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giovedì 13 agosto 2009

Come Israele continua a espellere i palestinesi

Dopo le espulsioni delle famiglie palestinesi Al Ghawi e Hanoun, giunge dalla corte distrettuale israeliana l`ennesima sconfitta per le famiglie palestinesi di Gerusalemme est. Domenica scorsa la corte ha respinto infatti la richiesta di far rientrare nelle proprie case almeno 7 famiglie, tra le 9 espulse nei giorni scorsi, contro le quali non era mai stato emanato nessun ordine di espulsione formale. Oltre a respingere l`appello, la corte ha emesso contro i due capi famiglia Abdelfatah Al Ghawi e Maher Hanoun una nuova sanzione di 10.000 shekel (1.800 euro) .
Il 2 agosto, alle prime ore dell`alba, le forze di occupazione israeliane hanno fatto irruzione nelle case delle famiglie dei 6 fratelli Al Ghawi e dei 3 fratelli Hanoun costringendole a lasciare le proprie case nel quartiere di Sheykh Jarrah a Gerusalemme est dove risiedevano dal 1956. 53 persone, tra le quali 19 minori, sono ora senza casa. Solo un paio d'ore dopo l'esproprio un gruppo di coloni israeliani era già pronto per occupare le case palestinesi protetto delle stesse forze di polizia e dell'esercito israeliano che avevano preventivamente transennato l'intera area e che tuttora presidiano notte e giorno gli ingressi delle abitazioni espropriate.
Nella stessa mattina le forze israeliane hanno demolito per la settima volta la tenda simbolo della protesta non violenta contro le espulsioni di palestinesi di Gerusalemme est costruita nel novembre 2008 dopo l`espulsione forzata di un'altra famiglia palestinese di Sheykh Jarrah, la famiglia Al Kurd. Le proteste degli abitanti del quartiere e degli attivisti alle nuove espulsioni sono state represse con una trentina di arresti.
Nel quartiere di Sheykh Jarrah a Gerusalemme est ci sono ancora 25 famiglie che rischiano l`espulsione. Dai primi anni '70, subito dopo l'occupazione militare israeliana di Gerusalemme est, un gruppo di coloni ebrei rivendica la proprietà di quei terreni, nonostante la proprietà fosse stata trasferita alle famiglie, profughi del 1948, direttamente dal governo giordano e dall'UNRWA (l'agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi) nel 1956. L'espansione delle colonie israeliane a Gerusalemme est ha come effetto la frammentazione territoriale dei quartieri palestinesi e l'isolamento di Gerusalemme est dal resto della Cisgiordania, creando di fatto le condizioni per cui Gerusalemme diventi la capitale 'unica ed eterna' di Israele compromettendo irrimediabilmente la prosecuzione dei negoziati di pace.
Intanto sono ormai quotidiane le aggressioni dei coloni israeliani contro i residenti palestinesi del quartiere di Gerusalemme dove sono avvenute le espulsioni. Venerdì scorso sono stati colpiti con pietre e bottiglie di vetro alcune donne e bambini palestinesi che partecipavano a un campo estivo. Sabato sera è stato aggredito Khamis Al Ghawi di 59 anni poi arrestato dalla polizia israeliana. Domenica pomeriggio l'episodio più grave. Durante la visita ai nuovi coloni di Yacov Katz e Uri Ariel, membri del partito religioso Unità Nazionale e rappresentanti alla Knesset, una trentina di coloni ha poi attaccato i residenti palestinesi provocando diversi feriti. La polizia israeliana è intervenuta lanciando gas lacrimogeni contro la folla. A queste espulsioni sono seguite le immediate reazioni di condanna da parte della comunità internazionale. Il coordinatore speciale per il Processo di pace in Medioriente per le Nazioni unite, Robert Serry, ha definito ''inaccettabili'' queste espulsioni e richiama Israele ''al rispetto del diritto internazionale e degli oblighi della Roadmap''. Posizioni forti sono giunte anche dal Segretario di stato americano Hillary Clinton che condanna l'espulsione delle famiglie palestinesi e le demolizioni di case a Gerusalemme est e accusa inoltre Israele di "non tenere fede agli obblighi internazionali previsti dalle iniziative di pace". Simili condanne sono state espresse dall'Unione europea nonché da diversi paesi dell'Unione tra i quali Svezia, Norvegia, Francia e Gran Bretagna. Inespressa rimane invece la posizione dell'Italia.

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