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martedì 15 dicembre 2009

Tanto rumore per nulla


L'aggressione al presidente del Consiglio permette alla "vittima" Silvio Berlusconi di tornare in pompa magna sulla scena della ribalta, nel suo personalissimo 'Predellino day' bis, chiusosi con una ciliegina sulla torta.

E subito volano alte le parole e ben orchestrate le polemiche. L'Italia sarebbe dunque pervasa da un "clima di guerra civile" e da un "odio imperante". Il gesto di un povero pazzerello diventa un'aggressione premeditata di chi avrebbe bevuto troppo a lungo al calice della cultura intollerante di una sinistra tanto vasta (secondo le vittime di turno) da annoverare tra le proprie file, Di Pietro e i NoGlobal, le toghe rosse e i commentini da bar di milioni di italiani.

Dopo mesi di consenso al minimo storico della sua carriera politica, Berlusconi scopre di non essere tanto amato dagli italiani. Scaltro com'è, sa però bene che questa è anche e soprattutto un'occasione da non perdere.
La distanza tra parola e fatto riconquista la sua (a)normale collocazione dentro un panorama oggettivamente e soggettivamente poco entusiasmante, imbellettato da un apparato mediatico asservito, contorno composito di cortigiani/e, nani e ballerine. Riparte, con un bel giro di manovella, il teatrino della politica-spettacolo, con la reductio ad unum dello scontro sociale a misera maledizione individualizzante contro il sovrano ridotto a 'personaggio'.

E giù tutti a parlare di "violenza", "cultura dell'odio", "clima di intolleranza" e chi più ne ha più ne metta.
Magari... ci verrebbe da dire! Con tutti i pezzi al loro posto però. Ridando alle parole il loro giusto significato. Dove 'Odio' è il diritto conquistato degli oppressi a costituirsi come parte contro i propri dominatori, 'Violenza' l'esercizio di questo tramutato in forza collettiva capace di trasformazione, "guerra civile" lo scenario storico di una grande occasione.
La sana e robusta contrapposizione di blocchi sociali di cui si nutre una Politica con la P maiuscola è fatta di questi nobili sentimenti e di queste inedite possibilità.

Niente di tutto ciò è oggi all'orizzonte. Solo il gesto improprio e senza conseguenze (se non quella di fortificare l'aggredito) di una cultura politica piena di buone intenzioni e umani valori, ormai incapace di nominare le proprie nemesi e i propri obiettivi. Vittima di una cultura individualizzante (e consumista) che crede nelle virtù rivoluzionarie del radicalismo da tastiera o nel bel gesto singolare di chi confonde l'impotenza con la radicalità.

Un pugno in faccia al Papi dell'Italietta (normale esito di tante risse da discoteca e tanti diverbi al semaforo) diventa così la punta sintomatica di un clima di conflitto invero inesistente... se non come latenza da cui è invece sempre più necessario ripartire, per ridare alle parole il loro giusto peso e alle azioni una consequenzialità praticabile.

da Infoaut

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