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lunedì 23 novembre 2009

Una petizione per parlare

Gioacchino Basile in un’intervista controcorrente

di Enrico Natoli
C’è una petizione da lei lanciata su internet che richiede il sostegno dei cittadini affinché lei venga ascoltato dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Ci può dire per sommi capi i motivi di questa richiesta?
Il 3 settembre us. ho scritto e spedito a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno la richiesta d’audizione in Commissione Antimafia, che troverete pubblicata anche sù Google.it, alla quale potrò dimostrare, al di là d’ogni ragionevole dubbio, che la strage di via D’Amelio, fù l’unica soluzione possibile, che consentì all’odierno procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, di salvare dall’olocausti giudiziario Fincantieri è tutto il corollario politico-affaristico e criminale, fotografato dal dossier dei ROS – Mafia e Appalti – al quale aveva posto la giusta attenzione Paolo Borsellino per arrivare ai mandanti della strage di Capaci.
L’idea della petizione è stata del medico personale di Bruno Contrada, D.ssa Agnese Pozzi, che pur consapevole di quelle mie ragioni che non aiutano Bruno Contrada, ha apprezzato l’onestà intellettuale e morale delle mie battaglie contro l’esercizio della calunnia mafiosa e di quella
antimafiosa, è da persona libera – seppure ferma sù alcuni suoi convincimenti – non ha esitato ad offrirmi la sua amicizia ed a regalarmi questa iniziativa, che per altro è stata condivisa con grande dignità anche dalla sorella di Bruno Contrada; la signora Ida.
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2) Dove si può firmare la petizione? Che tipo di impegno comporta la firma?
Questo è il linck: HYPERLINK “http://www.petitiononline.com/nov2009/petition.html” http://www.petitiononline.com/nov2009/petition.html
La firma non comporta alcun impegno. Esercita un pressione democratica nei confronti dei politici distratti e di quelli che hanno l’interesse a far delle Commissione Antimafia una passerella di sciacalli, che depistano la verità ed uccidono la speranza di verità e giustizia.
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3) Sono legate in qualche modo diretto la sua vicenda personale, la presenza asfissiante di Cosa Nostra nei Cantieri Navali di Palermo, con la strage che portò alla morte di Paolo Borsellino?
Nella mia battaglia esistenziale contro “cosa nostra” non c’è mai stata alcuna vicenda di tipo personale; l’accozzaglia criminale associata in “cosa nostra” prima del mio schierarmi a muso duro nella trincea della libertà, non mi aveva mai dato alcun disturbo. “Cosa nostra” dentro lo stabilimento navale di Palermo, grazie alla sua potente capacità intimidatrice, svolgeva un ruolo fondamentale; regolava e garantiva tutti i patti – da quelli più meschini a quelli molto più importanti – degli appalti, ed il silenzio assoluto sullo scandalo sociale che vedeva migliaia di lavoratori in nero che operavano senza alcuna minima tutela economica e normativa.
Per darvi un’idea dell’infame efficienza del grumo sociale, politico, criminale e imprenditoriale che per circa un vent’ennio s’impose dentro lo stabilimento di Fincantieri a Palermo, grazie alle indegne omissioni della Procura di Palermo, vi notifico che nello stabilimento navale di Palermo furono spenti ben 3000 posti di lavoro senza alcuna opposizione sociale e nel silenzio assoluto.
Il grumo mafioso espresso dalla mafia politica, sindacale e istituzionale, attraverso la politica del tanto peggio tanto meglio, che saziava anche gl’interessi meschini dei singoli, riuscì a fare d’un grave problema sociale, una potente risorsa politico-clientelare che unitamente alla capacità intimidatrice di “cosa nostra” garantiva la tombale omertà ambientale.
Se volevate sapere cos’è la mafia… ecco, vi ho servito un classico da scuola!!!
Se andrò in Commissione Antimafia dimostrerò, non solo che Vittorio Teresi e pezzi importanti di quella Procura di Palermo non avrebbero mai potuto mettere in atto le indegne omissioni che riguardano il momento topico di questo classico da scuola; ma molto di più!!!
I Ciancimino, ed i “pentiti” di circostanza non sono fonte di verità; troppe volte sono soggetti che trattano la salvezza delle loro vite perdute, dopo essersi saziati con il vissuto criminale è distrutto le vite degli onesti, utilizzando la morte come garanzia ai loro interessi .
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4) Cosa è cambiato a Palermo dagli anni ‘80? Gli arresti di Riina, Provenzano, Lo Piccolo, Giuffrè, Aglieri e gli altri capimafia, la nascita del movimento Addiopizzo e dell’associazione antiracket sono segnali di un cambiamento reale o soltanto la misura di un arretramento di Cosa Nostra sul piano militare?
A Palermo, così come nel sud del nostro Paese non è cambiato nulla, se non il fatto che lo Stato – quel potere esecutivo dell’anno 1992 – dopo l’urgente è quindi non pianificata strage di via D’Amelio, fù costretto a tradire quei suoi sgherri che per circa 13 anni aveva utilizzato in funzione militare contro gli uomini onesti delle Istituzioni. La reazione degli infami criminali si realizzò con le stragi del 1993, ma ciò ha segnato la disarticolazione e la fine delle funzioni socio – politiche di “cosa nostra” anche se ancora oggi, la profusa illegalità determinata dalla sopravvivenza alla povertà, partorisce sempre nuovi infami protagonisti criminali che vogliono emergere da quel nulla, dove la dignità umana vale quasi niente.
Nel mese di giugno del 1999, insieme ad altri ho costituito l’Associazione Antirackt di cui sono stato Presidente fino all’anno 2002. Poi decisi di mollare perchè da quelle parti circola troppa gente inaffidabile, a partire proprio da Tano Grasso. Quando la giustizia assume il volto politico è si mettono valori di civiltà, politica e danaro nello stesso contenitore va sempre male..
In qualità di Presidente dell’Associazione Antiracket e di Consulente del Sindaco di Palermo partecipavo ai comitati per l’ordine e la sicurezza in Prefettura ed in ordine al cosiddetto racket del “pizzo” se la cosa non fosse tragica, ci sarebbe da sconquassarsi dal ridere!!!
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5) Perché una spaccatura così profonda con il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore? Possibile che le persone non riescano a dire cose diverse, a volta anche in contrasto, sentendo però di andare in una direzione comune, che sarebbe quella della ricerca di una verità condivisa?
Quando nell’anno 2002 mi resi conto che il movente della strage di via D’Amelio, aveva il volto delle indegne omissioni della Procura di Palermo, cominciai a cercare di mettermi in contatto con i familiari di Paolo Borsellino per sollecitare la Procura di Caltanissetta ad agire con la dovuta attenzione, ma non fui molto fortunato, anche se Manfredi Borsellino fù disponibile ad un amichevole colloquio, che fisso una conferma importantissima al mio solido movente.
Il 29 aprile del 2002, per avere l’opportunità d’interrogare il dottor Vittorio Teresi e costringerlo a dire la verità in qualità di persona offesa sotto giuramento, pubblicai provocatoriamente un comunicato stampa che se non fosse stato formulato con la strategica intenzione di farmi
querelare, poteva tranquillamente definirsi opera d’uno scemo impazzito.
Quella volta centrai l’obbiettivo: Vittorio Teresi mi querelò, è poi fù costretto a mentire sotto giuramento sui fatti che si legano solidamente al mio movente.
Poi – per evitare che con le testimonianze a mia difesa e l’adeguata documentazione che potevo produrre, squarciassero i veli della strage di via D’Amelio – propose il ritiro della querela, che accettai perchè in ogni caso quel Giudice al di là d’ogni ragione opposta al querelante, sarebbe stata costretta a condannarmi per le offese contenute nel comunicato stampa contro il Teresi.
Fornito di sempre più granitiche ragioni, continuai la mia battaglia, seppur consapevole del ruolo inadeguato dei media, di certa magistratura e della politica. Mi restava ancora la speranza che da qualche parte esisteva quel fratello di Paolo Borsellino, che pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio, avevo incontrato nelle vicinanze della Cappella che ospitava i resti del nostro Eroe al quale poco prima avevo portato una rosa rossa.
Quella volta -Salvatore mi ha detto di non ricordarsi – incontrai quei suoi occhi che scavavano dentro i miei. Quegli occhi esprimevano tenerezza e gratitudine per l’affettuoso riconoscimento che mi aveva visto fare nei confronti di suo fratello.
La commozione quel pomeriggio m’impedì di abbracciarlo ed esprimergli tutta la solidarietà.
Quel giorno avrei potuto parlargli dei miei dubbi, della maledetta sfortuna che aveva colpito le mie ragioni di uomo libero e la speranza di migliaia di lavorotari e cittadini, che da un decennio insieme a me si battevano contro “cosa nostra” e contro le indegne omissioni della Procura di Palermo; ma oggi grazie al cielo sò che è stato meglio non averlo fatto.
Nei primi giorni del luglio 2007, grazie ad un comune amico, contattai Salvatore Borsellino, è con costui – il prof. Enzo Guidotto – mi recai a Milano per incontrarlo e convincerlo a battersi per la speranza di ottenere Verità e Giustizia per suo fratello.
Quella volta, Salvatore deridendomi, mi disse:<< Ma ancora non ti basta quello che hai subito per aver creduto di poter sconfiggere la mafiosità dello Stato?!! >>
Poi come a volermi fare un favore, dopo 10 anni di silenzio, il 16 luglio del 2007 ”tornò in trincea” con una lettera aperta che citava lo scrivente. Quando gli feci rilevare che tutta la stampa – dal livello locale a quello nazionale – in quella lettera aperta eliminò la parte in cui mi citava, mi rispose:<< Questa è la conferma che tu sei troppo pericoloso per questo sistema, ma non preoccuparti io sono con te, anche se lotteremo contro i mulini a vento!!!>>
CIRCA 15 GIORNI DOPO, GRAZIE AL L’INTERVISTA AD UNA TV PRIVATA QUI ALLEGATA IN LINK PUBBLICATA SU “YOU TUBE” IL 2 AGOSTO 2007: HYPERLINK “http://it.youtube.com/watch?v=T1ISKLJS1RA” http://it.youtube.com/watch?v=T1ISKLJS1RA COMPRESI CHE FORSE NON ERO IN ADEGUATA COMPAGNIA: VEDERE IL FRATELLO DEL MIO EROE CHE NASCONDEVA IL VISO, MI AVVILì MOLTISSIMO E MI FECE COMPRENDERE CHE ANCORA UNA VOLTA IN QUESTA DURA BATTAGLIA DI LIBERTA, ERO SOLO.
Infatti, poco tempo dopo, Salvatore dovette fare i conti con quella sua sorella, che qualche mese dopo la morte di Paolo, aveva comprato due appartamenti da un costruttore, notoriamente amico dei mafiosi, per il valore di 700 milioni (in lire) di cui circa 350 milioni, alla faccia della legalità di cui dopo la morte di Paolo si era fatta paladina (sic.) furono pagati in nero.
Stiamo parlando di quella sua sorella che si è candidata con quelli che, con Paolo Borsellino vivo, avrebbero avuto ben altre candidature; di quella sua sorella che con Paolo Borsellino vivo non sarebbe andata a fare da stendardo di onestà con quei Magistrati che necessitarono della morte di Paolo Borsellino per porre in atto le indegne omissioni di circostanza, che salvarono le Partecipazioni Statali ed i loro compagni di merenda dall’olocausto giudiziario.
Ma, quella sua sorella che se stava dietro il bancone della sua farmacia, avrebbe dato un grande contributo alla speranza di Verità e Giustizia per il nostro Eroe, non fù l’unica “debolezza umana” che azzoppò la sua voglia di volare alto verso gl’ideali di Giustizia e Libertà!
Chi scrive, non è stato certamente più fortunato di Paolo Borsellino, anzi.
Due miei fratelli per ben due volte per paura testimoniarono contro di me, nei processi contro “cosa nostra” è successivamente sono stati oggetto di pregiudizio giudiziario per le loro indegne scelte esistenziali, di cui hanno pagato le amare e giuste conseguenze.
Ma, mai è poi mai, loro oseranno ricavare profitto morale o di altra natura dai duri prezzi esistenziali pagati ai valori di civiltà dalla mia vita e dalla mia favolosa famiglia.
Dentro la coscienza di Salvatore la speranza era già morta da anni, è quando per motivi parentali fù costretto a non disturbare la convenienza politica di sua sorella, la seppellì definitivamente e fece largo nell’animo suo alla vanità degli uomini senza qualità.
Salvatore ha dei profondi limiti; soffre della piena consapevolezza di non essere all’altezza di Paolo. Vorrebbe volare alto come l’aquila che fù suo fratello, ma poi cade giù come un merlo azzoppato per sua stupidità. Indica nello Stato, i mandanti della strage di via D’Amelio, ma poi per sfuggire alla verità, di cui a mio avviso ha paura, spruzza il fango dell’infamia stragista sù Dell’Utri e sul suo padrone Berlusconi, che utilizzarono la capacità intimidatrice di “cosa nostra” così come, in quegli anni avevano fatto tutti gli attori del circuito imprenditoriale in Sicilia ed al sud più in generale, per tutelare la loro sicurezza ed i propri interessi sul territorio.
Sà benissimo, ma fà finta di non capire che lo Stato in quel momento storico – 1992- aveva il volto di quel potere esecutivo, della “sua opposizione” e di quella Magistratura, di cui Silvio Berlusconi, era solo un ”compagno di merenda” ben collegato alle logiche consociative.
Salvatore sà benissimo che il tradimento contro suo fratello si è raggrumato dentro la Procura di Palermo, ma volge il dito contro quei Carabinieri di cui suo fratello si fidava.
Lui teorizza la “trattativa” (sic.) e telefona “al professionista delle teorie” Massimo Ciancimino che insieme a suo padre, ai Riina ed ai Provenzano ha danzato indegnamente tutta una vita sulle vite, sulle risorse e sulle speranze dei siciliani onesti e sui cadaveri dei nostri Eroi, ed ancora oggi ne vuole godere gl’infami profitti è dare dignità all’infame mafioso che fù suo padre che poi da confidente o aspirante “pentito” voleva darsi una dignità contrattuale!!! (sic.)
Dà patenti d’eroismo a Magistrati che s’avvitano sù comiche teorie dettate dai soliti noti, o forse suggerite da eminenze grige, pur avendo avuto conferma che il mio movente non è mai stato smentito da quei “suoi eroi” che hanno il potere ed il dovere di sbattere in galera i calunniatori.
Salvatore fà domande a Carlo Vizzini, ma poi non pretende risposte; indica Nicola Mancino, ma s’avvinghia “alla munnezzà” del “pentito” (sic.) Gaspare Mutolo: fà come quelli che vogliono la scena per darsi una considerazione, ma poi non ha la statura ed il coraggio di affrontare a muso duro quella verità, che lui ben conosce è che lo aveva costretto alla resa alla fine degli anni 90.
Però c’è una cosa che Salvatore Borsellino sembra saper fare benissimo: quella di farsi scudo della grande statura Eroica di suo fratello Paolo per uccidere quella verità con la quale che Lui avrebbe difficoltà a convivere.
Per questo isola Gioacchino Basile e le granitiche ragioni, che portano dritto dentro lo scenario politico- Istituzionale che godette l’immediato vantaggio giudiziario della morte di suo fratello.
Nel mese di giugno dello scorso anno, è dopo aver atteso per ben 3 mesi una rettifica sulle sue false e diffamatorie affermazioni in risposta alla mia dura lettera aperta, è nel solo interesse di salvaguardare la speranza di Verità e Giustizia per suo fratello fui costretto a querelarlo.
Dovetti fare quella querela perchè non potevo permettere ad un inadeguato fratello di un Eroe, che vive di quella opaca luce riflessa, di uccidere quella mia solida speranza di Verità, che non rende solo Giustizia a suo fratello, ma anche alla mia vita rubata ed alla mia famiglia.
Lui invece di vergognarsi per avermi costretto a tanto, con grande piacere degli utili idioti, dei sciacalli e degli assassini di suo fratello, facendo la vittima ha consapevolmente e ulteriormente costruito il mio isolamento; Lui sfugge con il silenzio a quel confronto diretto che vorrei avere con lui e con quelli che lo spalleggiano per miserabile convenienza…
Lui sfugge ai fatti perché non saprebbe reggerli: Lui alla mafia politico-istituzionale ed ai criminali che hanno ucciso suo fratello per inadeguatezza umana ha fatto il più grande dei favori: isolare il mio sogno di verità e giustizia…
Lui, lo dicono i fatti, non vuole la verità: vuole la vuota scena del teatro della vanità …
V’invito a chiedervi: perchè Salvatore, sempre attento ai “pentiti” ai Ciancimino ed agli squallidi che lo utilizzano per meschini fini politici, invece di agire miseramente dietro le quinte fingendosi vittima delle mie critiche e della mia querela, non firma la petizione della D.ssa Agnese Pozzi, medico personale di Bruno Contrada, che chiede con forza la mia audizione in Commissione Antimafia, pur sapendo che sul “ suo protetto” abbiamo posizioni opposte!!!
V’invito a chiedervi: << perché la signora Ida Contrada, – sorella di Bruno – ha firmato la petizione che mi vuole in Commissione Antimafia e Salvatore Borsellino e comp. invece mi isolano?!!! (sic.) A seguito di questa umana ed onorevole circostanza è senza per questo voler ledere la dignità di alcuno, vi chiedo:<< cosa sarebbe accaduto agli infami che tradirono Paolo Borsellino, se il nostro Eroe avesse avuto la fortuna d’avere una sorella come la signora Ida?!!!
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6) Lei ritiene che l’attuale situazione politica favorisca il
contrasto ai gruppi mafiosi, non solo in Sicilia ma in tutto il paese?
Il re è ormai nudo, le vuote parole dello sciacallaggio antimafioso non ubriaca più la gente del nostro Paese, anche sé attraverso le verità reinterpretate, riescono ancora ad ingannare i giovani e la gente onesta che s’affida pregiudizialmente all’informazione dettata dai “protobugiardi”.
Dopo la strage di via D’Amelio, lo Stato – quel governo e la sua “opposizione” dovette necessariamente rompere i rapporti con “cosa nostra”, ma per quel governo e quelli successivi s’apriva uno scenario sociale difficile da gestire: la pacifica convivenza fra ricchezza e povertà.
Per scaricare le responsabilità di questo ingestibile fenomeno, hanno dovuto fare largo alle comiche e tragiche “teorie” (sic.) di Tano Grasso, alle storie lacrimevoli ed i fautori della delazione premiata, attraverso l’equivoco del vittimismo imprenditoriale, riuscendo perfino a presentare Confindustria come paladina dell’antimafia!!!!!
Oggi, l’evidenza dell’equivoco – inganno è ormai palese: la povertà è sempre più costretta ad aggrapparsi all’illegalità più meschina che consente a milioni di cittadini del sud Italia di resistere ai bisogni più elementari, è la ricchezza diventa sempre più parassitaria e criminale.
La politica dei ricatti, instaurata dopo le stragi del 1992, ha innescato l’attuale fenomeno socio-economico di cui la condizione criminosa e criminale non si esaurirà mai, fino a quando non si ricostruiranno i plinti sui quali poggiare i pilastri, dei valori patriottici della nostra Costituzione.
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7) Da chi dipende maggiormente la confusione e la diversità di punti
di vista su alcuni temi riguardanti la lotta alla mafia (alcuni
esempi: il ruolo di alcune persone come Bruno Contrada o Corrado
Carnevale; l’arresto di Totò Riina; le dichiarazioni del figlio di
Vito Ciancimino; la presunta trattativa tra Stato e mafia)? Dalle
istituzioni? Dalle forze dell’ordine? Dai mezzi d’informazione?
Dall’antimafia?

Non c’è confusione, c’è soltanto una ruvida è arrogante strategia di sopravvivenza politica, che grazie ai noti servi dell’informazione – Oscar Wilde, li definirebbe PROTOBUGIARDI – costruisce storie fantastiche che s’avvitano sulle vuote parole delle presunzioni, dettate dalla feccia “pentitistica” e raccolte da Magistrati troppe volte inadeguati o interessati al depistaggio.
Lo scrivente può provare al di là d’ogni ragionevole dubbio, che la Magistratura è in grado di nascondere anche la verità più rozza ed infame: a Palermo lo ha fatto per circa 20 anni.
Bruno Contrada non è un servo dei criminali; è stato un fedele servitore di quei governi e di quelle opposizioni, che ingannarono e tradirono Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli altri uomini delle Istituzioni. Bruno Contrada è innocente dal capo d’imputazione che lo condanna.
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In ultimo, considerata la difficoltà di proporre un’intervista
scritta, le chiedo di aggiungere, se vuole, qualcosa se pensa che
manchino delle domande importanti.
Credo che per questa intervista, che spero pubblicherete può bastare quanto fin qui detto, anche se mi piace cogliere l’occasione per confermare, che la durezza delle mie parole è rivolta alle responsabilità delle persone citate e non alla loro dignità, è per ribadire ai consapevoli traditori della nostra Costituzione che forse il mio sogno di libertà è impossibile ma la mia patriottica determinazione è fatto certo, che si esaurirà solo dopo che li avrò costretti ad arrestarmi per dichiararmi loro prigioniero politico, o dopo finalmente morto e fuggito via dalle loro viltà.
 Gioacchino Basile
Quella che segue è un’intervista effettuata per posta elettronica, i mezzi attuali di Cuntrastamu non ci permettono più di questo. Gioacchino Basile, sindacalista che negli anni più difficili di Palermo denunciò gli interessi mafiosi nei Cantieri Navali, ha mandato a Cuntrastamu e ad altri l’invito a firmare una petizione per essere ascoltato dalla Commissione Antimafia in merito alle stragi del ‘92. Ho colto dunque l’occasione per rivolgere a Basile delle domande più generali. Pubblico l’intervista integralmente anche se non condivido né il tono né i contenuti di alcuni passaggi dei quali Gioacchino Basile si assume la totale responsabilità.

C’è una petizione da lei lanciata su internet che richiede il sostegno dei cittadini affinché lei venga ascoltato dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Ci può descrivere per sommi capi i motivi di questa richiesta?

Il 3 settembre us. ho scritto e spedito a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno la richiesta d’audizione in Commissione Antimafia, che troverete pubblicata anche sù Google.it, alla quale potrò dimostrare, al di là d’ogni ragionevole dubbio, che la strage di via D’Amelio, fu l’unica soluzione possibile che consentì all’odierno procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, di salvare dall’olocausto giudiziario Fincantieri e tutto il corollario politico-affaristico e criminale, fotografato dal dossier dei ROS – Mafia e Appalti – al quale aveva posto la giusta attenzione Paolo Borsellino per arrivare ai mandanti della strage di Capaci.
L’idea della petizione è stata del medico personale di Bruno Contrada, D.ssa Agnese Pozzi, che pur consapevole di quelle mie ragioni che non aiutano Bruno Contrada, ha apprezzato l’onestà intellettuale e morale delle mie battaglie contro l’esercizio della calunnia mafiosa e di quella
antimafiosa, e da persona libera – seppure ferma su alcuni suoi convincimenti – non ha esitato ad offrirmi la sua amicizia ed a regalarmi questa iniziativa, che per altro è stata condivisa con grande dignità anche dalla sorella di Bruno Contrada, la signora Ida.

Dove si può firmare la petizione? Che tipo di impegno comporta la firma?

Questo è il link: http://www.petitiononline.com/nov2009/petition.html. La firma non comporta alcun impegno. Esercita una pressione democratica nei confronti dei politici distratti e di quelli che hanno l’interesse a far della Commissione Antimafia una passerella di sciacalli, che depistano la verità ed uccidono la speranza di verità e giustizia.

Sono legate in qualche modo diretto la sua vicenda personale, la presenza asfissiante di Cosa Nostra nei Cantieri Navali di Palermo, con la strage che portò alla morte di Paolo Borsellino?

Nella mia battaglia esistenziale contro “cosa nostra” non c’è mai stata alcuna vicenda di tipo personale; l’accozzaglia criminale associata in “cosa nostra” prima del mio schierarmi a muso duro nella trincea della libertà, non mi aveva mai dato alcun disturbo. “Cosa nostra” dentro lo stabilimento navale di Palermo, grazie alla sua potente capacità intimidatrice, svolgeva un ruolo fondamentale; regolava e garantiva tutti i patti – da quelli più meschini a quelli molto più importanti degli appalti, ed il silenzio assoluto sullo scandalo sociale che vedeva migliaia di lavoratori in nero che operavano senza alcuna minima tutela economica e normativa.
Per darvi un’idea dell’infame efficienza del grumo sociale, politico, criminale e imprenditoriale che per circa un ventennio s’impose dentro lo stabilimento di Fincantieri a Palermo, grazie alle indegne omissioni della Procura di Palermo, vi notifico che nello stabilimento navale di Palermo furono spenti ben 3000 posti di lavoro senza alcuna opposizione sociale e nel silenzio assoluto.
Il grumo mafioso espresso dalla mafia politica, sindacale e istituzionale, attraverso la politica del tanto peggio tanto meglio, che saziava anche gl’interessi meschini dei singoli, riuscì a fare d’un grave problema sociale, una potente risorsa politico-clientelare che unitamente alla capacità intimidatrice di “cosa nostra” garantiva la tombale omertà ambientale.
Se volevate sapere cos’è la mafia… ecco, vi ho servito un classico da scuola!!!
Se andrò in Commissione Antimafia dimostrerò, non solo che Vittorio Teresi e pezzi importanti di quella Procura di Palermo non avrebbero mai potuto mettere in atto le indegne omissioni che riguardano il momento topico di questo classico da scuola, ma molto di più!!!
I Ciancimino, ed i “pentiti” di circostanza non sono fonte di verità; troppe volte sono soggetti che trattano la salvezza delle loro vite perdute, dopo essersi saziati con il vissuto criminale è distrutto le vite degli onesti, utilizzando la morte come garanzia ai loro interessi.

Cosa è cambiato a Palermo dagli anni ‘80? Gli arresti di Riina, Provenzano, Lo Piccolo, Giuffrè, Aglieri e gli altri capimafia, la nascita del movimento Addiopizzo e dell’associazione antiracket sono segnali di un cambiamento reale o soltanto la misura di un arretramento di Cosa Nostra sul piano militare?
A Palermo, così come nel sud del nostro Paese, non è cambiato nulla, se non il fatto che lo Stato – quel potere esecutivo dell’anno 1992 – dopo l’urgente e quindi non pianificata strage di via D’Amelio, fu costretto a tradire quei suoi sgherri che per circa 13 anni aveva utilizzato in funzione militare contro gli uomini onesti delle Istituzioni. La reazione degli infami criminali si realizzò con le stragi del 1993, ma ciò ha segnato la disarticolazione e la fine delle funzioni socio – politiche di “cosa nostra” anche se ancora oggi, la profusa illegalità determinata dalla sopravvivenza alla povertà, partorisce sempre nuovi infami protagonisti criminali che vogliono emergere da quel nulla, dove la dignità umana vale quasi niente.
Nel mese di giugno del 1999, insieme ad altri ho costituito l’Associazione Antiracket di cui sono stato Presidente fino all’anno 2002. Poi decisi di mollare perchè da quelle parti circola troppa gente inaffidabile, a partire proprio da Tano Grasso. Quando la giustizia assume il volto politico è si mettono valori di civiltà, politica e danaro nello stesso contenitore va sempre male.
In qualità di Presidente dell’Associazione Antiracket e di Consulente del Sindaco di Palermo partecipavo ai comitati per l’ordine e la sicurezza in Prefettura ed in ordine al cosiddetto racket del “pizzo” se la cosa non fosse tragica, ci sarebbe da sconquassarsi dal ridere!!!

Perché una spaccatura così profonda con il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore? Possibile che le persone non riescano a dire cose diverse, a volta anche in contrasto, sentendo però di andare in una direzione comune, che sarebbe quella della ricerca di una verità condivisa?
Quando nell’anno 2002 mi resi conto che il movente della strage di via D’Amelio aveva il volto delle indegne omissioni della Procura di Palermo, cominciai a cercare di mettermi in contatto con i familiari di Paolo Borsellino per sollecitare la Procura di Caltanissetta ad agire con la dovuta attenzione, ma non fui molto fortunato, anche se Manfredi Borsellino fu disponibile ad un amichevole colloquio, che fissò una conferma importantissima al mio solido movente.
Il 29 aprile del 2002, per avere l’opportunità d’interrogare il dottor Vittorio Teresi e costringerlo a dire la verità in qualità di persona offesa sotto giuramento, pubblicai provocatoriamente un comunicato stampa che se non fosse stato formulato con la strategica intenzione di farmi
querelare, poteva tranquillamente definirsi opera d’uno scemo impazzito.
Quella volta centrai l’obbiettivo: Vittorio Teresi mi querelò, e poi fu costretto a mentire sotto giuramento sui fatti che si legano solidamente al mio movente.
Poi – per evitare che con le testimonianze a mia difesa e l’adeguata documentazione che potevo produrre, squarciassero i veli della strage di via D’Amelio – propose il ritiro della querela, che accettai perchè in ogni caso quel Giudice al di là d’ogni ragione opposta al querelante, sarebbe stata costretta a condannarmi per le offese contenute nel comunicato stampa contro il Teresi.
Fornito di sempre più granitiche ragioni, continuai la mia battaglia, seppur consapevole del ruolo inadeguato dei media, di certa magistratura e della politica. Mi restava ancora la speranza che da qualche parte esisteva quel fratello di Paolo Borsellino, che pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio, avevo incontrato nelle vicinanze della Cappella che ospitava i resti del nostro Eroe al quale poco prima avevo portato una rosa rossa.
Quella volta – Salvatore mi ha detto di non ricordarsi – incontrai quei suoi occhi che scavavano dentro i miei. Quegli occhi esprimevano tenerezza e gratitudine per l’affettuoso riconoscimento che mi aveva visto fare nei confronti di suo fratello.
La commozione quel pomeriggio m’impedì di abbracciarlo ed esprimergli tutta la solidarietà.
Quel giorno avrei potuto parlargli dei miei dubbi, della maledetta sfortuna che aveva colpito le mie ragioni di uomo libero e la speranza di migliaia di lavoratori e cittadini, che da un decennio insieme a me si battevano contro “cosa nostra” e contro le indegne omissioni della Procura di Palermo; ma oggi grazie al cielo so che è stato meglio non averlo fatto.
Nei primi giorni del luglio 2007, grazie ad un comune amico, contattai Salvatore Borsellino, e con costui – il prof. Enzo Guidotto – mi recai a Milano per incontrarlo e convincerlo a battersi per la speranza di ottenere Verità e Giustizia per suo fratello.
Quella volta, Salvatore deridendomi, mi disse: “Ma ancora non ti basta quello che hai subito per aver creduto di poter sconfiggere la mafiosità dello Stato?!! “.
Poi come a volermi fare un favore, dopo 10 anni di silenzio, il 16 luglio del 2007 ”tornò in trincea” con una lettera aperta che citava lo scrivente. Quando gli feci rilevare che tutta la stampa – dal livello locale a quello nazionale – in quella lettera aperta eliminò la parte in cui mi citava, mi rispose: ” Questa è la conferma che tu sei troppo pericoloso per questo sistema, ma non preoccuparti io sono con te, anche se lotteremo contro i mulini a vento!!!”.
Circa quindici giorni dopo, grazie all’intervista ad una tv privata pubblicata su youtube il 2 agosto 2007 compresi che forse non ero in adeguata compagnia: vedere il fratello del mio eroe che nascondeva il viso mi avvilì moltissimo e mi fece comprendere che ancora una volta in questa dura battaglia di libertà ero solo.
Infatti, poco tempo dopo, Salvatore dovette fare i conti con quella sua sorella che, qualche mese dopo la morte di Paolo, aveva comprato due appartamenti da un costruttore, notoriamente amico dei mafiosi, per il valore di 700 milioni (in lire) di cui circa 350 milioni – alla faccia della legalità di cui dopo la morte di Paolo si era fatta paladina (sic.) – furono pagati in nero.
Stiamo parlando di quella sua sorella che si è candidata con quelli che, con Paolo Borsellino vivo, avrebbero avuto ben altre candidature; di quella sua sorella che con Paolo Borsellino vivo non sarebbe andata a fare da stendardo di onestà con quei Magistrati che necessitarono della morte di Paolo Borsellino per porre in atto le indegne omissioni di circostanza, che salvarono le Partecipazioni Statali ed i loro compagni di merenda dall’olocausto giudiziario.
Ma quella sua sorella che se stava dietro il bancone della sua farmacia avrebbe dato un grande contributo alla speranza di Verità e Giustizia per il nostro Eroe, non fu l’unica “debolezza umana” che azzoppò la sua voglia di volare alto verso gl’ideali di Giustizia e Libertà!
Chi scrive, non è stato certamente più fortunato di Paolo Borsellino, anzi.
Due miei fratelli per ben due volte per paura testimoniarono contro di me, nei processi contro “cosa nostra” e successivamente sono stati oggetto di pregiudizio giudiziario per le loro indegne scelte esistenziali, di cui hanno pagato le amare e giuste conseguenze.
Ma mai e poi mai, loro oseranno ricavare profitto morale o di altra natura dai duri prezzi esistenziali pagati ai valori di civiltà dalla mia vita e dalla mia favolosa famiglia.
Dentro la coscienza di Salvatore la speranza era già morta da anni, e quando per motivi parentali fu costretto a non disturbare la convenienza politica di sua sorella, la seppellì definitivamente e fece largo nell’animo suo alla vanità degli uomini senza qualità.
Salvatore ha dei profondi limiti; soffre della piena consapevolezza di non essere all’altezza di Paolo. Vorrebbe volare alto come l’aquila che fu suo fratello, ma poi cade giù come un merlo azzoppato per sua stupidità. Indica nello Stato i mandanti della strage di via D’Amelio, ma poi per sfuggire alla verità, di cui a mio avviso ha paura, spruzza il fango dell’infamia stragista su Dell’Utri e sul suo padrone Berlusconi, che utilizzarono la capacità intimidatrice di “cosa nostra” così come in quegli anni avevano fatto tutti gli attori del circuito imprenditoriale in Sicilia ed al sud più in generale, per tutelare la loro sicurezza ed i propri interessi sul territorio.
Sa benissimo, ma fa finta di non capire, che lo Stato in quel momento storico – 1992- aveva il volto di quel potere esecutivo, della “sua opposizione” e di quella Magistratura, di cui Silvio Berlusconi, era solo un ”compagno di merenda” ben collegato alle logiche consociative.
Salvatore sa benissimo che il tradimento contro suo fratello si è raggrumato dentro la Procura di Palermo, ma volge il dito contro quei Carabinieri di cui suo fratello si fidava.
Lui teorizza la “trattativa” (sic.) e telefona “al professionista delle teorie” Massimo Ciancimino che insieme a suo padre, ai Riina ed ai Provenzano ha danzato indegnamente tutta una vita sulle vite, sulle risorse e sulle speranze dei siciliani onesti e sui cadaveri dei nostri Eroi, ed ancora oggi ne vuole godere gl’infami profitti e dare dignità all’infame mafioso che fu suo padre che poi da confidente o aspirante “pentito” voleva darsi una dignità contrattuale!!! (sic.)
Dà patenti d’eroismo a Magistrati che s’avvitano su comiche teorie dettate dai soliti noti, o forse suggerite da eminenze grige, pur avendo avuto conferma che il mio movente non è mai stato smentito da quei “suoi eroi” che hanno il potere ed il dovere di sbattere in galera i calunniatori.
Salvatore fa domande a Carlo Vizzini, ma poi non pretende risposte; indica Nicola Mancino, ma s’avvinghia “alla munnezza” del “pentito” (sic.) Gaspare Mutolo: fa come quelli che vogliono la scena per darsi una considerazione, ma poi non ha la statura ed il coraggio di affrontare a muso duro quella verità, che lui ben conosce e che lo aveva costretto alla resa alla fine degli anni 90.
Però c’è una cosa che Salvatore Borsellino sembra saper fare benissimo: quella di farsi scudo della grande statura Eroica di suo fratello Paolo per uccidere quella verità con la quale che Lui avrebbe difficoltà a convivere.
Per questo isola Gioacchino Basile e le granitiche ragioni, che portano dritto dentro lo scenario politico- Istituzionale che godette l’immediato vantaggio giudiziario della morte di suo fratello.
Nel mese di giugno dello scorso anno, e dopo aver atteso per ben 3 mesi una rettifica sulle sue false e diffamatorie affermazioni in risposta alla mia dura lettera aperta, è nel solo interesse di salvaguardare la speranza di Verità e Giustizia per suo fratello fui costretto a querelarlo.
Dovetti fare quella querela perchè non potevo permettere ad un inadeguato fratello di un Eroe, che vive di quella opaca luce riflessa, di uccidere quella mia solida speranza di Verità, che non rende solo Giustizia a suo fratello, ma anche alla mia vita rubata ed alla mia famiglia.
Lui invece di vergognarsi per avermi costretto a tanto, con grande piacere degli utili idioti, dei sciacalli e degli assassini di suo fratello, facendo la vittima ha consapevolmente e ulteriormente costruito il mio isolamento; Lui sfugge con il silenzio a quel confronto diretto che vorrei avere con lui e con quelli che lo spalleggiano per miserabile convenienza…
Lui sfugge ai fatti perché non saprebbe reggerli: Lui alla mafia politico-istituzionale ed ai criminali che hanno ucciso suo fratello per inadeguatezza umana ha fatto il più grande dei favori: isolare il mio sogno di verità e giustizia…
Lui, lo dicono i fatti, non vuole la verità: vuole la vuota scena del teatro della vanità…
V’invito a chiedervi: perchè Salvatore, sempre attento ai “pentiti” ai Ciancimino ed agli squallidi che lo utilizzano per meschini fini politici, invece di agire miseramente dietro le quinte fingendosi vittima delle mie critiche e della mia querela, non firma la petizione della D.ssa Agnese Pozzi, medico personale di Bruno Contrada, che chiede con forza la mia audizione in Commissione Antimafia, pur sapendo che sul “ suo protetto” abbiamo posizioni opposte!!!
V’invito a chiedervi: perché la signora Ida Contrada, – sorella di Bruno – ha firmato la petizione che mi vuole in Commissione Antimafia e Salvatore Borsellino e compagnia invece mi isolano?!!! (sic.) A seguito di questa umana ed onorevole circostanza e senza per questo voler ledere la dignità di alcuno, vi chiedo: cosa sarebbe accaduto agli infami che tradirono Paolo Borsellino, se il nostro Eroe avesse avuto la fortuna d’avere una sorella come la signora Ida?!!!

Lei ritiene che l’attuale situazione politica favorisca il
contrasto ai gruppi mafiosi, non solo in Sicilia ma in tutto il paese?
Il re è ormai nudo, le vuote parole dello sciacallaggio antimafioso non ubriaca più la gente del nostro Paese, anche se attraverso le verità reinterpretate, riescono ancora ad ingannare i giovani e la gente onesta che s’affida pregiudizialmente all’informazione dettata dai “protobugiardi”.
Dopo la strage di via D’Amelio, lo Stato – quel governo e la sua “opposizione” dovette necessariamente rompere i rapporti con “cosa nostra”, ma per quel governo e quelli successivi s’apriva uno scenario sociale difficile da gestire: la pacifica convivenza fra ricchezza e povertà.
Per scaricare le responsabilità di questo ingestibile fenomeno, hanno dovuto fare largo alle comiche e tragiche “teorie” (sic.) di Tano Grasso, alle storie lacrimevoli ed i fautori della delazione premiata, attraverso l’equivoco del vittimismo imprenditoriale, riuscendo perfino a presentare Confindustria come paladina dell’antimafia!!!!!
Oggi, l’evidenza dell’equivoco – inganno è ormai palese: la povertà è sempre più costretta ad aggrapparsi all’illegalità più meschina che consente a milioni di cittadini del sud Italia di resistere ai bisogni più elementari e la ricchezza diventa sempre più parassitaria e criminale.
La politica dei ricatti, instaurata dopo le stragi del 1992, ha innescato l’attuale fenomeno socio-economico in cui la condizione criminosa e criminale non si esaurirà mai, fino a quando non si ricostruiranno i plinti sui quali poggiare i pilastri dei valori patriottici della nostra Costituzione.

Da chi dipende maggiormente la confusione e la diversità di punti
di vista su alcuni temi riguardanti la lotta alla mafia (alcuni
esempi: il ruolo di alcune persone come Bruno Contrada o Corrado
Carnevale; l’arresto di Totò Riina; le dichiarazioni del figlio di
Vito Ciancimino; la presunta trattativa tra Stato e mafia)? Dalle
istituzioni? Dalle forze dell’ordine? Dai mezzi d’informazione?
Dall’antimafia?
Non c’è confusione, c’è soltanto una ruvida e arrogante strategia di sopravvivenza politica, che grazie ai noti servi dell’informazione – Oscar Wilde, li definirebbe protobugiardi – costruisce storie fantastiche che s’avvitano sulle vuote parole delle presunzioni, dettate dalla feccia “pentitistica” e raccolte da Magistrati troppe volte inadeguati o interessati al depistaggio.
Lo scrivente può provare al di là d’ogni ragionevole dubbio, che la Magistratura è in grado di nascondere anche la verità più rozza ed infame: a Palermo lo ha fatto per circa 20 anni.
Bruno Contrada non è un servo dei criminali: è stato un fedele servitore di quei governi e di quelle opposizioni che ingannarono e tradirono Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli altri uomini delle Istituzioni. Bruno Contrada è innocente dal capo d’imputazione che lo condanna.

In ultimo, considerata la difficoltà di proporre un’intervista
scritta, le chiedo di aggiungere, se vuole, qualcosa se pensa che
manchino delle domande importanti.
Credo che per questa intervista, che spero pubblicherete, può bastare quanto fin qui detto, anche se mi piace cogliere l’occasione per confermare che la durezza delle mie parole è rivolta alle responsabilità delle persone citate e non alla loro dignità, e per ribadire ai consapevoli traditori della nostra Costituzione che forse il mio sogno di libertà è impossibile ma la mia patriottica determinazione è fatto certo, che si esaurirà solo dopo che li avrò costretti ad arrestarmi per dichiararmi loro prigioniero politico, o dopo finalmente morto e fuggito via dalle loro viltà.

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