HOME       BLOG    VIDEO    EVENTI    GLI INVISIBILI    MUSICA    LIBRI    POLITICA LOCALE    POST PIU' COMMENTATI

sabato 31 ottobre 2009

Obama, guerra e pace

Il premio Nobel a Barack Obama era un segnale d’incoraggiamento. Ma intanto la guerra continua, e forse si potevano fare scelte più coraggiose, scrive Noam Chomsky.

Speranze e prospettive di pace sono un obiettivo ancora lontano. Il compito è avvicinarle. Era questa probabilmente l’intenzione del comitato del premio Nobel per la pace quando ha scelto il presidente Barack Obama.
Il premio “è sembrato una preghiera di incoraggiamento da parte del comitato del Nobel per futuri sforzi e una leadership americana ricca di maggior più consenso”, hanno scritto Steven Erlanger e Sheryl Gay Stolberg sul New York Times.

La natura della transizione da Bush a Obama si gioca sulla possibilità che preghiere e incoraggiamento portino un miglioramento. Le preoccupazioni del comitato del Nobel erano valide e premiavano la retorica di Obama sulla riduzione della armi nucleari.

Le ambizioni nucleari dell’Iran dominano oggi le prime pagine. I timori sono che Teheran possa avere occultato qualcosa all’Agenzia Internazionale dell’energia atomica (Aiea) e aver violato la risoluzione 1887 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, approvata a settembre e salutata come una vittoria di Obama negli sforzi per contenere l’Iran.

Nel frattempo continua il dibattito sulla recente decisione del presidente degli Stati Uniti di riconfigurare i sistemi di difesa missilistici in Europa. Secondo alcuni si tratta di una resa ai russi, per altri di una scelta strategica per difendere l’occidente da un attacco nucleare iraniano. Poiché il silenzio è spesso più eloquente del clamore, occupiamoci di quel che viene taciuto.

Nel bel mezzo delle accuse sul doppio gioco iraniano, la Aiea ha approvato una risoluzione in cui chiede a Israele di aderire al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) e consentire ispezioni ai suoi impianti. Stati Uniti ed Europa hanno tentato di bloccare la risoluzione della Aiea, ma non ci sono riusciti. I mezzi d’informazione hanno in pratica ignorato l’evento.

Come affermano funzionari a conoscenza dell’intesa, gli Stati Uniti hanno assicurato a Tel Aviv il loro aiuto, riaffermando un accordo segreto che ha consentito a Israele di non aprire alle ispezioni il suo arsenale nucleare. Anche in questo caso i giornalisti hanno ignorato l’evento.

In India, alcuni funzionari hanno salutato la risoluzione 1887 dell’Onu annunciando che ora il loro paese “può costruire armi nucleari con lo stesso potere distruttivo di quelle presenti negli arsenali delle maggiori potenze nucleari”, ha riferito il Financial Times. Sia l’India sia il Pakistan stanno incrementando i programmi nucleari. In due occasioni hanno pericolosamente sfiorato il conflitto nucleare e i problemi che hanno quasi portato alla catastrofe non sono ancora risolti.

Armi letali
Obama ha salutato la risoluzione 1887 in modo diverso. Il giorno prima dell’annuncio del premio nobel, il Pentagono ha rivelato di avere accelerato la consegna delle più letali armi non-nucleari dell’arsenale: bombe da 13 tonnellate per gli aerei invisibili B2 e i bombardieri B52 progettate per distruggere bunker protetti da difese in cemento armato da 4,5 tonnellate. Non è un segreto che le bombe anti bunker possano essere utilizzate contro l’Iran.

La progettazione di questi ordigni nucleari è cominciata nell’era Bush, ma Obama ne ha chiesto un rapido sviluppo al momento della sua elezione. La risoluzione 1887, approvata all’unanimità, chiede la fine della minaccia nucleare e a tutte le nazioni di aderire al Tnp, come ha fatto l’Iran molto tempo fa. I paesi che non hanno ancora firmato il Trattato sono India, Israele e Pakistan, che in violazione del Tnp hanno sviluppato il nucleare con il sostegno degli Stati Uniti.

L’Iran rappresenta una minaccia irrisoria e non invade un altro paese da centinaia di anni, al contrario di Stati Uniti, Israele e India, che occupa brutalmente il Kashmir. Se Teheran avesse armamenti nucleari e missili balistici in grado di lanciarli sarebbe polverizzato in breve tempo. Credere che l’Iran voglia usare armi nucleari per attaccare Israele o chiunque altro, “equivale a ritenere pazzi i leader iraniani” o che vogliano essere ridotti in pulviscolo radioattivo, ha dichiarato l’analista strategico Leonard Weiss, aggiungendo che i sottomarini lanciamissili israeliani “sono in grado di prevenire un attacco militare”, per non parlare dell’immenso arsenale degli Stati Uniti.

Nel corso delle manovre navali di luglio, Israele ha inviato i sottomarini Dolphin, in grado di trasportare missili nucleari nel mar Rosso, oltre il canale di Suez, affiancati da navi da guerra, da dove avrebbero potuto attaccare l’Iran, come hanno “il diritto di fare”, secondo il vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden. Notizie come queste, tenute per l’ennesima volta nascoste, riceverebbero grande spazio in una società che avesse a cuore la propria libertà e si preoccupasse per i destini del mondo.

Il regime iraniano è duro e repressivo, e nessun essere umano vorrebbe che né l’Iran, né nessun altro paese, possedesse armi nucleari. Ma un po’ di onestà nell’affrontare questi problemi non guasterebbe. Il premio Nobel per la pace non si occupa naturalmente soltanto della riduzione della minaccia nucleare, ma anche della guerra in generale e della sua preparazione. A questo proposito, la scelta di Obama è stata accolta con scetticismo, soprattutto in Iran, paese circondato dell’esercito di occupazione degli Stati Uniti.

Un presidente di guerra
Obama ha intensificato la guerra di Bush in Afghanistan e Pakistan ai confini con l’Iran e si appresta a proseguirla e forse incrementarla. Il presidente ha chiarito che gli Stati Uniti intendono mantenere una presenza a lungo termine nella regione come sottolineato dal progetto “una città nella città”, che ha preso il via con la costruzione della nuova ambasciata Baghdad. Obama ha annunciato la realizzazione di mega ambasciate a Islamabad e Kabul e di enormi consolati a Peshawar e in altri luoghi.

Osservatori indipendenti hanno denunciato sulla rivista Government Executive che “la richiesta dell’amministrazione di 538 miliardi di dollari per il bilancio della difesa 2010 e l’intenzione di mantenere un livello elevato di spesa nei prossimi anni, indicano la possibilità che l’amministrazione Obama spenda in questo settore in termini reali più di qualunque altra dalla Seconda guerra mondiale. Senza contare i 130 miliardi aggiuntivi richiesti dall’amministrazione per finanziare il prossimo anno le guerre in Iraq e Afghanistan, con una programmazione di spesa ancora maggiore per i prossimi anni”.

Il comitato del premio Nobel per la pace avrebbe potuto fare una scelta virtuosa preferendo l’attivista afgana Malalai Joya. Questa donna coraggiosa è sopravvissuta ai russi e agli attivisti islamici e si è opposta ai taliban e al ritorno dei signori della guerra nel governo Karzai.

Eletta in parlamento ed espulsa per avere denunciato le atrocità dei signori della guerra, si è battuta con efficacia in difesa dei diritti umani, quelli delle donne in particolare. Oggi vive protetta e in clandestinità ma continua a battersi. Grazie ad azioni come la sua, ripetute ovunque con impegno, speranze e prospettive di pace sono più vicine.

da Internazionale

Nessun commento:

Posta un commento