pisa l'Anpi ha dedicato piazza 20 settembre al mugnaio calabrese con la passione per gli orologi e un innato senso della giustizia Rocco Gatto mentre a Palermo è stato ricordato il piccolo Giuseppe Di Matteo. A Pescara Movimentazioni ha dedicato una piazza al medico Luigi Ioculano (proprio in questi giorni il processo ai suoi presunti assassini è finito con un nulla di fatto) che ha avuto un riconoscimento importante anche nella sua Gioia Tauro; la famosa via del Pratello di Bologna ha preso il nome di Gianluca Congiusta, mentre a Lecce è stata ricordata Renata Fonte, la politica pasionaria e nemica delle speculazioni edilizie assassinata a Nardò nel 1984. Straordinaria la partecipazione di Verbania (con il boom di 20 intitolazioni per le strade del centro) e di Roma con decine di intitolazioni in tutta la città, dal centro storico dove in piazza Montecitorio è stato ricordato il giudice ragazzino Rosario Livatino, ai Parioli, alla Tuscolana, a via Pietralata e dove hanno cambiato nome le vie di un intero quartiere, il Pigneto, luogo delle memorie della resistenza.
Reggio Calabria ha ricordato, tra gli altri, le sei vittime della strage di Gioia Tauro del 22 luglio 1970 intitolando l'aeroporto mentre il lido comunale ha trovato un nome nuovo, grazie alla collaborazione con il Premio Ilaria Alpi: quello della giornalista di Raitre e del suo operatore Miran Hrovatin, uccisi in Somalia nel 1994 per l'inchiesta che stavano conducendo sul traffico internazionale di rifiuti. Non sono gli unici ricordati nel corso della giornata: targhe in tutta Italia anche per il cronista Beppe Alfano e il fondatore dei Siciliani, scrittore e autore teatrale Pippo Fava. Anche a Castel Volturno, il paese della strage e della rivolta dei migranti contro la camorra, sono spuntati i cartelli del Comitato Don Peppe Diana in omaggio al prete anticamorra. E dalla Campania ha attraversato tutto il Paese la storia tragica di Petru Birlandeanu, romeno che sbarcava il lunario con la fisarmonica sui treni della circumvesuviana di Napoli, ferito mortalmente alla stazione Montesanto: cadde davanti ai passeggeri interessati soltanto a obliterare i biglietti e fuggire via. Petru è morto nell'Italia del 2009.
L'associazione daSud è in marcia e arriverà a Festambiente Sud, l'ecofestival di Legambiente a Montesantangelo (Fg). Lì il 25 luglio una grande maratona contro le mafie, la realizzazione di un graffito e l'ultima intitolazione: la piazza del paese diventerà piazza Francesco Marcone, direttore dell'ufficio del registro di Foggia. Pochi giorni prima di morire, nel 1995, aveva presentato un esposto alla procura della Repubblica su una truffa. Una persona perbene, come tante in questo Paese.
da Il Manifesto
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