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domenica 19 luglio 2009

La casta

Israele e gli ultraortodossi: un rapporto complesso che mostra tutte le sue contraddizioni

''Centinaia di poliziotti, sostenuti anche da guardie di frontiera, presidieranno le strade di Gerusalemme. Nessun tipo di violenza sarà tollerata''. Il portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld, ha annunciato alla stampa la tolleranza zero verso gli ebrei ultraortodossi che hanno messo a ferro e fuoco nelle ultime 48 ore due quartieri di Gerusalemme.

Il pretesto. Tutto è nato, martedì scorso, dall'arresto di un una donna ultraortodossa accusata dai servizi sociali israeliani di negligenza. Il suo bimbo di tre anni, ultimo di cinque figli, era stato trovato in condizioni di denutrizione dalle autorità di Tel Aviv che accusano la madre di aver privato sistematicamente dell'alimentazione necessaria il piccolo. La donna nega, sostenuta da tutta la comunità, che è scesa in piazza per dimostrare. Bilancio della battaglia: 18 poliziotti feriti e 34 ultraortodossi arrestati. Il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, aveva reagito ai disordini ordinando la sospensione di qualsiasi servizio comunale nei quartieri di Geula e Mea Shearim, teatro degli scontri. Barkat, a sentir lui, ha preso la decisione per proteggere gli impiegati comunali, in quanto tutte le istituzioni erano diventate un bersaglio delle proteste degli ultraortodossi. In molti, però, hanno parlato di un'ingiusta punizione collettiva. Dopo la mediazione del presidente israeliano Peres, sono arrivati gli arresti domiciliari per la donna. Questo potrebbe stemperare la tensione, ma l'episodio ha riportato alla luce una tensione di fondo che attraversa la società israeliana: il rapporto con gli ultraortodossi.

Un salto nel tempo. Fare una passeggiata per Mea Shearim, che in ebraico significa 'delle cento porte', è come fare un viaggio nel tempo. Costruito a partire dal 1875, il quartiere è il secondo agglomerato formatosi fuori dalla città vecchia, dai seguaci del rabbino Auerbach. Loro si sono rinchiusi in un ghetto volontario, per vivere nella più totale osservanza degli scritti religiosi e si vestono come i loro antenati dell'Europa centro-orientale del Settecento. I cappelli a falda larga, le lunghe barbe e i riccioli che escono dai copricapi sono i segni distintivi di una comunità che non riconosce lo Stato d'Israele, perché la tradizione vuole che lo fonderà il Messia al suo ritorno e non possono farlo degli uomini comuni. Non parlano la lingua ebraica, ritenuta sacra e da utilizzare solo per la preghiera, e si esprimono in yiddish, l'idioma degli ebrei originari dell'Europa dell'est. Per una passeggiata tra le migliaia di sinagoghe e di yeshivot (le scuole talmudiche) è consigliabile un atteggiamento composto e un abbigliamento castigato. Inoltre durante il sacro sabbath (dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato) è proibito fumare e fotografare per le strade del quartiere. Un altro mondo, fatto anche di privilegi, però. Nel 1947, dopo un accordo tra Ben Gurion, uno dei padri d'Israele, e i leader ultraortodossi, si stabilì che questi ultimi potevano rimandare il servizio militare, le loro scuole ricevono fino a 170 milioni di dollari di sussidi e non lavorano.
Ben Gurion ne ottenne l'appoggio politico, ma il resto della società israeliana ha sempre mal tollerato i loro privilegi che, secondo una stima, costano alla comunità un miliardo di dollari l'anno in termini di forza lavoro sottratta all'economia israeliana.

Rabbini contro Israele. Da sempre posti agli estremi della società israeliana, nella galassia ultraortodossa non mancano neanche quelli che non accettano denaro e non fanno patti con lo Stato. Come il gruppo di Neturei Karta, per esempio. Il movimento è stato fondato a Gerusalemme, nel 1938, schierandosi da subito su posizioni anti sioniste. Partendo da presupposti, però, differenti da quelli degli anti sionisti politici. I seguaci del movimento, infatti, partono da una base teologica e sostengono d'interpretare alla lettera la Torah, il libro sacro dell'ebraismo. Secondo loro, le sacre scritture proibiscono la creazione di uno stato ebraico prima della venuta del Messia. Quindi, secondo questa lettura, lo stato d'Israele è un'impostura e la sovranità sulla Terra santa è dei palestinesi. Uno di loro divenne consigliere di Yasser Arafat per le questioni ebraiche.
Il movimento è stato oggetto, nel tempo, di polemiche e di attentati da parte di ebrei che li vedono come il fumo negli occhi. A settembre dello scorso anno, a Teheran, il governo di Mahmoud Ahmadinejad organizzò un convengo contro il sionismo che, tra gli ospiti, contava tanti negazionisti dello stesso Olocausto. Facile immaginare la reazione in Israele alle immagini provenienti dall'Iran, dove alcuni esponenti di Neturei Karta pregavano con Ahmadinejad. Ieri, mentre gli ultraortodossi di Gerusalemme davano battaglia, quattro di loro sono andati a trovare Ismail Hanyieh, leader di Hamas, a Gaza.
''Noi sentiamo la vostra sofferenza, noi piangiamo le stesse vostre lacrime'', ha detto ad Haniyeh il rabbino Yisroel Weiss, uno dei leader di Naturei Karta. Una dichiarazione decisamente poco ortodossa.

Christian Elia da PeaceReporter

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